venerdì 13 luglio 2012

Lavanda, il nuovo ulivo

(fri) E' stato un successo anche quest'anno la distribuzione della lavanda benedetta, divenuta in questi ultimi 4 luglio il fiore ufficiale di Sant'Antonino. Avere in casa un mazzetto di lavanda di Sant'Antonino sta diventando popolare come tenere sul mobile d'ingresso un rametto del ben più famoso ulivo. Con tutto il rispetto per l'albero della pace. Sono stati oltre 250 i mazzi distribuiti ieri, per tutta la giornata, del patrono dai volontari della parrocchia coordinati da Giovanna Armellini Arata. «Come ogni anno - spiega - abbiamo avuto la lavanda grazie alla disponibilità dell'azienda Fantigrossi-Minoia nei campi di Rallio di Montechiaro». «Con i volontari della parrocchia - continua Armellini Arata - li abbiamo uniti in mazzi messi a disposizione sul sagrato della basilica. Le offerte raccolte verranno utilizzate per le attività parrocchiali, in particolare per il restauro della basilica e del chiostro che oggi è messo in sicurezza ed è diventato un punto di ritrovo per i nostri bambini e anche per concerti». Ma la giornata di ieri è stata anche l'occasione per dire grazie a tutti coloro che hanno contribuito a rendere vive le manifestazioni antoniniane 2012. Lo ha fatto il parroco don Giuseppe Basini, al termine della celebrazione patronale. Il grazie al cardinale Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo «perchè con la sua presenza ha reso ancora più bella e significativa la nostra festa patronale»; grazie «al nostro vescovo Gianni perchè ogni anno in questo giorno ci dona di sperimentare la sua paternità a vicinanza», grazie «anche a tutti coloro che ci hanno aiutato a realizzare importanti progetti di restauro e continuano ad offrire tempo ed energie perchè la nostra parrocchia ritrovi sempre più vivacità ed entusiasmo nel vivere ed annunciare il Vangelo», grazie «ai papà e alle mamme, ai giovani che anche quest'anno hanno raccolto la lavanda per sostenere con il ricavato delle offerte l'opera di restauro dei chiostri, e per lasciare un segno di solidarietà alle popolazioni colpite dal terremoto». Ancora grazie «a tutti coloro che hanno collaborato ad organizzare le manifestazioni antoniniane 2012, all'amministrazione comunale, alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, alla Banca di Piacenza, alla Camera di Commercio, a Taverna Inn e a tutte le altre realtà che hanno contribuito».



05/07/2012 Libertà



Puljic: le vostre chiese hanno un'anima


Nella sua tre giorni piacentina il cardinale Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo, ha avuto la possibilità di visitare alcune delle bellezze architettoniche della città.
«Queste sono chiese che hanno un'anima» ha detto davanti a Santa Maria di Campagna. Qui, ad accoglierlo, c'era il vice guardiano padre Cesare Tinelli che ha guidato in cardinale in una dotta ma anche simpatica visita tra le ricchezze del santuario mariano: dagli affreschi del Pordenone ai raggi cosmici che penetrerebbero in chiesa dal lucernario della cupola.
In precedenza il cardinale aveva visitato il Duomo condotto nella chiesa madre della diocesi dal parroco monsignor Anselmo Galvani e dall'archivista Tiziano Fermi. Significativi gli incontri con il penitenziere monsignor Pietro Bonatti e il cardinale scalabriniano Velasio De Paolis, in città per tenere degli esercizi spirituali. Il cardinale Puljic si è poi raccolto in preghiera proprio sulla tomba del Beato Giovanni Battista Scalabrini, vescovo degli emigranti. Curioso l'incontro con un missionario in pensione, il poliglotta padre Ludovico Muratori, che ha recitato una filastrocca in lingua slava davanti ad un divertito cardinale puljic. Commossa la visita all'archivio storico del Duomo. «Noi non abbiamo più memoria - ha detto il cardinale - l'impero ottomano ha distrutto tutto». C'è il tempo per un caffè espresso sotto i portici di piazza Duomo con annessa lezione sul caffè turco, poi la visita al ricco scrigno d'arte e spiritualità del Collegio Alberoni, accolto dalla professoressa Anna Braghieri, presidente dell'Opera Pia.

07/07/2012 Libertà



Sant'Antonino, arrivederci a Sarajevo!

«Sono molto ammirato per questa celebrazione di Sant'Antonino martire in questa basilica, ma sono anche molto grato per aver conosciuto questa città e questa diocesi. Vorrei che questa mia visita creasse un ponte tra Piacenza e Sarajevo».

Il cardinale Vinko Puljic, l'arcivescovo di Sarajevo che rimase nella capitale della Bosnia Erzegovina durante l'assedio più lungo della storia moderna, saluta così i piacentini dopo 48 ore trascorse all'ombra del Duomo. Lo fa dal pulpito della basilica di Sant'Antonino, alla sua destra il vescovo Gianni Ambrosio, alla sua sinistra il parroco don Giuseppe Basini. Parla all'inizio e alla fine della celebrazione. Si vede che è contento e soddisfatto dell'accoglienza ricevuta e lo dirà anche dopo, in sacrestia, una volta smessi i paramenti ed indossata la veste cardinalizia nera con la fascia e lo zucchetto rossi. Puljic è una persona concreta e non lascia Piacenza con un saluto di circostanza.
«Grazie al fraterno invito del vostro vescovo Gianni Ambrosio e del parroco don Giuseppe Basini - dice all'inizio della messa patronale, nel suo simpatico italiano imparato da autodidatta, ascoltando Radio Vaticana - quest'anno celebro insieme a voi la festa del vostro grande patrono Sant'Antonino Martire. Nella sala dei Teatini, nella conversazione con il direttore Gaetano Rizzuto (martedì sera, ndr.), ho cercato di spiegare che cosa significa essere cristiano nella multietnica e multireligiosa Bosnia Erzegovina dopo la guerra dal 1991 al 1995, nata dalla disgregazione della ex Jugoslavia. Oggi, in questa antica basilica che si può considerare un orgoglio di Piacenza, celebriamo la festa del martirio di Sant'Antonino, patrono della città».
«Qui vivono tanti cittadini della Bosnia Erzegovina che ci sono vicini - osserva poi a conclusione della celebrazione - ma anche i piacentini possono dare il loro segnale di amicizia e vicinanza per aiutare ad appoggiare i nostri cattolici in Bosnia Erzegovina a rimanere nel loro paese, a restaurare le loro case e dare loro il coraggio di rimanere a vivere in Bosnia Erzegovina».
«Vi voglio ringraziare per la vostra vicinanza specialmente durante e dopo la guerra, con la vostra Caritas impegnata nella diocesi di Banja Luka - ci tiene ad evidenziare il cardinale -, ma non dimenticatevi di noi che vogliamo sopravvivere nel nostro paese, costruire pace e uguaglianza nel nostro paese; non dimenticate i cattolici di Bosnia Erzegovina, noi viviamo insieme musulmani, ebrei, ortodossi; tutti abbiamo bisogno di una pace giusta e una società civile prospera». «Noi cattolici - prosegue Puljic - siamo grati alla Cei (Conferenza episcopale italiana) per l'aiuto che ci ha dato, in modo particolare per il sostegno e il mantenimento delle scuole cattoliche che sono scuole interetniche nelle quali offriamo insegnamenti per i bambini e i ragazzi delle diverse confessioni». Ancora: «Tutti noi in Bosnia Erzegovina siamo grati alle persone di buona volontà che ci visitano e mostrano un sincero interesse nei nostri confronti. Ci aiuti Sant'Antonino martire e patrono di Piacenza, sia per tutti noi esempio e testimonianza della fede aperta in Dio. Grazie per tutto e arrivederci in Sarajevo». Magari in occasione dell'incontro mondiale per la pace che la Comunità di Sant'Egidio ha promosso dal 9 all'11 settembre prossimi nella capitale della Bosnia Erzegovina. Un incontro con tutti i capi delle religioni per portare a Sarajevo lo spirito di Assisi. «Vogliamo dare un segno forte al mondo - ha detto il cardinale nella serata ai Teatini - che le religioni possono convivere se c'è rispetto l'uno dell'altro».


fed. fri.

05/07/2012 Libertà



S'Antonino, una risposta in tempo di crisi

Sant'Antonino è ormai passato e così pure la venuta a Piacenza del cardinale arcivescovo di Sarajevo, Vinko Puljic. Ecco gli articoli scritti per l'occasione.

Un Sant'Antonino che guarda, con il suo esempio di santo laico, alla città di Piacenza immersa nella crisi economica; ma anche al mondo, in particolare a quella fetta di Europa, i Balcani, dove da poco si è conclusa una guerra fratricida e dove si sta tentando di portare una pace vera ed una convivenza tra etnìe e religioni diverse. E' il vescovo Gianni Ambrosio a sottolinearlo nella sua omelia pronunciata accanto al cardinale Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo, testimone di pace in questo Sant'Antonino 2012.
«È una grazia avere qui con noi il cardinale Vinko Puljic che presiede questa solenne celebrazione in onore del nostro santo patrono - evidenzia il vescovo - e insieme a noi prega il Signore per la nostra Chiesa e per la nostra città, così come noi preghiamo per lei eminenza, per la sua Chiesa e per la pace e la fratellanza in Bosnia-Erzegovina».
La basilica di Sant'Antonino è gremita di fedeli. Nelle prime file ci sono tutte le autorità cittadine, tra cui il prefetto Antonino Puglisi, il comandante dell'Arma dei carabinieri, colonnello Paolo Rota Gelpi, il vice questore Maria Elisa Mei, il sindaco Paolo Dosi, il presidente della Provincia, Massimo Trespidi, il presidente della Camera di Commercio Giuseppe Parenti. Sulla destra dell'altare campeggia il gonfalone di Sant'Antonino con ai lati due agenti di polizia municipale in alta uniforme. Tutto secondo il tradizionale cerimoniale, compresa l'offerta dei ceri. Qui, l'unica novità: per la prima volta, a donare quello della città di Piacenza è il neo sindaco Paolo Dosi. Il destinatario non è il vescovo Ambrosio, ma il cardinale Puljic che presiede la celebrazione.
Monsignor Ambrosio, come detto, pone l'accento sulla figura del patrono, esempio di santo laico per i nostri tempi. «La nostra Chiesa, scegliendo il martire Antonino come suo patrono, ha riconosciuto in lui Cristo stesso - sottolinea il capo della diocesi -. Questa intima unione tra Cristo e il martire Sant'Antonino ci invita a celebrare con rinnovato stupore le festa che tiene viva la memoria del nostro patrono e ravviva la nostra fede cristiana».
«Il patrono della nostra comunità diocesana e della nostra città di Piacenza - continua il presule - è un giovane e, non dimentichiamolo, Antonino è un laico, diremmo oggi, un giovane laico che, nella sua testimonianza, mostra che la nuova fede, la fede cristiana, è trasparenza di umanità, è libertà dagli idoli, è forza che cambia il modo di pensare e di vivere».
«Abbiamo bisogno di questa fede - esorta Ambrosio - per far emergere un'umanità che stiamo perdendo, per vincere i tanti i idoli di turno, per trasformare la vita. Dalla fede deriva la fiducia nella vita, l'impegno di vivere le relazioni nella loro bellezza, il coraggio di guardare avanti e di imboccare strade nuove senza fermarsi davanti ai vitelli d'oro». La crisi e il terremoto in Emilia: «Soprattutto oggi, con la crisi generale che non lascia ancora intravvedere la sua fine, con un mondo che è crollato a causa del terremoto avvenuto qui vicino a noi, abbiamo bisogno di rivolgere lo sguardo a Dio per imparare di nuovo il senso dell'esistenza, dell'amare, del costruire, del soffrire e del gioire. Abbiamo bisogno di ritrovare parole, virtù e stili di vita che abbiamo trascurato: sobrietà, solidarietà, condivisione, responsabilità, sacrificio, gratuità. Possiamo come cristiani, come cristiani laici che vivono ed operano nel quotidiano, sfidare la crisi evangelizzandola, portando la parola, la luce, la libertà, la forza del Vangelo dentro i problemi e le situazioni per aiutarci a uscire dal tunnel? È la grazia che chiediamo festeggiando il nostro giovane martire Antonino».
Il vescovo dedica parte della sua omelia all'Antonino d'oro, all'esempio dei coniugi Chiappini. «È significativa la motivazione della scelta di insignire i coniugi Chiappini dell'Antonino d'oro - dice Ambrosio -: "Il conferimento vuole essere un atto di stima e di gratitudine nei confronti di una coppia di coniugi cristiani che hanno fatto della generosa accoglienza della vita e del volontariato la loro scelta comune". L'esempio di questa famiglia - Umberto ci ha lasciato da poco - ci aiuta comprendere il valore fondamentale di ogni famiglia che accoglie la vita. Se il cuore è aperto alla vita, allora si scopre la bontà della vita e si diffondono le ragioni del vivere. Oggi, come sappiamo, sembra regnare l'indifferenza verso quel valore decisivo che è la vita. Così il nostro presente rischia di essere melanconico e il nostro futuro di diventare sempre più incerto: vale per la nostra città e per il nostro Paese.
Se si apre il cuore alla vita, si apre anche la porta della casa per accogliere i fratelli e vivere buone relazioni. Così la vita si rigenera e si cresce nella fiducia, così si offrono motivi di speranza. Questo è ciò che Umberto e Giulia hanno fatto, aiutati dal Signore ed educati secondo buoni principi in famiglia e a scuola».
Un esempio, quello di Umberto e Giulia Chiappini, per tutte le famiglie piacentine: «Questa è la vocazione di ogni famiglia. Ma questa vocazione, che pure è accolta ed è vissuta da molte famiglie, anche oggi, anche qui da noi, non è aiutata, non è favorita. Speriamo che la situazione possa cambiare in fretta. Perché i nostri ragazzi e i nostri giovani hanno bisogno di vedere concretamente la bellezza di una vita aperta all'amore e di trovare lì le ragioni del vivere. E poi perché nessun sviluppo è possibile in una società che non investe nella vita, nella relazione sociale, nella comunione coniugale».
Infine un accenno all'Incontro mondiale delle famiglie che si è tenuto a Milano all'inizio di giugno: «La partecipazione così ampia ha dimostrato quanta sia radicata l'idea di una famiglia fondata su un amore aperto alla vita e solidale con tutti. Benedetto XVI si è fatto interprete di questa consapevolezza che la famiglia è il nostro patrimonio più importante. "La vostra vocazione, ha detto il Santo Padre rivolgendosi alle famiglie, non è facile da vivere, specialmente oggi, ma quella dell'amore è una realtà meravigliosa, è l'unica forza che può veramente trasformare il mondo". Accogliamo il messaggio che Benedetto XVI ha affidato a tutte le famiglie. Rendiamo lode a Dio per il dono di sant'Antonino e invochiamo su tutti la protezione del nostro patrono».
Federico Frighi

05/07/2012 Libertà