domenica 28 giugno 2009

Sant'Antonino 2009/Martedì la giornata del malato

La Basilica di Sant'Antonino, in collaborazione con l'Ufficio diocesano per la pastorale della salute e con il Vicariato della città, organizza nella basilica del Patrono, il prossimo 30 giugno, martedì, la prima giornata dei malati e degli anziani. Come sottolinea il parroco don Giuseppe Basini, si tratta della prima giornata dei malati e degli anziani promossa in occasione della festa patronale e in tale occasione ci sarà la possibilità di ricevere il sacramento dell'Unzione degli infermi; al termine ai presenti verrà consegnata un'immagine ricordo di Sant'Antonino.

Questo il programma: alle 16,30 accoglienza in basilica; alle 17.00 celebrazione eucaristica, con possibilità di ricevere il sacramento dell’unzione degli infermi, presieduta dal vicario generale monsignor Lino Ferrari; alle 18 rinfresco in piazza sant’Antonino.

Per chi avesse problemi di carattere organizzativo e logistico (e per altre informazioni) consigliamo di prendere contatto con Teresio Cerini, segretario dell’Ufficio per la pastorale della salute (cell. 3477266294); per il trasporto dei malati hanno dato la loro disponibilità associazioni di volontariato quali la Pubblica Assistenza 118, Croce Rossa, Croce Bianca Misericordia, UNITALSI, Alpini.

Da sottolineare anche che l'accesso alla Basilica per le auto è libero dalle ore 16.00 alle 19.00 passando da via Giordani.

giovedì 25 giugno 2009

S.Antonino 2009/Lunedì 29 il concerto d'organo di Berzolla

In occasione dell’apertura ufficiale delle Manifestazioni Antoniniane 2009, il grande organo meccanico Giani della Basilica di Sant’Antonino in Piacenza, ospiterà lunedì 29 giugno alle ore 21 il noto organista e compositore piacentino Massimo Berzolla. Il concerto è promosso dalla Basilica di sant’Antonino e patrocinato dall’Amministrazione Comunale di Piacenza. E’ sponsorizzato dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, dalla Banca di Piacenza, dalla Camera di Commercio e dal Banco di Credito Cooperativo di Creta. Il programma si aprirà con una composizione dello stesso Berzolla, il “Piccolo requiem per un’anima gentile” (2000) che sarà dedicato alla memoria di Stefano Fugazza persona stimata e amata dalla comunità cittadina e da quella diocesana, già Direttore della Galleria d’Arte Moderna “Ricci Oddi”, purtroppo deceduto recentemente.

La serata proseguirà con una delle più significative composizioni del cosiddetto Novecento storico, ovvero la Prima Sonata di Paul Hindemith (1895-1963) scritta nel 1937 in quello stile che spesso viene definito “neoclassico”, ma che nelle mani del compositore tedesco assume un’intensità espressiva del tutto particolare. Di Petr Eben (1929-2007) verranno invece eseguiti i sette movimenti che formano il grande affresco “Mutationes”, composto nel 1980 per uno o due organi, tra le più rappresentative opere del compositore cecoslovacco che fu anche organista e grande improvvisatore. A conclusione della serata il Maestro Berzolla eseguirà la Sesta Sonata di Felix Medelssohn (1809-1847) nel secondo centenario della nascita. Riagganciandosi alla tradizione barocca Mendelssohn costruisce il primo movimento di questa composizione su un tema di Corale: si tratta del Vater Unser (il Padre Nostro) sul quale vengono sviluppate quattro variazioni. Il tema del Corale serve anche come soggetto della Fuga che costituisce il secondo movimento, mentre il Finale è un Lied nel più puro stile mendelssohniano.

Massimo Berzolla (1963) si è diplomato con il massimo dei voti al Conservatorio “G. Nicolini” di Piacenza nella classe di Luigi Toja e in Composizione sotto la guida di Bruno Bettinelli; si è poi perfezionato in Organo con lo stesso Luigi Toja e con Giuseppe Zanaboni; ha inoltre studiato Direzione d'orchestra con Nicola Samale e, all'Accademia Pescarese, con Gilberto Serembe. È stato per tre decenni organista titolare e direttore di coro della Cattedrale di Piacenza; responsabile per la Musica Sacra della Diocesi di Piacenza-Bobbio, è direttore dell’Istituto di Musica Sacra “San Cristoforo” e si occupa della trascrizione e valorizzazione del prestigioso Fondo Musicale dell'Archivio del Duomo di Piacenza. Particolarmente apprezzato come interprete del repertorio novecentesco, svolge attività concertistica come solista in Italia e all’estero; è attivo inoltre come direttore, collaborando con l’Orchestra Filarmonica Italiana, con il Gruppo Strumentale “V. L. Ciampi”, e, stabilmente, con il Gruppo Strumentale “Ricercare”; numerose sono poi le sue composizioni già eseguite da varie formazioni cameristiche, orchestrali e vocali, che hanno riscosso un notevole consenso di pubblico e di critica e che sono state trasmesse radiofonicamente (RAI-Mediaset); notevole anche la sua attività di arrangiatore, in collaborazione tra gli altri con l’Ensemble Strumentale Scaligero. È fondatore e direttore della Cappella Musicale “Maestro Giovanni”, gruppo vocale da camera con il quale svolge attività concertistica e servizio liturgico, anche in collaborazione con gruppi strumentali. Molto attivo come compositore di musica vocale e strumentale, ha inciso un CD contenente sue opere strumentali per la casa discografica “Millennio”; un doppio CD interamente dedicato a sue composizioni intitolato Ludus è stato inoltre realizzato dall’etichetta Bottega Discantica, che ha anche edito alcuni suoi brani. Ha composto musica per il teatro e il dramma spirituale in musica Giustina - ex ossibus, rappresentato nel settembre 2001. (www.massimoberzolla.it)

L’ingresso è libero. Per eventuali informazioni: 339/6727981.

mercoledì 24 giugno 2009

S.Antonino 2009/ Niente pisarei e liscio ma un'occasione per riflettere

Ci sono feste parrocchiali che non offrono solo pisarei, tortelli, palo della cuccagna e ballo liscio. Sant'Antonino, che è la festa parrocchiale per eccellenza celebrando la devozione al santo patrono della diocesi, è una di queste rarissime eccezioni. "Vogliamo rilanciare la sacralità della festa del patrono" evidenzia il giovane parroco don Giuseppe Basini. Così, pur nel rispetto della tradizione, in questa anticipazione ecco che cosa si troverà accanto alla fiera più importante della provincia. Si inizia con la devozione a Sant'Antonino di coloro che soffrono. Poi le occasioni per fermarsi a riflettere, infine, prima della solenne celebrazione del 4 luglio, la musica ricercata - non urlata - che parla all'anima. "Avremmo senz'altro ottenuto più gente chiamando i Pfm - dice don Giuseppe -, invece abbiamo voluto caratterizzare questa festa in un altro modo".

Lunedì 29 giugno

Sant'Antonino patrono dei malati
Martedì 30 giugno,
Alle 21, in Sant’Ilario, il vescovo emerito di Ivrea, Luigi Bettazzi, uno dei padri conciliari, ricorderà la figura di Helder Camara, l’arcivescovo brasiliano delle favelas. Un incontro che si inserisce sulla scia della missione popolare diocesana.
Venerdì 3 luglio
In Sant’Ilario alle 21, fede e scienza con lo scienziato piacentino Lucio Rossi, il costruttore dell’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra che dovrebbe spiegare l’origine dell’universo.

La musica che parla all’anima: Massimo Berzolla, il 29 giugno alle 21 in S. Antonino,
Coro Farnesiano, il primo luglio alle 21 sempre in basilica
Orchestra giovanile di Taiwan, il 2 luglio alle 21 ancora in basilica.

sabato 20 giugno 2009

Per Sant'Antonino il gemellaggio tra Piacenza e Noto

Sacricorridoi è in ferie (ad Andalo). Tornerà lunedì 22 luglio con importanti spunti di riflessione, oltre alla preparazione della festa del santo patrono che, sabato 4 luglio, suggellerà il gemellaggio tra la diocesi di Piacenza-Bobbio e quella di Noto.

domenica 14 giugno 2009

Sacro Cuore/ Ambrosio: nella Missione avviciniamo i lontani

Carissimi confratelli,

desidero innanzitutto ringraziarvi per la vostra partecipazione alla “festa del Sacro Cuore”, che è pure festa della fraternità sacerdotale nella nostra diocesi di Piacenza-Bobbio. Desidero poi ringraziarvi per l’accoglienza sempre molto ospitale che mi riservate in occasione delle celebrazioni o delle visite nelle parrocchie. Questi incontri sono per me un’occasione di vicinanza a voi e di condivisione delle vostre fatiche pastorali. Sono pure un motivo di gioia nel vedere il vostro generoso servizio dell’annuncio del Vangelo agli uomini, alle donne, ai giovani che vivono nella nostra realtà diocesana. Vedo infatti la vostra attenzione alla vita della gente e il vostro impegno nel rispettare e rinnovare le tradizioni cristiane del nostro popolo: ringrazio per il vostro servizio che non si sofferma più di tanto sui risultati, ma va ben oltre, essendo spesso vissuto come un atto di amore gratuito e generoso verso il popolo che ci è affidato.

Spero che lo spirito di fraternità e di amicizia possa crescere e far parte del nostro essere sacerdoti che formano il presbiterio diocesano insieme e attorno al Vescovo con le visite che farò a voi e alle unità pastorali a partire dal prossimo autunno.

1. La Missione popolare e l’Anno sacerdotale

Nella riflessione presentata lo scorso anno, sono partito da due fatti importanti che si richiamano e si intrecciano: il Concilio Vaticano II e il Sinodo Diocesano di Piacenza-Bobbio (1987-1991). Questi due eventi sono stati il punto fermo attorno a cui ho raccolto le impressioni dei primi mesi del mio ministero episcopale nella nostra amata Chiesa di Piacenza-Bobbio.

Anche quest’anno la riflessione che vi propongo ruota attorno a due punti. Ma dopo un anno e qualche mese di ministero episcopale, non si tratta più di fatti che riguardano il passato, ma di proposte che riguardano il prossimo futuro e che dovranno diventare esperienze che segnano il cammino della nostra comunità ecclesiale. Le evidenzio subito.

La prima proposta è la Missione popolare diocesana (MPD) che sta coinvolgendo e coinvolgerà la nostra Chiesa nei prossimi anni.

La seconda è l’Anno sacerdotale proclamato da Benedetto XVI in occasione dei 150 anni della morte del santo Curato d’Ars. Verrà aperto dal Santo Padre il 19 giugno prossimo, solennità del Sacro Cuore di Gesù e giornata di santificazione sacerdotale e si concluderà fra un anno con un “Incontro Mondiale Sacerdotale” in Piazza San Pietro. Tra gli obiettivi indicati dal Papa vi è quello di “far percepire sempre più l’importanza del ruolo e della missione del sacerdote nella Chiesa e nella società contemporanea”. Rendiamo grazie al Signore per il dono di quattro ordinazioni sacerdotali proprio nell’apertura dell’Anno sacerdotale : accogliamo con gioia nel nostro presbiterio questi sacerdoti che verranno ordinati sabato prossimo.

Le osservazioni che vi propongo ruotano attorno a questi due progetti che si richiamano e trovano il loro punto di convergenza attorno all’idea della missione, quella popolare diocesana e quella del sacerdote nella Chiesa e nella società. Credo che sia opportuno tenere insieme questi aspetti dell’unica ed essenziale missione, connaturale all’essere cristiano. Con il popolo che ci è affidato, vogliamo riscoprire che la missione fa parte del DNA del cristiano. Così siamo sospinti, in quanto pastori delle nostre comunità, a comunicare a tutti la fede, la speranza, la carità perché fiorisca la vita cristiana nelle case dei nostri fedeli, nelle nostre comunità, nell’impegno dei cristiani in tutti gli ambiti dell’umana esistenza.

2. Il cammino verso la MPD

Come sappiamo, la MDP era già stata annunciata da mons. Luciano Monari ed affidata al nostro don Luigi Mosconi per l’ispirazione e la progettazione (don Luigi mi ha inviato i saluti da estendere a tutti). Ora, dopo un’ulteriore fase di valutazione e di verifica, stiamo entrando nel vivo della missione. Nei mesi scorsi – aprile e maggio – si sono svolti gli incontri nei sette Vicariati con i sacerdoti e con gli operatori pastorali per la presentazione della MPD da parte di don Luigi Mosconi e di mons. Giuseppe Busani, vicario della pastorale, che hanno incontrato anche gli Uffici pastorali, la Consulta delle aggregazioni laicali e quella dei giovani.

Credo di poter dire – anche in base alle considerazioni di don Luigi e di don Giuseppe – che si sta superando l’iniziale momento di problematicità, forse anche di paura. Ritengo che le difficoltà siano comprensibili per tanti motivi. Ritengo tuttavia che non sia più il caso di soffermarsi sulle difficoltà: le abbiamo prese in considerazione, con molta libertà, durante le riunioni dei Consigli presbiterale e pastorale e nei vari incontri nei Vicariati e nei diversi uffici.

Ciò non significa che gli interrogativi siano scomparsi. Come adattare la proposta di don Luigi Mosconi alla nostra realtà piacentina-bobbiese? Saremo capaci di portare avanti un’iniziativa di così grande coinvolgimento? Come risponderà la gente? Come combinare la MPD con la pastorale ordinaria? Cosa comporta essere missionari? Anche solo l’accenno a questi interrogativi lascia intendere che è una grande sfida mettere in stato di missione tutta la diocesi.

Ma è cresciuta la disponibilità a lasciarsi coinvolgere in questa sfida. Si va diffondendo con gradualità un ‘sì’ cordiale e convinto alla proposta, anche perché la proposta stessa si sta chiarendo soprattutto a livello di motivazioni, suscitando dunque attenzione e interesse. Forse con Pascal possiamo dire che, oltre ad ascoltare la voce della ragione che pone davanti ai nostri occhi le difficoltà, stiamo anche ascoltando la voce del cuore che pure manifesta le sue buoni ragioni per non lasciarci paralizzare dagli interrogativi e dalle difficoltà. E le ragioni del cuore sono poi quelle più vitali e decisive, ci ricorda Pascal (B. Pascal, Pensieri, a cura di P. Serini, Einaudi, Torino 1967, pagg. 58-59).

Sono molto lieto di questo nostro cammino di maturazione che arriva a riconoscere che la MPD è un’opportunità per la nostra Chiesa, in quanto rappresenta un prezioso servizio al Vangelo di Gesù. È provvidenziale avvertire, all’inizio di questo millennio, non solo il dovere, ma anche la consapevolezza gioiosa di consegnare alle generazioni future la ‘vita’ che ci ha generati alla fede e alla vocazione. Siamo così comunicatori e testimoni di Gesù, all’interno di quella lunga storia di cristiani che hanno esperimentato la ricchezza e la bellezza dell’e­sistenza cristiana nella vita quotidiana. Per cui sono convinto che tutti voi parteciperete alla MPD con apertura, con speranza, con creatività. Spero anche, cammin facendo, con gioia. Ciascuno parteciperà secondo le proprie possibilità e secondo il proprio carisma, ma tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo di simpatia, di preghiera, di azione a questa avventura diocesana della missione popolare.

Ancora una volta, mi permetto di sottolineare – è stata, questa, una sottolineatura che ho espresso in varie occasioni, anche per superare le perplessità di molti – che la MDP non deve essere vista come un evento a sé stante che si aggiunge alle fatiche pastorali ordinarie: deve invece essere intesa e vissuta come un evento straordinario per realizzare la missione di sempre e rivitalizzare così la nostra pastorale ordinaria. Lo straordinario sta nel fatto che tutte le parrocchie e le unità pastorali – con le associazioni e i movimenti, con i religiosi e le religiose – sono chiamate a fare questo cammino insieme e che in questo cammino bisogna cercare di coinvolgere il numero più alto di persone, non solo i battezzati che frequentano abitualmente la Chiesa, ma anche coloro che la frequentano di meno o non la frequentano affatto.

3. La conversione pastorale

Il cammino che ci ha portato ad accogliere la proposta della MPD come una sfida impegnativa, ma propizia, anzi provvidenziale, non è certo concluso. Possiamo dire che stiamo rendendoci conto dell’urgenza della cosiddetta ‘conversione pastorale’, anche se l’espressione è forse troppo forte o troppo impegnativa. Infatti la conversione, nella tradizione cristiana, riguarda le persone che, per la grazia di Dio, passano dalla tenebre alla luce, dal peccato alla vita nuova: indica il ritorno a Dio nel senso di un mutamento radicale dei rapporti con Lui, con una trasformazione interiore che coinvolge tutta la persona.

Ma l’espressione, come sappiamo, è stata usata volutamente nei documenti degli Orientamenti pastorali della Cei per il decennio che stiamo concludendo. Merita di essere ripresa qui, pur sapendo che non la si usa in senso proprio: se la conversione è il ritorno a Dio della persona che si lascia trasformare interiormente, così la ‘conversione pastorale’ è il ritorno della pastorale alla sua missione fondamentale, al suo compito primario. La pastorale deve essere missionaria, e cioè deve accordare ogni preminenza al comunicare il Vangelo. È, questa, la condizione di base dell’agire pastorale: la Chiesa è il popolo di Dio inviato dal Signore Gesù nel mondo ad annunciare a tutte le genti il Vangelo di salvezza, a farne trasparire la bellezza e la forza. In questa prospettiva la MPD si presenta come stimolo a questa esigenza di conversione pastorale.

Penso, ad esempio, ai fedeli che dovranno essere coinvolti, motivandoli e preparandoli perché possano essere missionari. Ho potuto constatare con gioia che molti fedeli laici stanno accogliendo con simpatia e con entusiasmo la proposta di coinvolgersi nella MPD. Scoprire che in molti fedeli vi è il desiderio di una ripresa più decisa, più consapevole dell’essenziale dimensione missionaria della vita cristiana è già un segno molto significativo che il cammino della missione è percorribile. Lo Spirito è già all’opera nella nostra Chiesa e le nostre comunità cristiane sono attente alla voce dello Spirito e quindi, grazie a questa attenzione, sono anch’esse all’opera nella missione.

Annunciare e testimoniare Gesù Cristo, cioè essere missionari, non vuol dire dimostrare le nostre capacità, fossero anche straordinarie, ma vuol dire prima di tutto lasciar trasparire attraverso di noi, che siamo come “vasi di creta” (2Cor 4,7), la vita di Dio, il suo amore, la sua misericordia. Noi siamo annunciatori e testimoni di un’opera che non è nostra, ma è dello Spirito del Signore: quest’opera non cresce per merito nostro, ma per l’azione dello Spirito. Voglio immaginare insieme a voi la carica di rinnovamento per la pastorale ordinaria se la missione venisse assunta da tutti – laici e presbiteri – con entusiasmo e slancio creativo.

Penso poi al linguaggio della nostra predicazione, in particolare all’omelia, che deve permettere di assimilare, di vivere, di esprimere e di trasmettere la verità della fede di sempre nei linguaggi della vita di oggi.

Penso alle nostre celebrazioni che devono lasciar trasparire il mistero pasquale, il grande mistero della fede, aprendo la nostra mente e il nostro cuore alla comprensione gioiosa del dono inestimabile che è la salvezza ottenutaci dal sacrificio di Cristo. Quante persone che non appartengono alla comunità eucaristica hanno accesso al momento più intimo e più dinamico della vita della Chiesa: pensiamo alle celebrazioni dei funerali, dei matrimoni. Sono momenti decisamente importanti in cui la Chiesa offre la parola di Dio e manifesta il suo volto a chi non frequenta regolarmente.

Penso all’impegno di carità che deve mostrarsi nell’interazione tra amore di Dio e amore del prossimo.

Potremmo continuare con le esemplificazioni, ma possono essere sufficienti questi cenni per aiutarci a comprendere il senso della MPD e la ragione della sua urgenza.

In un contesto in cui non è facile trasmettere la fede da una generazione all’altra, siamo sospinti a riconoscere che proprio il Vangelo di Gesù deve essere comunicato a tutti, invitando tutti a lasciarsi coinvolgere nell’opera di evangelizzazione e diventarne soggetti.

La nostra Chiesa piacentina-bobbiese è dunque chiamata a mettersi in ascolto di Dio e a fidarsi di Dio, scoprendo il suo disegno di amore e le sue chiamate anche all’interno degli avvenimenti della vita quotidiana, letti con spirito di fede.

Questo ascolto di Dio sollecita la nostra attenzione alle persone e alle famiglie, con un preciso orientamento dinamico: non basta cioè attendere la gente, ma occorre andare a loro e soprattutto entrare nella loro vita concreta e quotidiana, comprese le case in cui abitano, i luoghi in cui lavorano, i linguaggi che adoperano, l’atmosfera culturale che respirano (Convegno ecclesiale di Verona).

4. Con gli occhi di Cristo….

Siamo sospinti, anche grazie al senso della MPD e alle ragioni della sua urgenza, a vedere noi stessi e il nostro impegno pastorale “con gli occhi Cristo”. L’espressione è di Benedetto XVI nel n. 18 dell’enciclica Deus caritas est: “Imparo a guardare quest’altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo. Il suo amico è mio amico. Al di là dell’apparenza esteriore dell’altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto di amore, di attenzione, che io non faccio arrivare a lui soltanto attraverso le organizzazioni a ciò deputate […]. Io vedo con gli occhi di Cristo e posso dare all’altro ben più che le cose esternamente necessarie: posso donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno. Qui si mostra l’interazione necessaria tra amore di Dio e amore del prossimo, di cui la Prima Lettera di Giovanni parla con tanta insistenza. Se il contatto con Dio manca del tutto nella mia vita, posso vedere nell’altro sempre soltanto l’altro e non riesco a riconoscere in lui l’immagine divina. Se però nella mia vita tralascio completamente l’attenzione per l’altro, volendo essere solamente « pio » e compiere i miei « doveri religiosi », allora s’inaridisce anche il rapporto con Dio. Allora questo rapporto è soltanto « corretto », ma senza amore. Solo la mia disponibilità ad andare incontro al prossimo, a mostrargli amore, mi rende sensibile anche di fronte a Dio. Solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama. I santi — pensiamo ad esempio alla beata Teresa di Calcutta — hanno attinto la loro capacità di amare il prossimo, in modo sempre nuovo, dal loro incontro col Signore eucaristico e, reciprocamente questo incontro ha acquisito il suo realismo e la sua profondità proprio nel loro servizio agli altri. Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento”.

5. …vedere l’altro

Vedere noi stessi e gli altri verso cui si attua il nostro impegno pastorale “con gli occhi di Cristo”, vuol dire intrecciare la MPD e l’Anno sacerdotale. Con gli occhi di Cristo siamo invitati a prestare grande attenzione all’altro, a chi ha bisogno di essere raggiunto dal Vangelo, a chi cerca di nuovo Dio dopo un periodo di indifferenza, a chi si è allontanato dalla Chiesa per i motivi più diversi, a chi frequenta la Chiesa, ma ha bisogno di un più coerente stile di vita cristiana.

Credo che sia molto importante per noi renderci conto dell’attesa di speranza del cuore umano e del grande servizio che offriamo a tutti mostrando le prospettive di senso che emergono dal “sì” della fede cristiana al “ ‘sì’ estremo di Dio all’uomo” (Deus caritas est). Anche l’uomo di oggi – come l’uomo di sempre, ma oggi con particolare intensità – ha bisogno di amare e di essere amato. Possiamo donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno, ci dice Benedetto XVI. Possiamo aiutarlo ad incontrare il volto agapico del Padre.

Questo è il mandato missionario di Gesù, che non può lasciarci tranquilli davanti alle attese degli uomini e delle donne del nostro tempo, alle famiglie di oggi, ai ragazzi e ai giovani di oggi.

Senza la luce della fede, l’esperienza umana appare oscura. Le grandi questioni del bene e del vero non possono neppure essere sfiorate. Sono convinto che vi è una domanda precisa che emerge dal basso, dal vissuto del nostro popolo ed è rivolta alla Chiesa tutta e ai sacerdoti in particolare: come ritrovare la fiducia e la speranza, come affrontare oggi le questioni vitali del bene e del vero, come esser di aiuto ai figli perché amino la vita, come organizzare la nostra società perché sia società umana.

La “disputa sull’humanum”, come diceva Giovanni Paolo II, caratterizza il nostro tempo e ci interpella profondamente. Possono esserci polemiche anche aspre, come in ogni disputa, ma la questione sull’humanum apre varchi importanti per una crescita della sensibilità educativa, morale, sociale e spirituale. Allora attraverso la prossimità all’esistenza delle persone nelle loro esperienze quotidiane, possiamo condividere la sapienza che viene dall’alto e illumina il legame tra le generazioni, i rapporti tra uomo e donna, l’esigenza di socialità, l’impegno per le situazioni di bisogno. Nella grande tradizione di pensiero e di prassi cristiana, possiamo non solo illuminare, ma dare senso pieno a queste esperienze umane fondamentali, aprendole alla novità del Vangelo della Pasqua e alla speranza del Risorto.

6. …vedere la nostra pastorale

Vedendo noi stessi e il nostro impegno pastorale “con gli occhi Cristo”, siamo invitati a riflettere sulle nostre attività pastorali. Siamo consapevoli che la maggior parte delle attività pastorali ordinarie già si pongono in un’ottica missionaria. Tuttavia, in vista della MPD, siamo invitati ad una riflessione attenta e forse a una certa sospensione di alcune attività pastorali. Non certo trascurando, abbandonando o anche solo sottovalutando la pastorale ordinaria, ma cercando di rinnovarla dal suo interno. Nella storia della salvezza si può osservare una legge costante: l’interruzione parziale e limitata del compito libera lo spazio del dono. Il ripensamento del nostro modo di fare pastorale può diventare uno spazio lasciato all’opera dello Spirito Santo, al suo soffio creativo. Spesso l’ansia per il raccolto, spegne l’entusiasmo della semina. La fissazione sui nostri schemi può mortificare la novità suscitata dallo Spirito, tagliando le ali all’ispirazione.

Non possiamo dimenticare che, nel postconcilio, l’azione pastorale ha aggiunto molte cose nuove da fare, certamente importanti, ma senza ripensare nella sua interezza e globalità il servizio al Vangelo. Così noi sacerdoti siamo spesso affaticati da un lavoro che ci toglie la pacatezza e la serenità per pregare, per ascoltare, per pensare, per guidare la comunità.

La MPD e l’Anno sacerdotale possono sollecitarci a ripensare il nostro ministero non nel senso propriamente teologico, ma nel senso concreto che riguarda le forme del suo esercizio. Per esempio, se, come si dice, è finita la parrocchia autonoma, dovrebbe pure essere finito il tempo del parroco isolato. In verità, chi conosce la storia della parrocchia sa che la parrocchia non è mai stata autonoma. Semmai è un certo modo di vivere e di pensare del parroco che ha favorito l’autonomia della parrocchia.

Comunque, dobbiamo sempre più pensare noi stessi dentro il nostro presbiterio e dentro la realtà pastorale in cui operiamo, nella parrocchia, nell’unità pastorale, nella diocesi. Non possiamo ritenere valido solo ciò che viene realizzato da noi o dalla nostra parrocchia; al contrario occorre ritenere importante ciò che possiamo costruire insieme come unità pastorale, come vicariato, come comunità diocesana.

Questo vuol dire che occorre impostare il lavoro pastorale tenendo conto di questo orizzonte più ampio. So bene quanto sia forte il senso di appartenenza al proprio campanile: questo legame non dobbiamo disprezzarlo, anzi lo dobbiamo apprezzare. Ma dobbiamo allargare il nostro orizzonte, anche per non soccombere alla tentazione sempre incombente dell’individualismo e dell’isolamento, e anche dell’autorealizzazione con dedizione anche generosa, ma quasi priva di fede.

Possiamo allargare il nostro orizzonte, avviando, ad esempio, la collaborazione soprattutto nel mondo dei giovani e promuovendo iniziative per formare i loro animatori a livello diocesano e vicariale. Già si sta operando in questa direzione, ma credo che occorra fare di più e in modo più organico.

Se anche grazie alla MPD e all’Anno sacerdotale si arrivasse alla convinzione che il parroco dovrà essere sempre meno l’uomo del fare direttamente e personalmente e sempre più l’uomo della comunione, noi potremmo rendere grazie a Dio. Perché in questo modo l’esercizio del ministero sacerdotale metterebbe in maggior risalto la “presidenza della comunione”, per usare un’espressione teologica. Il ministero del presbitero, più che inglobare e spesso assorbire ogni ministero, diventa suscitatore di vocazioni, di ministeri, di servizi, di carismi.

7. Verso la corresponsabilità dei laici

Prendendo spunto da una recente affermazione di Benedetto XVI, direi che, partendo dalla MPD e dall’Anno sacerdotale, il nostro impegno di presbiteri dovrebbe essere questo: favorire il passaggio dalla collaborazione alla corresponsabilità dei fedeli laici, coinvolgendo tutti nella stessa missione. Benedetto XVI, in occasione dell’apertura del Convegno Ecclesiale della diocesi di Roma che aveva per tema “Appartenenza ecclesiale e corresponsabilità pastorale” e che si è tenuto a san Giovanni in Laterano il 26 maggio 2009, ha affermato che i laici non possono più essere considerati “collaboratori”, ma devono essere visti come “corresponsabili” della missione della Chiesa.

Il Papa, richiamando il Concilio Vaticano II che ha voluto “un vero e profondo rinnovamento, nella continuità dell’unico soggetto Chiesa”, ha infatti invitato a riconoscere i laici “realmente ‘corresponsabili’ dell’essere e dell'agire della Chiesa, favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato”. Da qui la necessità di una formazione più attenta alla visione della Chiesa, di una migliore impostazione pastorale capace di promuovere la corresponsabilità dei membri del Popolo di Dio.

Per questo, a partire dai diversi carismi, devono nascere nuove e diverse figure di ministeri, di servizi per far emergere il volto missionario delle nostre parrocchie, sia in vista di servizi pastorali/missionari sia in vista di una crescita complessiva di spiritualità e di gratuità. Le due finalità devono essere realizzate insieme: senza servizi pastorali/missionari non c’è Chiesa; senza gratuità e spiritualità non c’è ministero, spontaneo e riconosciuto, nella Chiesa.

Questa è la sfida più difficile della MPD che deve favorire la crescita di un’autentica coscienza ecclesiale. Questa è la sfida più difficile per il futuro della nostra Chiesa, la cura e la formazione di un laicato responsabile, che ha a cuore la missione della Chiesa e sa offrire una vasta e significativa testimonianza nel mondo.

8. Alla scuola del Vangelo

Abbiamo bisogno di ritrovare lo slancio missionario per la nostra attività pastorale. Ma abbiamo anche bisogno di ritrovare il baricentro della nostra vita cristiana e sacerdotale. Finora non ho fatto alcun cenno all’educazione, ma è facile comprendere quanto essa sia profondamente in gioco. Per diventare missionari con stile evangelico, è necessario lasciarci plasmare dallo ‘stile educativo’ di Gesù: occorre diventare tutti discepoli, presbiteri e laici insieme. Tutti siamo responsabili del ‘tesoro’ che è a noi affidato per essere a tutti comunicato. La coscienza stessa della comunità cristiana deve sentirsi fortemente interpellata nei confronti sia dell’educazione alla fede delle generazioni più giovani sia dell’acquisizione dei comportamenti e degli stili di vita che lasciano trasparire la fede. Dobbiamo perciò dedicare tempo per la formazione dei missionari e, insieme, per la formazione di noi stessi come presbiteri missionari: ci poniamo tutti alla scuola del Vangelo per riscoprire di nuovo la novità del Vangelo, per imparare lo stile evangelico, per vivere la spiritualità del discepolo-missionario, per confrontarci non solo a livello pastorale, ma anche a livello spirituale, interiore.

Siamo in primis noi sacerdoti ad avere bisogno di questa scuola del Vangelo. Desidero citare un testo di J. Ratzinger che un sacerdote mi ha gentilmente passato. Scriveva l’allora cardinal Ratzinger: “l’apostasia dell’età moderna si fonda sulla caduta della verifica della fede nella vita dei cristiani. Qui sta la grande responsabilità dei cristiani di oggi. Essi dovrebbero essere dei punti di riferimento come di persone che sanno di Dio, dimostrare nella loro vita la fede come verità per diventare così dei segnavia per gli altri” (Guardare Cristo, Jaca Book, Milano 2005, p. 31).

Aiutando i nostri cristiani a diventare “punti di riferimento come di persone che sanno di Dio”, noi sacerdoti ci disponiamo ad accogliere in noi lo Spirito che ci illumina e ci sospinge all’autoeducazione per vivere una fede luminosa nel nostro modo di pensare e nello stile di vita.

Per questo vi invito alla preghiera, personale e comunitaria. Così come vi invito a partecipare a quelle iniziative che stiamo predisponendo per una sincera e vissuta comunione presbiterale. In particolare, come verrà indicato, vi sarà un pellegrinaggio ad Ars per cogliere nella figura del santo Giovanni alcuni aspetti fondamentali del ministero sacerdotale. Vorrei in modo particolare rivolgervi una preghiera: in questo Anno sacerdotale ogni sacerdote partecipi a un corso di Esercizi spirituali, preferibilmente a quello che organizzeremo in diocesi.

Così vivremo la MPD come risposta alla chiamata del Signore a essere annunciatori e testimoni della sua opera di salvezza. È necessario vivere in comunione, essere in sintonia, lavorare insieme: lo esige l’azione pastorale e il nostro ministero sacerdotale. Lo esige pure la nostra vita spirituale, il nostro senso di appartenenza al presbiterio e alla Chiesa, il nostro stile di vita, il nostro vissuto relazionale, la nostra quotidiana fatica pastorale: i legami di amicizia e i rapporti di fraternità e di collaborazione sono decisivi per la nostra vita di fede in Gesù Cristo e per il nostro ministero. Anche per questi motivi farò volentieri visita a voi sacerdoti là dove svolgete il vostro ministero, incontrando voi e i vostri collaboratori/corresponsabili e anche, se già sarà presente, il gruppo dei missionari della unità pastorale.

+ Gianni Ambrosio

giovedì 11 giugno 2009

L'Antonino d'oro al vescovo Ambrosio

I Canonici del Capitolo della Basilica di Sant’Antonino, martire, hanno unanimemente deciso di assegnare il premio Antonino d’oro 2009 al nostro vescovo, monsignor Gianni Ambrosio. Nato a Santhià, in provincia di Vercelli, il 23 dicembre 1943 è stato ordinato sacerdote il 7 luglio 1968. A Parigi nel 1970, presso l'Institut Catholique, ha conseguito la licenza in scienze sociali e nel 1972, presso l’École Pratique des Hautes Études della Sorbona, ha ottenuto il diploma di specializzazione in sociologia della religione. Dal 1988 al 2001 è stato parroco della parrocchia di san Paolo in Vercelli e dal 1993 al 2001 direttore del Corriere Eusebiano, settimanale diocesano di Vercelli, e assistente spirituale delle Acli, della Fuci e dell’Agesci Vercellesi. Nel 1995 ha conseguito la laurea in Sacra Teologia a Roma presso la Pontificia Università Lateranense Professore ordinario di Teologia pastorale e Sociologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano fin dal 1974, è consulente dell'Ufficio Nazionale del Progetto culturale. È Consigliere nazionale del GRIS (Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-Religiosa), membro del Comitato scientifico internazionale del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni). Nel gennaio 2001, è stato nominato Assistente ecclesiastico Generale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Il 22 dicembre 2007 il Papa Benedetto XVI lo ha nominato vescovo della Diocesi di Piacenza-Bobbio. Il 16 febbraio 2008 riceve l’ordinazione episcopale ed inizia il ministero pastorale in diocesi. E’ membro della Commissione Episcopale per il laicato della CEI; membro del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani; Rappresentante dei vescovi italiani nella Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE). E’ membro del comitato direzionale della Rivista del clero italiano e della rivista “Servizio della Parola”. E’ autore di numerosi volumi ed opere a stampa. La modernità e lo stato del Cristianesimo, le sette religiose, l’anima religiosa dell’Europa, il ruolo dell’Università, il tema dell’integrazione, il Concilio Vaticano II: questi sono alcuni dei temi di attualità sui quali più volte, negli anni, monsignor Ambrosio è intervenuto con i suoi studi.

Alla luce di quanto ricordato, l’ onorificenza conferita prima di tutto vuole essere un atto di stima nei confronti di monsignor Ambrosio che, in poco più di un anno, nell’esercizio del suo ministero episcopale, ha ben saputo “amare, custodire, santificare e governare la Chiesa di Piacenza-Bobbio” (cf LG, 20) In particolar perché, in virtù della sua lunga esperienza di ricercatore scientifico e di docente universitario e in profonda comunione con il magistero dell’attuale Pontefice Benedetto XVI, ha saputo richiamare alla nostra Chiesa l’ urgenza e l’importanza di accogliere “la sfida educativa”, perché, come ha affermato, “senza educazione, non é possibile un progetto di vita e non è possibile neppure una società libera e democratica”.

In secondo luogo, vuole essere un atto di gratitudine, perché monsignor Ambrosio non si è “risparmiato” le fatiche del ministero che gli è stato affidato, ma con grande generosità e disponibilità ha accolto gli inviti, provenienti dalle varie realtà ecclesiali e cittadine, partecipando a numerosi momenti celebrativi, culturali o aggregativi. Quasi a richiamare a tutti, in particolare a noi presbiteri, l’importanza decisiva di conoscere e di farsi conoscere dalle persone con le quali viviamo e verso le quali siamo tutti “debitori del vangelo” (Rm 1,14)

Da ultimo, il conferimento dell’Antonino d’oro, vuole essere un atto d’amicizia perché monsignor Ambrosio possa continuare ad aiutarci, con fiducia e serenità, a camminare “sulle orme di Cristo” (Vestigia Christi sequentes) e a guidare la Chiesa di Piacenza-Bobbio verso “la vetta” della santità. Riprendendo una bella espressione da Lui stesso pronunciata nel primo messaggio inviato alla nostra Chiesa, gli auguriamo di poter “ esercitare con entusiasmo l’officium amoris: così sant’Agostino qualificava il ministero del vescovo, chiamato ad essere, servus Christi e vox Christi”.
L’augurio lo sentiamo particolarmente attuale e significativo in questo tempo, bello e impegnativo, che si apre davanti a noi di Missione Popolare Diocesana, nella quale monsignor Ambrosio ha deciso di impegnarsi e di impegnare la nostra Chiesa per i prossimi quattro anni.

Il premio Antonino d’oro, giunto alla 23^ edizione, viene annualmente sponsorizzato e patrocinato dalla Famiglia Piasinteina. Verrà consegnato personalmente dal Prevosto di Sant’Antonino don Giuseppe Basini al vescovo Gianni Ambrosio Sabato 4 luglio p.v. nella Basilica Sant’Antonino in Piacenza a conclusione della solenne celebrazione eucaristica delle ore 11.00.


I Canonici del Capitolo di Sant’Antonino



Piacenza, 11 giungo 2009

Chiesa piacentina missionaria in Abruzzo

La chiesa piacentino-bobbiese nuovamente missionaria. Dopo le missioni in Brasile, dopo la missione popolare si apre, con l'invio del diacono Claudio Fervari, con il benestare del vescovo Gianni Ambrosio, lo scorso 25 maggio, una nuova terra di missione: l’Abruzzo del dopo terremoto. Fervari, 58 anni, di Caorso, sposato, con due figli, è un diacono della diocesi di Piacenza-Bobbio, dunque a tutti gli effetti fa parte del clero diocesano. «La nostra è un’animazione esclusivamente pastorale - spiega - e soprattutto con gli anziani, che sono gli unici rimasti non avendo grandi possibilità di muoversi. Il loro grande nemico è la noia delle tendopoli. Non sanno che cosa fare per passare il tempo. Si sentono persi. Si trovano in una situazione di precarietà estrema. E’ come se vivessero l’esperienza del campeggio, solo che non ci stanno 8 giorni ma 5-6 mesi». Lo sciame sismico in Abruzzo non è ancora finito: «L'altro giorno abbiamo avuto una scossa del terzo grado della Richter. Sembrava che un’auto in retromarcia avesse urtato la nostra roulotte. Invece era il terremoto».

domenica 7 giugno 2009

Caritas, raccolti 125mila euro per l'Abruzzo

Terremoto ABRUZZO: l’impegno della Caritas diocesana di Piacenza-Bobbio

L’EVENTO
All’alba del 6 aprile un sisma di magnitudo Richter 5.8 colpisce la città de L’Aquila ed i centri limitrofi, causando la morte di 298 persone e l’evacuazione di decine di migliaia di persone.

CARITAS ITALIANA
Prontamente Caritas Italiana si è Caritas Italiana si è attivata per dare sostegno e solidarietà alle popolazioni colpite. Ha attivato un Centro di Coordinamento nazionale presso la parrocchia San Francesco d'Assisi nel quartiere Pettino, periferia ovest de L'Aquila, consolidato dalla presenza di tre operatori stabili, da cui dipendono tutti gli aiuti della rete Caritas alle popolazioni colpite dal terremoto. Il Centro di coordinamento Caritas ha suddiviso il territorio colpito dal sisma in 9 zone omogenee, "affidate" alle Delegazioni regionali delle Caritas diocesane. I gemellaggi prevedono la condivisione con le comunità locali, grazie all'invio di operatori e volontari che, per un lungo periodo svolgeranno opera di ascolto e assistenza delle persone terremotate, soprattutto delle fasce più fragili (anziani, malati, disabili, minori, migranti).

DELEGAZIONE REGIONALE DELLE CARITAS DELL’EMILIA ROMAGNA
Alla Delegazione emiliano romagnola, comprendente tutte le Caritas diocesane della regione, è stata affidata, congiuntamente alla Delegazione Regionale delle Caritas della Puglia, la zona omogenea denominata “L’Aquila Est” e comprendente le parrocchie nella zona Est della città (tra cui Collemaggio, San Giacomo e San Pio X) e due parrocchie della zona montana (Collebrincioni e Aragno). Dopo una visita della delegazione emiliano-romagnola sui luoghi del terremoto allo scopo di prendere contatto con il Coordinamento della Caritas nazionale, il 29 aprile, sono partiti alla volta de L’Aquila i primi volontari della Delegazione per cominciare una presenza stabile a medio-lungo termine nelle zone terremotate. Si tratta di due giovani sposi di Castelnovo Sotto (RE). I gemellaggi sono fondamentali per dare continuità ed efficacia al lavoro di ascolto, aiuto e ricostruzione. Grazie a essi, si crea uno spirito di condivisione e intensa collaborazione tra delegazioni Caritas e comunità terremotate: l’intervento di aiuto non viene calato dall’alto, il territorio diventa protagonista della sua stessa rinascita, il sentimento di comune appartenenza ecclesiale si consolida (esteso anche ad altre pastorali – per i giovani, per la famiglia, ecc. –, che vengono coinvolte nei gemellaggi). Secondo questo spirito sarà anche la presenza dei volontari della Delegazione che saranno insediati nella tendopoli di Gignano e lavoreranno in stretto contatto con il parroco (don Juan de Dios) e con le altre parrocchie gemellate. La loro presenza quotidiana in loco servirà anche a raccogliere le esigenze particolari della popolazione e a “preparare il terreno” per altri volontari e gruppi che già si sono resi disponibili per un periodo di volontariato.

CARITAS DIOCESANA DI PIACENZA-BOBBIO
La Caritas diocesana si è resa subito disponibile attraverso l’Area Promozione Mondialità ed Emergenze, raccogliendo, secondo le direttive di Caritas Italiana, le disponibilità di quanti fin dai primi momenti successivi il sisma hanno offerto il proprio aiuto, sotto forma di offerte, un’eventuale presenza o aiuti materiali. La generosità dimostrata dalla comunità piacentina è stata pronta e tangibile.
La Caritas diocesana partecipa con un suo operatore, Francesco Millione, al Coordinamento Abruzzo della Delegazione Regionale. Inoltre tra le persone che hanno dato la propria disponibilità ha selezionato un volontario, Claudio Fervari, diacono di 58 anni di Caorso, per subentrare ai due giovani reggiani nel campo di Gignano. Infatti il 25 maggio Claudio è partito per L’Aquila, dove rimarrà come referente della Delegazione Regionale per circa un mese. Al termine di questa presenza mensile l'intenzione è quella di trovare almeno una persona che possa fare da riferimento sul posto per 6-7 mesi circa, raccogliendo esigenze delle comunità, coordinando aiuti e volontari e cercando di stendere un progetto per il lungo termine. A livello diocesano allo scopo di organizzare al meglio la possibile presenza animativa nei territori colpiti dal sisma, si è costituito un gruppo di lavoro, che oltre alla Caritas vede la partecipazione dell’Azione Cattolica, della Pastorale Giovanile e dell’AGESCI. Si sta valutando l’elaborazione di una proposta da portare alla comunità piacentina per garantire l’accompagnamento della popolazione abruzzese sfollata nel periodo autunno-inverno, quei mesi cioè dove presumibilmente potrebbe venire meno l’attenzione e la solidarietà della gente tuttora molto evidente a L’Aquila. Infine si è provveduto all’invio dei 125.000 euro raccolti in diocesi nelle settimane successive al sisma e durante la Colletta nazionale indetta, domenica 19 aprile, dalla CEI. Le offerte piacentine si aggiungeranno, assieme a quelle provenienti dalle altre diocesi d’Italia, ai 12 milioni di euro stanziati finora da Caritas Italiana e dalla CEI stessa, in un’ottica di comunione e prossimità con la gente.

giovedì 4 giugno 2009

Fondo anticrisi, già 50 famiglie hanno chiesto aiuto

Cari lettori, gli effetti della crisi si fanno vedere. Tanto che sono già una cinquantina le famiglie piacentine che hanno fatto richiesta di entrare tra i destinatari del fondo anticrisi promosso dalla diocesi di Piacenza-Bobbio. Nel mese di maggio - come ha spiegato il direttore Caritas, Giuseppe Chiodaroli - è stata creata la struttura della prima fase per l’ottenimento dei prestiti: l’accesso delle famiglie. I Centri di ascolto Caritas, i Gruppi di volontariato vincenziano, le Conferenze di San Vincenzo, il Centro di ascolto della Caritas diocesana, le Caritas parrocchiali sono i punti ai quali le famiglie devono rivolgersi. Qui i volontari faranno compilare una scheda di richiesta che consentirà di capire se vi siano le condizioni idonee per procedere
Si tratta di un prestito responsabile, non di una erogazione liberale, che può essere al massimo di tremila euro da rimborsare in 24 mesi ad un tasso di interesse dell’1 per cento, senza altri tipi di costi. Destinatarie sono le famiglie colpite dalla crisi economica. A noi interessa che ci sia la disponibilità a restituire il prestito. Questo è segno di responsabilità e risponde alla finalità anche educativa dell’iniziativa. Che si aggiunge a quella preventiva: fare in modo che queste famiglie colpite dalla crisi non cadano nella fascia della povertà assoluta Ogni domanda verrà sottoposta all’esame di una commissione costituta da sette volontari con competenze tecniche in materia e referenti ognuno per i vicariati in cui è divisa la diocesi. Saranno loro, in un termine massimo di 15 giorni, a passare la richiesta approvata alla banca che dovrà erogare il credito. Il prestito servirà a sostenere le spese mediche, mutuo casa, affitto, spese funerarie, pagamento utenze, istruzione, elettrodomestici o beni di consumo durevoli, acquisto o riparazione del mezzo di trasporto per il raggiungimento del posto di lavoro e via discorrendo. L’unico limite è determinato dai 300mila euro del fondo diocesano raccolti in questi mesi.

martedì 2 giugno 2009

Ambrosio, in Europa si affermi il primato della società civile

Ecco il testo integrale della relazione che monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio, ha tenuto all'assemblea generale della Cei venerdì scorso.

Questa relazione intende informare brevemente circa il lavoro realizzato nel corso degli ultimi mesi dalla Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (COM.E.CE.), composta da ventiquattro Vescovi delegati, dopo l’ampia relazione sull’attività svolta nell’ultimo triennio e presentata al Consiglio Episcopale Permanente da S.E. Mons. Giuseppe Merisi, che per due trienni è stato il delegato della CEI. Un cenno verrà fatto anche al lavoro del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (C.C.E.E.).

1. Ho potuto rendermi conto di persona – partecipando all’Assemblea Plenaria della COM.E.CE il 18-20 marzo 2009 – della necessaria attenzione dei Vescovi nel seguire il processo di integrazione europea, per rafforzare l’Europa come realtà non soltanto economica e territoriale, ma anche culturale e spirituale. In occasione dell’Assemblea Plenaria è stata inaugurata a Bruxelles la nuova sede della Commissione e sono stati eletti il Presidente (è stato riconfermato il Vescovo di Rotterdam, S.E. Mons. Adrianus van Luyn) e i due Vicepresidenti.

In questi mesi si sono moltiplicati gli interventi dell’Unione Europea che hanno sollecitato a diverso titolo l’attenzione dei Vescovi. Ne evidenzio alcuni.
Una prima notazione riguarda alcune risoluzioni del Parlamento Europeo che, sebbene non vincolanti per i singoli Paesi, costituiscono una pressione ad allontanarsi dai principi fondanti della nostra società, quasi imponendo un livellamento delle culture, dei valori e dei comportamenti dei diversi popoli.
Così lo scorso 14 gennaio è stata approvata la risoluzione annuale sulla “situazione dei diritti fondamentali nell’UE 2004-2007” (2009/19), nella quale, fra l’altro, si invitano gli Stati membri ad adottare iniziative legislative per eliminare le discriminazioni nei confronti delle “coppie in ragione del loro orientamento sessuale”.
Nella recentissima risoluzione sui “Diritti umani nel mondo nel 2008 e politica dell’Unione in materia”, se da un lato, grazie anche all’impegno degli Episcopati europei e della CEI, non è stato accolto l’emendamento di condanna delle dichiarazioni pronunciate da Benedetto XVI contro l’uso dei preservativi in occasione della visita in Africa, dall’altro è stato inserito un paragrafo in cui si accoglie con favore la dichiarazione - sostenuta da sessantasei nazioni, fra cui tutti gli Stati membri dell’Unione europea, e presentata all’Assemblea generale delle Nazioni Unite lo scorso mese di dicembre - con la quale “si conferma che la protezione internazionale dei diritti dell'uomo include l'orientamento sessuale e l'identità di genere e si riafferma il principio di non discriminazione, il quale richiede che i diritti umani si applichino allo stesso modo ad ogni essere umano, prescindendo dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere”.
Da ultimo, il Parlamento europeo ha approvato una relazione in merito all’azione europea nel settore delle malattie rare (n. A6-0239/2009) in cui, fra l’altro, si raccomanda agli Stati membri dell’Unione di incoraggiare gli sforzi per la prevenzione delle malattie rare anche attraverso “una selezione di embrioni sani precedente l'impianto”. Inoltre, è in corso di elaborazione una proposta di direttiva in materia di “parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale”, il cui testo risulta per molti aspetti assai discutibile.

2. In questo quadro, anche di fronte alle ormai imminenti elezioni europee (6-7 giugno), si avverte l’esigenza di perseguire quegli obiettivi che possono contribuire all’autentico bene dell’Europa unita e delle nazioni che la compongono. In tale ottica, i Vescovi della COM.E.CE hanno pubblicato il 20 marzo scorso una dichiarazione, dal titolo “Costruire una migliore casa europea”, nella quale viene rinnovato il sostegno al progetto di integrazione europea “come progetto di speranza” per tutti i cittadini. Rispetto a tale progetto, i cristiani “hanno non solamente il diritto, ma anche la responsabilità d’impegnarsi attivamente”, in particolare riguardo ad alcuni temi fondamentali, fra i quali il rispetto della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale; il sostegno della famiglia fondata sul matrimonio; la promozione dei diritti sociali dei lavoratori; il sostegno a una governance economica fondata su valori etici; la promozione della giustizia nelle relazioni fra l’Unione Europea e i Paesi in via di sviluppo; l’elaborazione di politiche di assistenza nei confronti dei membri più deboli e bisognosi; la protezione del creato e la promozione della pace nel mondo tramite una politica estera dell’Unione coordinata e coerente.
Più in generale, ritengo che difficilmente l’Unione Europea potrà essere considerata la ‘casa degli europei’, se nelle diverse istituzioni europee non si affermerà il primato della società civile. Senza questo primato vi è il rischio che il Parlamento europeo sia considerato come una sorta di superparlamento che si pronuncia in continuazione su tutto, nell’intento di forzare le società civili, assai diverse tra loro, per appiattirle e omologarle. Se non si pratica in modo adeguato il principio di sussidiarietà, se non si considera la peculiarità di ogni tradizione culturale, se non si rispetta la pluralità antropologica e sociale delle società civili europee, il futuro dell’Unione europea risulterà inevitabilmente problematico.

3. L’altro principio da sostenere e praticare è quello della solidarietà. In proposito, tra le prossime iniziative della COM.E.CE., si segnalano in particolare le prime “Giornate Sociali Cattoliche per l’Europa”, che si svolgeranno dall’8 all’11 ottobre 2009 a Danzica. Questo incontro vuole essere l’occasione per “ricercare le strade concrete di una solidarietà dell’Europa di fronte all’attuale crisi mondiale”. Si tratta dunque di “incoraggiare il contributo dell’Unione Europea alla costruzione di una civiltà dell’amore, che non escluda nessuno in alcun angolo del globo e che associ le generazioni future” (Manifesto per le Giornate Sociali Cattoliche per l’Europa).
La solidarietà, fondata sulla dignità umana e sulla libertà, rappresenta un bene indivisibile, concernente tutti gli esseri umani, sia quelli non ancora nati sia quelli che sono al termine della loro vita, i nostri contemporanei e le generazioni future, i residenti e i migranti, gli Stati grandi e piccoli. La solidarietà “chiede che nelle nostre società i più deboli siano protetti e che la famiglia, unità di base fondata sull’unione di un uomo e di una donna, sia sostenuta e difesa”.
4. Mi limito solo ad accennare ai molteplici ambiti di lavoro del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (C.C.E.E.), cui appartengono quali membri le trentatrè Conferenze episcopali attualmente esistenti in Europa, rappresentate dai loro Presidenti. La sede del segretariato è a St. Gallen, in Svizzera.
Per l’ambito pastorale, sottolineo in particolare i seminari o convegni sul primo annuncio, sulla pastorale universitaria e sulla scuola cattolica.
Per l’ambito socio-culturale, sono state affrontate le questioni dei media, delle migrazioni e dell’ambiente. I membri della commissione “Ambiente” hanno elaborato un programma di lavoro per i prossimi anni che prevede, tra l’altro, la realizzazione del primo “pellegrinaggio europeo per la responsabilità per il creato”
Un risalto particolare è stato dato all’insegnamento della religione come una risorsa per l’Europa, con una tavola rotonda tenuta all’inizio di maggio presso il Consiglio d’Europa di Strasburgo.
Ovviamente, per i temi legati al processo dell’unificazione europea, il C.C.E.E. collabora con la COM.E.CE.

Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza Bobbio