sabato 31 gennaio 2009
L'ex lefevriano don Cantoni, negare l'Olocausto è una stupidaggine
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Il testo integrale su Libertà del 31 gennaio 2009
Beni culturali, la Chiesa diventa un laboratorio
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Il testo integrale su Libertà del 31 gennaio 2009
venerdì 30 gennaio 2009
Catechisti, una giornata di formazione
Piacenza - Si svolgerà il pomeriggio di domenica 8 febbraio (14.30, parrocchia di S. Franca), dal titolo «Tu sei il mio Dio, i miei giorni sono nelle tue mani», una giornata di formazione per i catechisti.
Alla “giornata” sono invitati tutti i catechisti della diocesi, come occasione di approfondimento e di formazione “ad alto livello”.
Sarà infatti presente all’incontro, con la relazione iniziale, Mons. Bassano Padovani, della Diocesi di Lodi, già direttore dell’Ufficio catechistico nazionale; le conclusioni saranno invece affidate al nostro Vescovo Mons. Gianni Ambrosio.
Inoltre, saranno attivati sei gruppi di formazione cui parteciperanno liberamente i catechisti (approfondimento biblico e di metodo, ascolto di musica, film, ecc…). Alla giornata partecipano anche gli oltre 70 giovani iscritti al corso base loro dedicato, che vedrà la sua conclusione.
Attenzione: chiediamo ai parroci di favorire la partecipazione e di indicare entro il 4 febbraio il numero indicativo di partecipanti all’Ufficio catechistico (segreteria@catechistipiacentini.net e 0523 308344)
Comunicato stampa diocesi di Piacenza e Bobbio
giovedì 29 gennaio 2009
Otto per mille alla Chiesa, l'intuizione del cardinale Casaroli
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Il testo integrale su Libertà del 29 gennaio 2009
Chiesa, dall'8xmille 4,5 milioni di euro
Ciò nonostante i soldi non bastano e si rende necessaria una razionalizzazione. Come ha confermato l’economo don Bosini, è in corso una mappatura con strumentazioni satellitari di tutte le chiese della diocesi (sono oltre 800). Diverse dovranno chiudere, soprattutto nel territorio collinare e di pianura. Una lista non è ancora stata redatta ma quel che è certo è che vi sono luoghi di culto che necessiterebbero di interventi di migliaia di euro a fronte di una frequentazione di meno di una decina di fedeli. È chiaro che saranno queste le prime chiese a chiudere i battenti.
Molto più severa si è fatta poi la procedura per l’ottenimento dei fondi per finanziare i vari progetti. I criteri sono sempre più selettivi. Don Bosini ricorda l’iter: entro giugno gli uffici amministrativi della diocesi raccolgono le varie domande provenienti da parrocchie e da singole realtà diocesane. «Non si tratta, però, di domande provenienti da singoli sacerdoti o enti - precisa l’economo -. Seguendo i principi di comunione, corresponsabilità, trasparenza, rigore le singole domande devono aver superato già una prima verifica alla partenza. Ogni parrocchia deve avere un Consiglio parrocchiale economico composto da laici; ogni parrocchia si muove nell’ambito di una circoscrizione che è l’Unità Pastorale e pertanto ogni intervento dev’essere visto in un contesto più ampio e articolato con il parere dell’Unità Pastorale». La diocesi è divisa in sette Vicariati: «In prospettiva saranno chiamati ad un ruolo sempre più importante anche sul piano del coordinamento delle risorse economiche». Questo rigore permette agli organi diocesani (Consiglio economico, Collegio dei consultori, vescovo...) di prendere decisioni in accordo con il quadro generale delle esigenze da rapportare alle disponibilità.
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Il testo integrale su Libertà del 29 gennaio 2008
martedì 27 gennaio 2009
I funerali di don Franchi celebrati dal vescovo di Fidenza
si terranno domani, mercoledì 28 gennaio, alle ore 15, nella chiesa
parrocchiale di Mercore e saranno presieduti dal vescovo di Fidenza mons.
Carlo Mazza (il sacerdote era incardinato nella diocesi di Fidenza), mentre
la diocesi di Piacenza Bobbio sarà rappresentata dal vicario generale mons.
Lino Ferrari (il vescovo mons. Ambrosio è impegnato a Roma con il
pellegrinaggio diocesano).
Comunicato stampa diocesi Piacenza-Bobbio
Il cardinale Ruini al festival della teologia
Attualmente il cardinale si gode la pensione nel suo appartamento appena fuori le mura vaticane, scrive interventi per Avvenire, un libro per Mondadori ed è presidente del comitato per il progetto culturale della Cei.
Morto don Franchi, già parroco di Mercore
Franchi, già parroco di questa comunità. Nato il 21 novembre 1921, era stato
ordinato sacerdote il 28 maggio 1944. Don Franchi era incardinato nella
diocesi di Fidenza: Mercore, infatti, fino a qualche anno fa era parrocchia
della diocesi di Fidenza e, quando sono stati rivisti i confini, è passata a
Piacenza. I parroci avevano però la facoltà, pur mentenendo il loro
incarico, di scegliere - come ha fatto don Franchi - di restare nella loro
diocesi di provenienza.
I funerali si terranno mercoledì prossimo, 28 gennaio, alle ore 15, nella
chiesa parrocchiale di Mercore.
Con successivo comunicato daremo altre informazioni.
Comunicato stampa diocesi di Piacenza-Bobbio
lunedì 26 gennaio 2009
La croce di suor Leonella in S.Bartolomeo sull'Isola Tiberina
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Il testo integrale su Libertà del 25 gennaio 2009
Ambrosio, quella della stampa è una crisi non solo economica ma di fiducia
Ambrosio riprende il tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. «Credo che il Papa consideri chi opera nei media anzitutto come un operatore culturale. La notizia è un bene pubblico e chi opera nella comunicazione svolge un servizio culturale, in quanto fornisce gli elementi di informazione, di conoscenza per la visione del mondo dei cittadini. Occorre cercare una convergenza fra le istanze educative e la comunicazione».
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Il testo integrale su Libertà del 25 gennaio 2009
sabato 24 gennaio 2009
Ambrosio: giornalisti comunicatori ed educatori
Ufficio stampa
Incontro con i giornalisti: intervento del Vescovo
Educazione e Comunicazione
Dico a tutti il mio grazie per la cortese presenza a questo incontro del Vescovo con i giornalisti e con gli operatori della comunicazione sociale nella ricorrenza del patrono, San Francesco di Sales. Per me è una felice occasione per rivedere persone di cui conosco ed apprezzo la professionalità e di cui mi onora l’amicizia ed anche per esprimere loro gratitudine per l’attenzione che riservano alla vita religiosa della città e della diocesi, e, in particolare, al Vescovo di questa Chiesa.
A questo nostro incontro è stato assegnato anche un titolo: educazione e comunicazione.
Posso confidarvi che mi sono preoccupato quando ho visto un simile titolo, molto vasto e impegnativo. Poi mi sono rincuorato leggendo il tema della 43ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Un tema anch’esso impegnativo: “Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia”. Questa seconda parte del tema non è lontana dal nostro argomento, l’educazione e la comunicazione, anzi la promozione della cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia può aiutarci a precisare il rapporto tra l’educazione e la comunicazione.
Credo che sia questa la vocazione di chi opera nella comunicazione: siete chiamati ad assumervi in prima persona la promozione di una cultura rispettosa, dialogante, amichevole, capace di infondere fiducia e speranza. Sviluppo solo due rapidi punti.
1. Non possiamo ignorare la situazione di crisi nella quale ci troviamo. Non mi riferisco solo alla crisi economica ma, più in generale, alla nostra epoca segnata, come è stato detto, dalle “passioni tristi”, un’espressione di Spinoza tornata in auge grazie al titolo di un recente libro di M. Benasayag e G. Schmit, intitolato appunto L’epoca delle passioni tristi. Gli autori suggeriscono la necessità di creare e ricreare i legami che possono essere chiamati, con buona ragione, vitali. È una strada da percorrere ricreando o rinnovando anche il legame tra educazione e comunicazione.
Ma è possibile ricreare e rinnovare questo legame? Credo di sì. Partendo dalla situazione di incertezza che riguarda tutti, anche la comunicazione e i giornalisti, vorrei sostenere che proprio oggi è necessario pensare a un nuovo legame tra educazione e comunicazione.
Tutti gli osservatori affermano che l’attuale crisi finanziaria-economica influenza in modo diretto i media e soprattutto la stampa. D’altronde questi osservatori dicono ciò che sta già avvenendo.
Se per esempio guardiamo agli Stati Uniti, lì il terremoto è già in atto. È avvenuto il collasso della Tribune Corp. (proprietaria di Los Angeles Times e Chicago Tribune). È poi in atto la crisi del New York Times, fondato nel 1851: è stata annunciata la possibilità di ipotecare la sede, il nuovo grattacielo di Renzo Piano a Manhattan, per raccogliere 225 milioni di dollari di liquidità. Possiamo continuare: la società MediaNews Corp., proprietaria di ventinove quotidiani, fra cui il Denver Post, è stata declassata dall’agenzia di rating Moody’s in quanto non più in grado di saldare i debiti. Insomma, negli USA la crisi dei media non risparmia nessuno, neanche le testate più solide e blasonate. L’editoria americana sta attraversando una crisi profonda: secondo alcuni studiosi sarebbe senza precedenti una simile crisi. Non sono pochi coloro che auspicano che il governo di Washington intervenga contro il fallimento dei giornali con offerte generose, come si pensa di fare per salvare le industrie dell’automobile. Ma sarebbe molto superficiale ritenere che la crisi dell’editoria sia dovuta solo alla difficile congiuntura economica: sono tanti i motivi della crisi, su cui tornerò più avanti.
Se Atene piange, Sparta non ride. Anche l’Europa manifesta non poche difficoltà. Pensiamo alla Francia. È noto il travaglio che da anni sta vivendo Le Monde. Prima vi è stata la lunga crisi della dirigenza del gruppo, poi quella riguardante i dipendenti. Nel 2008, stando alle dichiarazioni di Éric Fottorino, presidente della testata, e di David Guiraud, vice presidente e direttore generale, la perdita dovrebbe aggirarsi attorno ai 4,7 milioni di euro, che però – così dicono – dovrebbe essere in parte riassorbita dalle prospettive di guadagno nel 2009. Comunque il quotidiano ridurrà le pagine da 32-30 a 28-26 a partire da questi giorni, dal 20 gennaio, opterà per una gerarchizzazione delle notizie, cercherà di collegare meglio il giornale stampato con quello web.
La crisi di Le Monde ci fa comprendere che non è solo l’attuale congiuntura a mettere in difficoltà l’editoria: il tentativo di aprirsi sempre più al web – da parte di un quotidiano che per decenni ha rifiutato le foto come poco consone al giornalismo serio – è motivato da due ragioni: la diminuzione dei lettori del giornale (in particolare sotto la direzione di J-M. Colombani) e la diminuzione di introiti pubblicitari nel mondo della carta stampata.
È pure nota la lunga crisi di Liberation, che fra l’altro ha subito un duro colpo con la morte di Carlo Caracciolo, propostosi quale editore del rilancio.
Così in Spagna: i quotidiani iberici registrano una paurosa disaffezione dei lettori.
Non dissimili sono gli scenari riguardanti il nostro Paese, anche se è più difficile avere dati precisi in Italia (pensiamo solo al fenomeno delle copie-omaggio). Comunque da noi la situazione non è rosea: la diffusione sta calando, dapprima ha colpito i periodici poi anche i quotidiani.
Credo che sia da cercare col lanternino un gruppo editoriale che da Torino a Milano a Roma non vada predisponendo una riorganizzazione, con relativi tagli. Meno pubblicità, forse meno pagine, forse meno…tutto il resto.
Insomma, il 2009 sarà un anno difficile per i media, in particolare per i giornali. Le previsioni non sono rosee, anzi tendono verso il nero. L’editoria dovrà nel 2009 fare i conti con una riduzione degli investimenti pubblicitari e con un’ulteriore contrazione delle copie vendute. E neppure il web potrà correre in aiuto dei giornali di carta. Neppure il sito online con il maggior successo può compensare le perdite del suo corrispettivo cartaceo.
Ho fatto alcuni cenni alla situazione di crisi dei media, perché credo che da qui occorra partire per far sì che la situazione odierna sia vissuta come occasione per riflettere e per scegliere. La crisi può trasformarsi in opportunità per il bene della comunicazione e della vita sociale se si riconosce che è venuta meno la fiducia e dunque occorre ricuperarla.
Ciò significa due cose.
La prima: credo che tutti gli operatori della comunicazione debbono rendersi conto che svolgono un ruolo importante per la vita sociale, come informatori dell’opinione pubblica.
La seconda: credo che l’opinione pubblica deve avere la possibilità di poter riconoscere che gli operatori della comunicazione svolgono bene questo ruolo importante.
In definitiva, solo ritornando ai lettori – ai lettori non secondo il marketing, ma ai lettori in quanto cittadini che vivono nel nostro contesto sociale – si ricupera la fiducia: in un periodo di crisi il lettore ha ancora più bisogno di informazioni per comprendere ciò che sta avvenendo.
2. Riprendo il tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Appare evidente la fiducia del Papa nei confronti delle possibilità dei media: egli ritiene che i media possano dare un grande aiuto nel favorire un clima di dialogo e di fiducia. Credo che il Papa consideri chi opera nei media anzitutto come un operatore culturale. La notizia è un bene pubblico e chi opera nella comunicazione svolge un servizio culturale, in quanto fornisce gli elementi di informazione, di conoscenza per la visione del mondo dei cittadini.
Dunque chi opera nella comunicazione non può non ragionare sul rapporto fra comunicazione ed educazione. Credo che questo ragionamento possa essere fatto soprattutto a livello locale. Ecco allora qualche ulteriore spunto per questo ragionamento.
Non è sufficiente la cosiddetta Media Education, ovvero l’educazione ai mass media: quanti corsi su questo argomento, certamente importante in quanto prepara alla recezione intelligente dei mass media. Ma occorre andare oltre e cercare una convergenza fra le istanze educative e la comunicazione: da questo punto di vista credo che siamo ancora poco disponibili e siamo anche poco preparati. Anche perché la linea dell’autonomia tra i due campi, quello comunicativo e quello educativo, è dominante, è la più seguita.
Se si vuole, questa autonomia è la visione illuminista e funzionalista dei rapporti sociali, che vorrebbe mantenere isolati e incomunicabili i vari campi della conoscenza e i diversi ambiti della vita.
Si dice: “gli affari sono affari”. Ogni ambito della vita risponde solo a se stesso, alle poche generiche regole stabilite all’interno del proprio ordine professionale. Prendendo a prestito il titolo del libro di Giorgio Bocca, potremmo dire: E’ la stampa, bellezza! (Feltrinelli 2008), sottintendendo che la stampa ha qualche regola stabilita dall’Ordine (in verità, Bocca, come sappiamo, denuncia proprio la crisi di etica della stampa).
Considerando il peso di questa corrente funzionalista, i due ambiti – la comunicazione e la educazione - sono destinati a ignorarsi, svolgendo ruoli sociali diversi e, spesso, in antitesi fra loro. Questa concezione è responsabile, per esempio, della totale separazione tra i corsi e i programmi della facoltà di Scienze della formazione e i corsi e i programmi della Facoltà di Scienze della Comunicazione. Al limite vi è un mini-corso che può intitolarsi Etica della comunicazione, in cui si considerano alcune questioni che hanno rilevanza etica e pedagogica.
A me pare che la prospettiva di una convergenza sostanziale tra i due ambiti sia strategica per ricuperare quella fiducia che è a rischio, se a volte non è andata persa. Il cronista e l’opinionista non possono comunicare ‘a distanza’, non possono parlare o scrivere ‘da nessun luogo’, cioè irresponsabilmente, lasciando fuori dalla comunicazione il volto dell’altro o l’etica della responsabilità: si crea un clima di indifferenza e di cinismo che rovina la comunicazione, e dunque rovina la vita sociale.
Ciò che deve caratterizzare questa convergenza strategica è l’idea, forse alquanto utopica, della costruzione della comunità civile. Sarà anche utopica questa idea, ma se nessuno si impegna nel costruire la comunità civile, allora la comunità sarà poco civile e l’opinione pubblica sarà poco intelligente.
In altre parole, se si accetta l’idea di una convergenza tra comunicazione e educazione, allora si ci incammina verso questo obiettivo: favorire la diffusione di un’etica della responsabilità sociale per quel bene prezioso che è la notizia, l’informazione, l’opinione argomentata.
Allora non basta la lettura critica dei mezzi d'informazione. Si tratta invece di rivedere la logica della comunicazione, del sistema di comunicazione: deve prevalere la logica della responsabilità di ciò che si comunica e del modo in cui si comunica. Questa responsabilità non può non avere al suo centro le istanze educative.
Se il giornalismo è attuato con senso di responsabilità verso i lettori, allora la comunicazione e l’educazione non solo convergono ma si alleano. Occorre che il professionista riconosca il diritto del pubblico ad una informazione corretta e affidabile: questo riconoscimento obbliga il professionista a rispettare sia le regole tecniche di ricerca delle informazioni e delle notizie sia le norme etiche di diffusione della notizia, senza travisarla e senza enfatizzarla.
Si eviterebbero così tante polemiche che lacerano il tessuto comunitario, che non creano un clima di fiducia ma un clima di rissa, come i famosi polli di Renzo che s’ingegnavano a beccarsi, “come accade troppo sovente tra compagni di sventura”, annotava il Manzoni.
Concludo ricordando che ciò che può apparire utopia sta realizzandosi in alcuni Paesi dove si lavora parecchio sul tema della Educomunicazione: ci si rende conto che non basta la convergenza tra educazione e comunicazione, ma occorre arrivare ad una sorta di alleanza. Con questo convincimento: la società ha bisogno di professionisti della stampa e dei media con la mente aperta e attenta ai bisogni dei bambini, dei giovani e del mondo dell’educazione in generale.
Sono certo che tutti noi cerchiamo di avere e cerchiamo di favorire questa mente aperta e attenta alla crescita della società civile.
†Gianni Ambrosio
Vescovo di Piacenza-Bobbio
Piacenza, 24 gennaio 2009
giovedì 22 gennaio 2009
Nomine, don Coppellotti cappellano della polizia municipale
Sesenna don Angelo, parroco di Bettola, mantenendo i precedenti incarichi, è
stato nominato amministratore parrocchiale della parrocchia di Santa Maria
Assunta in Recesio, Comune di Bettola, Provincia di Piacenza, resasi vacante
in seguito alla morte dell’ultimo titolare il M. R. Bussolati don Giuseppe.
Con atto proprio dell’Ordinario diocesano in data 19 gennaio 2009 il M.R.
Barghi padre Osvaldo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini del convento di
San Bernardino in Piacenza, è stato nominato amministratore parrocchiale
delle parrocchie:
* San Giorgio in Bilegno, Comune di Borgonovo Val Tidone, Provincia di
Piacenza;
* Sant’Ilario vescovo in Breno, Comune di Borgonovo Val Tidone, Provincia di
Piacenza;
* Sant’Alessio in Mottaziana, Comune di Borgonovo Val Tidone, Provincia di
Piacenza.
Con atto proprio dell’Ordinario diocesano in data 19 gennaio 2009 il M. R.
Coppellotti don Serafino, parroco di Nostra Signora di Lourdes in Piacenza,
è stato nominato cappellano del Corpo di Polizia Municipale del Comune di
Piacenza.
Con atto proprio dell’Ordinario diocesano in data 19 gennaio 2009 il M. R.
Perazzoli mons. Bruno, parroco di San Paolo in Piacenza, è stato nominato
Assistente Ecclesiastico del Movimento di Impegno Culturale (MEIC) per la
diocesi di Piacenza-Bobbio in sostituzione del M. R. Bavagnoli don Luigi.
Piacenza, dalla Curia Vescovile, 21 gennaio 2009,
il Cancelliere Vescovile
don Mario Poggi
mercoledì 21 gennaio 2009
Da Parma una volta al mese arriva l'esorcista
«Nella mia parrocchia in diocesi di Parma - osserva don Viola - arriva gente da Cremona, Reggio Emilia e anche da Piacenza. Non è per sfiducia negli esorcisti diocesani. Il problema è che coloro che realmente hanno bisogno le provano tutte pur di stare bene». Non è tutto zolfo quello che si odora: «Noto molti casi di depressione, esaurimento nervoso, tristezza cronica; per più della metà delle persone che arrivano il problema è di questa natura» precisa don Viola. Il diavolo comincia ad essere visibile solo nei casi più gravi: «Per esempio la gente che ha partecipato alle sedute spiritiche. Queste persone è come se avessero stretto un patto col diavolo e poi ci sono rimaste incastrate. Alcuni non riescono più a tirarsi fuori. Il diavolo trova terreno fertile, in generale, quando le famiglie non sono cristiane o sono poco praticanti. Quando vado nelle case oggi sono sempre meno i simboli religiosi, è come se non ci fosse alcuna difesa». Emicrania e mal di stomaco persistenti ed inspiegabili per gastroenterologi e neurologi a volte, per l’esorcista, possono essere un sintomo di presenza demoniaca. Tuttavia, anche tra il clero molti sono scettici nei confronti di questa lettura delle cose: «Guardi, anch’io quando arriva una persona non ci credo per principio. So solo, però, che pregando e avendo fiducia, Dio può salvarti». Certi segnali, per don Viola, sono inequivocabili: «Qualcuno dà proprio segni di presenza demoniaca. Durante il rito dell’esorcismo cade a terra senza forze, ha conati di vomito. Questo è un segnale».A Piacenza non ha effettuato alcun esorcismo e ci tiene a precisarlo. Non viene nella chiesetta dell’ospedale con questo scopo e comunque occorrerebbe il permesso del vescovo caso per caso. Tuttavia alla fine di ogni celebrazione chiama coloro che dicono di avere necessità di un’assistenza particolare. Tutti insieme, per una preghiera comune.«La sacrestia è sempre strapiena e ci sono 20-25 persone a volta - dice don Pietro -. Segno che anche a Piacenza si vive una situazione di ricerca e di disagio». Un consiglio. «Di non aver paura: alla fine è Dio che permette il diavolo. Satana cerca il nostro male ma non ci riesce. Quello che Dio lascia fare è sempre per la tua santificazione spirituale». Alla fine insomma, questo diavolo non è poi così diavolo come lo si dipinge.
Federico Frighi
Il testo integrale su Libertà del 21 gennaio 2009
martedì 20 gennaio 2009
Tutti gli editoriali di don Conte
Ora nessuno più le chiama 'bombe intelligenti'. Dopo la bomba che fa strage in una scuola gestita dall’Onu. La guerra in corso tra i palestinesi di Hamas e gli israeliani è una delle più crudeli contro i bambini. I missili palestinesi Qassam uccidono o feriscono bimbi ebrei, mentre le bombe di cannone o di aereo israeliane massacrano bambini palestinesi. «Siamo governati da pazzi», diceva una scritta murale a Piacenza, negli anni bui del terrorismo. La si potrebbe ripetere in questa situazione di guerra senza fine. Finché il mondo sarà governato dalla legge del taglione «occhio per occhio, dente per dente», assisteremo di continuo a stragi di questo genere. I pazzi di Hamas dicono: gli ebrei uccidono i nostri figli, noi uccideremo i loro. I bambini trasformati volutamente in oggetti di vendette assurde. Perché muoiono tanti bambini palestinesi (sono già più di 350) a Gaza? Non certo perché sono presi di mira appositamente, ma perché nella Striscia con un milione e mezzo di abitanti i minori di 15 anni sono il 45%, cioè circa 700mila.
Davvero si può dire che «Gaza è la tomba dell’infanzia». Alcune famiglie muoiono per intero. Un solo esempio: in un edificio colpito da una bomba sono morti 5 adulti e 7 fratelli piccoli, l’ultimo dei quali non aveva ancora un anno. Tutti bambini che da quando sono nati hanno visto soltanto la guerra. Non va meglio nelle città israeliane colpite dai razzi Qassam.
Una bimba di 3 mesi nei giorni scorsi è scampata per miracolo alla morte, grazie a una sorellina di 7 anni che ha fatto appena in tempo a portarla nei pressi del rifugio, quando un missile è scoppiato ferendola alla fronte. C’è un cimitero ebraico pieno di piccole lapidi di bambini uccisi dai missili di Hamas.
A Gaza gli ospedali sono stracolmi all’inverosimile e nell’impossibilità di curare tutti i feriti. Addirittura alcune ambulanze (talvolta vigliaccamente usate da Hamas per spostare soldati) vengono colpite da proiettili e i feriti trasportati muoiono dissanguati perché il conducente è morto o fuggito. Le case di Gaza sono senza luce e con il forte rischio di epidemie per mancanza di acqua pulita. Il parroco dei cattolici palestinesi di Gaza dice che i bambini arabi vedono tutto, sentono la guerra e impazziscono di dolore. Molti hanno smesso di mangiare, sono passivi, non giocano più, parlano a stento e si aggrappano ai genitori. Gli stessi sintomi dei bambini ebrei che vivono al confine di Gaza.
Una psicologa israeliana afferma: «I bambini hanno ansie, attacchi di panico, vogliono dormire coi genitori, riprendono a fare la pipì a letto anche se già grandicelli». In passato si parlava di «danni collaterali alla guerra», cioè di morti e feriti accidentali tra i civili. Oggi non lo si può più dire perché – quando la guerra si combatte in un centro abitato – si sa che muoiono sempre e soprattutto civili e bambini. Possiamo – di fronte a queste guerre infinite – noi adulti di tutto il mondo assistere alle stragi di bambini (ebrei, palestinesi, congolesi...) senza reagire attivamente o almeno con lo sdegno delle parole o la preghiera? Perché ci devono essere nel mondo bambini che non fanno a tempo a gustare l’affetto dei genitori, le cose belle della vita e la gioia di vivere?
Davvero l’umanità di oggi non sa più difendere i propri bambini, speranza del domani?
Guardiamoli, noi adulti, quei piccoli volti in lacrime e disperati che tv e giornali ci mostrano ogni giorno. E diciamo ai nostri bambini che – un giorno, forse – di guerre non ce ne saranno più.
don Giancarlo Conte
- Avvenire - 18 gennaio 2009
Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione
Continua la mostra su San Paolo
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domenica 18 gennaio 2009
Congo, 700 sfollati nella missione di padre Segalini
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Il testo integrale su Libertà del 17 gennaio 2009
venerdì 16 gennaio 2009
Cessato pericolo per padre Romano Segalini
giovedì 15 gennaio 2009
A Carlo Devoti il premio per la pace Livia Cagnani
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Il testo integrale su Libertà del 15 gennaio 2009
mercoledì 14 gennaio 2009
Vescovo di Bergamo, Beschi (vice di Monari) vince il ballottaggio con il piacentino Lanfranchi
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Il testo integrale su Libertà del 14 gennaio 2009
Padre Segalini, da 32 anni in Africa
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Da Libertà dell'11 gennaio 2009
Padre Segalini e i ribelli, si muove la diplomazia
Il contatto con la Comunità di Sant’Egidio è stato facilitato anche grazie alla conoscenza diretta tra la Comunità e monsignor Ambrosio. Il vescovo, durante la sua permanenza romana come assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, ha partecipato a diversi incontri di preghiera della Sant’Egidio.
A ieri la situazione era in fase si stallo. Dall’Uganda, intanto, altri missionari si starebbero muovendo per un’azione diplomatica parallela. Tra questi il piacentino Roberto Gandolfi.
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Il testo integrale su Libertà del 13 gennaio 2009
martedì 13 gennaio 2009
Pasto caldo per i poveri anche di sera
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Il testo integrale su Libertà di oggi 13 gennaio 2009
Dall'ora di religione un viaggio a Sarajevo
Il progetto è nato da un viaggio fatto lo scorso anno da Claudio Ferrari (che è anche consigliere comunale) a nome del Comune di Piacenza in Bosnia, a Jajce e Sarajevo. Piacenza, infatti, da qualche anno a questa parte si è fatta sostenitrice della candidatura di Jajce a patrimonio dell’umanità. «Mi ha colpito moltissimo, a Sarajevo (chiamata la Gerusalemme d’Europa) la convivenza possibile tra cristiani e musulmani, la presenza numerosissima di chiese, sinagoghe, moschee - racconta Ferrari -, così ho pensato che fosse utile a dei ragazzi di quinta vedere dal vivo un luogo centrale della storia europea». I ragazzi hanno avuto un grande merito: si sono fidati e, unica quinta dell’Isii Marconi, hanno accettato la proposta. La scuola, con il preside Giampaolo Binelli, ha accolto con favore il progetto lasciando anche una certa libertà di gestione agli organizzatori, tanto che è possibile la partecipazione al viaggio anche di alcuni ex studenti dell’Isii.
Uno degli elementi centrali sarà l’incontro con il generale Jovan Divjak, difensore di Sarajevo durante l’assedio nel conflitto che coinvolse i Balcani dal 1992 al 1996, nonché fondatore dell’associazione “L’educazione costruisce la Bosnia”. L’associazione raccoglie i bambini orfani di Sarajevo e vittime della guerra etnica e protegge senza distinzione di identità tutti i ragazzi che hanno bisogno di aiuto. Determinante sarà l’accompagnamento della Diaspora bosniaca con il rappresentante per l’Italia Medaga Hodzic che è proprio il presidente dell’associazione che a Piacenza e provincia riunisce circa 1.200 cittadini della Bosnia Herzegovina.
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Il testo integrale su Libertà dell'11 gennaio 2009
lunedì 12 gennaio 2009
Torna la messa tridentina
Il Consiglio della Confraternita della Beata Vergine del Suffragio intende in tal modo offrire alla propria comunità ed ai fedeli che partecipano alla Messa festiva nell'Oratorio di S.Giorgio in Sopramuro la celebrazione della liturgia latina secondo il Messale Romano promulgato nel 1962 da Sua Santità Giovanni XXIII.
Tale intendimento è formulato in stretta osservanza al disposto del motu proprio "Summorum Pontificum" di Sua Santità Benedetto XVI, promulgato nel 2007.
I fedeli troveranno nella predetta chiesa un messalino bilingue, latino-italiano, per poter meglio seguire la celebrazione della Messa. La celebrazione della liturgia latina proseguirà nelle successive festività.
domenica 11 gennaio 2009
La missione di Padre Segalini assediata dai ribelli
«La gente scappa nelle foreste perché ha paura» racconta il diacono Roberto Porcari, dell’Ufficio missionario diocesano. È uno degli ultimi che è riuscito a parlare con padre Segalini: «L’ho trovato agitato e molto preoccupato, ha chiesto l’aiuto del vescovo. Teme non tanto per la sua vita quanto per quella della sua gente».
Informato dell’accaduto, il vescovo Gianni Ambrosio ieri mattina ha subito telefonato al vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, il presule di riferimento della Comunità di Sant’Egidio. L’associazione è una sorta di ministero degli esteri della Chiesa Cattolica presente in oltre 60 paesi del mondo, soprattutto in Africa. L’obiettivo è riuscire a contattare un sacerdote della Comunità - conosciuto personalmente dallo stesso vescovo Ambrosio - a sua volta in contatto con i ribelli ugandesi che minacciano la missione di padre Segalini. Serve una via diplomatica di mediazione per evitare che le violenze continuino e si estendano alla missione.
Secondo una prima riscostruzione l’attacco sarebbe stato sferrato dai ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (o Lord’s Resistance Army - LRA), guidato da fondamentalista cristiano Joseph Kony, un soldato che si proclama il ”portavoce” di Dio e medium dello Spirito Santo e che è stato accusato dal Tribunale penale internazionale di crimini contro l’umanità.
Padre Segalini ha chiesto anche l’aiuto dei parlamentari piacentini di ogni parte politica affinché si attivino per bloccare un nuovo massacro.
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Il testo integrale su Libertà dell'11 gennaio 2009
sabato 10 gennaio 2009
Ambrosio incontra la stampa
La messa sarà il momento conclusivo di un convegno in programma nel corso della mattinata a partire dalle ore 9.30 aperto a tutti gli operatori della comunicazione e che si svolgerà nella Sala delle Colonne di Palazzo Vescovile. Aprirà i lavori il vescovo mons. Gianni Ambrosio con un intervento su “Educazione e comunicazione”; il Vescovo legherà la riflessione sulla comunicazione con il tema dell’educazione che guida l’anno pastorale della diocesi.
A seguire don Marco Barbetta, parroco della parrocchia di San Pio X di Milano, terrà una relazione su “Paolo e il carisma della comunicazione” in occasione del mese di gennaio che la nostra diocesi dedica al grande Apostolo nel corso dell’Anno Paolino. Don Barbetta, vocazione adulta, ha lavorato come ricercatore al Politecnico; diventato sacerdote, è stato cappellano all’Università degli Studi di Milano; amico di don Giussani nella prima ora di Comunione e Liberazione, dedica da anni nella sua parrocchia incontri di formazione incentrati proprio sulla figura di San Paolo.Nella mattinata verrà consegnato il premio giornalistico per i bollettini parrocchiali dal tema “Testimoniare la speranza” dedicato in questo primo anno alla memoria di mons. Gianfranco Ciatti, a lungo direttore de Il Nuovo Giornale e di Radio Città Nuova.
Vescovo di Bergamo, fumata nera per Lanfranchi
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venerdì 9 gennaio 2009
Fumata nera per Lanfranchi a vescovo di Bergamo
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Da Libertà di venerdì 9 gennaio 2009
Unità dei cristiani, una settimana per uscire dall'indifferenza
Il programma è accompagnato da una lettera di don Ezio Molinari, delegato vescovile per l’ecumenismo, che sottolinea come la “settimana” sia un “tempo forte ed estremamente significativo. Infatti la desolazione della divisione tra i cristiani probabilmente è lo spettacolo più sconcertante che i credenti in Cristo possano offrire al mondo nel quale vivono, e che da loro attenderebbe invece una fraternità e un amore di tutt’altra fatta.
“Si tratta – scrive il sacerdote - di un’avvilente controtestimonianza evangelica della quale tutti siamo parte, nonostante l’impegno personale di tanti, e quello delle moltissime istituzioni ecclesiali che sono coinvolte nel cammino ecumenico. Paradossalmente – dopo tanti secoli – è divenuta una situazione abituale al punto che non vi facciamo più caso, finendo per accettarla come fosse normale. Ecco allora questi otto giorni nei quali far risuonare il richiamo alla conversione, per un ritorno alla fraternità piena, per un’autenticità cristiana diversamente impossibile, per un’identità cattolica altrimenti compromessa in modo irrimediabile”...”.
Questo in sintesi il programma della”settimana”:
Domenica 18 gennaio, ore 17.30, nella chiesa del Monastero delle Carmelitane di via Spinazzi 36 a Piacenza: celebrazione dei Vespri secondo la liturgia cattolica.
Martedì 20 gennaio, ore 21, all’Auditorium della Fondazione di Piacenza-Vigevano, in via S.Eufemia 12: conferenza del prof. Giorgio Tourn sul tema: “1509-2009: Giovanni Calvino e la genesi della modernità occidentale”. Moderatore: prof. Lucia Rocchi, responsabile S.A.E..
Mercoledì 21 gennaio, ore 10.30, al Collegio Alberoni: conversazione del prof. Giorgio Tourn con gli studenti dello Studio Teologico Alberoni su: “Il ministero pastorale in Calvino e nella tradizione riformata. Motivi di confronto e di riflessione per l’oggi”. L’incontro è aperto a tutti.
Ore 17,30: nella chiesa di San Sisto, “Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo”. Celebrazione promossa dalla Consulta delle aggregazioni laicali cattoliche (presiede don Ezio Molinari, delegato vescovile per l’ecumenismo).
Giovedì 22 gennaio, ore 10, al Seminario Vescovile di via Scalabrini, il pastore Bruno Gabrielli e il parroco don Antonio Buffa di Villar Pellice incontrano il clero cattolico su: “Differenti Chiese nell’unica città: come vivere da fratelli sullo stesso territorio”. L’incontro è aperto a tutti.
Sabato 24 gennaio, ore 16, nella chiesa ortodossa macedone di San Fermo (Piazzetta San Fermo), meditazione davanti all’iconostasi guidata dai presbiteri ortodossi padre Gregori Catan e padre Yurie Ursachi su: “L’icona, una strada verso il Paradiso”.
Domenica 25 gennaio, ore 17, nella chiesa metodista di via S. Giuliano 7, Piacenza: preghiera ecumenica presieduta dal presidente della Chiesa evangelista metodista dott. Giuseppe Rai, dal vescovo della nostra diocesi mons. Gianni Ambrosio, dai presbiteri ortodossi padre Gregori Catan e padre Yurie Ursachi.
Comunicato stampa diocesi di Piacenza-Bobbio
giovedì 8 gennaio 2009
In 12mila per i presepi al Farnese
I Presepisti piacentini andranno anche in trasferta in Polonia. A Olkusz, gemellata con Pontenure, esporranno circa 25 natività. La novità dell’ultim’ora è che terranno una sorta di stage di quattro o cinque giorni per insegnare i segreti della costruzione dei presepi ai polacchi. In tempi in cui si discute di lasciare o meno i crocifissi negli edifici pubblici a Piacenza avviene una vera e propria riscoperta della natività. «Penso che sia anche un attaccamento alla tradizione - osserva Rossi -; oggi che i flussi migratori ci portano a contatto con il mondo c’è anche la voglia di custodire le proprie origini, delle proprie radici. Nel presepe si vede anche questo».
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Il testo integrale su Libertà del 7 gennaio 2008
mercoledì 7 gennaio 2009
Ambrosio, come Magi alla ricerca della verità dell'uomo
«La festa dell’Epifania - dice Ambrosio - è il compimento del mistero del Natale. Dio si manifesta nel volto del Bambino nato a Betlemme. Il Verbo incarnato è venuto nel mondo per liberare tutti gli uomini dall’oscurità e dal peccato». Cita San Paolo e osserva come «la misericordia di Dio ci svela che tutti siamo chiamati a diventare figli adottivi per opera di Gesù Cristo. Tutte le genti sono chiamate in Cristo Gesù a condividere la stessa eredità. L’Epifania è davvero la festa della fede celebrata in primo luogo come dono di Dio e poi nella sua destinazione universale: il dono di Dio per tutti gli uomini».
Fa un certo effetto vedere sei guardie in divisa da soldati di duemila anni fa sullo scalone che conduce alla cattedra del vescovo. Ancora di più se si pensa che tre sono in divisa da Romani e tre da Palestinesi. Sono la scorta del corteo dei Magi che arriverà di lì a poco durante l’offertorio con i doni destinati alla Casa della Carità.
«I Magi arrivano da terre lontane - evidenzia il vescovo Ambrosio -, dunque tutti sono chiamati ad accogliere il Salvatore: è il mistero da accogliere e da adorare. L’Epifania è la festa della fede anche nel suo aspetto umano. In questi Magi venuti da lontano scopriamo la profonda verità del camminare dell’uomo, della sua coraggiosa e inesausta ricerca». «Nel cuore dell’uomo - prosegue Ambrosio - è sempre viva la speranza di arrivare alla verità. E all’uomo che cerca con coraggio e sincerità viene garantita una luce. Nel pellegrinaggio dei Magi gioiamo nel vedere l’incontro tra il desiderio dell’uomo e la volontà di salvezza divina che misteriosamente guida la storia umana». Da una parte «i Magi, con la loro ricerca, hanno cercato Dio», dall’altra «Dio ha guidato il loro pellegrinaggio ed è venuto incontro a loro e all’umanità intera con il dono di gesù Cristo». Poi la stella, presente sullo sfondo del racconto evangelico.
«Guida il cammino dei Magi - osserva Ambrosio - protesi verso la meta della loro ricerca. La storia dell’uomo comincia proprio dalla ricerca dei segni del mistero dentro di sè e poi nel mondo che lo circonda». Una stella, una rivelazione che non è destinata a pochi eletti: «La stella non è riservata solo ai Magi, così come l’Epifania. Sullo sfondo del racconto della vita c’è sempre una stella, un segno, un’indicazione, c’è sempre Dio che conduce gli uomini fino alla presenza del Figlio». «Occorre mettersi in cammino senza cedere allo scoraggiamento - auspica Ambrosio -. Non accontentiamoci mai delle apparenze superficiali, come spesso avviene. I Magi videro il Bambino e riconobbero in lui il Salvatore degli uomini, si inginocchiarono e lo adoraroro. È l’Epifania».
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Il testo integrale su Libertà del 7 gennaio 2009
martedì 6 gennaio 2009
Anno Paolino, diocesi di Piacenza-Bobbio ricevuta dal Papa
L’udienza con il Papa si terrà mercoledì mattina 28 gennaio nella basilica di San Pietro. I pellegrini arriveranno a Roma due giorni prima, il 26 gennaio. Spiritualità e arte contraddistinguono il primo pellegrinaggio diocesano del 2009. I pellegrini potranno visitare l’Abbazia delle Tre Fontane, la basilica di San Paolo fuori le Mura dove verrà officiata la messa, i Musei Vaticani, le opere del Caravaggio, tra cui la “Conversione di San Paolo” custodita nella chiesa di San Luigi dei Francesi, le catacombe di San Sebastiano.
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Il testo integrale su Libertà del 6 gennaio 2009
lunedì 5 gennaio 2009
Il Tondo del Botticelli più conosciuto grazie all'Avvento
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Il testo integrale su Libertà di domenica 4 gennaio 2009
sabato 3 gennaio 2009
La domenica a messa 17 persone su cento
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Il testo integrale su Libertà del 3 gennaio 2009
venerdì 2 gennaio 2009
La Giornata mondiale della pace, se ne ricorda solo il vescovo
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Il testo integrale su Libertà del 2 gennaio 2009
giovedì 1 gennaio 2009
Ambrosio: preghiamo per la pace in Terra Santa
Ufficio stampa
Messa episcopale del 1° gennaio 2009
Omelia del vescovo mons. Gianni Ambrosio
Cattedrale di Piacenza
MARIA SS. MADRE DI DIO
Numeri 6, 22-27; Galati 4, 4-7; Luca 2, 16-21)
MADRE NELLA FEDE
Carissimi fratelli e sorelle,
si intrecciano diversi temi nell’odierna celebrazione. Anzitutto la Chiesa celebra, nell’ottava della nascita di Gesù, il mistero della maternità divina di Maria, invitandoci a rivolgere il nostro sguardo a colei che è “benedetta fra tutte le donne”. Cominciamo dunque l’anno nuovo nel segno di questo grande mistero della divina maternità di Maria. Il Figlio che il Padre dona per la salvezza degli uomini “nasce da donna”, dalla Vergine Maria: egli è vero uomo e vero Dio.
Si celebra poi, a livello civile, il primo giorno dell’anno nuovo. Non è solo una data dell’anno solare, ma è anche l’occasione per scambiarci gli auguri e soprattutto per invocare insieme la benedizione di Dio sui giorni e sulle opere dell’uomo, perché siano giorni e opere di pace.
Proprio la pace è il terzo motivo della celebrazione odierna: il santo Padre ci rivolge l’appello a essere operatori di pace combattendo la povertà. E’ il tema del Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace: “combattere la povertà, costruire la pace”. Sappiamo che la situazione di povertà di intere popolazioni è un fattore importante che favorisce o aggrava i conflitti, così come i conflitti alimentano tragiche situazioni di povertà. In particolare la nostra preghiera per la pace è rivolta ancora una volta alla Terra Santa, perché in quella Terra cessi il rumore delle armi e finisca la spirale della violenza.
C’è un legame tra questi temi, un legame stretto, non accidentale, che trova il suo fondamento nel mistero che celebriamo in questa ottava della nascita di Gesù: colui che nasce da Maria è il “principe delle pace” (Is 5, 5), come annunciato dal profeta Isaia, “è la nostra pace” (Ef 2, 14), come afferma l’apostolo Paolo.
Per questo la pace è innanzi tutto un dono da invocare, come suggerisce la prima lettura tratta dal Libro dei Numeri. Abbiamo ascoltato l’invocazione: “Il Signore ti conceda pace” (6,26). E’ infatti il Signore che dona la pace: la invochiamo per noi, per le nostre famiglie, per il mondo intero. Se l’aspirazione alla pace fa parte del cuore umano, la pace vera non è frutto dell’impegno dell’uomo, pur importante: è innanzitutto dono divino da invocare con fiducia e con perseveranza.
Il Vangelo, ricordando l’ottava della Natività con la presentazione al tempio e l’assegnazione del nome “Gesù” (che significa “Dio è salvatore”, “Dio salva”) al bambino nato a Betlemme, ci presenta soprattutto l’atteggiamento di Maria che accoglie il dono della salvezza e della pace: “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. Queste parole ci rivelano l’atteggiamento di Maria, la donna credente che ascolta con fiducia e serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio, la donna sapiente che impara a comprendere le parole e gli eventi straordinari di Dio congiungendoli insieme, come in un mosaico.
Il bambino che Maria stringe fra le braccia è simile a ogni altro piccolo che si affaccia alla vita: ha bisogno di essere custodito, di essere protetto, poiché è fragile creatura. Ma nella luce della fede, Maria comprende che in quel volto umano di Gesù c’è il volto di Dio. “Meditando nel suo cuore”, Maria vede nei lineamenti umani del suo figlio il Figlio di Dio venuto per riscattare l’umanità dal peccato, per donare agli uomini e al mondo la pace. Con la sua preghiera e con il suo affidarsi a Dio e alla sua volontà, Maria custodisce e protegge Gesù, che è la salvezza del mondo e la pace dei cuori e dei popoli.
Volgendo il nostro sguardo a Maria e invocandola con il suo titolo più alto, quello di Madre di Dio, la Chiesa esulta nel vederla associata al disegno di salvezza in modo del tutto singolare. Dio entra nel mondo, si fa vicino agli uomini, partecipa delle vicende umane attraverso Maria, creatura umana, ma vero tabernacolo di Dio, vera arca dell’alleanza del nuovo patto.
La Vergine Maria è figura e immagine della Chiesa, popolo di Dio in cammino. Impariamo da Lei per accogliere il Bambino che per noi è nato a Betlemme. Impariamo da Lei per riconoscere nel Bambino il Figlio eterno di Dio che rende tutti noi figli del Padre, figli nel Figlio. Impariamo da Lei per metterci con fiducia nelle mani di Dio e per collaborare attivamente con il Signore per la salvezza e la pace del mondo.
Maria, Regina della Pace, su cui sono discese in modo unico e sovrabbondante la benedizione e la pace di Dio, ottenga per noi e per tutti gli uomini il dono della salvezza e della pace.
Per intercessione di Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, il nuovo anno che oggi iniziamo sia benedetto dal Signore. Egli "faccia risplendere il suo volto" (Num 6, 25) su di noi, sulle nostre famiglie, su tutta l’umanità: tutti abbiamo bisognoso di scoprire il mistero di un Dio che per amore si è fatto uomo e ci chiama a seguirlo sulla strada dell’amore e della pace. Amen.
†Gianni Ambrosio
vescovo di Piacenza-Bobbio
Ambrosio, con il Te Deum il grazie per il 2008 che se ne va
Ufficio stampa
Messa episcopale del 31 dicembre 2008
Omelia del vescovo mons. Gianni Ambrosio
Cattedrale di Piacenza
MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO
(Numeri 6, 22-27; Galati 4, 4-7; Luca 2, 16-21)
Carissimi fedeli,
è molto bella la tradizione cristiana che vuole che a fine anno la comunità si raccolga in preghiera per lodare e per ringraziare la Santissima Trinità con l’inno del Te Deum. Così faremo anche noi, al termine di questa celebrazione eucaristica che è la grande azione di lode e di grazie al Signore, centro della vita cristiana e culmine del culto con cui rendiamo grazie al Padre. Nell’esprimere a Dio la nostra gratitudine per il 2008 che tramonta e invocare la sua benedizione per il 2009 che sta per iniziare, abbiamo modo di renderci conto della presenza nel tempo, che inesorabilmente scorre, di Colui che è l’Eterno. Per questo siamo consapevoli della fragilità della nostra vita – il salmo afferma: “come l’erba che germoglia; al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e dissecca”, (90, 5-6) –, ma soprattutto siamo riconoscenti nei confronti di chi è Signore del tempo, nostro creatore e nostro redentore.
La liturgia fa coincidere la fine e l’inizio dell’anno solare con la solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Contempliamo il mistero della divina maternità rivolgendo il nostro sguardo a Colei che “è benedetta fra tutte le donne”, perché in Lei Dio ha compiuto le sue meraviglie: il Figlio che il Padre dona per la salvezza degli uomini nasce “da donna”. E’ questa, come abbiamo ascoltato dalla Lettera ai Galati, l’espressione dell’apostolo san Paolo: egli, parlando della liberazione dell’uomo operata da Dio con il mistero dell’Incarnazione, accenna in maniera discreta a Colei per mezzo della quale il Figlio di Dio è entrato nel mondo: “Quando venne la pienezza del tempo – egli scrive –, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4,4). Ma se l’accenno è discreto, il mistero è grandioso: il Figlio di Dio nasce da Maria, nel ventre di Maria l’eternità si è insediata dentro al tempo e il nostro tempo umano si è dischiuso all’eternità. Maria è una creatura salvata anch’essa dall’unico Salvatore, ma collabora all’iniziativa di salvezza dell’intera umanità. Dunque una donna, Maria, con il suo Figlio Gesù, concorre a determinare la pienezza del tempo, il suo traguardo, costituito precisamente dal fatto che Dio viene a condividere la nostra natura umana.
“Quando venne la pienezza del tempo”, afferma l’apostolo Paolo: tutta la storia prima di Cristo era come invocazione della sua venuta e attesa della sua presenza. Ora, dopo Cristo, contiamo i giorni a partire da lui, dalla sua nascita, dalla sua venuta in mezzo a noi. Contiamo i giorni non solo nel senso, pur importante, del calendario, con lo scorrere dei giorni, degli anni e dei secoli, ma contiamo i giorni in un senso assai più importante: noi camminiamo verso il giorno della salvezza (2 Cor 6,2), siamo chiamati a diventare sempre più figli di Dio accogliendo “l’adozione a figli”, come dice ancora san Paolo. Allora il tempo non solo scorre ma va verso una precisa direzione, va verso la sua metà conclusiva, quando “Dio sarà tutto in tutti” (1 Cor 15, 28).
Ecco allora il nostro ringraziamento al Signore, ancor più motivato dalla fine di un anno e dall’inizio di un nuovo anno. Anche noi, come i pastori, glorifichiamo e lodiamo Dio per il dono del suo Figlio che è venuto fra noi per farci come Lui, figli nel Figlio, liberati dal peccato e incamminati verso la pienezza della vita, verso l’eternità.
Nell’inno del Te Deum, che fra poco canteremo, ci rivolgiamo al Signore con questa preghiera: “Salva il tuo popolo, Signore, guarda e proteggi i tuoi figli”. Ci affidiamo all’intercessione e alla protezione di Maria, venerata qui come “Madonna del popolo”, perché il Signore salvi il suo popolo, perché guardi con la sua misericordia gli abitanti della nostra città e della nostra diocesi. Vi sono povertà che pesano sulla vita delle persone e delle famiglie, vi sono difficoltà che sembrano impedire di guardare al futuro con fiducia, vi sono situazioni familiari attraversate dal male oscuro dell’incomprensione, vi sono persone attratte dal male, vi sono giovani affascinati dalla noia e dalla trasgressione.
Ma vi sono anche molti motivi di speranza su cui implorare la benedizione del Signore per l’intercessione di Maria. Il nostro popolo sia benedetto da Dio e, grazie alla benedizione, sia reso popolo credente come credente è stata Maria. Questo popolo credente sia capace di impegnarsi con fiducia sulla frontiera dell’educazione per trasmettere alle nuove generazioni la luce della fede e i valori fondamentali dell’esistenza umana. Siano benedette le famiglie, le parrocchie, le associazioni, i movimenti, i gruppi. Siano benedetti tutti coloro che sanno guardare verso l’alto e invitano a fare altrettanto. Siano benedetti coloro che nel quotidiano si assumono in prima persona la responsabilità e la gioia dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo. Siano benedetti i sacerdoti e i diaconi, i religiosi e le religiose per il prezioso servizio pastorale, per la loro preghiera, per la loro carità, per il loro entusiasmo.
“Signore, tu sei la nostra speranza”: termina così, con questo atto di fede e di fiducia nel Signore l’inno del Te Deum. E’ la nostra proclamazione di fede, è la nostra preghiera, è anche il mio augurio per tutti alla vigilia dell’anno nuovo: sia il Signore la nostra speranza. Amen.
†Gianni Ambrosio vescovo di Piacenza-Bobbio