lunedì 29 marzo 2010

Morto don Carboni, ex parroco di Rovegno

E' morto questa mattina (29 marzo), all'ospedale di Bobbio, don Nicola Carboni. Nato a Rovegno di Genova il 25 aprile 1915, don Carboni era stato ordinato
sacerdote il 18 maggio 1940. Ha svolto il servizio pastorale in un primo
tempo come parroco ad Ottone Soprano per passare nel 1955 alla guida della
comunità parrocchiale di Casanova di Rovegno. Ultimanente si era ritirato a
vita privata nel seminario vescovile di Bobbio. I funerali si terranno
domani nella chiesa parrocchialedi Rovegno e saranno officiati dal vicario generale monsignor Lino Ferrari

venerdì 26 marzo 2010

Piacenza ricorda il cardinale Giacomo da Pecorara

Piacenza e Pecorara si apprestano a ricordare la figura di quello che Pio XI, il 12 febbraio 1935, ricevendo in udienza il vescovo mons. Ersilio Menzani, ha definito “uno dei più grandi cardinale della Chiesa romana”. Parliamo di Giacomo da Pecorara, eminente uomo di Chiesa del XIII secolo, legato, oltre che al centro della Val Tidone, dove probabilmente ha avuto i natali, anche alla città di Piacenza ed in particolare alla chiesa di Largo Battisti, San Donnino, dove ha prestato il suo primo servizio pastorale e più tardi si è impegnato nella sua ricostruzione.
Quella di Giacomo da Pecorara è una figura già nota agli storici, ma, per la sua complessità, appare ancora doveroso approfondirla. Per questo nel prossimo giugno sono previste celebrazioni ma anche un convegno di studi storici. Questo il programma di massima: domenica 6 giugno, alle ore 19,30, nella chiesa cittadina di San Donnino si terrà una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo mons. Gianni Ambrosio; martedì 8 giugno, convegno storico a Palazzo Galli coordinato da Giuseppe Cattanei dell’Università di Milano; intervento introduttivo del vescovo mons. Gianni Ambrosio; sabato 12 giugno, alle ore 11, nella chiesa parrocchiale di Pecorara, celebrazione liturgica presieduta dal vescovo mons. Ambrosio e il pomeriggio, alle ore 16,30, nell’oratorio Vallerenzo del borgo valtidonese, presentazione al pubblico della figura del cardinale Giacomo da Pecorara.
Promotori di queste celebrazioni sono la diocesi di Piacenza-Bobbio, il Comune di Pecorara e la Banca di Piacenza che, oltre ad ospitare il convegno, si è assunta l’onere della stampa degli atti. La comunicazione viene da un comitato organizzativo presieduto dal vicario generale mons. Lino Ferrari e composto dall’avv. Corrado Sforza Fogliani, presidente Banca di Piacenza; dal prof. Giuseppe Cattanei dell’Università di Milano; da don Angelo Villa e da Franco Albertini, nell’ordine parroco e sindaco di Pecorara; don Giuseppe Frazzani, parroco di San Francesco in città e don Ludovico Fiorentini, cappellano della chiesa cittadina di San Donnino. Segretario Fausto Fiorentini. Nella cattedrale di Piacenza, un un’urna posta all’incrocio del transetto di sinistra con il presbiterio, si conservano alcuni resti mortali del Cardinale e in programma vi è anche una possibile ricognizione, ma di questo il comitato ha interessato alcuni esperti dell’Ufficio per i beni culturali della diocesi tra cui mons. Domenico Ponzini. Quasi ormai definito il programma del convegno di studi che prevede l’intervento di noti medievalisti.
Come detto, pur ritenendosi auspicabile un ulteriore approfondimento sul cardinale Giacomo da Pecorara, la sua figura è già stata oggetto di studi, tra cui una pubblicazione di Emilio Nasalli Rocca del 1937. Giacomo da Pecorara, come indica il nome, sarebbe nato nel borgo valtidonese tra il 1170 e il 1180 (ma vi è chi propende per Piacenza). E’ di nobili origini e viene subito indirizzato alla carriera ecclesiastica.
Esercita il ministero di giovane sacerdote proprio a Piacenza, nella piccola chiesa di San Donnino. Presto viene nominato arcidiacono del Capitolo della cattedrale di Ravenna, carica importante ma non sufficiente per le aspirazioni del piacentino che si trasferisce a Clairvaux, centro dell’Ordine Cistercense, e nel 1215 indossa l’abito di San Bernardo. Ben presto gli vengono assegnati incarichi importanti, ma è soprattutto nel 1231-1232, quando viene nominato cardinale, che si impegna a livello internazionale come figura di mediatore tra il Papato e l’imperatore Federico II. Sempre nel 1231 gli viene affidata la sede vescovile suburbicaria di Palestrina anche se le vicende, di cui fu protagonista come Legato pontificio, non devono certo avergli permesso di essere presente nella sua diocesi.
Come rappresentante del Papa spesso si interessò della pace nelle città italiane tra cui proprio la sua Piacenza dove conobbe il giovane Tedaldo Visconti, poi papa dal 1271 al 1276, come Gregorio X. Nella nostra città nel 1236 si interessò anche della ricostruzione della “sua” chiesa di San Donnino. Dopo una vita di grandi impegni e anche di sofferenze (per anni fu prigioniero dell’imperatore) morì il 25 giugno 1244 e alcune parti del suo corpo sono custodite nella nostra cattedrale.

mercoledì 24 marzo 2010

Morto monsignor Burlini

E´ morto ieri sera, martedì 23 marzo, attorno le 19, nell´ospedale di
Borgotaro dov´era ricoverato da una ventina di giorni, mons. Mario Burlini.

Nato il 20 agosto 1927 a Castelnuovo Fogliani, mons. Burlini è stato
ordinato sacerdote il 7 giugno 1952 ed ha iniziato il servizio pastorale nel
1953 come curato nella parrocchia di San Savino in città; nel 1960 è stato
nominato parroco di Iggio; dal 1° settembre 1971 guida la parrocchia di
Borgotaro con il titolo di arciprete; dal 1991 è amministratore
parrocchiale di Brunelli.

Nel 2006 rinuncia alla parrocchia e si ritira nel Seminario di Bedonia.
Negli anni Sessanta è stato anche a Roma, dove si è laureato in
Giurisprudenza; nello stesso periodo è stato collaboratore a Villa Nazareth
del cardinale Samorè.

I funerali si terranno nella chiesa di Sant´Antonino di Borgotaro domani
pomeriggio, giovedì 25 marzo, alle ore 15. Saranno presieduti dal vescovo
mons. Gianni Ambrosio.

domenica 21 marzo 2010

Sindone, mostra in San Sisto

Il Comitato "Piacenza pro Sindone 2010", assieme al Centro di Spiritualità e Accoglienza "E. Manfredini", alla Congregazione Templari di San Bernardo - Priorato Cattolico d'Italia, alla Cappellania Ospedale di Piacenza, ad Identità Europea Area Emilia, all'Associazione Compagnia di Sigerico organizza una interessante mostra sulla Sacra Sindone. Dal titolo "Sacra Sindone, voi chi dite che io sia", la mostra fotografica si tiene nella cripta della Chiesa di San Sisto in Piacenza e resterà esposta fino a tutto il 21 aprile. Descrive tutte le fasi storiche, scientifice, culturali e spirituali che accompagnano il sacro telo. E' composta da 22 pannelli rigidi nel formato 1 metro per 70 centimetri, più due pannelli di 2 metri per 1 metro, e da una riproduzione in scala 1:1 (misure reali) su tela della Sindone.
La mostra verrà successivamente esposta a Fiorenzuola ed in altre località della Diocesi.

La Sindone è un lungo telo di lino che ha avvolto il cadavere di un uomo morto a causa della tortura della crocifissione, riportandone un'immagine tuttora inspiegabile. Secondo la tradizione si tratta del lenzuolo usato per avvolgere il corpo di Gesù nel sepolcro; di certo vi è un riscontro fedelissimo con il racconto dei Vangeli. La Sindone è, quindi, un documento straordinario che descrive una vicenda unica nella storia. Dopo la datazione del reperto, che sorprendentemente ne collocava la nascita nel medioevo, nuovi studi hanno portato valide motivazioni che smentiscono quel risultato.
Perché la Chiesa se ne interessa? Essendo un'eco del messaggio del Vangelo, diventa strumento di evangelizzazione e quindi una responsabilità in questo senso per la Chiesa stessa. Il Papa Giovanni Paolo II, nel suo pellegrinaggio sindonico del 24 maggio '98 a Torino, affermò: "La Sindone è provocazione all'intelligenza umana, specchio del Vangelo, riflesso dell'immagine della sofferenza umana e icona della sofferenza dell'innocente, immagine dell'amore di Dio oltre che del peccato dell'uomo, immagine dell'impotenza della morte, immagine del silenzio".
"La Sindone - ricorda il cardinale Severino Poletto, attuale arcivescovo di Torino e custode della Sindone - è un segno sul quale è impressa l'ombra della morte, della sofferenza e della malvagità umana. I credenti non guardano però al volto dell'Uomo della Sindone per compiacersi del dolore e della morte. Quel volto, per chi crede, è destinato a trasfigurarsi nella Risurrezione".
Benedetto XVI invita a contemplare "quel misterioso Volto, che silenziosamente parla al cuore degli uomini, invitandoli a riconoscervi il volto di Dio, il quale ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna (Gv 3,16)".
La mostra è la prima delle iniziative piacentine in preparazione all'ostensione 2010 che si tiene a Torino dal 10 aprile al 23 maggio prossimi.

sabato 20 marzo 2010

Ambrosio: la Chiesa in Europa non può essere paragonata ad una lobby

Intervento del vescovo mons. Gianni Ambrosio al convegno “Fare l’Europa. Le radici e il futuro”, convegno nazionale Fisc per i cento anni del Nuovo Giornale (Collegio Alberoni, 19 marzo 2010)

Nell’ottobre 1995, la COMECE (Commissione degli episcopati della Comunità europea, cattolica) e la KEK-CEC (Conference of European Churches, organismo ecumenico che raduna le Chiese europee di tradizione ortodossa, protestante, anglicana) organizzarono a Bruxelles un seminario sulle relazioni Chiesa-Stato in prospettiva europea. I partecipanti al seminario, prendendo atto della notevole diversità dei sistemi di relazione, hanno invitato l’Unione a rispettare lo statuto che le Chiese e le comunità religiose hanno in ogni Stato membro. Successivamente, nel quadro delle discussioni in vista del Trattato costituzionale, si è sviluppata la convinzione della necessità di un dialogo tra l’Unione e le comunità religiose. Così l’articolo 17 del Trattato di Lisbona prevede un dialogo “aperto, trasparente e regolare” tra le istituzioni europee e le Chiese e comunità religiose.

Soffermo la mia attenzione su questo dialogo previsto dal Trattato, sapendo che il dialogo comporta l’ascolto reciproco, il confronto costruttivo, la discussione aperta. In particolare si tratta di vedere quali possono essere i temi da affrontare e, in secondo luogo, di trovare le modalità per attuare un dialogo regolare fra l’Unione europea e le Chiese e comunità religiose.

1. Alcuni temi di comune interesse

1.1. Parto dai temi, esplicitandone alcuni in riferimento al recente documento “Europa 2020, una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, presentato dal presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso il 3 marzo 2010. La nuova Commissione, che ha maggiori poteri rispetto a quelle passate, indica gli obiettivi per lo sviluppo e la crescita nel vecchio continente per i prossimi 10 anni. I “cinque obiettivi misurabili riguardano l’occupazione, la ricerca e l’innovazione, il cambiamento climatico e l’energia, l’istruzione e la lotta contro la povertà”. Per il presidente della Commissione “il 2010 deve segnare un nuovo inizio”, perché “mantenere lo status quo ci condannerebbe inevitabilmente a un graduale declino relegando l’Europa a un ruolo di secondo piano”.

Gli obiettivi della strategia europea dipendono dalla crescita economica, in quanto il “deficit di crescita”, come afferma Barroso, “mette il nostro futuro a rischio”. Il “deficit di crescita” riguarda l’economia: certamente nel contesto di grave crisi economica il presidente della Commissione non può che partire da questa situazione nella sua dichirazione programmatica. Gli altri obiettivi, qualitativi e sociali, di Europa 2020 sono per molti aspetti legati alla crescita economica. Ma non si può ignorare il rischio che la crescita economica, quanto mai necessaria, sia di fatto l’unico vero punto dell’attuale strategia europea. È lecito chiedersi se “il graduale declino dell’Europa” possa venir superato solo con l’auspicata crescita economica, dopo che lo stesso presidente parla del futuro europeo a rischio.

Vi sono anche – come è ben evidente – altri deficit di crescita, oltre a quello economico: sarebbe opportuno indicarli e affrontarli con le varie espressioni della società civile europea e con le Chiese e le comunità religiose.

Si tratta innanzi tutto di rilanciare l’idea stessa di Europa, si tratta di rendere l'Europa più vicina ai cittadini, si tratta di ricuperare, adattandoli alla nuova realtà europea, quell’idealità che ha dato origine al processo di unificazione europea.

Sappiamo bene quale fu la grande visione dei padri fondatori dell’Unione europea all’indomani della tragica guerra mondiale del 1939-1945: Robert Schuman, Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer diedero vita al progetto di unire i popoli e le nazioni per assicurare una pace durevole. Sappiamo pure che, più di vent’anni fa, il grande evento della caduta del muro di Berlino, destinato a segnare la storia europea (e non solo), non è stato un meteorite caduto dal cielo. La caduta del muro di Berlino – e con esso di ben altri muri – fu preparato da uomini convinti e coraggiosi, amanti della libertà fino a rischiare la vita, pronti a lottare per una più grande solidarietà e un maggiore rispetto della dignità umana nei paesi dell’Europa centrale e dell’Est.

Grazie a questa visione lungimirante di un’Europa basata sui fondamenti della dignità umana, della pace, della libertà, del bene comune molta strada è stata fatta. Dobbiamo essere consapevoli del cammino percorso.

L’avventura europea, intrapresa con audacia da persone lungimiranti, ha fatto sì che i cittadini europei si incontrassero ed imparassero a conoscersi meglio. Così, rileggendo insieme la loro storia, i cittadini europei hanno scoperto quello che avevano ed hanno in comune, percependo meglio anche le loro differenze, viste però su questo fondamentale sfondo comune. Molte diffidenze legate al passato non sono ancora superate, certo, e il processo di conoscenza reciproca, di collaborazione, di politica comune è ancora lungo. E tuttavia l’idea europea sembra indiscussa, il destino comune europeo sembra segnato.

In verità, oggi questa idea di un’Europa unita sembra meno evidente, questo destino comune appare più incerto. Non si può far finta che una serie di ‘prese di distanza’ dal progetto di Costituzione (con il ‘no’ francese e olandese) e il rigetto del Trattato di Lisbona da parte di alcuni Stati, non abbiano provocato una certa crisi. Si è pensato che fosse solo una crisi istituzionale, in parte superabile – e forse superata – con una serie di rilevanti modifiche alla struttura dell’Unione europea. Così nel 2009 la Germania, l’Irlanda, la Polonia, la Repubblica Ceca hanno finalmente ratificato il Trattato di Lisbona, con non poca fatica e con qualche incognita. Forse l’opinione pubblica europea non ha avuto occasione di riflettere sulla decisione della Corte Costituzionale federale tedesca che doveva stabilire se e fino a che punto il Trattato di Lisbona era conforme alla Legge fondamentale tedesca. La risposta della Corte è stata positiva: il Trattato di Lisbona è compatibile. Ma la Corte ha pure sentenziato che ogni nuovo trasferimento di competenze all’Unione europea, che finora avveniva spesso silenziosamente, dovrà essere esplicitamente approvato dal Parlamento tedesco. Si vedrà nel prossimo futuro cosa significherà questa decisione della Corte Costituzionale della Repubblica federale tedesca. Per ora, comunque, la lunga fase di riflessione e di riorganizzazione istituzionale è in parte superata con la nuova Commissione europea entrata in funzione il 1º gennaio 2010.

1.2. Occorre allora partire da questa importante tappa per rilanciare culturalmente l’integrazione europea favorendo la centralità delle persone e della società civile, considerate troppo al margine del sistema. Un “nuovo inizio” appare necessario, come giustamente auspica Barroso, ma esso non può non interpellare il senso stesso del cammino europeo.

Pensiamo, ad esempio, al grande deficit demografico che caratterizza l’Europa. Se è grave la crisi economica, quella demografica è altrettanto grave, anzi, secondo parecchi studiosi, si tratta di due aspetti della stessa crisi. Il calo del tasso di natalità e l’invecchiamento della popolazione presentano un preoccupante futuro demografico. Vi sono esperti in demografia – come Gérard-Francois Dumont –, che parlano di “inverno demografico” per l’Europa. Questa situazione compromette lo sviluppo dei Paesi europei e rende più marginali i giovani che avranno meno politiche dedicate. Inoltre fa diminuire sempre più il peso geopolitico dell’Europa. Anche di questo deficit si deve parlare, cercando di favorire una primavera demografica anche attraverso lo sviluppo e l’attuazione politiche per la famiglia.

Pensiamo al ‘peso’ dell’aborto sulle società europee. Ogni anno nella sola Unione europea gli aborti praticati e censiti sono 1.207.646, mentre salgono a 2.863.649 in tutta Europa (cf il rapporto L’aborto in Europa e in Spagna, presentato a Bruxelles, nella sede del Parlamento europeo, lo scorso dalla Rete Europea dell’Istituto di Politica Familiare, IPF).

Se l’Europa ignora l’inverno demografico e disattende la difesa della vita, fino a ritenere queste questioni insignificanti o di poco conto e comunque cause inutili e perse, rischia di trovarsi privata di quel basilare fondamento su cui si edifica la società.

Pensiamo poi alle grandi questioni che riguardano il modo di affrontare la pluralità di etnie, la multiculturalità e la interreligiosità nel nostro Continente europeo. Sappiamo quanto siano complesse e delicate queste questioni, ma sappiamo anche che, insieme e soprattutto alla luce della tradizioni culturali e religiose europee, è possibile affrontarle e offrire indicazioni che consentano di superare l’illusoria politica dello struzzo.


Pensiamo infine all’Anno europeo della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, giustamente voluto dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo. Sappiamo che l’Unione europea ha proposto un “metodo aperto di coordinamento” delle strategie politiche contro la povertà, strategie che sono di competenza dei vari Stati membri, data sia la diversità delle situazioni di povertà sia la diversità degli strumenti per affrontarla. Forse sarebbe possibile un’azione più energica da parte dell’Unione per responsabilizzare maggiormente gli Stati. Anche per questo le Chiese e le comunità religiose possono essere di aiuto all’Unione europea, così come sono di grande aiuto nell’accompagnare le persone che vivono le diverse forme della precarietà. La COMECE e Caritas Europa hanno lanciato un appello perché il 14 febbraio scorso, festa dei Santi Cirillo e Metodio, vi fosse un segno di sensibilizzazione da parte delle Chiese che sono in Europa. Papa Benedetto XVI ha fatto visita all’Ostello della Caritas di Roma, un centro di accoglienza e di cura che porta il nome di don Luigi Di Liegro, il primo direttore della Caritas diocesana di Roma. In tale occasione, egli ha voluto incoraggiare tutti gli uomini a costruire un mondo degno dell’uomo, a far valere la carità come motore di sviluppo autentico e di una società più giusta, a riscoprire le dimensioni del dono e della gratuità come elementi costitutivi del vivere quotidiano. “Desidero incoraggiare non solo i cattolici – ha detto il Papa – ma ogni uomo di buona volontà, in particolare quanti hanno responsabilità nella pubblica amministrazione e nelle diverse istituzioni, ad impegnarsi nella costruzione di un futuro degno dell’uomo, riscoprendo nella carità la forza propulsiva per un autentico sviluppo e per la realizzazione di una società più giusta e fraterna”.

Credo che siano sufficienti questi pochi cenni per comprendere come la “crescita europea” non possa ignorare alcune questioni che meritano un serio approfondimento nel dialogo costruttivo fra l’Unione Europea e le Chiese e comunità religiose.

Concludo qui questo primo momento della riflessione ricordando che fin dal 1992 l’allora presidente della Commissione europea, Jacques Delors, disse: “Non edificheremo l’Europa solamente su fondamenta legali o sulla base di conoscenze economiche [...]. Se, nel prossimo decennio, non avremo saputo dare un’anima all’Europa, se non saremo stati in grado di infonderle spiritualità e senso, allora la partita sarà persa”. Proprio questo è l’ambito in cui la cultura europea può dare il suo contributo, ricuperando quell’orizzonte umanistico che nel passato ha saputo tenere insieme le diverse dimensioni della vita e adattandolo alle nuove realtà, senza appiattirsi sul tecnicismo, sulla burocrazia, sul pragmatismo: diventa difficile un “nuovo inizio” dimenticando proprio quell’anima europea culturale e spirituale, capace di dare senso al nostro impegno di costruttori dell’Europa unita. Solo in questo orizzonte più ampio e con l’apporto delle società civili e delle comunità religiose si possono affrontare temi vitali per il futuro europeo.

2. Come realizzare il dialogo

2.1. Oltre ai temi, si tratta di precisare il modo con cui attuare il dialogo ‘strutturato’ tra l’Unione europea e le Chiese e comunità religiose, in attuazione dell’art. 17 del Trattato di Lisbona: con quale metodo, con quali strumenti, con quali iniziative. Occorre innanzi tutto riconoscere che fin qui vi è stato un dialogo collaborativo che, sia pur in modo informale, ha favorito la reciproca stima e considerazione. Per quanto riguarda la COMECE (e dunque la Chiesa cattolica) si è passati da una sorta di servizio di informazione ad un centro di riflessione per le Conferenze episcopali fino ad arrivare a un “partenariato riconosciuto ufficialmente dal Trattato di Lisbona” (P. Huot-Pierroux, La COMECE a 30 ans, in Europe infos, n. 125, mars 2010, p. 11).

Ora è necessario compiere un altro passo per dare attuazione a questo “partenariato”.

Proprio questo passo ulteriore sembra essere diventato difficile, in quanto si è creata una situazione di impasse, su cui vale la pena di soffermarci.

Nel giugno 2008 la Commissione Europea ha previsto il cosiddetto Registro dei rappresentanti di interessi, con lo scopo di dare maggiore trasparenza all’interazione della UE con tutti i soggetti che, nelle parole della Commissione stessa, portano avanti “attività svolte al fine di influenzare l’elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee”. I dati da fornire alla Commissione in sede di registrazione riguardano principalmente le categorie di attività svolte, la dirigenza dell’organismo, gli obiettivi e i compiti, i centri di interesse, la struttura, le reti, i dati finanziari (anche se non dettagliati) e le attività di rappresentanza di interessi.

Tra le varie categorie previste da questo Registro, sotto le quali è possibile iscriversi, vi è anche quella di ‘Rappresentanti di religioni, Chiese e comunità laiche’. Al momento né la COMECE né la KEK-CEC sono iscritte nel registro.

2.2. L’iscrizione nel registro risulta problematica per le Chiese. Innanzi tutto per il nome dello strumento che fa riferimento alla rappresentanza di interessi (terminologia già in sé inadatta al ruolo delle Chiese) e ancor più fa diretto riferimento alle lobby e al lobbysmo (homepage, modulo di registrazione, almeno nella versione tedesca; lo stesso Commissario Kallas, già responsabile per il dossier, aveva ammesso la sostanziale sinonimia dei due termini; diversi chiari riferimenti anche nelle varie Comunicazioni emanate in tema dalla Commissione Europea dal 2006 ad oggi). In secondo luogo le Chiese si troverebbero racchiuse in un grande ‘contenitore’ principalmente ‘riempito’ da organizzazioni non governative, lobby di vario tipo ed altre entità, la cui natura e le cui attività non sono minimamente riconducibili a quelle delle Chiese.

D’altra parte la non iscrizione nel registro comporta vari ‘rischi’. Li accenno brevemente. Chi non si iscrive:

1. non ha il vantaggio dell’allerta automatica relativa alle (numerose) consultazioni lanciate dalla Commissione Europea;

2. vede i propri contributi considerati dalla Commissione come provenienti da un soggetto individuale (indipendentemente dalle reali dimensioni dell’organizzazione non registrata).

Inoltre, è da tenere presente che ultimamente alcune Direzioni generali della Commissione europea hanno autonomamente introdotto pratiche in base alle quali solo soggetti iscritti nel registro sono accettati in dialoghi strutturati e nelle piattaforme di dialogo.

Il quadro è reso ancora più complesso dal fatto che Commissione e Parlamento stanno lavorando per giungere ad un registro comune (anche il Parlamento europeo ha un proprio registro, anche se finalizzato unicamente a sistematizzare i soggetti dotati di badge di accesso agli edifici parlamentari e privo di categorie, a differenza di quello della Commissione).

Per completare il quadro, faccio presente che sono pervenute repliche alla lettera inviata dal Segretariato della COMECE ai Presidenti Buzek (Parlamento europeo) e Barroso (Presidente Commissione) nell’ottobre 2009. Il primo si è astenuto da commenti sul registro dell’altra istituzione (la Commissione), sottolineando però che il Parlamento, nel quadro dei negoziati per un registro comune, verrà guidato dalla risoluzione adottata dallo stesso nel maggio 2008 (nella quale il paragrafo 10 sembra implicitamente prevedere un’eccezione per le Chiese). Il secondo sottolineava di non condividere la posizione delle Chiese, considerando che tutti gli interlocutori della Commissione sono tenuti alla registrazione indipendentemente dalla natura dell’interazione (rilevando nel contempo che ciò non ha alcuna influenza e non intacca la natura e gli obiettivi del dialogo previsti dall’articolo Art. 17).

Lo sviluppo più recente è legato alla lettera inviata a febbraio dal Segretario della COMECE, unitamente a KEK-CEC e EKD (Chiesa Evangelica di Germania) al nuovo Commissario Maros Sefcovic, in vista di un incontro finalizzato a ribadire le difficoltà delle Chiese rispetto alla loro inclusione nel registro. Al momento non si hanno indicazioni precise rispetto alla data in cui tale evento potrà avere luogo. La richiesta delle Chiese continua ad essere quella di un registro separato che non faccia riferimento al lobbysmo o alla rappresentanza di interessi, ma alla loro natura di partner di dialogo ai sensi dell’Art. 17 TFUE (dialogo UE/Chiese e comunità religiose).

Conclusione

Le difficoltà di un dialogo strutturato e fruttuoso non devono scoraggiare le Chiese e le comunità religiose. Esse continueranno ad accompagnare il processo di unificazione europea con il loro incoraggiamento e con tutta la forza che la speranza evangelica offre alla riflessione e all’agire umano. Le Chiese, insieme alla società civile e alle autorità culturali, possono concorrere al rilancio del progetto europeo per far crescere quell’esperienza originale che si chiama Unione europea. Una crescita che non si limita al solo sviluppo economico, ma va oltre quella povera immagine dell’homo economicus, chiuso in se stesso, per favorire l’immagine di un uomo euroepo che riconosce i suoi legami con gli altri, con le sue radici, con la sua storia, con i suoi valori.

+ Gianni Ambrosio,

vescovo di Piacenza-Bobbio

mercoledì 17 marzo 2010

I settimanali cattolici e l'Europa

In occasione del 100° anniversario di fondazione de “il Nuovo Giornale”,
settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio, si tiene da oggi (giovedì 18 marzo) a sabato, a Piacenza, il convegno nazionale della Federazione Italiana Settimanali Cattolici. Il tema è:
Fare l’Europa. Le radici e il futuro.
Piacenza, 18-19-20 marzo 2010

PROGRAMMA

Giovedì 18 marzo

ore 17 Apertura del convegno: “Fare l’Europa – Le radici e il futuro”
a Palazzo Galli (Via Mazzini, 14 – Piacenza)
Saluto delle Autorità
Mons. Gianni Ambrosio, vescovo della diocesi di Piacenza-Bobbio
Roberto Reggi, sindaco del Comune di Piacenza
Massimo Trespidi, presidente della Provincia di Piacenza
Don Giorgio Zucchelli, presidente della FISC, Federazione Italiana Settimanali
Cattolici
- “La comunicazione cattolica nel ’900”
intervento del prof. Fausto Fiorentini che presenterà il libro sul centenario de
“Il Nuovo Giornale”: “Giornalisti all’ombra del Duomo”
- “Senza fede, l’Europa muore”
Mons. Jozef Zycinski, arcivescovo di Lublino (Polonia), membro del Pontificio
Consiglio della cultura
- Saluto del card. Ersilio Tonini, direttore de “Il Nuovo Giornale” dal 1947 al 1953

Venerdì 19 marzo

ore 9.Sala degli Arazzi del Collegio Alberoni (Via Emilia Parmense, 77 - Piacenza)
- “La Chiesa e l’Europa” - mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-
Bobbio, rappresentante dei vescovi italiani alla Co.me.ce.
- “Dalla Costituzione europea al Trattato di Lisbona. Radici e sviluppi dell’integrazione
in Europa fra il cielo sceso in terra e il mondo globalizzato”
prof. Dino Rinoldi, docente di diritto dell’Unione Europea dell’Università
Cattolica, sede di Piacenza
- “Ue, cosa e quanto manca alla casa comune” - dott. Paolo Bustaffa, direttore
di Sir Europa, e dott. Gianni Borsa, inviato di Sir Europa a Bruxelles.
Coordina Barbara Sartori, giornalista
ore 10.30 pausa
ore 10.45 ripresa dei lavori
- Intervento di padre Antonio Simeoni, in rappresentanza dei giornali delle
Missioni cattoliche per gli italiani in Europa.
Confronto in assemblea.
- ore 12.15 messa nella chiesa di San Lazzaro e San Vincenzo de’ Paoli
presiede la celebrazione mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata, presidente
della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali
- ore 14.30 visita al Collegio Alberoni
- ore 15.30 visita al centro storico della città (Palazzo Farnese e i suoi musei, San Sisto,
Piazza Cavalli, Cattedrale, Sant’Antonino)

Sabato 20 marzo
Bobbio - Giornata dedicata alla figura di San Colombano, per il quale è stata presentata
al Papa la richiesta che venga riconosciuto tra i patroni d’Europa.
In collaborazione con il Comune di Bobbio, il settimanale cattolico “La Trebbia”,
l’Associazione Amici di San Colombano e il Lions Club di Bobbio
ore 8 partenza per Bobbio
ore 9.15 al Cinema “Le Grazie” saluto del sindaco Marco Rossi
“Colombano uomo europeo” - prof. don Pietro Pratolongo, docente di liturgia
allo Studio Teologico Interdiocesano di Camaiore (Lucca)
“Le sfide dell’Europa di oggi” - Mons. Domenico Pompili, direttore Ufficio
Comunicazioni della Conferenza episcopale italiana
ore 11 visita della città: basilica di San Colombano (con una preghiera sulla tomba
del monaco irlandese), Cattedrale e Ponte Vecchio

lunedì 15 marzo 2010

A Piacenza il congresso nazionale Fuci

Piacenza ospiterà dal 22 al 25 aprile il 60° congresso nazionale della FUCI
(universitari cattolici) sul tema: "Un'economia per l'uomo: quale sfida per
il futuro?". Agli incontri, previsti a Palazzo Gotico, Palazzo Farnese e
all'Università cattolica, interverranno importanti economisti.
L'iniziativa verrà presentata alla stampa giovedì prossimo, 18 marzo, alle
ore 12, a Palazzo Vescovile (Sala San Luigi), da una delegazione nazionale
della FUCI composta dai presidenti Emanuele Bordello e Sara Martini e dai
vicepresidenti Maria Rosa Petti e Luca Bilardo. Sarà presente anche
l'assistente diocesano don Celso Dosi.
E' la prima volta che la FUCI tiene un proprio congresso nazionale a
Piacenza.

VIDEO/Monari: auguro a Lanfranchi più vocazioni anche a Modena

Lanfranchi a Modena (5): la Chiesa e la città hanno bisogno l'una dell'altra

Grazie, signor sindaco, per l’affettuosa accoglienza e per le espressioni augurali che mi ha rivolto e per la presentazione della città con i suoi punti forza e con le attenzioni che richiede.
Con Lei saluto e ringrazio tutte le autorità civili e militari.
Grazie Modena. Mi sento ormai legato a te e a tutti i tuoi abitanti, a cui voglio consegnare tutte le mie energie. Vengo volentieri, con la compagnia buona, corroborante dei molti legami che il Signore mi ha dato di tessere a Cesena, sicuro che non si recideranno mai, ma saranno arricchiti dai tanti che sicuramente da oggi avrò la possibilità di costruire con la tua gente.
Signor Sindaco, le assicuro di voler collaborare con Lei e con tutte le autorità, nel rispetto del ruolo proprio di ognuno, per la costruzione della civiltà dell’amore nella convivialità delle differenze e nella valorizzazione dei doni di ciascuno.
Mi viene spontaneo, per la mia formazione e la mia storia, pensare la comunità cristiana come “Chiesa nella città”.
Dicendo questo, non posso anzitutto non pensare alla stupenda immagine che si presenta al visitatore arrivando in Piazza Grande: sullo sfondo la Ghirlandina slanciata verso il cielo, poi la Cattedrale a unire il Palazzo comunale e l’Episcopio.
Quando vi arrivai per una breve visita, all’indomani della festa di San Geminiano, e la contemplai non con lo sguardo di chi è affascinato semplicemente dalla bellezza artistica, ma ormai con quello dell’innamorato, un pensiero prevalse su tutti: i monumenti simbolo della vita religiosa e civile uniti insieme. Lo spazio di Dio e quello della vita si attirano e si arricchiscono reciprocamente. Non perché uno limiti e oscuri l’altro, ma a indicare quanto siano fecondi per la città i valori spirituali e quanto sacra per il cristiano sia la responsabilità sociale. La configurazione stessa del cuore della città con la preziosità dei suoi monumenti ci insegnano che tra chiesa e mondo c’è una vicinanza insopprimibile, che deve portare a un dialogo ragionevole, responsabile e rispettoso, nello sforzo di edificare insieme una società più umana e più libera.
La Chiesa e la città, pur essendo realtà distinte, hanno bisogno l’una dell’altra. Esse non sono chiuse l’una all’altra e nemmeno impermeabili tra loro.
L’intera “città” sta a cuore alla Chiesa, nulla è estraneo alle sue preoccupazioni.
Abbiamo tutti presenti, credo, un testo paradigmatico della presenza dei cristiani nella società, la Lettera a Diogneto. Essa avverte: “Dio ha assegnato loro (ai cristiani) un posto tale che non è loro lecito tirarsi indietro” (VI,10). I cristiani non solo possono, ma debbono impegnarsi per la vita della città, sapendo tuttavia che la loro patria sta nei cieli.
All’intera comunità cristiana spetta l’affascinante e grave compito di rendere presente Dio nella vita degli uomini. Oggi, in un tempo, povero di speranze e in cui la centralità della dignità della persona umana, con i valori irrinunciabili in cui si esprime, si pone come centrale all’attenzione di tutti, tale compito è ancora più urgente. Sono rivolte ai cristiani le parole di Gesù ai discepoli mentre ascendeva al cielo: “Ma voi rimanete in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49).
Rimanere in città, cercando di diventarne l’anima.
La presenza della comunità cristiana può essere determinante per dare quest’anima alla vita di un paese, alla periferia della città, ad un quartiere, ad un centro storico, attraverso anzitutto quella presenza quotidiana che non fa clamore, ma di fatto è determinante per la coesione sociale e per il perseguimento del bene comune.
La città in tutte le sue espressioni sta a cuore alla comunità cristiana, sta a cuore al vescovo.
Se la sua missione è una salvezza che ha la dimensione dell’eternità, essa sa che questa non è da intendersi come fuga dalle responsabilità concrete e in termini individualistici. Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi ricorda che “la salvezza è sempre stata considerata come una realtà comunitaria” (n. 13) e cita la Lettera agli Ebrei che usa più volte il termine “città” per indicare la salvezza a cui siamo chiamati: Il Signore “ha preparato per loro una città” (Eb 11,16).

Signor Sindaco, sono davvero lieto del ricco patrimonio artistico, culturale, economico, sociale e religioso, che rende bella Modena, e che andrò via via a conoscere sempre più profondamente.
Così come mi conforta la ricchezza di esperienze associative e di volontariato che arricchiscono il patrimonio sociale della città e contribuiscono al bene fondamentale della coesione sociale e in particolare trovo incoraggiante quella cultura della partecipazione che si esprime nella collaborazione nel campo educativo a favore delle nuove generazioni.
Dichiaro la mia piena disponibilità a proseguire sulla strada della collaborazione in quelle forme che si sono rivelate ricche di frutti per il bene comune, aperto a nuove modalità che la situazione potrà richiedere.
La crisi globale che segna il nostro tempo, investe anche Modena e richiede in termini ancora più forti la relazione stretta tra “città e Chiesa”.
Vorrei concludere ripetendo oggi quanto affermai al mio ingresso a Cesena.
Della città la Chiesa custodisce la memoria: una memoria depositata nelle pietre dei suoi templi, che raccontano avvenimenti vissuti in comune, che hanno segnato un destino comune. Una memoria trasmessa dall’arte, da tante pagine gloriose di santità, di civiltà, di cultura, scritte in ogni comunità, anche nelle più piccole.
Della città la chiesa vuole abitare il presente: un presente complesso dai mille volti, anche contradditori, ora frettoloso, ora conflittuale, ora rassicurante e rasserenante ora angosciante, comunque sempre bisognoso di molteplici ascolti, di motivazioni che sostengano il vivere quotidiano e di dedizione alle persone.
L’oggi di Modena è anche l’oggi della Chiesa.
Della città la chiesa vuole sognare il futuro.
Modena viviamo insieme il presente per sognare insieme il futuro.
E’ l’augurio che faccio alla chiesa di Modena-Nonantola e alla città.

+ Antonio Lanfranchi


Modena, 14 marzo 2010

Lanfranchi a Modena (4): il saluto dei giovani

Eccellenza, nostro vescovo Antonio,
è con grande gioia e sincero affetto che noi giovani della diocesi di Modena-Nonantola oggi la accogliamo come pastore e padre e le diamo il benvenuto nella nostra città, nel ricordo ancora vivo del suo predecessore Mons. Benito, che per tanti anni della nostra vita è stato per noi un testimone autentico del Vangelo.
Sappiamo che Lei ha sempre considerato il rapporto con i giovani una priorità del suo impegno pastorale. Questo ci riempie di speranza, perchè crediamo di avere davvero bisogno di un pastore come Lei, che con l'aiuto del Signore possa costituire per noi una guida sicura nella nostra crescita personale e comunitaria e una fonte di slancio nella testimonianza di fede che dobbiamo rendere nella nostra città.
Ogni giorno sperimentiamo le difficoltà della fede in un mondo caratterizzato da tanti problemi e da tanti cambiamenti. Noi giovani ci rendiamo conto di vivere in una realtà complessa, in cui non è facile avere certezze e prospettive sicure, in cui spesso ci si sente soli e privi di punti di riferimento, talvolta anche nelle nostre parrocchie. Tanti nostri amici sono forse sbandati perchè non trovano la direzione verso cui volgere il proprio cammino e noi stessi ci troviamo a vivere la fede in una società per certi aspetti indifferente ai valori spirituali ed etici del Vangelo.
Eppure a Modena la fede non si è spenta e il Signore Gesù continua ad attrarre molti giovani con il fascino irresistibile del suo amore. Sono tanti i luoghi e i momenti in cui sperimentiamo la vera amicizia, la solidarietà fraterna anche attraverso il volontariato, la condivisione fra noi e i più poveri, e l'accoglienza dello straniero in una città sempre più multietnica e multireligiosa.
Siamo govani di speranza e facciamo nostre le parole che molti di noi hanno udito dalla bocca di Papa Giovanni Paolo II a Tor Vergata: "Vedo in voi le sentinelle del mattino. Dicendo «sì» a Cristo, voi dite «sì» ad ogni vostro più nobile ideale. Non abbiate paura di affidarvi a Lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione."
Chiediamo perciò oggi a Gesù, nostro Signore, di infondere in noi e in Lei il dono dello Spirito Santo, perchè rafforzi la comunione tra le varie realtà giovanili, ci costituisca in unità e ci renda a Modena segni credibili del suo amore. E' quanto ha chiesto il Cristo stesso prima della sua passione: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perchè tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anche essi in noi, perchè il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17).


Modena, 14 marzo 2010

Lanfranchi a Modena (3): il saluto della diocesi

Saluto a nome della chiesa di Dio che è in Modena-Nonantola tutti i presenti, così numerosi: le autorità civili e militari che hanno ora incontrato Mons. Lanfranchi nella Chiesa del voto, in particolare il Sottosegretario di Stato Sen. Carlo Giovanardi in rappresentanza del governo italiano; S.E. il Prefetto di Modena e S.E. il prefetto di Forlì-Cesena, il sindaco di Modena e i sindaci dei comuni della Diocesi; il parlamentare On. Giulio Santagata, il presidente della provincia di Modena e il Presidente della Provincia di Forlì-Cesena, assessore e consiglieri della Regione Emilia-Romagna, Rettore dell'Università di Mo-Re, Presidente del consiglio comunale, Comandante dell'Accademia militare di Mo, Presidente del tribunale di Mo, Il questore di Mo, il Comandante provinciale dei carabinieri, Comandante provinciale Guardie di Finanza, Comandante vigili del fuoco.
Saluto gli eccellentissimi vescovi che hanno voluto con la loro presenza rendere più bella questa nostra celebrazione: Prima di tutto Mons. Benito Cocchi, che ha accettato di essere ancora con noi oggi. E che proprio oggi ricorda il 51° anniversario della sua ordinazione sacerdotale avvenuta il 14 marzo del 1958.
Saluto il Nunzio Apostolico in Italia Mons. Giuseppe Bertello, Mons. Piero Marini, presidente comitati per i congressi eucaristici internazionali; Mons. Luciano Monari, vescovo di Brescia, e Vice presidente della CEI, Mons. D'Onorio arcivescovo di Gaeta, Mons. Pizzi, vescovo di Forlì, i vescovi dell'Emilia: di Piacenza (Mons. Ambrosio), Parma (mons. Solmi), Reggio (Mons. Caprioli e l'ausiliare mons. Ghizzoni), Fidenza (mons. Mazza), Carpi (Mons. Tinti); i vescovi emeriti mons. Bernardini e Mons. Govi., Mons. Garavaglia vescovo emerito di Cesena-Sarsina.

Saluto i preti, i diaconi, i ministri istituiti della nostra diocesi, i religiosi e le religiose, i membri del Consiglio Pastorale diocesano, rappresentanti delle associazioni, i giovani, i fedeli qui convenuti da tutta la diocesi, i malati dell'Unitalsi.

Saluto i famigliari di Mons. Lanfranchi, con particolare affetto la sua mamma a cui auguriamo che possa continuare ad essere vicina al suo figlio vescovo per tantissimi anni, tutti i parenti, i compaesani di Grondone (suo paese natale) tra cui la sua maestra che ha voluto essere presente in questo momento così importante del suo antico allievo, la numerosa rappresentanza della diocesi di origine Piacenza, e i molti fedeli della diocesi di Cesena che saluto con particolarissimo calore e che la Diocesi ringrazia di cuore (è la seconda volta che Cesena regala a Modena il proprio vescovo: Mons. Amici nel 1957 e oggi Mons. Lanfranchi).

Ma soprattutto siamo qui per salutare ed accogliere con vera gioia il nostro nuovo Pastore Mons. Antonio Lanfranchi, centesimo della lunga catena dei vescovi a cui è stata affidata la cura pastorale della diocesi.
L'accoglienza del nuovo Arcivescovo e l'inizio del suo ministero pastorale fra di noi rappresentano un momento di grande importanza per la vita della nostra diocesi. Sappiamo tutti quale significato ha la persona e l'azione del vescovo in una chiesa locale. Nella pienezza dell'ordine sacro, egli è nella sua chiesa una presenza particolarissima del Signore, vicario di Cristo; successore degli apostoli, è il segno visibile della presenza della Chiesa una santa e cattolica nella chiesa di Dio che è in Modena, segno di comunione tra la chiesa universale e la nostra chiesa; dentro la nostra chiesa, è segno e garante dell'unità, ne è la guida, ne presiede tutta la vita e l'attività, punto di riferimento per tutte le comunità parrocchiali e non sparse su tutto il territorio diocesano, da Finale Emilia a Fiumalbo.

Il cambio del Pastore dice insieme un cammino che continua e un cammino che si rinnova. Siamo consapevoli di avere compiuto un cammino importante negli anni dell'episcopato di Mons. Cocchi, ma insieme percepiamo che il Signore in questo momento ci dona possibilità nuove.
Abbiamo compiuto un cammino in questi anni. In questi anni è cresciuta nelle nostre comunità la attenzione alla Parola di Dio; si è fatto più vivo il senso della centralità dell'Eucaristia da cui parte e a cui ritorna tutta la vita della comunità; più attenti alle necessità dei fratelli, ed accoglienti sulla strada di ogni uomo che soffre; più aperti e più proiettati verso il mondo, nella convinzione della necessità oggi di passare da una pastorale di conservazione ad una pastorale di missionarietà; più profondamente radicati nel territorio, in mezzo alle case degli uomini, all'interno del vissuto umano, solidale con la vita della gente.
Un cammino è stato compiuto e siamo grati a Mons. Cocchi che di tale cammino è stato guida paterna e illuminata, che ancora ringraziamo per tutto il bene che ci ha donato negli anni del suo episcopato.

Ma siamo insieme consapevoli della presenza di problemi non piccoli che ci attendono per i quali siamo certi di trovare nel nuovo Vescovo indicazioni e aiuto.
• La diminuzione del clero che nei prossimi anni si farà ancora più sensibile data l'età avanzata di una parte notevole dei sacerdoti operanti ora nella nostra diocesi. Questo comporterà la necessità di sviluppare maggiormente la corresponsabilità dei laici, anche attraverso i nuovi ministeri laicali e di incrementare con decisione le unità Pastorali; di dare uno sviluppo maggiore alla scuola di teologia per i laici, oggi 'Istituto superiore di scienze religiose', una realtà che deve farsi sempre più incisiva nella vita della nostra diocesi.
• Sentiamo il bisogno di crescere nella comunione e nella fraternità, di camminare insieme, di trovare nel nuovo Vescovo un preciso punto di riferimento: segno e strumento di unità, ci aiuti a sentirci un'unica famiglia e renda più forte l'impegno di tutti per cercare di essere, come ci vuole il Signore, una cosa sola.
• Sentiamo tutto lo spessore dei problemi che la società di oggi porta con sé e la Chiesa deve affrontare: il problema dei giovani, delle famiglie, delle povertà vecchie e nuove, di una società sempre più complessa dalle grandi sfide epocali. Sentiamo la tentazione di tirare i remi in barca di fronte a problemi così grandi che ci attendono, sentiamo il rischio della rassegnazione. Abbiamo bisogno in questo momento di crescere nella speranza, abbiamo bisogno di un Vescovo che infonda fiducia e sia per noi una guida sicura per cammini coraggiosi.
Siamo sicuri che tutto questo sarà per noi Mons. Lanfranchi, un dono del Signore alla Chiesa di Dio che è in Modena. E' con questa certezza che l'accogliamo con gioia e con piena disponibilità.

Viene a noi dopo una già lunga esperienza. Ordinato sacerdote 38 anni fa, viene da studi di teologia biblica, scienza dell’educazione e catechetica presso le Pontificie università romane, gregoriana e salesiana; viene da una lunga esperienza pastorale: nella sua diocesi di Piacenza, da impegni a livello regionale e a livello nazionale a Roma, vicario generale a Piacenza, quindi a Cesena come Vescovo.
Da questo momento Lei appartiene pienamente alla nostra Chiesa modenese: la croce pettorale che ora le doniamo è la croce di S.Geminiano: fa di lei un modenese a pieno diritto, uno di noi per tutti noi. Ovunque è stato le hanno voluto bene. Anche noi modenesi le vorremo bene, come Lei già vuole a noi. Siamo certi che sarà per i preti padre buono, attento alle diverse e non facili situazioni; sarà per i piccoli, i poveri, i malati, i disoccupati, gli immigrati, i carcerati un fratello che condivide, sostiene e difende. Siamo certi che aiuterà tutti noi a non chiudere il nostro cuore su noi stessi, ma ad aprirlo alle dimensioni del cuore del Signore.

Celebra ora la sua prima Eucaristia nella Chiesa di Modena, in questa nostra cattedrale, cuore della nostra diocesi. E' con questa solenne celebrazione eucaristica che esprime la comunione di tutta la Diocesi attorno al suo Vescovo, che inizia e da qui parte il suo ministero episcopale per noi e con noi. Inizia un cammino nuovo da percorrere, tutti insieme, nel nome del Signore.
E' questo davvero un prezioso momento, un momento di grazia. Il Signore ci conceda che non si perda nulla di ciò che contiene e dona alla Chiesa di Dio che è in Modena.

Monsignor Losavio


Modena, 14 marzo 2010

Lanfranchi a Modena (2): riconciliamoci con l'ambiente, la società, Dio

E’ con trepidazione, ma anche con gioia e affetto che mi presento a voi, fratelli e sorelle carissimi, della Chiesa di Modena-Nonantola, per iniziare il mio servizio episcopale, accogliendo con devozione filiale e con animo grato la decisione del Santo Padre, Benedetto XVI.
Se il gravoso compito che mi è affidato come Vescovo mi riempie di tremore, l’accoglienza affettuosa che mi avete riservata mi dà forza e serenità.
Saluto con particolare affetto e con gratitudine Mons. Benito Cocchi, che oggi mi ha passato il pastorale e che oggi celebra il 51° anniversario di ordinazione sacerdotale. So quanto significativo sia stato il suo servizio episcopale in diocesi. Questo mi riempie di responsabilità a proseguire il cammino intrapreso, obbedendo alla storia di questa diletta Chiesa.. Grazie, Eccellenza, siamo certi che continuerà a seguirci, soprattutto con la preghiera di intercessione e anche noi non ci dimenticheremo di Lei. Saluto poi Mons. Paolo Losavio per le espressioni augurali che mi ha rivolte e per avermi aiutato ad entrare nel cammino concreto dell’arcidiocesi.
Mi unisco a lui nel saluto a tutte le autorità civili, religiose e militari, di ogni ordine e grado, a pertire dal nunzio apostolico mons. Giuseppe Bertello e dal senatore Carlo Amedeo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, delegato a rappresentare il Governo.
Un saluto affettuoso ai miei compaesani e a tutti i piacentini: le proprie origini danno l’impronta a tutta la vita. Con uguale affetto saluto i cesenati, che hanno segnato in modo indelebile i sei anni trascorsi con loro.
Saluto tutti voi, popolo dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, nella bellezza e nella varietà dei doni di cui l’ha arricchita lo Spirito Santo.
Vorrei riprendere quello che dicevo al signor Sindaco nella Chiesa del Voto. Grazie Modena. Mi sento ormai legato a te e a tutti i tuoi abitanti, a cui voglio consegnare tutte le mie energie. Vengo volentieri, con i valori grandi della vita, assimilati anzitutto nel piacentino, la terra delle mie origini, e con la compagnia buona, corroborante, dei molti legami che il Signore mi ha dato di tessere a Cesena, sicuro che non si recideranno mai, ma saranno arricchiti dai tanti che sicuramente da oggi avrò la possibilità di costruire con la tua gente.
Un saluto affettuoso alle persone che sono rimaste fuori dalla Cattedrale e che sono collegate tramite gli schermi posti all’sterno e a quelle che seguono la diretta televisiva, in particolare agli ammalati e a quelli che non hanno potuto muoversi.
Questa nostra stupenda Cattedrale, la Chiesa-Madre, è oggi troppo angusta per accogliere tutta la famiglia dei figli di Dio, sparsa per la Diocesi, e vorrebbe eliminare le barriere dei muri per unire in un unico abbraccio tutti, compresi quelli che per un motivo o per l’ altro non sono qui.
Come la Cattedrale allarga idealmente le braccia per accogliere tutti, io vorrei avere un cuore grande dove tutti possano trovare accoglienza. Ma come assumere tale ampiezza? Sono consapevole della mia povertà, ma anche della ricchezza che devo portarvi: Gesù Cristo. E allora il segreto per accogliervi tutti è lasciare plasmare il mio cuore su quello di Cristo.
Sant’Ambrogio afferma che il vescovo è “vicario dell’amore di Cristo”.
La nomina di un vescovo è accompagnata da tante domande. Tramontate quelle della semplice curiosità, emergono altre più impegnative, più coinvolgenti: “Che tipo di vescovo sarà? Sarà davvero vescovo per la gente e con la gente, come è stato sottolineato a Cesena? Che programma pastorale ha in testa?”. Fedele alla citazione di Sant’Ambrogio, non vorrei parlarvi di me, ma di Lui, di Gesù Cristo, di come , incontrandolo, uno, come ci ricorda l’apostolo Paolo, diventa una creatura nuova.
Vorrei fare mie le parole di Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica ‘Novo Millennio ineunte’: “Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non ci salverà una formula, ma una Persona, e la certezza che essa c’infonde: Io sono con voi! Non si tratta, allora, di inventare un “nuovo programma”. Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso s’incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste. È un programma che non cambia col variare dei tempi e delle culture, anche se del tempo e della cultura tiene conto per un dialogo vero e una comunicazione efficace” (n.29).
Vorrei tanto riuscire a parlare al cuore di ognuno e comunicare con efficacia il messaggio di Benedetto XVI: “Chi incontra Cristo e lo segue non perde nulla della sua umanità, proprio nulla, ma acquista tutto”.
Vorrei tanto riuscire ad essere “vicario dell’amore di Cristo” e, cogliendo il messaggio di questa IV domenica di quaresima, chiamata nella tradizione “in laetare”, essere “servitore della vostra gioia”, non di quella gioia effimera, illusoria, ma la gioia che nasce dalla comprensione del dono grandissimo della vita e del suo senso.
“Vicario dell’amore di Cristo”, “servitore della vostra gioia”: sono queste le due linee che colgo in termini forti nel messaggio della liturgia della Parola di questa domenica, all’inizio di questo cammino.
Vicario dell’amore di Cristo
Abbiamo ascoltato le parole di Paolo rivolte ai Corinti: «Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo,
come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5, 20).
Il bisogno di riconciliazione è uno dei più urgenti.
Abbiamo bisogno di riconciliazione nella nostra vita personale, nelle relazioni che fanno parte della nostra quotidianità, ma anche nella vita sociale. Dobbiamo riconciliarci con noi stessi, con la nostra vita che a volte trasciniamo passivamente, a volte strapazziamo e buttiamo via per niente. Dobbiamo riconciliarci con la natura che continuiamo a saccheggiare come un bottino, invece di custodirla come un tesoro che ci è affidato. Dobbiamo riconciliarci con gli altri a livello personale e sociale, superando i conflitti, le guerre, le ostilità, i dissidi, gli odi, tutte le cattiverie che avvelenano la convivenza umana. Quindi c'è bisogno di riconciliazione con noi stessi, con la natura e con gli altri.
Ma stranamente San Paolo non parla di nessuna di queste riconciliazioni e dice solo: "lasciatevi riconciliare con Dio". Se siamo sinceri con noi stessi, dobbiamo ammettere che di questa riconciliazione ne sentiamo meno il bisogno, la sentiamo un po’ astratta, non incidente sulla vita concreta. In che cosa cambia la nostra vita se ci sentiamo riconciliati con Dio? Abbiamo l'impressione che sia solo un nobile concetto religioso, ma che non ha incidenza nel nostro modo di vivere. Una certa cultura vorrebbe proprio questo. C’è chi pretenderebbe che fosse così: che l’esperienza di Dio fosse racchiusa nell’intimo della coscienza senza incidenza sulla vita concreta; c’è chi invece lamenta questo.
Per convincersi dell’importanza della riconciliazione con Dio, basterebbe leggere le prime pagine della Bibbia che ci mostrano come nella rottura della relazione con Dio c’è l’origine di tutte le divisioni, le sopraffazioni, le divisioni, in una parola di tutti i peccati. Rompendo la comunione con Dio l’uomo si sente nudo, cioè indifeso, povero, vulnerabile. Non coglie più se stesso nel cuore di Dio ma neanche gli altri. La lontananza da Dio lo porta lontano dalla verità della sua vita con una ripercussione negativa su tutto. Ecco perché la riconciliazione è con Dio. Perché con il peccato abbiamo detto di no a Lui, al suo amore per noi, anche quando abbiamo offeso l’altro o non abbiamo avuto rispetto di noi stessi.
Ma perché “lasciatevi riconciliare” e non “riconciliatevi?”.
L’amore di Dio per noi lo porta a fare Lui i primi passi, a offrire Lui la possibilità di ritornare nella verità di noi stessi e lo fa attraverso il suo Figlio, Gesù.
Paolo fa un’affermazione fortissima: ”Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio”.
Il Figlio di Dio, l’innocente, il santo, diventato “peccato”, il peccato fatto persona!
Portando nella propria carne e nel proprio cuore le ferite del nostro peccato, Gesù ne fa, in grazia del suo amore di misericordia, l’offerta che ci riconcilia con il Padre: “perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio”.
Questo è l'effetto della riconciliazione che Dio ha operato per noi attraverso il suo Figlio. Per questo sta scritto: «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» (2 Cor 5, 17),
Allora, la riconciliazione con Dio è l’inizio di un mondo nuovo che nasce dalla croce di Cristo.
La riconciliazione con Dio, quando è presa sul serio, cambia tutto; cambia il nostro modo di pensare e di agire, di entrare in rapporto con gli altri, di trattare la natura, di gestire la nostra vita.
La riconciliazione con Dio non è niente di meno che il mondo nuovo creato secondo Dio nella giustizia, nella santità, nella verità.
L'accogliere la riconciliazione mette dentro ai nostri cuori delle grandi forze di speranza e di amore, ci risveglia dalla nostra pigrizia, dalle nostre indifferenze, ci spinge con forza verso un futuro degno del nostro impegno e del progetto di Dio.
La novità che nasce dall’incontro con Cristo e che risponde all’anelito di comunione che ogni uomo porta nel cuore in un’epoca di sopraffazione, di conflitti e di divisioni come la nostra è il primo dono e nello stesso tempo il primo compito che questa celebrazione di inizio ci consegna.
Il secondo risponde all’anelito alla felicità, al bisogno di festa di fronte al mal di vivere, all’accidia che caratterizza tanti nostri comportamenti; e ci viene dal Vangelo, incentrato sulla parabola del figliol prodigo e del Padre misericordioso, e che evidenzierei come chiamata a essere servitore della vostra gioia.
Sarebbe bello avere il tempo di soffermarci su ognuno dei personaggi della parabola, su ogni particolare, per coglierne il messaggio per noi. Lo lascio alla buona volontà di ognuno per concentrarmi su un unico aspetto.
C’è un padre che vuole fare festa con i suoi figli. Sappiamo che questo Padre è Dio, che quando ha voluto l’uomo, l’ha pensato nella festa, nella gioia, nella felicità. La festa chiaramente non data dalla mancanza di difficoltà, di limiti, di privazioni, ma quella festa che nasce dalla convivialità, dalla fraternità, dalla solidarietà, dalla condivisione, dalla pace, dalla positività delle relazioni.
Ma sembra che tutto congiuri contro la realizzazione di questo desiderio. Ora vi si oppone l’atteggiamento di un figlio ora quello dell’altro.
Una soluzione sembrerebbe esserci, capace di rendere contenti tutti. Sarebbe bastato che il padre accogliesse il figlio prodigo come salariato. Sarebbe stato contento il figlio minore perché sperava solo a quello: "dirò a mio padre: trattami come uno dei tuoi garzoni", quindi non desiderava altro, considerato che veniva da una condizione di miseria estrema e poter essere salariato in casa di suo padre era un vantaggio.
Sarebbe stato contento anche il figlio maggiore, perché veniva salvaguardato un trattamento diverso tra lui e il fratello. Quindi c'era una soluzione che andava bene a tutti, ma non andava bene al padre. Perché per il padre i figli sono sempre figli e lui vuole essere considerato padre e non padrone, un padre che ama incondizionatamente tutti i suoi figli.
La parabola non ci dice se alla fine si riesce a far festa, la soluzione resta aperta, come a voler sottolineare che questo è il compito affidato ai discepoli di Gesù di tutti i tempi, il compito anche di questa chiesa che il Signore oggi mi chiama a guidare. La Chiesa esiste non per incentrare su di sé l’attenzione, ma per essere la casa dove si apprende la strada che porta alla festa, cioè la strada della comunione, della fraternità, della condivisione.
Si dice che in ogni inizio c’è una grazia particolare.
All’inizio del mio ministero di vescovo vorrei cogliere questo dono che diventa responsabilità per me e per tutta la nostra chiesa: vicario dell’amore di Cristo, servitore della vostra gioia.
La Beata Vergine Maria, che portando Gesù nell’incontro con Elisabetta, ha portato la gioia, sostenga il cammino che percorreremo insieme. Interceda per noi presso Dio il nostro Patrono San Geminiano.


+ Antonio Lanfranchi



Modena, 14 marzo 2010

sabato 13 marzo 2010

Lanfranchi a Modena: ogni cambiamento arricchisce lo spirito

Alla diletta Arcidiocesi di Modena-Nonantola

Alla Chiesa di Dio che è a Modena-Nonantola: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e del Signore Gesù Cristo.
Facendo mie le parole dell’Apostolo Paolo alle sue Chiese, vi indirizzo il mio primo messaggio contemplando in voi l’amore di predilezione di Dio e la passione per la storia che condividete e costruite con quanti abitano nel medesimo territorio e ambiente.
Ho accolto la decisione del Santo Padre con trepidazione e un po’ di turbamento interiore per il delicato compito che mi viene affidato, soprattutto se rapportato alla mia povertà. Da quel momento ho cominciato a portarvi nel mio cuore, nei miei pensieri e nelle mie preghiere. Sono certo che altrettanto avviene in voi.
Esprimo anzitutto la mia gratitudine al Papa Benedetto XVI per la grande fiducia che mi accorda e rinnovo la mia filiale devozione e affetto.
Saluto poi con fraterno affetto e grande riconoscenza l’Arcivescovo Mons. Benito Cocchi che dal 1996 è alla guida dell’Arcidiocesi. Sono certo che non verrà meno il legame con questa Chiesa per la quale ha profuso con sapienza, passione evangelica e attenzione alle persone e alle situazioni di tutta la popolazione modenese tutte le sue energie negli anni del suo ministero e che continuerà ora in particolare quel servizio preziosissimo che è l’intercessione presso Dio. A lui mi affido come un figlio al padre per essere introdotto all’esercizio episcopale in mezzo a voi.
La scarsa conoscenza che ho della Diocesi mi porta a venire a voi con quella novità e libertà di spirito che, sono certo, si tradurranno in stupore e riconoscenza al Signore per la ricca tradizione che la Diocesi vanta e per le luminose pagine di santità e di cultura, scritte in ogni comunità, che verrò gradualmente a scoprire e che faranno crescere in me il desiderio di essere strumento perché se ne possano scrivere altre nella storia di oggi.
Mi accompagnano fin da ora alcune convinzioni che mi sento di comunicarvi.
Il Signore ha promesso il centuplo a chi avrebbe lasciato tutto per seguirlo.
Nel mio variegato ministero ho sperimentato la verità di questa parola del Signore. Ad ogni distacco, ad ogni cambiamento a cui sono stato chiamato, il Signore mi ha arricchito con nuove relazioni, con nuovi fratelli e sorelle nella fede. Ora Egli mi chiama a lasciare la Diocesi di Cesena-Sarsina, che amo molto e dove fin dall’inizio mi sono sentito a mio agio per il calore e l’affetto con cui sono stato accolto, che mi hanno permesso di pormi con grande libertà interiore in ogni ambiente. Grazie Cesena-Sarsina, sarai nel mio cuore e nelle mie preghiere. Avrò modo di dilungarmi su questo nel momento del commiato.
Sono sicuro che la fatica del distacco sarà compensata dalla gioia della nuova parentela spirituale, che si aggiunge, formata da tutti voi, carissimi modenesi: presbiteri, diaconi permanenti, religiosi, laici. E’ un grande dono del Signore.
Vengo a voi con il desiderio di tradurre la comunione, in cui già siamo per l’azione vivificante dello Spirito, in quella fraternità che rende vivi e dà vigore alla missione.
Sono convinto che la ricchezza delle comunità sia data dalle persone. Ciascuna di esse è un principio originale di sensibilità, esperienza, relazioni. Siamo costituiti nelle e dalle relazioni. L’evangelizzazione passa fondamentalmente attraverso le relazioni. Vengo a voi con la disponibilità e il desiderio di accogliere e valorizzare i doni suscitati in voi dallo Spirito per adempiere la missione affidata alla chiesa.
Sento rivolte a me le parole del Signore a Paolo a Corinto: “ Non avere paura…perché io sono con te…perché io ho un popolo numeroso in questa città” ( At 18, 9- 10 ).
Il Signore ha un popolo numeroso a Modena, un popolo che abbraccia ogni persona, al di là della sua fede e della sua appartenenza alla comunità cristiana.
Vorrei guardare ad ogni persona con quell’amore con cui è guardata dal Signore. A tutti il Signore ci manda per portare il Vangelo, la Buona Notizia dell’amore di Dio per l’uomo.
La Beata Vergine Maria, nostra Madre, ci protegga e sostenga il nostro cammino. Intercedano per noi i Santi Patroni Geminiano e Silvestro.
Nell’attesa di incontrarvi, invoco su di voi la benedizione del Signore.

+ Antonio Lanfranchi

Modena, 11 marzo 2010

Monsignor Lanfranchi entra a Modena

Domani, domenica 14 marzo, è il giorno dell’ingresso del vescovo piacentino monsignor Antonio Lanfranchi nell’arcidiocesi di Modena-Nonantola.
Alle ore 15 i giovani accoglieranno il nuovo arcivescovo nella chiesa di S. Agostino. Dopo il saluto, monsignor Lanfranchi si recherà nella Chiesa del Voto, dove riceverà il saluto delle autorità civili. Alle ore 16 avrà inizio la celebrazione in Cattedrale.
L’ingresso alla navata centrale è riservato alle persone in possesso di pass. Per i fedeli sono di libero accesso le navate laterali, con soli posti in piedi, e la tensostruttura in Piazza Grande, con posti a sedere per 800 persone.
Al suo ingresso, monsignor Lanfranchi ha invitato i sindaci di tutti i comuni del territorio della Diocesi.
Saranno presenti alla celebrazione d’ingresso i vescovi della regione emiliana mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio, mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma, mons. Carlo Mazza, vescovo di Fidenza, mons. Adriano Caprioli, vescovo di Reggio Emilia – Guastalla e mons. Lorenzo Ghizzoni, ausiliare nella stessa diocesi, mons. Elio Tinti, vescovo di Carpi, mons. Benito Cocchi, predecessore in diocesi di mons. Lanfranchi; saranno inoltre presenti mons. Lino Pizzi, vescovo di Forlì-Bertinoro, i due vescovi emeriti mons. Sergio Govi e mons. Germano Bernardini, il nunzio apostolico mons. Giuseppe Bertello, il vescovo di Brescia mons. Luciano Monari, che scelse mons. Lanfranchi come Vicario generale, mons. Piero Marini, mons. Lino Garavaglia, predecessore di Lanfranchi a Cesena e mons. Bernardo D’Onorio, vescovo di Gaeta, benedettino.
Nella settimana successiva al suo ingresso in diocesi, monsignor Lanfranchi incontrerà i giovani martedì 16 e martedì 23 marzo, nel percorso di Quaresima dei Martedì del Vescovo. Giovedì 18 marzo sarà al Centro Oncologico Modenese e domenica 21 marzo, alle ore 17.30 presiederà l’Eucarestia nella con cattedrale di Nonantola. Il primo appuntamento civile sarà il 15 marzo, all’inaugurazione della sede della Guardia di Finanza.

venerdì 12 marzo 2010

Nomine, don Dosi assistente regionale Fuci

Con Atto proprio dei Vescovi della Regione Ecclesiastica Emilia Romagna in
data 1° febbraio 2010 il M. R. Don Celso Dosi, attualmente segretario
vescovile, è stato nominato Assistente Ecclesiastico Regionale della
F.U.C.I. per il quinquennio 2010-2015.

* Con Atto proprio di S. E. mons. Vescovo, in data 25 febbraio 2010, è stato
conferito al Cancelliere Vescovile l’incarico di Conservatore del Collegio
Alberoni.

* Con Atto proprio di S. E. mons. Vescovo in data 2 marzo 2010 è stato
conferito al M. R. Padre Kazimierz Stelmach C. M. l’incarico di sostituto
del Cappellano presso la Casa circondariale di Piacenza.

giovedì 11 marzo 2010

Giornalisti all'ombra del Duomo

Venerdì 12 marzo ore 21 nel Palazzo Galli, Salone dei depositanti I 100 anni de “Il Nuovo Giornale”: serata di presentazione del libro storico di Fausto Fiorentini sui 100 anni del Nuovo Giornale “Giornalisti all’ombra del Duomo”. L'iniziativa si inserisce nell'ambito delle celebrazioni per i 100 anni del settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio.

  • interviene l’autore
  • Omaggio al cardinale Ersilio Tonini: intervengono alcuni poeti dialettali della “Famiglia piasinteina” (Enzo Boiardi, Anna Botti, Pierluigi Carenzi, Luigi Paraboschi). Introduce il razdur Danilo Anelli
  • Intervento del giornalista Giancarlo Torti, collaboratore di don Erislio Tonini negli anni ‘50
  • Intervento conclusivo del cardinale Ersilio Tonini, direttore de “Il Nuovo Giornale” dal 1947 al 1953

mercoledì 10 marzo 2010

Radio Città Nuova story: un mese di Passione

Pubblichiamo gli articoli usciti su Libertà per raccontare ai fedeli della diocesi di Piacenza-Bobbio l'ultimo mese di Passione di Radio Città Nuova, l'emittente cattolica che la diocesi ha deciso di chiudere per una questione di soldi. Sono articoli e non comunicati stampa, quindi è naturale che qualcuno possa essere stato disturbato dalla loro pubblicazione. Ce ne dispiace. Però ci teniamo ad evidenziare che non sempre è possibile comunicare una Buona Novella. O, almeno, non è questo il compito del giornalista. Per tutti coloro che avessero dei dubbi, riportiamo un pensiero che ci auguriamo possa aiutare a chiarirli:

"... come la vedetta sul ponte della nave dello Stato,
chi fa informazione è colui che scruta attraverso
la nebbia e la tempesta per dare l'allarme sui pericoli

che si profilano all'orizzonte e che vigila sulla sicurezza
e il benesse del popolo, che su di lui fa affidamento ..."


Joseph Pulitzer, giornalista (1847-1911)



Diocesi, la radio lancia l'ultimo Sos
Servono dai 30 ai 100mila euro per non chiudere. La Curia ha detto no
Ma gli ascoltatori (molti anziani) scrivono: «Senza di voi rimaniamo soli»



"Noi vi ascoltiamo", "Senza la vostra voce la città è vuota", "Senza di voi ci sentiremo più soli". Sono gli appelli, le richieste di aiuto, gli attestati di stima che in questi giorni stanno arrivando per posta nella sede di Radio Città Nuova. L'emittente della diocesi di Piacenza-Bobbio rischia di chiudere per mancanza di fondi. Ne ha fatto un accenno il vicario generale, monsignor Lino Ferrari, nell'ultimo consiglio presbiterale. Il prossimo 2 marzo si troveranno i soci della Cooperativa Multimedia, proprietaria dell'emittente, per l'ultima decisione. Servono dai 30 ai centomila euro per permettere alla radio di continuare a trasmettere sul territorio diocesano. La cifra più alta se si vuole coprire l'intera diocesi. Quella più bassa se ci si accontenta. Il vescovo Gianni Ambrosio, lo scorso dicembre, aveva deciso di rimettere la decisione al Collegio dei Consultori, l'organo più importante dopo il Consiglio episcopale e formato da dieci sacerdoti. Messa a votazione l'opportunità di finanziare la radio diocesana, il collegio ha detto no a larghissima maggioranza: nove voti a uno. Quell'uno è il vicario generale monsignor Ferrari. Nessuna decisione di chiudere la radio, solo quella di non investire sull'evangelizzazione via etere. Di fatto, con i cordoni della borsa serrati, per Radio Città Nuova è una sentenza capitale.
Le trasmissioni sarebbero dovute cessare già dallo scorso 31 dicembre, ma la Provvidenza ha dato una spinta e la radio si sente ancora. D'accordo con i vertici della Curia, tuttavia, da venerdì viene trasmesso un messaggio, quasi ad ogni ora, in cui si preparano i radioascoltatori ad una possibile chiusura. Non solo: si chiede di far arrivare alla redazione - che ogni giorno, tra mille difficoltà (soprattutto tecniche, visto che le strumentazioni risalgono al 1992) continua indomita a trasmettere -, cartoline di sostegno per far comprendere a chi deve decidere che, dall'altra parte, la gente c'è. Solo in questi ultimi due giorni sono arrivate una decina di cartoline (l'indirizzo è piazza Duomo, 33) ma anche diverse telefonate. Soprattutto ieri pomeriggio, quando, per un guasto tecnico, si è bloccato tutto. «Non avrete mica già spento» ha chiesto ansiosa un'anziana ascoltatrice in attesa della santa messa in diretta dalla cattedrale. «E' un'appuntamento molto seguito - dice Anna Castellini, collaboratrice - così come quello dell'avvocato o di altre rubriche. Abbiamo messo assieme un bel palinsesto. Speriamo in un miracolo». Monsignor Gianfranco Ciatti, grande anima della radio, e don Giorgio De Micheli (primo presidente della cooperativa), da lassù, guardano con trepidazione.
Federico Frighi

Libertà, 14 febbraio 2010
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«Radio Città Nuova, noi vi ascoltiamo»
I fedelissimi dell'emittente diocesana si mobilitano contro la chiusura decisa dalla Curia. Cartoline, testimonianze di affetto da anziani e malati. Si spera nell'ultima parola del vescovo


Sono già una cinquantina le cartoline che gli ascoltatori di Radio Città Nuova hanno inviato alla redazione di Piazza Duomo 33 facendo sentire la loro voce contro lo spegnimento delle trasmissioni. L'emittente della diocesi di Piacenza-Bobbio rischia la chiusura dopo che il Collegio dei consultori a larga maggioranza ha decretato lo scorso dicembre la sospensione dei finanziamenti per l'evangelizzazione via etere. Servono dai 30 ai 100mila euro per rilanciare la radio.
«Noi non siamo nelle condizioni per intervenire sulle problematiche economiche e organizzative» scrivono Anna e Alessandra, le due voci principali della radio. Hanno organizzato la raccolta delle cartoline e delle mail e quando raggiungeranno almeno quota cento le consegneranno al vescovo Gianni Ambrosio. «Vorremmo sottolineare il ruolo che Radio Città Nuova ha svolto in questi anni - si permettono solo di dire a Libertà -. Sempre al servizio della comunità cattolica e non solo. Il nostro palinsesto è impostato per fornire ai nostri ascoltatori informazione, approfondimenti, cultura, musica, intrattenimento e soprattutto momenti di spiritualità e preghiera. E sono soprattutto questi ultimi che hanno contribuito all'impegno di evangelizzazione della nostra Chiesa locale e che sono di grande conforto per le persone anziane e malate che ogni giorno ci ascoltano».
«Se Radio Città Nuova muore - continuano - se ne va uno strumento prezioso di comunicazione cattolica libera, un mezzo di evangelizzazione moderno e vicino alle persone, cattoliche e non. Questa nostra lettera è anche un appello perchè i piacentini non permettano che, nell'era della comunicazione, proprio a Piacenza venga oscurato un mezzo di informazione tanto vicino alla gente come l'emittente diocesana».
E i piacentini stanno rispondendo. Gli anziani, i malati, chi è costretto a stare a casa. "Siete la nostra medicina", "Noi via ascoltiamo" scrivono nelle cartoline. E c'è chi, come un'anziana signora, è arrivata direttamente in redazione (al pian terreno della Curia) con una banconota da 5 euro. Chi alla radio ci tiene si è commosso.
Federico Frighi

Libertà 21 febbraio 2010
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Sempre in onda da 25 anni
Messa in diretta, spiritualità, cultura, sport ma anche liscio


Ultima nata dei mass media diocesani, Radio Città Nuova rappresenta la voce della Chiesa piacentina. Una voce spesso flebile e a volte roca, visto che si parla di potenziare i ripetitori almeno dal 1998 ma poco si è fatto. Tuttavia una voce ascoltata - sugli 88.5 Fm - da tanti anziani, malati, persone sole.
La tenne a battesimo il vescovo Antonio Mazza, predecessore di Luciano Monari, per il quale la comunicazione sociale ha avuto un rilievo non indifferente nella sua attività episcopale. Durante il suo episcopato infatti prese avvio Radio Città Nuova e il Nuovo Giornale ebbe un'adeguata sistemazione nel palazzo vescovile, oltre ad una ristrutturazione anche giuridica, editoriale e redazionale. Proprietaria dell'emittente è la cooperativa culturale Multimedia fondata nel 1984 da Bruno Busconi, don Giorgio De Micheli, monsignor Giuseppe Boiardi, l'avvocato Gianguido Guidotti. L'obiettivo dello statuto è sempre stato chiaro: essere veicolo di diffusione e promozione della parola di Dio. Ha sede dall'inizio degli anni Novanta - per volere appunto del vescovo Antonio Mazza - nel palazzo della Curia, dopo aver cominciato le trasmissioni in San Francesco. Con il ripetitore a Pigazzano, il bacino degli ascoltatori va da Castelsangiovanni a Fiorenzuola passando per Piacenza città. Due le volontarie che si alternano alla consolle - Anna Castellini e Alessandra Zanellotti - più diversi collaboratori che settimanalmente si occupano di rubriche di Acli, Azione cattolica, Csi, Focolari, Rinascita Cristiana ma anche di sport, gastronomia e liscio. Il punto forte, naturalmente, è rappresentato dalle trasmissioni religiose: il rosario delle 18 e la messa delle 18 e 30 sempre in diretta ogni giorno dalla cattedrale. Oltre ai notiziari locali diocesani, in alcuni momenti del giorno Radio Città Nuova si avvale del collegamento con Blusat, l'emittente della Cei, e con radio Vaticana.
Il palinsesto si apre al mattino con la lettura delle notizie locali e con il notiziario diocesano. Poi tante rubriche con servizi a carattere spirituale, culturale ma anche sportivo. Una volta alla settimana c'è l'appuntamento con la catechesi tenuta a turno dal vicario generale monsignor Lino Ferrari e padre Giuseppe Perini. Poi la seguitissima "Quattro chiacchiere con... " tenuta da Valeria Costa, professoressa del liceo scientifico Respighi, oggi in pensione, "Piacenza cultura" con il professor Fausto Fiorentini, il punto sul Piacenza calcio con il giornalista Luigi Carini, sull'enogastronomia piacentina con l'esperto Carlo Musajo Somma di Galesano. C'è l'angolo del legale, con l'avvocato Cristina Balteri che risponde a telefonate del pubblico, dei libri, con Barbara Fiorentini. Il venerdì poi, viene presentato il Nuovo Giornale, appena uscito in edicola. Poi la musica. Se Anna tiene lo spazio del liscio, tocca ad Alessandra condurre quello del pop moderno per i più giovani. Non solo capelli bianchi, infatti. L'insegnante di religione, Giovanni Marchioni, fa parlare i propri ragazzi in una trasmissione a loro dedicata.
fed. fri.

Libertà, 21 febbraio 2010
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Le case di riposo cattoliche intervengono per scongiurare
la chiusura dell'emittente diocesana
«Senza la radio anziani disorientati»


Continua la mobilitazione degli ascoltatori di Radio Città Nuova, l'emittente dalla diocesi di Piacenza-Bobbio che rischia la chiusura dopo la decisione del Collegio dei Consultori di serrare i cordoni della borsa. Cartoline, telefonate, mail alla redazione e, da ieri, anche la presa di posizione del direttore della Casa di riposo San Giuseppe, Paolo Favari, in una lettera pubblica sul settimanale diocesano il Nuovo Giornale. Una voce importante per almeno due motivi: da una parte perché sta a confermare la funzione sociale dell'emittente soprattutto in aiuto di anziani e malati. Dall'altra perchè evidenzia, con la pubblicazione sull'organo ufficiale della diocesi, l'esistenza di un dibattito interno alla Chiesa piacentina dove, evidentemente, non tutti la pensano allo stesso modo. «Mi faccio portavoce anche dei miei anziani - scrive -, da noi la frequenza degli 88.5 (Radio Città Nuova, ndr.) è in diffusione permanente nell'impianto della nostra struttura e qualora si decidesse di cessare, verrebbe a mancare un riferimento non solo per gli anziani ma anche per i familiari che quotidianamente ascoltano sia il rosario sia la messa». «Mi rendo conto - ci tiene tuttavia a precisare - che dietro alle decisioni che stanno per essere prese c'è indubbiamente un oggettivo problema economico non indifferente sul quale, non essendo a conoscenza delle strategie messe in campo, non mi permetto di entrare nel merito. Mi metto comunque a disposizione della diocesi qualora ce ne fosse bisogno».
Tramontato anche il piano di salvataggio che prevedeva la gestione sperimentale per sei mesi sotto l'ala de Il Nuovo Giornale, il futuro dell'emittente diocesana, a questo punto, verrà deciso dall'assemblea dei soci della Cooperativa Multimedia (proprietaria della radio) che si terrà martedì prossimo 2 marzo. I soci sono una quindicina, tra sacerdoti e laici. Il presidente è don Roberto Scotti, parroco di Rompeggio. «Servono 100 mila euro per ampliare il segnale di diffusione e portarlo in tutta la diocesi - conferma - perchè nelle valli e in una fetta di città non si sente. Spero si riesca a trovare una forma di finanziamento o comunque di collaborazione. Vendere la radio sarà l'ultima soluzione, magari si può pensare ad una co-gestione con altre istituzioni». Allo stato attuale, l'ipotesi è che si vada ad una "cessione" dell'emittente in cambio della concessione di spazi ad hoc destinati all'evangelizzazione via etere, con programmi e rubriche gestiti da strutture diocesane. Soluzione di compromesso sulla quale, tuttavia, non tutti sono d'accordo.

Libertà, 27 febbraio 2010
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Diocesi, "requiem" per la radio
L'emittente, salvo miracoli dell'ultima ora, chiuderà


Messa da requiem per Radio Città Nuova. L'emittente della diocesi di Piacenza-Bobbio, salvo miracoli dell'ultim'ora, chiuderà i battenti alla fine di marzo e sarà verosimilmente ceduta a un non precisato circuito commerciale. E' quanto deciso dal consiglio della Cooperativa Multimedia, la società che detiene la proprietà della radio, riunitosi ieri mattina. I soci della cooperativa hanno preso atto della volontà espressa dalla diocesi di non finanziare più l'emittente ed hanno constatato l'impossibilità di continuare le trasmissioni per mancanza di fondi. Poiché le trasmissioni hanno una copertura economica fino alla fine di marzo, la radio continuerà a trasmettere sino a quella data. Poi il segnale verrà spento. A quanto si è appreso ci sarebbe la volontà di chiedere al futuro proprietario alcuni spazi autogestiti per trasmettere servizi religiosi. Ma, allo stato attuale, non si sa come, quando, che cosa, con quali soldi. Di certo sparirà con un solo colpo di spugna tutto quel patrimonio umano e professionale che dal 1984 - anno in cui la radio è stata fondata, con la benedizione del vescovo Antonio Mazza - è andato via via crescendo grazie all'impegno di molti sacerdoti - tra tutti don Giorgio De Micheli e monsignor Gianfranco Ciatti - e di una schiera di appassionati volontari. Di certo la nuova radio che trasmetterà dalla frequenza degli 88,5 non sarà più la radio diocesana. La Chiesa piacentino-bobbiese, nell'etere, sarà solo ospite. Di certo i tanti anziani, i ricoverati nelle case di riposo, i malati, le persone sole perderanno un punto di riferimento. "Ascolteranno Radio Maria" commentava l'altro giorno un curiale che va per la maggiore, dopo aver precisato che da cinque anni a questa parte la diocesi eroga a Radio Città Nuova 50mila euro all'anno, a fondo perduto. L'agonia dell'emittente è iniziata lo scorso dicembre quando, interpellato dal vescovo Gianni Ambrosio, il Collegio dei consultori, un organismo senza poteri decisionali ma che può dettare delle linee da seguire, ha votato a larga maggioranza lo stop ai finanziamenti della radio diocesana. Solo un mese e mezzo dopo la notizia è stata "resa pubblica" all'interno del consiglio presbiterale di inizio febbraio. E' iniziata una vera e propria corsa contro il tempo da parte degli ascoltatori e dal personale dell'emittente che hanno voluto far sentire alla diocesi la loro presenza e sottolineare il valore sociale di Radio Città Nuova. Niente da fare. L'ultima parola spetta al vescovo Gianni Ambrosio, che fino ad oggi non si è mai pronunciato sulla questione.
Federico Frighi

Libertà, 3 marzo 2010
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radio città nuova Il vescovo conferma lo stop ai fondi.
Amareggiato il direttore Madaro: sconfitta per tutti
«Chiudiamo la radio, questione di soldi»

Il vescovo Gianni Ambrosio, per la prima volta da quando è stata resa pubblica la decisione di chiudere Radio Città Nuova, ovvero l'emittente diocesana, interviene sulla questione. Lo fa con un comunicato stringato (non firmato, quindi attribuibile al vescovo) in cui si ribadiscono le posizioni della diocesi, peraltro già pubblicate da Libertà. «Facendo riferimento alle notizie che sono state riportate nei giorni scorsi sulla gestione di Radio Città Nuova - recita il testo - si precisa quanto segue: Radio Città Nuova è di proprietà della cooperativa Multimedia. La Diocesi da una decina di anni ha sostenuto la copertura finanziaria per la gestione, in quanto l'emittente è impegnata con programmi religiosi e legati alla pastorale. Ultimamente si era posta l'inderogabile necessità di rifare tutti gli impianti, sia per rendere possibile l'ascolto in un territorio più ampio (almeno tutta la provincia), sia a motivo di esigenze tecniche (il segnale stava disturbando quello di altre emittenti).
La cooperativa, a fronte della necessità di ristrutturare gli impianti, si è rivolta alla Diocesi, la quale non è attualmente nelle condizioni di reperire la somma richiesta; inoltre con la morte di mons. Gianfranco Ciatti, nel gennaio 2007, la radio non aveva più un direttore editoriale. Per cui si è giunti alla decisione, sentito il parere del Collegio dei Consultori, di sospendere dal 31 marzo prossimo, la copertura dei costi di gestione». Questione di soldi, insomma: l'evangelizzazione via etere sacrificata al business. Ma c'è di più. La radio non ha, è vero, il direttore editoriale perchè, una volta deceduto, nessuno lo ha più sostituito. Però, per legge, ne deve avere uno responsabile. Questi è il dottor Giovanni Madaro che, nell'annuario diocesano, viene riportato come direttore di testata. Raggiunto ieri a Legnano, dove lavora, Madaro rivela di non essere stato neppure informato della decisione della diocesi. «La chiusura della radio è un fatto grave - commenta -. I costi di Radio Città Nuova sono irrisori rispetto a quelli di altre emittenti analoghe e non possono creare danni economici. E' ovvio poi che, dopo un po', le strutture tecnologiche devono essere cambiate perché soggette a logorio e obsolescenza». «Radio Città Nuova - prosegue - è radicata sul territorio. Chiudere una voce di questo genere è una sconfitta per tutti».
Federico Frighi

Libertà, 6 marzo 2010