lunedì 31 marzo 2008

"Non essere incredulo ma credente"

Ecco l'omelia "Non essere più incredulo ma credente" pronunciata dal vescovo di Piacenza-Bobbio Gianni Ambrosio in occasione della ricorrenza della Madonna del Popolo domenica 30 marzo 2008.

Cari fratelli e sorelle,
oggi la liturgia celebra ancora il grande giorno di Pasqua. In verità, la liturgia cristiana celebra sempre la Pasqua. Non vi sarebbe alcuna celebrazione cristiana senza la Pasqua. E non vi sarebbe neppure il Vangelo senza la risurrezione di Gesù. Come potrebbe esserci un «lieto annuncio» senza il Risorto? Ogni celebrazione cristiana proclama che Gesù è il vivente. Egli è la fonte della vita. Egli è la parola di vita che non viene messa a tacere con la morte ma risuona ancora più potente proprio a partire dall'evento della morte. La fede nella risurrezione è sempre il cuore della celebrazione cristiana, memoriale di una persona viva che si fa presente in mezzo a noi per farci rinascere in Dio ed entrare nella vita stessa di Dio. Celebrando il Cristo morto e risorto, il cristiano trova il volto e il nome per la speranza dell'uomo: il volto di Cristo nostra Pasqua, speranza di vita, di vittoria sul potere del male, di perdono, di riconciliazione.
La Parola del Signore proclamata in questa Celebrazione ci invita a incontrare il Risorto così come l'hanno incontrato gli Apostoli, per passare anche noi, come loro, dall'esitazione e dal dubbio alla professione di fede piena, alla ‘beatitudine’ della fede di coloro che credono senza dover passare attraverso il ‘vedere’ e il ‘toccare’. Soffermiamoci innanzi tutto su un’espressione piuttosto curiosa che troviamo all’inizio del brano evangelico: «La sera di quel giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli (…) venne Gesù» (Gv 20, 19). “Il primo giorno dopo il sabato”: quest’espressione dell'evangelista Giovanni troverà più tardi il suo senso pieno, quando il “primo giorno dopo il sabato” verrà chiamato dai cristiani dies domini o dies dominmicus, e cioè giorno del Signore, perché è il giorno – “il primo dopo il sabato” ‑ in cui il Signore ha manifestato la sua gloria vincendo la morte: ogni domenica ricorda e celebra la Pasqua del Signore. Ma il giorno del Signore è anche il giorno dei discepoli del Signore, della comunità cristiana, il giorno in cui la comunità credente, radunata in assemblea Eucaristica, rende lode al suo Signore, ascoltandone la Parola, sperimentandone la presenza, accogliendo il dono della sua pace e del suo Spirito.
Anche noi, allora, come l’apostolo Tommaso, possiamo dire: «Mio Signore e mio Dio» (Gv 20, 28). È la sua professione di fede, semplice e profonda. Fede in Gesù, Signore e Dio, ma anche, potremmo dire, fede nel nostro rapporto vitale con Lui. Tommaso, con quel ‘mio’ Signore, dice che ormai la sua esistenza è inseparabile dal rapporto con il Signore. Quella di Tommaso sia anche la nostra professione di fede. È la fede della Chiesa, invitata oggi ad imparare sempre di nuovo a dire a Gesù: «Mio Signore e mio Dio», professando la fede nel Signore e riconoscendo di essere legati definitivamente con il Signore. Egli, il vivente, è con noi e in noi e noi siamo in Lui. Ma il cammino che l'apostolo Tommaso ha percorso per arrivare alla gioiosa professione di fede è stato faticoso. Tommaso si mostra incredulo, chiuso in se stesso, rinchiuso nel limitato orizzonte del ‘vedere’ e del ‘toccare’: egli teme l'avventura della fede che è fiducia, disponibilità, apertura senza condizioni e senza riserve. L'esito della storia di Tommaso, dubbioso e povero di fede, è confortante per tutti noi che procediamo a tentoni nel cammino spesso incerto della fede. Gesù, infatti, manifesta la sua premurosa e paziente attenzione nei confronti di Tommaso e così la sua incredulità si trasformerà in fede limpida e gioiosa che esclama: «Mio Signore e mio Dio».
Questa gioia della fede nel Signore risorto trasforma l’esistenza di san Tommaso e degli altri apostoli e discepoli di Gesù. E trasforma anche la nostra esistenza che diventa testimonianza, missione. Gesù dice ai discepoli: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20, 21). Li manda nel mondo a continuare la sua opera con la forza del suo Spirito per vincere il male, per perdonare i peccati, per annunciare e testimoniare la risurrezione, per offrire la pace. Gesù affida ai discepoli e, attraverso ai discepoli, affida a noi la sua opera, affida alla nostra Chiesa di Piacenza-Bobbio la sua missione. Un compito stupendo, un compito affascinante.
Desidero infine ricordare tre circostanze che si inseriscono molto bene nella gioiosa professione di fede Pasquale e nella missione che ci è affidata. La prima circostanza è la festa che celebriamo qui in Cattedrale in onore di Maria Santissima, che riconosciamo e veneriamo come Madonna del Popolo. Un titolo molto vero, molto profondo: Maria viene dal popolo di Dio e, diventata la Madre del Signore Gesù, accompagna il cammino della Chiesa, come Madre del nuovo popolo di Dio. Preghiamo Maria che ha accolto la Parola di Dio e l’ha vissuta nell’obbedienza perché ci aiuti a professare e a testimoniare la fede Pasquale. Le altre due circostanze sono un segno di questa fede Pasquale che diventa vita Pasquale. Sono stati celebrati in questi giorni i dieci anni della Casa della Carità voluta dal mio caro predecessore mons. Luciano Monari con l’intento di essere un piccolo segno di quello che la Chiesa, le comunità cristiane, tutti i cristiani debbono diventare: capaci di accogliere, di accogliere tutti. Infine l’ultima circostanza: sono qui con noi tanti amici della parrocchia di san Gregorio Magno della diocesi di Salerno, con il loro parroco e con il gruppo folcloristico. Molti piacentini, attraverso la Caritas, diedero loro una mano in occasione del terremoto. E da allora l’amicizia non è venuta meno: li ringraziamo di cuore per la loro presenza. Anche questo è un segno di quella Pasqua che ci rende creature nuove, animate dallo Spirito di amore e di pace. Amen.
† Mons. Gianni Ambrosio,
Vescovo Piacenza-Bobbio

Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.

domenica 30 marzo 2008

FOTO/ I 10 anni della Casa della carità


Ecco una breve galleria fotografica della festa per il decennale della Casa della Carità tenutosi sabato pomeriggio 29 marzo nel giardino del palazzo vescovile di Piacenza. Il vescovo Gianni Ambrosio e , a destra, don Giuseppe Basini. Il vescovo Ambrosio benedice con il ramoscello d'ulivo. Il simbolo della Casa della Carità riprodotto sulla torta di compleanno.



Quando la carità genera stupore

Piacenza - Rinchiuso tra le pietre grigie del centro storico di Piacenza c’è un giardino in grado di stupire la città. È quello della casa della carità che ieri ha riempito di meraviglia lo stesso vescovo Gianni Ambrosio, stupito dalle tantissime persone - circa trecento - accorse per il decennale e, soprattutto, del grande segno che la struttura posta al primo piano di un’ala del palazzo vescovile è in grado di mostrare. «È qui che abita la carità di Dio - osserva il vescovo durante l’omelia - è qui che si osserva lo stupore della Pasqua, della presenza di Dio in mezzo all’uomo, della vita nuova che si manifesta attorno ad un progetto. Dobbiamo rendere grazie al Signore per questo dono». Il dono è, naturalmente, la Casa della Carità che ieri celebrava i suoi primi dieci anni di vita. La volle il vescovo Luciano Monari assieme al Consiglio presbiterale perché diventasse «un segno della responsabilità che la chiesa e la città hanno di accogliere le persone più in difficoltà». Poveri, disabili, persone senza più nessuno al mondo. Ed è lo stesso vescovo Monari che il suo successore, monsignor Ambrosio cita più volte nella sua omelia. Dall’altare, assieme al superiore delle Case della Carità, don Romano Zanni, al segretario vescovile don Giuseppe Basini (colui che, in questi anni, ha seguito da vicino ogni passaggio della Casa) e a due ospiti della struttura con il compito di reggere le sacre scritture e la mitria, dall’altare Ambrosio ha voluto ringraziare Monari e tutte le persone che nel tempo si sono adoperate «come in un mazzolino di fiori» perchè «è l’insieme che fa la bellezza». È stata suor Antonella, una delle due religiose della congregazione dedicata a seguire le Case della Carità, ad inizio di celebrazione, a ricordare i protagonisti di questa storia, gli ospiti, molti dei quali non ci sono più. «La nonna Ione, Corrado, Carletto, Luigi, Pino, la Tina, Luisella, Maria - cita la suora -. Poi i nostri parenti, amici e benefattori e infine don Mario, suor Maria e suor Concetta, senza i quali questa casa non sarebbe nata».Alla fine, la festa, con una maxi torta con dieci candeline e l’immagine dei tre pani, il simbolo della Casa.
Federico Frighi

Il testo integrale su Libertà del 30 marzo 2008

venerdì 28 marzo 2008

Che bello fare la suora!

Sono 24 le suore piacentine che hanno rinnovano la loro professione di vita religiosa con il ricordo del 50° - 60° - 70° anniversario durante la festa del Sì in Santa Maria di Campagna. Ecco i loro nomi:
50° anniversario
Suor Giovanna della Croce, Carmelitane di S. Teresa
Suor Adriana Andriotto, Figlie della Chiesa
Suor Emilia Albertin, Figlie di S. Giuseppe
Suor Filomena Fornari , Figlie di Maria Ausiliatrice
Suor Giovanna Maria Forlini, Orsoline di Maria Immacolata
Suor Odilla Bortignon, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane
Suor Assunta Zonta, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane
60° anniversario
Suor Maria Immacolata del Verbo Incarnato, Carmelitane di S. Teresa
Suor Paola Villa, Figlie di Gesù Buon Pastore
Suor Irene Moro, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane
Suor Angela Toniolo, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane
Suor Giustina Cavalli, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane
Suor Eufrasia Piotto, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane
Suor Arcangela Parolin, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane
Suor Dorotea Simioni, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane
Suor Serafina Bordignon, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane
Suor Chiara Vecchiato, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane
Suor Marta Bernardi, Figlie di Maria Ausiliatrice
Suor Lina Scunzani, Figlie di Maria Ausiliatrice
Suor Maria Musatti, Figlie di Maria Ausiliatrice
Suor Giulia Romagnoli Figlie di Maria Ausiliatrice
Suor Maria Nava, Figlie di Maria Ausiliatrice
Suor Angela Molinari, Figlie di Maria Ausiliatrice
70° anniversario
Suor Angela Cavalli, Missionarie di S. Carlo Scalabriniane

Hanno festeggiato il loro 50° anniversario del sì anche due religiosi:
padre Vitale Chiarolini, Padri Sacramentini
padre Francesco Crivellari, Padri Sacramentini.

Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.

Mille anni di Sarsina, il vescovo Lanfranchi dà il via alle celebrazioni

Si sono aperte a Sarsina le celebrazioni per il millenario della cattedrale. Ad organizzarle ed a presiederle è il vescovo piacentino Antonio Lanfranchi, che dal 2003 è presule della diocesi di Cesena-Sarsina. Eretta nel 1008, da mille anni la cattedrale è cuore pulsante della città plautina. Nel corso della funzione inaugurale, che si è tenuta nel pomeriggio del 25 marzo, festa dell’Annunciazione del Signore cui la Basilica è dedicata, si è dato l’avvio all’Anno Giubilare concesso in via straordinaria dalla Santa Sede. Tutti i pellegrini che sosteranno in preghiera, facendo visita all’edificio di culto in cui sono custodite le reliquie del primo vescovo San Vicinio, fino alla chiusura del Millenario, il 31 maggio 2009, potranno avere l’indulgenza plenaria. A celebrare, insieme al cardinale Carlo Caffarra, la messa d’apertura del Millenario anche diversi vescovi dell’Emilia Romagna, tra i quali monsignor Gianni Ambrosio. Monsignor Antonio Lanfranchi, in apertura della messa, ha citato il salmo 90 ricordando come davanti agli occhi del Signore «mille anni sono come il giorno di ieri che è passato».
Con l’inaugurazione ufficiale ha preso il via un ricco carnet di eventi religiosi e culturali che coprirà l’intero anno giubilare fino al 31 maggio 2009, quando, in piazza Plauto, uno spettacolo di Aterballetto decreterà la chiusura ufficiale della manifestazione. Tra gli eventi religiosi il grande pellegrinaggio del 25 aprile a Sarsina (con la messa celebrata dal cardinale Giovanni Battista Re), la messa del 28 agosto in ricordo di San Vicinio presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco. Nel mese di agosto in data da definire, la cantata per il millennio della cattedrale eseguita da Ennio Morricone.

Il testo integrale su Libertà del 27 marzo 2008

Triani confermato all'Azione Cattolica

Prima nomina del vescovo Ambrosio negli organismi della chiesa piacentina. Pier Paolo Triani è stato confermato alla guida dell’Azione Cattolica di Piacenza-Bobbio. Rimarrà in carica per il prossimo triennio, fino al 2011. Il vescovo lo ha scelto da una terna che gli era stata presentata dopo la recente assemblea annuale. Quarantadue anni, sposato con Alessandra, originario di Pontremoli è residente a Piacenza dal 1999. Laureato in Pedagogia all’Università di Parma, ha svolto il dottorato di ricerca all’Università di Bologna. Attualmente lavora come ricercatore in Didattica e Pedagogia Speciale all’interno della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza. In questi anni si è interessato principalmente alle tematiche della formazione, del lavoro sociale, delle metodologie educative dell’educazione giovanile. Dal 1992 al 1996 ha fatto parte dell’equipe nazionale del settore giovani Azione Cattolica, seguendo principalmente la sussidiazione dei cammini formativi. Dalla fine del 2002 è segretario del Consiglio pastorale della Diocesi di Piacenza - Bobbio.

Il testo integrale su Libertà di oggi, 28 marzo 2008

mercoledì 26 marzo 2008

Spiritualità per le famiglie

DIOCESI DI PIACENZA-BOBBIO
UFFICIO PASTORALE DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA.


Carissimi, veniamo a voi per comunicarvi che

DOMENICA 6 APRILE
PRESSO LA PARROCCHIA DI S. FRANCA PIACENTINA

ci ritroveremo per una giornata di spiritualità durante la quale sarà presente anche il nostro Vescovo, mons. Gianni Ambrosio

Il tema su cui avremo l’opportunità di riflettere sarà il seguente

LA FAMIGLIA TESTIMONE DEL RISORTO
“Se siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù”.

La giornata si snoderà secondo questo programma:

ore 9,15: arrivi e accoglienza
ore 9,30: preghiera e presentazione del tema della giornata (Don Franco Capelli e una coppia di sposi)
ore 10,30: riflessione in coppia o in piccoli gruppi
ore 12,00: scambio in assemblea
ore 12,30: pranzo
ore 14,00: preparazione della Celebrazione dell’Eucaristia
ore 15,00: Celebrazione Eucaristica presieduta da Mons.Gianni
ore 16,00: conclusione e saluti.

Note organizzative:
Il pranzo ci verrà fornito da un catering. Per questo è’ molto importante che ci comunichiate la vostra presenza.
Lo stesso discorso vale per i bambini. Per poterci organizzare con le baby-sitters abbiamo bisogno di sapere quanti sono.
Si richiede conferma dell’adesione entro il 31 marzo, chiamandoci al n. 0523/756185 o al cell.339/2421049 (Flavio e MariaLetizia Caldini)
Vi auguriamo un’ottima Pasqua e vi chiediamo di sensibilizzare le coppie delle vostre comunità perché valorizzino questo momento.

A presto
Marialetizia e Flavio
Don Franco
Piacenza 19.03.2008


Diffuso dall'ufficio stampa della diocesi di Piacenza-Bobbio oggi 26 marzo 2008

martedì 25 marzo 2008

Ambrosio, anche il vescovo fa Pasquetta

Un lunedì di Pasquetta dedicato a coloro che la gita fuori porta, pur volendo, non possono proprio farla. L’ha trascorso così il vescovo Gianni Ambrosio, visitando due case che rischiano, ogni giorno che passa, di essere dimenticate dalla città: quella circondariale, il carcere delle Novate, con i detenuti, assieme ai quali ha celebrato la messa. Quella dedicata a don Giuseppe Venturini, la Pellegrina, con i malati di Aids, assieme ai quali ha pranzato e chiacchierato da amico ad amici. «Il lunedì di Pasqua è un giorno in cui si va volentieri in vacanza, io sono andato a trovare persone che, in vacanza, non possono andarci» riflette a voce alta monsignor Ambrosio.
Alla Pellegrina era la prima volta.
«È un’opera segno del Sinodo, come gesto concreto di carità, di attenzione alle situazioni più difficili, di emergenza, che la Chiesa diocesana ha voluto allora e che continua a portare avanti anche oggi» evidenzia il vescovo.
Un luogo che pone degli interrogativi. «Da un lato ho avuto un’impressione di grande ospitalità - racconta don Gianni -, di grande affetto che mi hanno mostrato questi ragazzi e ragazze. Ho pranzato con loro, abbiamo fatto una foto assieme, mi hanno chiesto di andare presto a trovarli».
Da un lato l’accoglienza e l’amicizia. Dall’altro? «Dall’altro il cuore gonfio; vedere queste situazioni di estrema difficoltà fa piangere il cuore. Sono situazioni difficili, con molti punti interrogativi, misteri della vicenda umana».
«Questa casa - è convinto monsignor Ambrosio - ci insegna il rispetto che dobbiamo all’uomo in qualsiasi situazione venga a trovarsi. Non solo: anche la necessità di una educazione che sappia davvero superare ostacoli e difficoltà derivanti dai pregiudizi. Questa amicizia che hanno chiesto anche a me e a don Giorgio così come ai tanti volontari che seguono la casa, è il segno del desiderio di avere una mano amica che ti aiuti a tirarti su. Alla fine questa mano amica è la società nel suo insieme. Questo è davvero un insegnamento che ognuno di noi deve raccogliere. Sono segni importanti, che valgono per tutti e devono valere in particolar modo per i giovani». La Pellegrina chiede insomma di non venire dimenticata da Piacenza.
Gli amici, è vero, ci sono. «Tutte le domeniche i ragazzi hanno il pranzo offerto e preparato da gruppi familiari - osserva il vescovo - che lo portano in silenzio, senza rumore, senza comunicarlo in giro. Una volta al mese le parrocchie, a turno, vanno alla Pellegrina per una celebrazione eucaristica e passano là la serata. Con un poco di fatica, mi è stato detto - c’era più entusiasmo qualche anno fa -, però sono ancora sette-otto le parrocchie che incontrano i ragazzi. Anche questa è una cosa meritevole di essere sottolineata. Dobbiamo sentire questa casa come un aiuto da dare a questi fratelli che, per un verso o per l’altro, hanno inciampato in una realtà quanto mai dolorosa e triste».
La mattinata di Pasquetta era iniziata in carcere, ad incontrare per la messa un secondo gruppo di detenuti che la settimana passata (mercoledì scorso) non avevano potuto partecipare alla celebrazione per motivi di spazio.
Infine la visita alle Scalabriniane. Un’altra casa che merita di essere sostenuta. «Era il cinquantesimo della morte di madre Lucia, co-fondatrice delle Scalabriniane - ricorda monsignor Ambrosio - colei che ha riportato l’attenzione della congregazione verso gli immigrati in Italia. Mentre all’inizio erano sorte per aiutare i nostri italiani che andavano all’estero, lei capì che era il momento di aiutare coloro che venivano in Italia. Una scelta davvero strategica».
Federico Frighi

Il testo integrale su Libertà di oggi, 25 marzo 2008

Ambrosio: il mondo è troppo lento, la Pasqua ci invita a correre

Pubblichiamo ampi stralci dell'omelia di monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio, pronunciata il giorno della Pasqua del 2008 nel duomo di Piacenza.

La Pasqua, con l’annuncio della Resurrezione, è la festa per eccellenza del Cristianesimo, il principio di ogni festa cristiana, il cuore della nostra fede. Nell’augurio pasquale c’è il mistero di Gesù Cristo, morto e risorto, il riconosimento della fedeltà di Dio padre per il suo figlio Gesù Cristo e di tutti noi. Abbiamo urgente bisogno di lasciarci sorprendere dall’annuncio pasquale (come dice l’evangelista giovanni usando il verbo "correre") senza arrenderci all’evidenza della morte, senza cadere sotto il peso del male, dell’ingiustizia, delle cose che non vanno. Bisogna correre per andare incontro al Signore risorto, per vivere veramente la Pasqua nella sua dimensione di vita nuova e di speranza vera. Appena Maria di Magdala giunge al sepolcro vede che la lastra pesate è stata ribaltata. Subito corre per gridare la sua tristezza, lo hanno portato via. Anche Pietro e Giovanni corrono insieme verso il Sepolcro, una corsa che esprime bene l’ansia di vita nuova. Anche noi riprendiamo a correre. La nostra andatura è diventata troppo lenta, troppo pesante. In ogni ambito emerge la paura di rischiare, in ogni settore domina la pigrizia di un realismo triste che che non fa sperare più nulla. Siamo rassegnati a tutto e il peggio ci sembra inesorabile. La nostra cultura è attraversata da fredde correnti di indifferenza, di disistima, di disimpegno. Biosgna uscire da ogni cenacolo dalle porte chiuse. La Pasqua è anche fretta, l’amore fa correre veloci. È giunto il momento in cui scoprire nel crocifisso il Risorto, di sentire la sua presenza, di vivere alla luce della speranza, è giunto il momento della fede, della fede cristiana, per cui non bastano più gli occhi di sempre, quelli carnali, ma servono gli occhi della fede. È giunto il momento in cui far valere per noi, per l’umanità intera, quel lievito nuovo che fa fermentare tutta la Pasqua. A noi cristiani del terzo millennio è rivolto il monito di Paolo: «Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tuttaa la pasta? Togliete via il lievito vecchio per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. È davvero giunto il momento in cui è necessario questo lievito nuovo, fatto di amore e di verità per l’uomo, rischiosamente esposto alle varie tentazioni che invitano a deturpare l’umano, a ridurlo a semplice cosa. L’apostolo Paolo conclude il suo invito dicendo: Cristo nostra Pasqua è stato immolato. Sono parole in cui l’apostolo, con grande semplicità, dice che in Cristo, nostra Pasqua, tutta la nostra realtà umana è stata radicalmente trasformata; quanto è accaduto in lui è destinato ad accadere in ogni uomo. Il lievito nuovo della Pasqua, rende nuova la Pasqua, rende nuova la pasta, la storia umana, quella vecchia, fatta di peccato, è destinata alla corruzione. Quella nuova non conosce come suo destino ultimo la corruzione per la presenza del Cristo risorto. La parola definitiva sulla nostra esistenza è stata pronunciata: sarà vita per sempre.

lunedì 24 marzo 2008

S.Maria di Campagna, il ballo dei bambini

Domani al Santuario di Santa Maria di Campagna si celebra la festa in onore della Beata Vergine, festa secolare, caratterizzata dal tradizionale “ballo dei bambini”, gesto di pura devozione, con il quale i genitori “offrono” i propri pargoli alla Madonna, per metterli sotto la sua protezione.
La festa sarà aperta oggi: alle ore 18.30 vi sarà una solenne celebrazione presieduta dal M.R.P. Bruno Bartolini, Ministro Provinciale dei Frati Minori dell’Emilia Romagna.
Martedì vi saranno S. Messe alle ore 7.30 – 8.30 – 10 - 11
Alle 18.00 preghiera del Rosario con litanie cantate.
Alla Santa Messa delle ore 18.30, celebrata dal nuovo Vescovo di Piacenza-Bobbio, S. E. Mons. Gianni Ambrosio, le religiose della Diocesi rinnoveranno il loro “sì” di consacrazione al Signore e verranno festeggiate 23 suore che celebrano il 50°, 60° e 70° di professione religiosa.
Nel pomeriggio dalle 14 alle 17.30 si invitano i genitori a portare i figli per il “ballo dei bambini”.
La solennità liturgica sarà celebrata lunedì 31 marzo S. Messe ore 7,30 - 8,30; alle 18,30 S. La messa è concelebrata e presieduta da Don Giuseppe Formaleoni, parroco di S. Sisto.

domenica 23 marzo 2008

Ambrosio: la libertà di Cristo vince la nostra schiavitù

Ecco il testo dell'intervento del vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, durante la veglia della notte di Pasqua nella cattedrale di Piacenza.


Carissimi fedeli,

la grande e santa veglia pasquale è carica di significati che eccedono il nostro cuore e rendono balbettante la nostra parola, tanto è smisurato il mistero che celebriamo. Possiamo solo gioire ed esultare, come siamo stati invitati dall’Exultet cantato come inno di tutta la Chiesa, il nuovo Israele di Dio, ma anche come canto dell’intera umanità e di tutto l’universo. Nell’esultanza comprendiamo che quest’ora che stiamo vivendo è l’ora più grande della nostra vita, più grande della storia dell’universo: “Esulti il coro degli angeli, gioisca la terra, gioisca la madre Chiesa (…). Questa è la notte in cui hai vinto le tenebre del peccato, questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti nel Cristo dall’oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo, li consacra all’amore del Padre, e li unisce nella comunione dei santi».

Ecco la Pasqua, la Pasqua di Gesù e in Lui la nostra Pasqua, il ‘passaggio’ dalle tenebre, dal peccato e dalla morte alla vita di grazia e di luce dei figli, nel patto di amore con Dio nostro Padre e nella comunione con i fratelli e con tutti uomini. Dalla tenebra alla luce, dall’inimicizia all’alleanza nuova ed eterna, dalla divisione alla comunione.

Ecco il santo mistero di questa notte di grazia, di salvezza. Una salvezza che si svela progressivamente nelle varie tappe della lunga storia di salvezza. Le letture dell’Antico Testamento scandiscono queste tappe ma soprattutto ricordano che questa salvezza è preparata da Dio per il suo popolo e trova il suo compimento in Cristo risorto. Con lui il nostro futuro è aperto, definitivamente aperto verso una speranza fondata.
Questa vittoria sull’oscurità e sulla morte ha riguardato prima di tutto Gesù, il Verbo di Dio che si è fatto uomo. In questa notte egli, “spezzando i vincoli della morte, risorge vittorioso dal sepolcro”. E’ la proclamazione dell’angelo nel brano evangelico: «l’angelo disse alle donne: non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto» (Mt 28,6).

L’umanità di Cristo ha conosciuto la trasformazione più radicale: è diventata partecipe della stessa vita divina, vivificata per sempre dalla potenza della vita divina.

Ma ciò che in Cristo è accaduto - il mistero della sua risurrezione – e che questa notte celebriamo nello stupore e nella gioia, vale anche per noi in questa notte di grazia. Essa è la notte di Cristo vittorioso ma è anche la notte che cambia il destino dell’uomo, il destino di ciascuno di noi. Siamo uniti a Gesù Cristo e per mezzo di Lui siamo uniti al Padre.

Sempre nell’Exultet abbiamo cantato: “O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo, e l’uomo al suo Creatore”. E l’apostolo Paolo nell’epistola afferma: “se siamo stati uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione” (Rm 6, 5).

La risurrezione di Cristo è come una primizia, quanto è accaduto in Cristo è destinato ad accadere anche in ciascuno di noi. La sua libertà vince la nostra schiavitù, la sua santità sconfigge la nostra miseria grazie ai sacramenti della fede che sanciscono e rinsaldano il nostro legame con Cristo e ci fanno vivere e rivivere in Cristo. È il motivo per cui proprio in questa notte di Pasqua, cuore della liturgia cristiana, rinnoveremo le promesse del nostro battesimo e battezzeremo, pieni di gratitudine, tredici nostri fratelli e sorelle che si accostano al fonte battesimale per essere battezzati nell’acqua e nello Spirito: li accogliamo con gioia nella nostra grande famiglia che è la santa Chiesa.
Per mezzo dei sacramenti, la presenza di Gesù Cristo si fa viva e tangibile nella nostra vita, nella comunità ecclesiale, nella trama dei rapporti dell’umana esistenza: Gesù risorto è in mezzo a noi. E anche noi, come le donne di cui parla il Vangelo, come le generazioni cristiane prima di noi, in fretta corriamo per comunicare la nostra gioia ai fratelli.

Buona Pasqua a tutti e poiché fra i battezzati vi sono anche persone di lingua francese, spagnola e inglese, volentieri nella loro lingua diciamo Joyeuses Pâques, Happy Easter, Feliz Pascua de Resurrección!

Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio

sabato 22 marzo 2008

Ambrosio per la Via Crucis: preghiamo perché tutti conoscano la croce di Cristo

Care sorelle, cari fratelli,
il racconto della Passione secondo Giovanni inizia con Gesù nell’’orto degli ulivi’, prostrato per l’angoscia di morte. Nella prima lettura il profeta Isaia esclama: «Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori… È stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità».
Anche noi abbiamo iniziato la Celebrazione, prostrati a terra, come Gesù nell’orto degli ulivi.
Ora ci poniamo in contemplazione della croce e del suo mistero. Fissando lo sguardo sul volto lacerato e dolente del crocifisso, noi questa sera contempliamo e adoriamo la santa croce: in essa riconosciamo il simbolo della nostra salvezza, perché il mistero della Croce è il mistero della Redenzione.
Portiamo questa sera ai piedi della croce noi stessi e l’umanità intera. E insieme portiamo tutta l’iniquità del male, quello spensierato che quasi non ha coscienza di sé e quello consapevole e intenzionale.
E lì, ai piedi della croce, ci rendiamo conto che nessuna nostra iniquità è più grande del perdono di Cristo: la salvezza è offerta a tutti. La croce è la rivelazione dell’amore del Figlio che ama l’uomo sino alla fine: un amore più grande del peccato, un amore più forte della morte. La via della croce, percorsa del suo Figlio fatto uomo, è la via che conduce alla risurrezione e alla vita eterna.
La parola di Dio che abbiamo ascoltato svela la verità della croce. L’amore del Figlio, come ci è stato ricordato nella seconda lettura, è amore che condivide fino in fondo la nostra condizione umana. «Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come noi, eccetto il peccato». È questa totale condivisione che ha portato Gesù fino alla morte di croce.

La Croce che contempliamo e adoriamo è il nostro tesoro. Nel Battesimo siamo stati segnati con il segno della croce: siamo diventati in Cristo figli del Padre. Tutto nella nostra vita cristiana è come autenticato da questo marchio, da questa garanzia: ogni luce di speranza viene di qui, da questo patibolo degli schiavi che è diventato la sorgente del mondo rinnovato.
La croce è il segno distintivo della nostra identità di cristiani, è la nostra tessera di riconoscimento. Ai piedi della croce il popolo che “Dio si è acquistato" è chiamato a intercedere per tutte le genti, per tutta la famiglia umana, per annunciare a tutti gli uomini le grandi opere di Dio, il suo progetto di universale misericordia.
Il pensiero di tanti che non conoscono ancora il mistero e la grazia di questo segno ‑ non conoscono il grande e unico avvenimento di salvezza che è il cuore della storia del mondo ‑ ci rattrista e al tempo stesso ci sprona a pregare, come stiamo per fare nella grande ‘preghiera universale’, quasi allargando le braccia della croce sino ai confini della terra per far sentire a tutti la tenerezza dell’amore di Dio che tutto perdona. E ci sprona a far nostra la parola di san Paolo e a testimoniarla nella vita: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo».
Anche a nome di tanti che non conoscono il mistero e la grazia della croce, cantiamo con voce commossa il nostro saluto adorante: “Ecco il legno della croce, al quale fu appeso Cristo, Salvatore del mondo”.

† Mons. Gianni Ambrosio,Vescovo Piacenza-Bobbio

Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.

venerdì 21 marzo 2008

Ambrosio per l'Ultima cena: è la grande ora della storia

Ecco l'omelia pronunciata dal vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, in occasione della celebrazione del Giovedì Santo che ricorda l'ultima cena di Gesù e il rito della lavanda dei piedi.

Cari fratelli e sorelle,
facciamo memoria – nel senso pieno dell’espressione biblica ‑ dell’ora di Gesù, della sua ora di rivelazione e di passione: «Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine». Gesù, curvo e inginocchiato nell’atteggiamento dello schiavo, lava i piedi dei suoi discepoli: il Figlio si fa servo, servo per amore, servo per manifestare l’amore del Padre, servo per donare la sua vita di amore ai discepoli. Nel fare memoria dell’’ora di Gesù’, noi la viviamo come dono fatto a noi: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». La liturgia del Giovedì Santo – e in particolare questa Eucaristia in Cena Domini ‑ ci riporta al momento originario del culto cristiano, al suo significato più autentico, alla sua verità. Mentre tutte le religioni trovano la loro espressione di culto in un sacrificio che l'uomo offre a Dio, il culto cristiano è l'Eucaristia, rendimento di grazie al Padre che in Gesù si dona a noi, fino al sacrificio totale della sua vita. L'Eucaristia, istituita da Gesù nel contesto della ‘cena pasquale ebraica’, è il punto d'arrivo di tutta la manifestazione e l'azione di Dio nella storia della salvezza. Nella prima lettura dell’Esodo vengono ricordate le regole liturgiche dell’antica cena pasquale: al centro stava l’agnello come simbolo della liberazione dalla schiavitù in Egitto, la grande liberazione attuata da Dio stesso. Israele non poteva dimenticarsi di Dio, non doveva dimenticare che Dio aveva personalmente preso in mano la storia del suo popolo e che questa storia sarebbe sempre stata storia di libertà se continuamente basata sulla comunione con Dio. Sullo sfondo di questa cena pasquale, ecco la cena celebrata da Gesù con i suoi la sera prima della sua Passione.
È la nuova Pasqua che Egli ci ha donato nella santa Eucaristia, con l’inserimento della novità, del dono del suo corpo e del suo sangue. La celebrazione della Cena del Signore, nel segno del pane spezzato e donato e del vino versato, ha in se stessa tutta la verità di ciò che sta per compiersi nel Venerdì Santo e nella ‘notte pasquale’: l'Eucaristia è infatti il memoriale della morte e risurrezione del Signore nell'attesa del suo ritorno. «Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunciate la morte del Signore finché egli venga». Proprio questa novità è il punto di partenza per la vita del nuovo popolo di Dio. Il suo amore, quell’amore in cui Egli si dona liberamente per noi, è ciò che ci salva. Noi siamo nati qui, noi figli della “Nuova Alleanza nel suo sangue”, noi, come Chiesa, veniamo da qui, dall’Eucaristia, dalla cena del Signore, sullo sfondo dell’antica cena pasquale. Celebriamo l’ora di Gesù, ne facciamo memoria, ma questa ora di Gesù è anche la nostra ora, e quindi celebriamo la nostra nascita, il nostro essere ‘popolo sacerdotale’. Il principio della vita cristiana, l'origine della nuova vita, la vita dei figli, è qui: l'amore di Gesù per noi. Il suo corpo donato per noi è il pane capace di dare la vita a noi e al mondo intero. Per l’evangelista Giovanni, come abbiamo ascoltato nel brano del Vangelo che la liturgia odierna ci ha offerto, la Pasqua nuova di Gesù, che ha al suo centro la Croce, presenta una inaudita verità. Essa è espressa in modo estremamente eloquente nell’episodio della ‘lavanda dei piedi’. Prima di lasciare i suoi e «di passare da questo mondo al Padre», Gesù compie questo gesto: è un gesto che racchiude in sé il mistero della sua morte per noi, compimento del disegno di salvezza: la sua morte è la grande “ora” della storia, è l’ora dell’amore sino alla fine. Gesù offre la sua vita nella piena coscienza che «il Padre gli ha dato tutto nelle mani». E Gesù depone la sua veste ‑ la sua verità più intima, il suo essere Figlio, tutto ciò che il Padre aveva messo nelle sue mani ‑ per cingersi della veste o del grembiule del servo: «Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo [...]; umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce». Egli offre spontaneamente la sua vita: «Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo». Il Signore Gesù, nell’Eucaristia, resta sempre in mezzo a noi con la veste di servo, che è la sua gloria. Il suo servizio è il volto dell'amore di Dio, è la rivelazione definitiva e piena di Dio.
Simon Pietro non capisce: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Mi pare troppo semplice dire che Pietro ragiona in termini di prestigio o forse di rispettosa ammirazione e non di servizio. C'è qualcosa di più profondo da capire, da parte di Pietro e di tutti, c'è in gioco una logica diversa, una ragione del tutto nuova, del tutto inedita e alla fine sconcertante. Gesù gli risponde che se non si lascerà lavare i piedi, non avrà parte con lui. Solo chi accetta di lasciarsi trasformare da questo amore che dà la vita per noi, può essere associato al suo stesso servizio e potrà amare come è stato amato. Celebrare l'Eucaristia, prendere e mangiare il corpo di Gesù, vuole dire associarsi a lui e vivere di lui, che nella sua morte si è fatto nostro pane di vita. «Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi». Dall’Eucaristia viene la capacità di vivere come figli e come fratelli: è l'amore ricevuto dal Padre attraverso Gesù nostro fratello, che ci rende capaci di amarci come fratelli nel servizio reciproco, l’amore vicendevole. L'ora di Gesù sia la nostra ora: l'Eucaristia diventi davvero “la sorgente e il culmine” della nostra vita, la vita dei discepoli di Gesù. Così sia.

† Mons. Gianni Ambrosio,
Vescovo Piacenza-Bobbio

Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.

Ambrosio per la messa del crisma: teniamo aperti occhi, cuore e mani

Carissimi sacerdoti e diaconi, carissimi religiosi e religiose, carissimi fedeli laici di questa santa Chiesa di Piacenza-Bobbio:
a tutti rivolgo il mio cordiale saluto.
In particolare un saluto davvero affettuoso lo rivolgo ai cresimandi qui presenti e che rappresentano tutti coloro che in questo anno riceveranno il sacramento della Confermazione. Nella comunione fraterna del presbiterio vogliamo ricordare i preti ammalati che sentiamo profondamente vicini e riconosciamo attivamente partecipi, con la loro preghiera e con la loro sofferenza, della comunione sacramentale. Ricordiamo poi i nostri missionari sparsi in diverse parti del mondo, soprattutto in Africa e in Brasile: sono il segno prezioso della missionarietà e dell’apertura al mondo della nostra Chiesa piacentina-bobbiese. Ricordiamo infine i sacerdoti che celebrano gli anniversari di ordinazione. Comincio dai due sacerdoti che hanno 60 anni di ordinazione, mons. Bracchi Pietro e don Pagliughi Giovanni. Anche i sacerdoti che compiono 50 anni di ordinazione sono due, don Marenzi Cesare e don Valla Gian Matteo. Ancora due sono i sacerdoti che compiono il 25º anniversario di ordinazione, don Guarnieri Gianmarco e don Plessi Giancarlo. Infine ricordo quelli che sono al 10º anniversario di ordinazione, don Arrisi Fausto, don Campisi Andrea, don Cattivelli Franco, don Cavalli Silvio, don Cavanna Angelo, don Pascariello Domenico, don Lazzarini Luigi, don Tiengo Luciano. Assicuriamo a questi sacerdoti una preghiera particolare, un ringraziamento sincero e un augurio cordiale.
Carissimi sacerdoti e diaconi, carissimi fedeli, presiedo per la prima volta la concelebrazione della Messa del crisma. La mia commozione è forte, perché grande è il mistero di questo giorno in cui il Signore diede ai Dodici il compito sacerdotale di celebrare, nel pane e nel vino, il sacramento del suo corpo e del suo sangue fino al suo ritorno. Il Signore ha posto così le sue mani su di noi e ci ha fatto partecipi di se stesso, della sua vita, del suo sacerdozio: ha voluto e vuole esercitare il suo sacerdozio per nostro tramite. Cari confratelli, in questo sacramento noi siamo una cosa sola. Una cosa sola con Lui, il Signore Gesù, che ci ha attirati a sé e noi, colmati del suo dono, siamo diventati suoi. Una cosa sola tra noi, in quanto abbiamo ricevuto lo stesso dono dallo stesso Signore Gesù e viviamo dello stesso vincolo sacramentale che il Signore ha offerto a noi. Questo mistero di comunione ci coinvolge e si offre a noi come grazia rinnovata ogni volta che noi celebriamo il sacramento. Ma l’abitudine, la quotidianità, la disattenzione possono in qualche modo sciupare – lo sappiamo – ciò che è grande e bello. Sia allora davvero benedetta quest’ora in cui ricordiamo – nel senso pieno del ‘fare memoria’ – quell’’ora’ in cui il Signore ha posto le sue mani su di noi e ci ha fatto partecipi di questo mistero. Per me quest’ora è particolarmente intensa. Sì, lo è per me, e mi sia consentito di ricordarlo. Ma è intensa e commovente per tutti noi, perché siamo tutti partecipi dello stesso vincolo sacramentale. Per tutti è grazia vivere insieme la Celebrazione della messa crismale che ravviva in un modo particolarmente vivo e forte quel vincolo, richiamando la derivazione del nostro sacerdozio dal Signore Gesù, sommo e unico sacerdote della nuova ed eterna Alleanza (cfr. Eb 13, 20). Avete poi partecipato numerosi – e vi ringrazio ancora ‑ alla Celebrazione della mia ordinazione episcopale in questo Cattedrale gremita e festante. Anche quella grande partecipazione di popolo radunato qui attorno alla mensa dell’altare del Signore e al nuovo pastore di questa Chiesa piacentina-bobbiese, fa sì che quest’ora sia per tutti noi intensa, in quanto conferma e rinnova il vincolo di comunione che lega il Vescovo ai suoi presbiteri e i presbiteri tra loro nell’unico presbiterio della nostra Chiesa. È passato appena un mese da quel giorno in cui il Signore, attraverso l’imposizione delle mani dei Vescovi in comunione con il Santo Padre, ha posto le sue mani su di me e mi ha inviato a questa Chiesa come pastore e padre. Sono invece passati quarant’anni da quel giorno in cui il Signore mi ha imposto le mani concedendomi la grazia del presbiterato attraverso il gesto sacramentale dell'imposizione delle mani da parte del mio Vescovo. È sempre lui, il Signore Gesù, che ci attira verso di sé, che impone su di noi la sue mani, che ci chiede di donargli le nostre mani perché siano unte con l’olio che è il segno dello Spirito Santo e della sua forza.
Cari confratelli nel sacerdozio, sentiamo vivo e forte in noi il bisogno di dire la nostra gratitudine per la grazia del presbiterato ricevuto. E sentiamo pure risuonare nell’intimo della coscienza di ciascuno di noi l’ammonimento di Paolo al discepolo Timoteo: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani» (2 Tim 1, 6). Con le parole dell’esortazione Pastores dabo vobis, possiamo dare un contenuto preciso a questo invito di “ravvivare il dono di Dio che è in noi”: “non è solo il risultato di un impegno della memoria e della volontà (di Timoteo, di ciascuno di noi), è (anche e soprattutto) l’effetto di un dinamismo di grazia intrinseco al dono di Dio: è Dio stesso, dunque, a ravvivare il suo stesso dono, meglio, a sprigionare tutta la straordinaria ricchezza di grazia e di responsabilità che in esso è racchiusa” . La parola del Signore di questa divina liturgia insiste su questo dono. In modo semplice e immediato questa verità traspare dal Salmo responsoriale «Ho trovato Davide, mio servo, dice il Signore, con il mio santo olio l’ho consacrato». “Ho trovato Davide”: è il Signore che cerca e trova. La sua scelta è gratuita, la sua elezione è immeritata: “la mano del Signore ‑ prosegue il Salmo 89, 22 ‑ è il sostegno di Davide, il braccio del Signore è la forza di Davide”. La consacrazione di Davide prefigura la consacrazione del Figlio Unigenito del Padre. «Lo spirito del Signore è su di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione». Di questo dono, di questa grazia, di questa unzione dello Spirito Santo ciascuno di noi è divenuto partecipe. Noi oggi celebriamo, con più forte intensità, la misericordia del Padre che ha costituito sommo ed eterno sacerdote il suo Verbo, inviato «per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista».
Noi oggi rendiamo grazie, con più viva gratitudine, a «Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti» . Noi oggi siamo consapevoli, con maggior evidenza, di essere partecipi della stessa unzione sacerdotale del Verbo incarnato e di essere inseriti dentro all’atto redentivo di Cristo, in quanti ministri e servi della sua redenzione, del suo essere Redemptor hominis, redentore di ogni uomo, redentore di tutti gli uomini. La celebrazione della misericordia del Padre, il rendimento di grazie a “Colui che ci ama e ci ha liberati dai peccati”, la nostra collocazione nel mistero della redenzione definiscono la nostra identità, segnano il nostro essere, caratterizzano il nostro agire. Come Davide, anche noi siamo stati trovati, anzi, in Cristo, siamo stati pensati e voluti dal Padre per essere consacrati con lo stesso Spirito che ha consacrato Cristo, per essere mandati a servire il popolo di Dio che è la Chiesa. È dunque nel nostro essere riferiti a Cristo – in lui, con lui e per lui – che troviamo il senso della nostra vita, la sorgente della nostra gioia, la passione del nostro essere ministri della sua redenzione. E nel riferimento fondamentale e radicale a Cristo Signore, ecco spalancato davanti a noi l’orizzonte dell’uomo. Perché Cristo è per l’uomo: “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo” (propter nos homines et propter nostram salutem), affermiamo nel Credo. Il nostro riferimento a Cristo diventa riferimento all’uomo, il nostro “essere in Cristo” indica il nostro essere rivolti all’uomo. Tutta l’opera del Verbo incarnato si trova racchiusa in quel suo essere Crucifixus pro nobis (Credo), nel suo donarsi all’uomo per la sua pienezza di vita nella comunione dell’amore trinitario. E la nostra partecipazione sacramentale al suo sacerdozio ha nella stessa finalità la sua motivazione: rendere presente Lui e il suo amore in mezzo agli uomini. Soffermiamoci ancora sui segni nei quali ci è donato il sacramento. I segni essenziali dell'ordinazione sacerdotale sono tutti manifestazioni di quella Parola che chiama e che invia, di quell’Amore che sceglie e rende capaci di vita nuova coloro che sono stati scelti: l'imposizione delle mani, la consegna della Parola che Egli affida a noi, la consegna della patena e del calice. In particolare l’antico gesto dell'imposizione delle mani non solo esprime il fatto consolante di essere sotto la protezione delle mani del Signore ma dice pure la nostra appartenenza al Signore, il nostro essere assunti in servizio, il nostro stare a sua disposizione. Per questo le nostre mani sono state unte con l'olio. Nella forza dello Spirito Santo, queste mani umane, benedette con il santo olio, sono rese capaci di mettersi al servizio dell’amore del Signore per trasformare e per rinnovare nell’amore questo nostro mondo. Anche di questo dono facciamo memoria, ravvivando così il dono di Dio che è in noi vivendo per Colui in vista del quale il mondo è stato creato. Le nostre mani sono oggi nuovamente messe al servizio del Signore, mentre gli rinnoviamo la preghiera umile e confidente perché Egli ci prenda per mano e ci guidi, al di là dell’insufficienza delle nostre povere persone, al di là dei timori per la grandezza del compito, al di là della paura per le difficoltà di vario genere che incontriamo nel nostro percorso esistenziale e nella nostra attività pastorale. Sì, non ci nascondiamo le difficoltà, non facciamo finta di non vedere i limiti, le debolezze, le fragilità, le contraddizioni, il peccato. Gli occhi devono restare sempre aperti. Ma aperto deve soprattutto restare il nostro cuore per risentire quella voce amica che dice: “Coraggio, non temere”. Aperta deve restare la nostra mano per essere afferrati dalla sua mano, quella di Gesù che solleva Pietro che sta per affondare. Dobbiamo, certo, essere vigili: il tesoro è in vasi fragili. Lo sappiamo bene. Ma più che fermarci a fissare lo sguardo sulla fragilità, è assai meglio fissare lo sguardo sul tesoro. Lo sguardo di fede in Gesù, Figlio del Dio vivente, è il mezzo grazie al quale conserviamo l’amicizia con Lui e in questa amicizia ‘conosciamo’ tutto ciò che è necessario ‘conoscere’: «Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi». Sarebbe triste se, a forza di guardare ai vasi fragili, a forza di puntare il dito accusatore, non ci si rendesse più conto della straordinaria fiducia che genera questa ‘conoscenza’ che deriva dall’amicizia con Lui, e che si alimenta e cresce nella preghiera, nella lettura spirituale della Scrittura santa, nella comunanza di atteggiamenti, di stile di vita, di pensieri, di azioni. La fiducia nel Signore che ha posto la sua mano su di noi è anche fiducia nell’uomo, così come il nostro essere in Cristo è anche un rivolgersi all’uomo, all’uomo di oggi che ha bisogno di questo Dio che in Gesù Cristo che si è fatto carne e sangue, amandoci fino a morire per noi. Credo di poter affermare, alla luce di questa fiducia che poggia sull’amicizia con il Signore, che è possibile scorgere molti segni davvero positivi e promettenti di questa Chiesa piacentina-bobbiese, come pure di questa nostra realtà civile e sociale. Lo affermo, questo, con sincera convinzione, e soprattutto lo affermo per rendere grazie al Signore buono e misericordioso e anche per rendere grazie a voi, sacerdoti e fedeli laici, che, con la vostra dedizione, con il vostro impegno e con la vostra testimonianza, avete coltivato bene questa vigna del Signore.
Cari confratelli nel sacerdozio, celebriamo nella gioia il dies natalis del nostro sacerdozio, rendendo grazie per il dono sorprendente del nostro inserimento sacramentale nel sacerdozio di Cristo. Così il sacrifico di sé che Cristo ha compiuto è reso presente in ogni luogo e in ogni tempo, perché sia dato ad ogni uomo la grazia di parteciparvi. Esso è reso presente nel sacramento dell’Eucaristia: sacramentum sacrificii Christi, come dice S. Tommaso. Proprio dentro a questo grande mistero, il mysterium fidei che è l’Eucaristia, noi scopriamo e viviamo la profonda verità del nostro sacerdozio intimamente collegato all’Eucaristia. La teologia cattolica ha coniato una formulazione di questo mistero che dà le vertigini e che riguarda il nostro essere e il nostro agire in persona Christi. Questa formulazione non significa “a nome di Cristo” o tanto meno “nelle veci di Cristo”; ma significa l’identificazione sacramentale con l’unico ed eterno sacerdote, soprattutto – e in modo del tutto eminente ‑ quando celebriamo l’Eucaristia, principio e fondamento della nostra esistenza sacerdotale. È dunque l’Eucaristia la verità del nostro essere sacerdotale. Nell’Eucaristia che stiamo celebrando in questo Giovedì santo rendiamo grazie a Dio per il dono grande della nostra configurazione a Cristo in forza della quale in Lui e con Lui ciascuno di noi può dire in verità: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio». Amen.
† Mons. Gianni Ambrosio,
Vescovo Piacenza-Bobbio

Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.

Giovedì Santo, la messa crismale nel duomo di Piacenza

Alcune immagini della messa crismale del giovedì santo nella cattedrale di Piacenza-Bobbio celebrata dal vescovo Gianni Ambrosio.

giovedì 20 marzo 2008

Settimana Santa, i riti con il vescovo Ambrosio

Entra nel vivo la Settimana Santa per la comunità cattolica piacentina.
Giovedì santo
Oggi, giovedì santo, il vescovo Gianni Ambrosio, alle ore 9 e 30 presiede la celebrazione della messa crismale in duomo. Durante la cerimonia si terrà il rito di ammissione tra i candidati al presbiterato di due seminaristi del Collegio Alberoni: Leonardo Masini e Giuseppe Piscina. Alla messa crismale partecipa tutto il clero diocesano, sacerdoti e diaconi, assieme al vescovo. Dopo la liturgia della Parola verranno benedetti gli oli santi che verranno portati nelle parrocchie. Al termine della celebrazione tutto il clero è invitato nel salone degli affreschi dell’episcopio per un momento di fraternità. Alle 12 e 30 pranzo in seminario con il vescovo. Alle ore 18, sempre nel duomo di Piacenza, il vescovo Ambrosio presiede la celebrazione in “Coena Domini”, la santa messa nella Cena del Signore.
Venerdì santo
Alle ore 8, nella cattedrale di Piacenza, il vescovo Gianni Ambrosio presiede l’ufficio delle letture e le Lodi. Alle 18, sempre in duomo, presiede la celebrazione della Passione del Signore con la Via Crucis. Nel corso della celebrazione in cattedrale e nelle parrocchie si terrà la tradizionale colletta “Pro Terra Sancta”.
Nella chiesa di San Giuseppe dell’Ospedale, dalle ore 8 alle 24, rivive un’antica devozione che a Piacenza risale al 1015. Nella chiesa dell’ospedale, in via Campagna, per tutto il giorno viene esposta la reliquia della Sacra Spina. Alcuni rappresentanti dell’Ordine dei Templari veglieranno quella che è una delle circa 150 spine che si venerano in Italia e che, secondo la tradizione, dovrebbero far parte della corona portata da Gesù Cristo.
Sabato santo
Alle ore 8, in duomo, il vescovo Ambrosio presiede l’ufficio delle letture e le Lodi. Sempre in duomo, il vescovo presiede la veglia pasquale con inizio alle 22 e 30. Durante la veglia verranno battezzati 13 nuovi cristiani.
Domenica di Pasqua
Il vescovo Ambrosio celebra la messa di Pasqua alle ore 11 nella cattedrale di Piacenza e alle ore 18 nella concattedrale di Bobbio. Al termine delle due celebrazioni impartirà la benedizione apostolica con annessa l’indulgenza plenaria.

mercoledì 19 marzo 2008

Diocesi, a Piacenza-Bobbio un milione e mezzo di euro dall'8 per mille

Piacenza - Un milione e mezzo di euro. È quanto la diocesi di Piacenza-Bobbio ha ricevuto dall’8 per mille alla Chiesa Cattolica nell’anno 2007. A renderlo noto è un documento che sta girando tra i parroci alla vigilia della Pasqua ma anche di importanti appuntamenti fiscali. La cifra assegnata a Piacenza-Bobbio è stata ripartita in tre grandi aree di intervento: 774.357,58 euro sono stati destinati ad opere di culto e pastorale. «Abbiamo potuto aiutare - spiega Romolo Artemi, incaricato diocesano - grazie alla firma dell’8 per mille, molte parrocchie in tutti i vicariati per le opere di manutenzione degli immobili. Abbiamo potuto sostenere le iniziative pastorali, aiutare la diffusione del Vangelo tramite i giornali, radio e televisione».
Altri 419.661,47 euro sono andati per interventi caritativi: sono stati aiutati enti come Caritas diocesana, Assofa, Ceis-La Ricerca, La piccola casa della carità di Fiorenzuola, i gruppi Vicenziani, la casa famiglia di Metti, alcune parrocchie dove operano realtà collegate alla Caritas, e molte altre organizzazioni. Con i rimanenti 327.214,25 euro, sempre provenienti dall’8 per mille, è stato assicurato il sostentamento ai sacerdoti diocesani.
La somma assegnata a Piacenza-Bobbio, si riferisce alle dichiarazioni dei redditi presentate nell’anno 2004-2005. La diocesi subito riceve un acconto pari alla cifra dell’anno precedente - l’8 per mille è stato introdotto nel 1989-1990 -, poi, una volta contate le firme, riceve la differenza. «La linea adottata dalla Cei e dalla diocesi di Piacenza-Bobbio in questi anni - osserva il vicario generale monsignor Lino Ferrari - è quella della massima trasparenza. È giusto che la gente sappia dove vanno a finire i fondi e per quali attività vengono utilizzati».
«La firma dell’8 per mille - continua Artemi - è segno di corresponsabilità e di comunione nella condivisione di una Parola, quella del Vangelo, che edifica e completa la personalità di ogni persona». Artemi, 64 anni, bancario in pensione, presta la sua opera di volontario come incaricato diocesano per la promozione al sostegno economico della Chiesa. «Sarebbe bello - auspica - che ogni parroco che utilizza i fondi per la realizzazione di opere parrocchiali, in un angolo della chiesa, mettesse un manifesto, un cartello in cui spiegare ai fedeli che quello che si è realizzato è stato grazie alla loro firma». Ogni parrocchia, in queste settimane, si trasforma in una sorta di Centro di assistenza fiscale: «Noi invitiamo i sacerdoti a delegare una persona con il compito di ritirare il modello Cud con la firma per l’8 per mille. Tutti i modelli verranno poi consegnati alla diocesi che provvederà ad inoltrarli all’autorità competente tramite la posta in una sola spedizione».
Federico Frighi

il testo integrale su Libertà di oggi 19 marzo 2008

Ufficiale, don Lanza successore di Ambrosio in Cattolica

Piacenza - Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana ha nominato il nuovo assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il prossimo quinquennio. Si tratta di monsignor Sergio Lanza, docente di teologia pastorale all’Istituto pastorale “Redemptor Hominis” della Pontificia Università Lateranense di Roma. Sessantadue anni, originario della provincia di Sondrio e della diocesi di Como, succede a monsignor Gianni Ambrosio, che lo scorso 16 febbraio ha fatto il suo ingresso come vescovo della diocesi di Piacenza-Bobbio. La comunicazione è stata data alle ore 12 di ieri da monsignor Giuseppe Betori, segretario della Cei, durante la conferenza stampa di presentazione del documento finale del Consiglio permanente della Cei. Nello stesso documento viene ufficializzata anche la nomina di monsignor Gianni Ambrosio a membro del comitato scientifico-organizzativo delle Settimane Sociali dei cattolici italiani per i prossimi sei anni.

da Libertà, 19 marzo 2008

martedì 18 marzo 2008

Cattolica, monsignor Lanza successore di Ambrosio

Piacenza (f.fr.) - Salvo colpi di scena dell’ultima ora - sempre possibili - sarà monsignor Sergio Lanza il sostituto di monsignor Gianni Ambrosio come assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La nomina verrà resa nota questa mattina alle 12 dal segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Giuseppe Betori. Monsignor Lanza dovrebbe prendere possesso del suo nuovo ruolo il prossimo 6 aprile in occasione della giornata universitaria, nella cappella centrale della Cattolica di Milano. In precedenza, quasi certamente dopo Pasqua, sempre nella facoltà di Largo Gemelli, avverrà il passaggio delle consegne tra monsignor Lanza e il vescovo Ambrosio. Ordinario di teologia pastorale nell’Istituto Pastorale Redemptor Hominis della Pontificia Università Lateranense, monsignor Lanza è nato a Morbegno, in provincia di Sondrio il 18 giugno del ’45, ha compiuto gli studi secondari e il curriculum teologico nel seminario di Como. Il 22 giugno 1969 è stato ordinato presbitero della diocesi di Como. Laureato in teologia e in pedagogia e licenziato in scienze bibliche, è consultore della Congregazione per il clero e del Pontificio Consiglio per la cultura.

Il testo integrale su Libertà di oggi, 18 marzo 2008
Per la foto di Ambrosio grazie a Gianni Cravedi.

lunedì 17 marzo 2008

Ambrosio: la domenica delle palme è il portale della Pasqua

Ecco l'omelia del vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, pronunciata ieri mattina nella parrocchia di San Giuseppe Operaio, a Piacenza, per la domenica delle palme.

Carissimi fratelli e sorelle, carissimi parrocchiani di questa bella comunità parrocchiale di San Giuseppe Operaio,
vorrei dire di questa bella e grande famiglia parrocchiale. E poi carissimi bambini che siete qui presenti così numerosi e anche così attenti. Davvero non potevamo iniziare questa Settimana Santa in modo più bello e più gioioso, perché davvero quella processione che abbiamo fatto ci ha introdotti in questa settimana, che viene appunto chiamata “Settimana Santa” e che ha al suo culmine il triduo pasquale, Giovedì Santo, Venerdì Santo, e poi la grande veglia del Sabato Santo. Ebbene, non potevamo iniziare meglio di così perché è come un grande “portale” che si è spalancato davanti a noi, e dunque siamo introdotti in questa Settimana Santa nel mistero della passione e morte e risurrezione del Signore Gesù. Ma questo “portale”, che si è aperto davanti a noi, ci introduce, ci rende consapevoli, di quella vita nuova, la vita dei figli di Dio, la vita illuminata dal Signore Gesù crocifisso e risorto.
Siamo invitati in modo particolare quest’oggi all’ascolto della Passione del Signore Gesù, attraverso questo ascolto attento e partecipe noi entriamo in quella vita nuova illuminata da Cristo crocifisso e risorto, perché attraverso l’ascolto noi scopriamo la vera identità del Signore Gesù: il Figlio di Dio che va incontro alla sua morte in un atteggiamento di totale di radicale obbedienza al Padre, e di totale amore per noi per la nostra vita e per la nostra salvezza.
Proprio il racconto della Passione secondo Matteo, l’abbiamo ascoltata nella formula più breve, insiste molto su questo atteggiamento del Signore Gesù, perché questo è il cuore di tutta la sua Passione, tutto ruota attorno a questo atteggiamento, tutto lo svolgimento dei fatti della Passione è basato su questo atteggiamento di fondo.
Ma l’evangelista Matteo ci dice pure che in questo racconto ci siamo anche noi, non siamo solo spettatori di un qualche cosa che è avvenuto nel passato, non siamo solo ascoltatori più o meno interessati a ciò che viene raccontato dopo. Noi siamo attorno, noi siamo protagonisti di questo dramma che è avvenuto, di questo dramma che avviene, perché questo racconto dice la nostra vita, racconta la nostra storia.
Dunque siamo anche noi protagonisti. Allora nell’ascolto e nella preghiera vogliamo accogliere in noi lo Spirito del Signore Gesù per ricevere anche noi il dono, questo atteggiamento, l’atteggiamento di obbedienza al Padre, ma se vogliamo di amore verso il Padre che lo ha mandato a noi il Signore Gesù, ma anche poi di amore verso i fratelli.
E che cosa vuole dire per noi questo atteggiamento? Ci è stato invitato da una frase di don Giancarlo Conte proprio prima di iniziare la nostra processione verso questa chiesa: gli adulti hanno condannato con il dito puntato il Signore Gesù. I bambini questo non l’hanno fatto. Ma proviamo a chiederci: perché i bambini non hanno condannato Gesù? Anzi lo hanno applaudito, hanno cantato “Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore”, come abbiamo fatto noi nella nostra processione. Perché i bambini non hanno condannato Gesù? Perché si sono fidati di Lui, perché non hanno fatto troppi ragionamenti secondo uno stile troppo umano. Guardate, l’insegnamento che ci proviene dal racconto della Passione secondo Matteo va precisamente in questa direzione, molto semplice ma decisiva. Si ragiona in modo umano semplicemente umano, si ragiona in modo troppo umano, potremmo dire: “davvero punta il dito e condanna”, condanna l’innocente alla morte, condanna colui che il Padre ha mandato per la nostra vita, e quindi diventa incapace di accogliere quella vita nuova che il Signore Gesù ci ha comunicato.
L’evangelista Matteo sottolinea con forza questo aspetto. Proviamo solo a fare qualche accenno. Innanzitutto, come esempio di questo pensare umano o troppo umano: lo stesso discepolo, lo stesso apostolo Pietro, quando sente l’annuncio della Passione si ribella non può accettare una cosa di quel genere. Il Signore Gesù che cosa gli dice? “Via da me, satana! Tentatore, non pensi secondo Dio ma pensi come gli uomini o secondo gli uomini” (cfr. Mt 16, 23). Anche Pietro pensa con questo sguardo piccolo, con questo orizzonte limitato, non si apre all’iniziativa di Dio, ma vuole decidere lui come deve comportarsi Dio, come deve comportarsi colui che Dio ha mandato a noi il Signore Gesù. Un modo di pensare troppo umano per Pietro, così anche per gli altri apostoli.
Ma possiamo anche ricordare, riguarda sempre Pietro, ma può essere istruttivo anche questo. proprio nel momento culminante della Passione, mentre il Signore Gesù viene processato, una donna ‑ una cameriera una serva ‑, lo sappiamo si avvicina a Pietro e gli dice: “Anche tu sei dei loro, di quelli che hanno seguito il Signore Gesù, anche tu hai fatto parte del suo essere discepolo” (cfr. Mt 26, 73). Ebbene, Pietro anche lì ha paura perché vede compromessa la sua vita, non viene ad essere condannato solo il Signore Gesù, rischia anche lui di essere condannato. E allora nega, gli dice: “Io, quello non l’ho mai conosciuto!” (Mt 26, 74). E tuttavia aveva vissuto con lui, aveva camminato con Lui, l’aveva riconosciuto come Messia, come inviato dal Padre. E tuttavia per questo sguardo troppo umano, per questa logica troppo umana, diciamo pure “meschina”, Pietro dice: “Io, costui non l’ho mai conosciuto”.
Possiamo ancora ricordare l’ultimo esempio, quello di Pilato. Vuole essere giudice imparziale, ma nel momento in cui la sua “onorabilità” rischia di essere compromessa, nel momento in cui per difendere un innocente dovrebbe osare di andare incontro a quella folla, e preferisce Barabba al Signore Gesù, ebbene si ritira, si “lava le mani”, non vuole compromettere il suo onore, non vuole compromettere la sua vita (cfr. Mt 27, 24). Ancora un altro esempio di questo ragionare troppo umano.
Ma potremmo ricordare gli esempi della nostra vita, perché come sappiamo il Vangelo non parla di un qualche cosa del passato, il Vangelo parla di noi, parla del nostro modo di pensare, del nostro sguardo, del nostro modo di ragionare. Allora gli esempi sono chiari davanti a noi, davanti al nostro sguardo. Ecco noi vogliamo allora nell’ascolto della Passione del Signore andare oltre a questo sguardo davvero piccolo a questo sguardo troppo umano. Vogliamo avere fiducia come l’hanno avuta i bambini, come l’hanno i bambini. Fiducia nella Parola che è luce e salvezza. Fiducia nel Signore Gesù. Se quello è il cammino e lui con cuore amante ha deciso di percorrere, e quel cammino arriva anche alla croce, ebbene vuole dire che quella è la strada che conduce alla vita. E noi dobbiamo seguirlo, anche su questa strada oscura, anche su questa strada difficile, ma con questo atteggiamento di un cuore amante. Ecco che allora si spalanca davanti a noi la vita nuova, ecco che anche il momento difficile della sofferenza, sofferenza personale e familiare, la sofferenza della realtà umana, delle persone martoriate, anche dei vescovi che vengono uccisi come in questi giorni. Ebbene, anche questo mistero dell’”oscurità” è illuminato da quel Cristo crocefisso e risorto perché il Padre è fedele non abbandona nella oscurità della morte il suo Figlio, il Signore Gesù. Ma con Lui non abbandona tutti noi, perché in Cristo siamo diventati figli dello stesso Padre.
Il mistero di Gesù Cristo, il Crocefisso risorto, illumini allora la nostra vita, proprio perché come i discepoli camminiamo al seguito di Gesù senza mai offuscare lo scandalo della croce e senza mai dimenticare la forza e la luce della risurrezione. “La più grande mutazione mai accaduta nella storia umana”, come ha detto Benedetto XVI, mutazione, trasformazione, cambiamento, che riguarda tutti noi, che riguarda tutta la famiglia umana, che riguarda la storia e l’intero universo. E così sia.


Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.

Scuole cattoliche, corso per supplenti

La Cooperativa Cattolica per la Scuola e la Formazione
della Diocesi di Piacenza/Bobbio promuove:

CORSO DI FORMAZIONE PER SUPPLENTI DELLE SCUOLE CATTOLICHE
dal 2 al 16 aprile 2008

La Cooperativa Cattolica organizza un corso per tutte le persone che desiderano essere segnalate per periodi di supplenza nelle scuole paritarie i ispirazione cristiana. Il corso offrirà un primo approccio conoscitivo
- delle scuole cattoliche (finalità, scelte educative, organizzazione)
- della professionalità docente
- dei ragazzi di oggi
- della progettualità.
A tutti gli iscritti sarà chiesto di partecipare ai 3 incontri e di svolgere uno stage di 20 ore presso una scuola aderente alla Cooperativa. Lo stage consisterà nell’affiancamento al lavoro quotidiano dei docenti
Nelle scuole paritarie sono in vigore le stesse leggi delle scuole statali riguardo i titoli abilitanti all’insegnamento pertanto è necessario, per poter accedere al Corso, essere in possesso di:
- diploma magistrale o liceo pedagogico conseguito negli anni antecedenti l’a.s. 2001/2002
- laurea in scienze dei processi educativi (nido)
- laurea in scienze della formazione primaria (infanzia, primaria)
- laurea per classi di concorso (secondarie)
- concorsi abilitanti
- corsi speciali abilitanti indetti dalle università
Al termine del Corso, sulla base della partecipazione agli incontri e dell’effettivo coinvolgimento nell’attività presso le scuole, la Cooperativa stenderà un elenco di segnalazioni che verrà inviato a tutte le scuole durante l’estate e sarà un riferimento per il conferimento di supplenze nell’anno scolastico 2008/09.

PROGRAMMA

Mercoledì 2 aprile 2008
Scuola cattolica: identità e missione
Suor Luisa Merlin, Istituto Canossiano di Fidenza

Mercoledì 9 aprile 2008
Identità docente: motivazioni e competenze
Chiara Sacchi, presidente della Cooperativa Cattolica

Mercoledì 16 aprile 2008
Quale bambino/ragazzo/adolescente è affidato alle cure di un’insegnante?
Intervento a più voci con docenti di ogni ordine di scuola

NOTIZIE TECNICHE

Iscrizioni
Inviare il modulo entro il 31 marzo presso la Sede della Cooperativa: Via Chiostri del Duomo 12 – 29100 Piacenza o tramite e-mail, indicando tutti i dati richiesti, all’indirizzo: sacchiara@libero.it
Sede del Corso
Gli incontri si svolgeranno presso la Sede della Cooperativa; se le iscrizioni saranno numerose si svolgeranno presso il Seminario Vescovile di Via Scalabrini 67 – Piacenza. Invitiamo tutti quelli che si iscriveranno a verificare la sede in prossimità dell’inizio del Corso (la segreteria è aperta il martedì dalle 10 alle 12 – tel. 0523/305248).

Orari
Gli incontri si svolgeranno dalle ore 16,45 alle ore 18,45; durante il primo incontro ci sarà la presentazione del Corso, la registrazione degli iscritti e la raccolta delle quote.

Quota d’iscrizione
Ad ogni partecipante viene chiesto un contributo di 25 euro per le spese del Corso (relatori, materiali) e la copertura assicurativa necessaria per lo svolgimento dello stage presso una scuola.

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------


SCHEDA D’ISCRIZIONE
Corso di formazione per supplenti
anno scolastico 2007/08

COGNOME e NOME ……………………………………………………………………………………
LUOGO e DATA di NASCITA ………………………………………………………………………..
INDIRIZZO …………………………………………………….
TELEFONO ……………………………………………………
E-MAIL …………………………………………………
TITOLI DI STUDIO (indicare la data in cui si è conseguito il diploma/laurea e l’istituto/università)
………………………………………………………………………………………………………………
TITOLI ABILITANTI ALL’INSEGNAMENTO …………………………………….………………
……………………………………………………………………………………………………………..

Desidero svolgere lo stage presso

Asilo Nido () Scuola dell’infanzia () Primaria ()
Secondaria 1° grado () Secondaria 2° grado ()

Specificare la disciplina per le scuole secondarie ………………………………………………….

COMUNICATO STAMPA DIOCESI DI PIACENZA-BOBBIO

Ambrosio: pensiamo non secondo gli uomini ma secondo Dio!

Pubblichiamo il testo dell'omelia che monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio, ha tenuto sabato scorso nell'abbazia di Chiaravalle della Colomba dove ha incontrato i giovani della diocesi.

Carissimi giovani,
vi ringrazio innanzi tutto per la vostra presenza e per la vostra partecipazione a questa giornata diocesana della gioventù che è come un anticipo della grande GMG con il Santo Padre a Sidney.
So che per voi questo incontro, che avviene proprio alla vigilia della Settimana Santa, è ormai una tradizione molto bella. Per me è la prima volta e sono felice di inserirmi in questa tradizione, sono veramente lieto di essere qui con voi.
Mi sembra che questo nostro incontro, in questa stupenda abbazia di Chiaravalle della Colomba – così suggestiva questa sera ‑ sia un po’ come un grande portale che si spalanca davanti a noi e per noi, per introdurci all’interno di quella realtà straordinaria che è la Settimana Santa e dunque alla vita nuova illuminata da Cristo Risorto.
Le domande che voi mi avete posto – e a cui ho cercato di offrire qualche cenno di risposta – trovano qui, nella Parola del Signore che abbiamo ascoltato, e in particolare nel racconto della Passione del Signore Gesù, la risposta piena, esauriente. Vorrei invitarvi a tenere presenti le domande, quelle espresse a voce alta e quelle che sono rimaste lì nel silenzio del vostro cuore. Sì, tenetele ben presenti, le domande, ma per un momento lasciatele un po’ in disparte per fare posto innanzi tutto all’ascolto.
È decisiva la disponibilità all'ascolto del racconto della passione per scoprire la vera identità di Gesù Cristo, il Figlio di Dio che va incontro alla sua morte in un atteggiamento di radicale obbedienza al Padre e di totale amore per gli uomini, per tutti noi.
Il racconto della Passione di Matteo insiste molto su questo atteggiamento di Gesù: è centrale, fondamentale questo atteggiamento. Tutto il racconto della passione ruota attorno a questo atteggiamento, tutto lo svolgimento dei fatti della passione è basato su questo atteggiamento di fondo.
Siamo qui in ascolto, siamo qui in preghiera, per accogliere in noi lo Spirito del Signore Gesù, per ricevere in dono questo atteggiamento di obbedienza al Padre e di amore per i fratelli, per prendere coscienza del nostro modo umano, “troppo umano”, di guardare alla vita, di confrontarci con il dolore e la morte, di fare le nostre scelte.
L’evangelista Matteo sottolinea con forza che la passione di Gesù è la passione del «Figlio di Dio», titolo che viene ricordato più volte, a più riprese. Colui che soffre e muore è il Figlio innocente di Dio: egli affida la sua vita al Padre, prende su di sé il male del mondo, si carica del dolore dell'umanità martoriata, esprime la sua totale solidarietà con l'umanità peccatrice.
Inoltre Matteo sottolinea che Gesù va incontro alla sua passione e morte con totale libertà e con piena conoscenza: Gesù prevede il tradimento di Guida, sa che è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori. La libertà e la consapevolezza esprimono la volontà di Gesù di affidarsi al Padre. Neppure il dolore e la morte possono diventare occasione o pretesto per rifiutare la volontà del Padre, per ribellarsi a Dio.
L'oscurità della passione e della morte di Gesù è illuminata dal cammino percorso del «Figlio dell'uomo»: un cammino tracciato dalla sua libertà amante, amante del Padre che lo mandato e amante degli uomini cui è stato mandato. È precisamente questa luce nuova della libertà amante che suscita incomprensione e provoca scandalo per l'uomo. Per l’uomo “troppo umano”: quello cioè che non vuole che il suo cammino sia illuminato, quello schiacciato dal suo orgoglio, quello che si fida solo di sé e pretende di salvare la propria vita. È questa la radice ultima del peccato, è questa la fonte di ogni peccato.
Vorrei che ci soffermassimo qualche istante su questa radice del peccato che è la presunzione di salvarsi da soli, con le proprie forze fino a rifiutare Colui che il Padre ha mandato a noi per la nostra salvezza.
Ricordiamo il rifiuto di Pietro all'annuncio della passione di Gesù. Un rifiuto che provoca il duro monito di Gesù: «Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Ricordiamo ancora cosa accadde a Pietro nel momento in cui, durante la passione di Gesù, sta per essere riconosciuto come suo discepolo e quindi rischia la sorte del suo Maestro e Signore. Si rifugia subito nella menzogna di fronte alla domanda della serva e, nonostante la sua generosità, abbandona il suo Signore fino a rinnegarlo.
Ricordiamo, infine, la logica di Pilato che vuole presentarsi come giudice imparziale. Quando però si sente coinvolto, Pilato mostra tutto il limite della sua imparzialità. Non è disposto a perdere se stesso fino alla difesa di un innocente, fino all'affermazione della verità.
Potremo continuare con altri esempi, tratti dal Vangelo, come questi, oppure tratti dalla nostra vita. Esempi che ci attestano la logica basata sulla presunzione di decidere noi della nostra vita, sulla presunzione di salvare la propria vita. Pensare come gli uomini, e non secondo Dio, vuol dire questo: richiudersi in se stessi, rifiutare il dono.
Gesù ci libera da questa prigionia, da questo schiavitù. Ci libera da tutto questo con la sua libertà amante, ci libera con la sua grazia, ci libera con la luce del suo essere crocifisso-risorto.
Davvero, cari giovani che siete venuti qui questa sera così numerosi, questo incontro sia il portale che ci introduce alla Settimana Santa, cuore del tempo liturgico, e ci fa entrare in una dimensione profondamente nuova, in una logica decisamente diversa: quella di Gesù di Nazaret, quella del Vangelo. Allora la porta della vita – della vita vera – è aperta per noi, la porta del futuro è spalancata per noi, la nostra speranza è fondata e il senso della vita risplende in noi.
Il mistero di Gesù Cristo, il crocifisso-risorto, illumini la nostra storia e la nostra vita, perché, come discepoli, camminiamo al seguito di Gesù, senza mai offuscare la serietà e lo scandalo della croce e senza mai dimenticare la forza della risurrezione che Benedetto XVI ha caratterizzato come “la più grande ‘mutazione’ mai accaduta” che “riguarda anzitutto Gesù di Nazaret ma con lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo”. Amen.

† Mons. Gianni Ambrosio,Vescovo Piacenza-Bobbio

Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.



domenica 16 marzo 2008

Il vescovo Ambrosio a Chiaravalle con i giovani

Un sabato pomeriggio con il vescovo. Tanti sono stati i giovani che hanno deciso di trascorrere così una lunga ed intensa fetta della giornata di ieri. A Chiaravalle della Colomba hanno incontrato il vescovo di Piacenza-Bobbio Gianni Ambrosio in una sorta di meeting preparato e proposto dal Servizio di pastorale giovanile della diocesi. Al vescovo i giovani hanno detto, tra l'altro, che fra i loro desideri c'è quello di sentirsi maggiormente parte integrante della Chiesa. Sacri Corridoi ringrazia di cuore il fotografo Fabio Lunardini per gli scatti gentilmente concessi.
(Foto di Fabio Lunardini)
(Foto di Fabio Lunardini)
(Foto di Fabio Lunardini)
(Foto di Fabio Lunardini)

Il vescovo Ambrosio al Dies Academicus

Piacenza (fed.fri) Era la prima volta, negli ultimi sette anni, che monsignor Gianni Ambrosio teneva l’omelia del Dies Academicus non più da assistente ecclesiastico generale della Cattolica. «Sono qui come vescovo - dice al termine della celebrazione nella piazzetta di economia -, il nuovo assistente è stato nominato dalla Cei e verrà annunciato martedì». «Si è chiuso un capitolo e ne è iniziato un altro - osserva -. Una bella esperienza, di amicizia, di collaborazione». Profondo ed attuale il commento al Vangelo di Giovanni dove Gesù viene sottoposto alle domande dei giudei. «C’è un interesse, una curiosità per Gesù, anche se l’epilogo è triste e drammatico». «Si presenta come la guida, dice di guardare ai fatti, alle opere, alle scritture. Ma i giudei, come noi, sono preda delle loro ideologie. È il dibattito della Pasqua: tra la luce e l’oscurità, la vita e la morte».

da Libertà, 15 marzo 2008