domenica 23 dicembre 2012

Fiocco azzurro a Parma e Buon Natale

Nasce a Parma cattoliciparmigiani.wordpress.com, il blog del collega Luca Molinari "vaticanista" della Gazzetta di Parma. A Luca ed ai suoi lettori vanno i più cari auguri di Sacricorridoi con l'auspicio che Cattolici parmigiani riesca ad avere più alte fortune (ci vuole poco) di Sacricorridoi. Quando qualche anno fa ebbi l'idea di creare un blog sulla Chiesa di Piacenza-Bobbio non pensavo sarebbe stato così difficile portarlo avanti. La cosa più semplice era quella di farlo diventare un contenitore dei miei articoli scritti sulla galassia Chiesa e volontariato per il giornale per cui lavoro, Libertà. E difatti attualmente questo è. Se si prova ad andare più oltre si trovano degli ostacoli che a lungo andare diventano insormontabili. Tanto per rivelarne uno. Nei Sacricorridoi accade anche che ti avvicini qualche alto prelato diocesano (in procinto di diventare vescovo) e che ti dica: allora come va Sacricorridoi? Tu gli rispondi la verità: mah, si fa fatica a tenerlo aperto. Lui prende la palla al balzo e lancia il messaggio: beh, potresti anche chiuderlo. Da quel giorno ho capito che Sacricorridoi doveva rimanere aperto a tutti i costi. Per non parlare di quel monsignore che ti chiama dicendoti che qualcuno gli ha riferito di aver letto su un sito internet che forse era il tuo qualche cosa che lo ha non infastidito, però, insomma, così, per puntualizzare. Gli dai del tu e gli chiedi perchè mai non avresti dovuto citare una sua appartenenza ad un movimento della Chiesa cattolica dal momento che tutti lo sanno, ma lui ti risponde che insomma, quell'informazione non era essenziale e che potrebbe essere sconveniente.
Insomma, o sei la Gabanelli, o se vuoi continuare a frequentare il Vaticano non puoi certo metterti contro la Santa Sede.

Un aneddoto simpatico. La Gazzetta di Parma pubblica, un bel giorno, un pezzo con un'informazione ecclesiastica uscita evidentemente non da Parma dove la notizia era blindata, ma da qualche altra parte. Qualche settimana dopo il vescovo di Parma, Enrico Solmi, viene a Piacenza a celebrare insieme al vescovo Gianni Ambrosio, la solennità di Sant'Antonino. Un gesto di cortesia tra vescovi confinanti. Anche Ambrosio si reca a Parma per celebrare Sant'Ilario. Al termine della messa ci avviciniamo a Solmi per chiedere due battute. "Voi di Libertà agite in combutta con la Gazzetta di Parma - sbotta il presule -. Vi ho scoperto! Ed ora niente intervista, state puniti!".  Una stretta di mano ed un sorriso, ma niente intervista. 

A Luca, ai suoi Cattolici Parmigiani, ai miei otto lettori auguro tanta serenità, tanta pazienza e un Buon Natale! 

   

giovedì 20 dicembre 2012

Gmg 2013, abbassati i prezzi

(fri) Sono state prorogate sino alla fine di dicembre le iscrizioni per la Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro nel luglio del 2013. Anche la diocesi di Piacenza-Bobbio sarà presente con una delegazione di giovani e relativi educatori, guidata dal vescovo Gianni Ambrosio. La proroga è stata decisa a livello nazionale per venire incontro alle difficoltà delle famiglie toccate dalla crisi economica. La diocesi di Piacenza-Bobbio, in particolare, è riuscita a ridurre il costo del pacchetto per Rio di ben 750 euro portando la cifra finale a 1.750 euro per persona, passibile di ulteriori riduzioni.


Cinquecento euro sono stati limati dalla riduzione del programma che oggi non prevede più la settimana missionaria a Picos ma solo il soggiorno a Rio de Janeiro; altri 250 euro sono stati tolti grazie all'intervento della Conferenza episcopale italiana che ha deciso di pagare la cifra d'iscrizione per ogni pellegrino in partenza dall'Italia verso la Gmg. A livello diocesano poi, c'è l'intervento del vescovo Gianni Ambrosio che ha messo a disposizione settemila euro da suddividersi per i sette vicariati da cui è formata la diocesi di Piacenza-Bobbio. Ogni vicariato gestirà in proprio la cifra e la suddividerà tra i partecipanti al pellegrinaggio in modo equo oppure la metterà a disposizione dei ragazzi provenienti da famiglie meno abbienti. Allo stato attuale, evidenziano dall'Ufficio di Pastorale giovanile della diocesi (diretto da don Paolo Cignatta), la data di partenza per il Brasile è il 22 luglio del 2013; il ritorno il 3 agosto, sempre del 2013. Le date sono passibili di lievi modifiche (al massimo di un giorno o due) a seconda della disponibilità dei passaggi aerei.



08/12/2012 Libertà



mercoledì 19 dicembre 2012

Rifugiati e migranti forzati pari sono

Rivedere il sistema dell'asilo politico alla luce dei cambiamenti globali della società di oggi, dove accanto alla figura del rifugiato c'è quella del migrante forzato.


Se ne è parlato ieri nel convegno internazionale "Rethinking asylum in the XXI century, theory and practice" tenutosi nella storica ma polare (per la temperatura) cornice del salone d'onore di Palazzo Gotico e organizzato da L'Ippogrifo e il progetto Sprar del Comune di Piacenza. I saluti del sindaco Paolo Dosi e dell'assessore Giovanna Palladini, l'introduzione di Giulia D'Apollonio, poi la relazione di Davide Tacchini, coordinatore scientifico del convegno.

«Il mondo è cambiato e a New York ogni mattina vanno a scuola bambini di 190 paesi - rileva l'islamologo di origini piacentine -. Tutto il mondo è in quella città. Noi vorremmo spronare la popolazione a pensare, a considerare come la migrazione abbia radici profonde nel nostro dna ed è il volto umano della globalizzazione». Ancora: «È qualche cosa che abbiamo nella nostra parte più intima: pensiamo all'esodo, pensiamo ai viaggi di San Paolo, a Gesù Cristo, all'Egira da La Mecca a Medina. Il processo della migrazione è dentro ognuno di noi. Oggi il mondo ha solo accelerato».

Chi è più meritevole?

E' Matthew Gibney, lettore di politica e migrazione forzata all'università di Oxford, a chiedere che venga rivista la definizione di asilo del 1951 ed estesa ad una più ampia categoria di persone: «Non solo il rifugiato ma anche al migrante forzato, visto che negli ultimi decenni abbiamo assistito allo spostamento di massa delle persona da dove i diritti umani sono violati».

«La convenzione Onu sui rifugiati - evidenzia - pone una questione morale. I rifugiati sono più meritevoli degli altri? La persona perseguitata è più in pericolo e quindi merita più protezione?

C è chi dice che doremo dare priorità ai rifugiati rispetto ai migranti forzati. Ma questo non mi convince. È vero che i rifugiati non riescono a trovare protezione in loco, ma la stessa cosa avviene con i migranti forzati». Gibney fa un esempio accademico: «In Siria nel mio rifugio antibomba posso ospitare solo una persona. Chi faccio entrare? Il giornalista minacciato di morte per aver scritto la verità o la bambina che scappa dalle granate? Se non faccio entrare la bimba non le potrò dire che in futuro troverà protezione. Lei teme per questa notte. Il rifugiato e il migante forzato temono entrambi per la propria vita». «L'Onu privilegia il rifugiato rispetto alla bimba - osserva - perchè ritiene che i bisogni siano diversi. Dovremmo ricreare il collegamento tra asilo e condanna del Paese che spinge il rifugiato a scappare e focalizzare il fatto che colui che scappa da minacce ai diritti umani è sì diverso dal migrante forzato, ma in modo impercettibile».

Le nazioni unite frenano

Di altro avviso l'altro ospite internazionale - successivamente è intervenuta anche Anna Rowlands del King's College di Londra - della tavola rotonda: il tedesco Jurgen Humburg, dal 1993 senior protection assistant dell'ufficio regionale italiano delle Nazioni Unite. «Il termine rifugiato nasce nel 1950-1951 - osserva lo studioso - pensato con il ricordo fresco e forte della Seconda Guerra Mondiale. La comunità internazionale voleva dare mezzi contro le violazioni dei diritti umani. L'alto commissariato Onu doveva durare solo tre anni per far fronte all'enorme migrazione del Dopoguerra». «Il rifugiato, come categoria, è stato espanso. Nel 1979 ad esempio sono incluse le vittime di guerre civili, poi l'estensione anche agli apolidi, alle persone sfollate all'interno di uno stesso paese. Questi sviluppi ci portano ad oggi». «Penso che la convenzione del 1951 sia buona - conclude Humburg -. Il sistema presente puó essere rivisto ma funziona bene. Non dobbiamo mettere a confronto i diversi gruppi di rifugiati. Penso che sia imprtante mantenere l'aspetto non politico dell'asilo: è un principio fondamentale che ci dà la possibilità di essere presenti in molti paesi. Inoltre penso sia importante ricordare, oltre alla convenzione di Ginevra, la garanzia dell'asilo come una prerogativa degli stati sovrani».

Federico Frighi


16/12/2012 Libertà



martedì 18 dicembre 2012

Scola: serve una generazione nuova di politici

«C'è bisogno di una generazione sempe rinnovata di politici, un bisogno che definirei permanente. I cattolici dovrebbero avere il senso della dimensione di questo impegno secondo me in maniera ancora più accentuata perchè la Chiesa deve continuare quell'offerta di sè all'umanità che Gesù ha voluto fosse la sua vocazione propria». E' la serata della Gaudium et Spes e il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, prima della lectio magistralis nel duomo di Piacenza, non si sottrae ad una riflessione che rappresenta poi una conseguenza dell'attualità della costituzione con cui il Concilio Vaticano II ricorda la missionarietà della Chiesa nel mondo.


«Nella Gaudium et Spes è spiegato il senso della vita dell'uomo in tutte le varie implicazioni relative alle questioni degli affetti, del lavoro, del riposo - continua il porporato -. Sono proposte le conseguenze sociali di un impegno serio della vita e addirittura sono già accennati i problemi del rapporto con il creato. Una iniziativa come quella di questa sera penso sia veramente preziosa».

Di fronte ad un duomo gremito è il vescovo Gianni Ambrosio a presentare il cardinale Scola invitato a Piacenza per parlare di una delle quattro costituzioni del Concilio Vaticano II nell'ambito delle iniziative nel cinquantesimo dell'apertura. Evidenzia come la lectio magistralis arrivi nell'anniversario della morte di San Savino, contemporaneo di Sant'Ambrogio.

Scola ringrazia e ricorda come all'inizio degli anni Settanta fosse quasi un habitué a Piacenza, chiamato dall'allora vescovo Enrico Manfredini per l'aggiornamento del clero.
«La Gaudium et Spes è una costituzione pastorale diventata l'emblema del Concilio Vaticano II» esordisce il cardinale. Cita papa Benedetto XVI quando il Santo Padre, a proposito della costituzione conciliare, si sofferma sulla parola "aggiornamento". «Aggiornamento non significa rottura o adeguamento - sottolinea - ma il fatto di dover portare l'oggi del nostro tempo nell'oggi di Dio».
La Gaudium et Spes è essenzialmente una costituzione pastorale, «termine legato alla natura salvifica e sacramentale di Gesù Cristo - ci tiene ad evidenziare -. Noi invece l'abbiamo relegato all'ecclesialese, facendo pensare che pastorale sia una cosa che riguarda i preti. I tratti di questa indole storico salvifica sono richiamati nella seconda parte, negli argomenti che vanno dal matrimonio alla politica. Tutto il Concilio è ancora un cantiere a cui occorre mettere mano in continuazione».
Scola indica quattro chiavi di lettura della costituzione conciliare. La Chiesa come soggetto storico: «La Chiesa è come un ellissi che ha due fuochi insuperabili: Gesù Cristo e la sua missione, il mondo nel quale è immersa e in cui è continuamente inviata. Chiesa e mondo sono comei due poli di una calamita».
Poi il tema del dialogo. Tre i grandi nodi: «Il desiderio di riuscire a parlare con tutti, il rapporto con la modernità, la delicata relazione con Gesù Cristo (unico salvatore) e l'incoercibile libertà di ogni uomo».
Terza chiave: l'uomo in Cristo. «La dimensione cristocentrica - dice Scola - consiste nel pensare adeguatamente il mistero dell'uomo avvolto dalla luce del mistero di Cristo, e Cristo stesso è la figura, lo schizzo, la silouette di ogni uomo».
La quarta chiave di lettura è il ripensamento della pastorale. «Pastorale - evidenzia Scola - ha che fare con l'azione di salvezza di Gesù. La modalità con cui Gesù, attraverso la Chiesa, viene incontro alla domanda di salvezza che ogni uomo si porta dentro».
Ma in che modo - si chiede il cardinale - la Chiesa può proporre Gesù Cristo come contemporaneo all'uomo di oggi? «È la domanda cruciale. I teologi esprimono la questione in modo tecnico: il mezzo che porta qui Gesù Cristo è la logica dell'incarnazione e la sua natura sacramentale e salvifica». «Ma andiamo più a fondo - invita il porporato -. Come si attua questa contemporeaneità nella mia vita? Tutte le circostanze e i rapporti che formano l'umana esistenza sono iscritti nella logica sacramentale del disegno del Padre. Cristo diventa contempraneo nei rapporti e nelle circostanze. È questa l'espressione della vera vocazione, la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Una Chiesa che non ha bisogno di conquistare proseliti ma è una proposta di vita». «E noi - conclude - siamo chiamati ad autoesporci nella sequela di Gesù. Siamo cristiani un pochino addormentati in questa Europa del XXI secolo. La missione è il comunicare il dono della fede».

Federico Frighi





12/12/2012 Libertà



lunedì 17 dicembre 2012

Due nuovi diaconi per la Chiesa piacentino-bobbiese

Giornata di festa per la Chiesa di Piacenza-Bobbio che ieri in duomo ha visto l'ordinazione di due nuovi diaconi. Festa doppia, perchè il prossimo anno diventeranno preti diocesani.


Marco Pezzani, 24 anni, d'ora in poi sarà don Marco. Figlio unico, viene da Fiorenzuola e presta servizio come seminarista nella parrocchia della Santissima Trinità il cui coro ha ieri animato la liturgia. Entra il seminario dopo l'esame di maturità quando dà retta alla sua vocazione. Enrico Zazzali, 32 anni, d'ora in poi don Enrico, arriva da Caneso, provincia di Parma, comune di Bedonia, diocesi di Piacenza-Bobbio. E' il predestinato a guidare l'azienda agricola di famiglia, nel 2008, invece, decide di dare seguito alla sua vocazione ed entra in seminario.

Ieri erano entrambi sdraiati ai piedi dell'altare secondo il suggestivo rito dell'ordinazione.
Le letture sono quelle della Genesi - "dopo che l'uomo ebbe mangiato il frutto dell'albero il Signore lo chiamò" -, il Vangelo quello dell'Annunciazione dell'angelo Gabriele a Maria.

«Colei che doveva diventare la madre del Signore non è stata contagiata in alcuna maniera dal peccato - osserva il vescovo Ambrosio nell'omelia - Noi vediamo in lei risplendere il progetto della salvezza». «La vergine Maria - prosegue - è Madre della Chiesa, come ha proclamato Paolo VI promulgando la costituzione Lumen Gentium... Al Signore che riversa su Maria la sua grazia corrisponde il sì di Maria. Così si attua il progetto di Dio. La storia della salvezza, nonostante l'inizio drammatico della vicenda umana, continua e arriva a suo compimento nell'umiltà della casa di Nazaret dove germoglia colui che salverà il popolo del Signore». «Questa festa ci assicura - evidenzia il presule -, nonostante tutto, che Dio vuole riportare all'amore e alla vita tutti noi che siamo suoi figli». Poi, rivolto a Marco e ad Enrico: «Tramite il sacramento che state per ricevere venite inseriti nella missione di Cristo e degli apostoli, lo Spirito Santo entra nella profondità del vostro cuore. Con il vostro sì e con la vostra obbedienza diventate immagine viva di Cristo Signore, aderendo a lui totalmente disponibili, con il vostro celibato, per dedicarvi al servizio di Dio e dei fratelli». Ancora: «Sarete di aiuto al vescovo e al suo presbiterio nel ministero della parola, dell'altare e della carità, nel servizio di tutti i fratelli; diventate annunciatori della parola di Dio e non delle nostre parole. Solo quella di Dio arriva a toccare i cuori». Da qui l'accenno all'Anno della fede. «Siamo nell'Anno della fede e la fede nasce dall'ascolto della parola di Dio - ci tiene a sottolineare il vescovo - che illumina la mente e apre i cuori».

Federico Frighi


09/12/2012 Libertà



giovedì 6 dicembre 2012

Ora di religione,chiave per capire

Senza ora di religione, senza simboli della storia dell'uomo occidentale la scuola pubblica sarà inevitabilmente più povera. A dirlo sono gli insegnanti di religione delle scuole statali riuniti a Piacenza in occasione del convegno regionale. Due giorni al Grande Albergo Roma tra relazioni e lavori di gruppo per sessanta docenti provenienti dalle varie province dell'Emilia Romagna. Il tema è l'attenzione all'altro, a chi non appartiene alla cultura e religione cattolica e il vedere come in classe si possano progettare percorsi di educazione al dialogo.


«Se mi chiedono se è ancora utile l'ora di religione nelle scuole pubbliche, rispondo con un'altra domanda: una scuola che deve dare gli strumenti culturali per formare i cittadini, professionisti, può dare strumenti culturali ad ampio raggio escludendo la dimensione religiosa della cultura? Secondo me no». A parlare, a margine del convegno, è Giordana Cavicchi, insegnante di religione della diocesi di Bologna distaccata alla Conferenza episcopale italiana. «Se si vuole studiare il mondo orientale - sottolinea - si deve capire come è fatto. Così è anche per il mondo occidentale. La nostra cultura in senso lato deriva da anni di cristianesimo. Si dice che lo studiano già in storia? Mah, se uno ha bisogno di capire l'economia non legge solo la storia dell'economia ma va da un economista, se ha bisogno di capire l'Islam non leggo solo la storia dell'Islam ma vado da un buon musulmano». Ancora: «La domanda sull'utilità dell'ora di religione nasce da un pregiudizio che fa confusione tra quello che si fa a scuola e la catechesi. Noi non facciamo del proselitismo ma cerchiamo di far capire come il cristianesimo sia uno dei pilastri (assieme alla filosofia greca e romana) della nostra società. E' una risorsa di senso per trovare delle risposte alle domande dell'uomo. La Chiesa, con l'idoneità che dà a noi insegnanti, è garante che l'insegnamento che andiamo a fare è conforme alla dottrina della Chiesa». Il caso del presepe "sconsigliato" nella Materna di Caorso è finito anche negli uffici della Cei: «Ricordiamoci che una scuola pubblica spoglia di tutto - sintetizza al massimo la Cavicchi - è una scuola più povera».

«Il cuore dell'atto educativo - osserva nel suo intervento il filosofo Silvano Petrosino - è di aprire il ragazzo ad una dimensione che non si riduce a quella del proprio narcisismo. L'idea è che l'umano non sia riducibile allo spot "tutto intorno a te". L'uomo fa esperienza di quello che c'è dell'altro. Gli insegnanti di religione hanno proprio questa duplice funzione: quella di ogni insegnante ovvero di aprire il ragazzo alla realtà, in quanto insegnanti di religione di aprirlo alle domande fondamentali della vita. L'insegnante di religione, se è ben preparato, e adesso secondo me lo è, è un elemento essenziale della dinamica educativa anche per un non credente». Nella due giorni sono intervenuti don Francesco Cosentino, don Raffaele Buono, Stefano Versari (vice direttore dell'Ufficio scolastico regionale), il filosofo Silvano Petrosino. Nella giornata di ieri - conclusasi con la visita della città - hanno portato il loro saluto il vescovo Gianni Ambrosio e l'assessore Tiziana Albasi.

Federico Frighi



01/12/2012 Libertà



mercoledì 5 dicembre 2012

Famiglia, qualcosa si vede

Piacenza prima in Italia per minor numero di divorzi e separazioni. Nel 2010 sono stati 23,89 ogni 10mila famiglie. Appena sotto Piacenza c'è Vibo Valentia con 25,39 e Siena con poco più di 26. A Milano i divorzi e le separazioni sono stati 75 (95° posto), a Cremona 84 (98°), a Lodi 107 (103°), a Parma 64 (80°), a Reggio Emilia 58 (65°), a Modena 49 (46°). Un dato, insomma, in controtendenza che, secondo gli addetti ai lavori, denota la positività e la completezza degli interventi locali in favore delle famiglie.


A parlare è don Franco Capelli, parroco di San Vittore, alla Besurica, e consulente ecclesiastico dell'istituto La Casa, il consultorio della diocesi di Piacenza-Bobbio per le coppie in difficoltà. «Che la famiglia sia in crisi lo si vede quotidianamente - evidenzia il sacerdote -, tuttavia notiamo che nel Piacentino tiene ancora abbastanza, ci sono ancora il senso della coppia, la fedeltà e l'impegno dei genitori nei confronti dei figli. Penso che il risultato di oggi sia il frutto di buone prassi a livello di istituzioni ma anche di diocesi. Noi abbiamo una tradizione di pastorale familiare che affonda le sue radici negli anni Settanta, sia nell'attenzione alle coppie in difficoltà, sia verso i fidanzati in preparazione al matrimonio».

A livello di diocesi esiste poi il consultorio La Casa che, come osserva don Capelli, lavora molto bene. «Noi piacentini siamo abituati a vedere le cose in negativo - riflette -, spesso a causa di un certo nostro autolesionismo. Io però da parroco vedo anche tante famiglie impegnate nel vivere la loro fedeltà al loro interno e nell'educazione dei figli».

«Quando parliamo di politiche familiari - osserva Giovanna Palladini, assessore del Comune di Piacenza con competenza specifica sul nuovo Welfare e sul sostegno alle famiglie - dobbiamo parlare delle politiche che mettono in atto i comuni. Evidentemente, insieme al grande sforzo delle associazioni, queste politiche alla fine pagano». «Stanno aumentando le separazioni nei primi anni dopo il matrimonio - evidenzia l'assessore -, tra i motivi c'è l'impatto spesso drammatico con una realtà di crisi economica dopo una vita di relativo benessere e senza responsabilità vissuta all'ombra dei genitori». «Come Comune di Piacenza - prosegue - abbiamo sostenuto e continuiamo a farlo le famiglie in mille modi, tra i quali, ad esempio, i vaucher o gli affidi familiari, o ancora i quattro bandi anti-crisi in favore di chi ha perso il lavoro. Il Comune fa la sua parte ed ha intenzione di farla sempre di più». Il sostegno alla famiglia viene applicato, almeno a Piacenza, con una serie di azioni trasversali. «Un'altro tema che causa conflitti all'interno della coppia - sottolinea l'assessore Palladini - è quello della salute. In particolare dei familiari anziani. Bene, ecco che mantenendo alta la qualità dei servizi agli anziani indirettamente si favorisce la serenità della famiglia». Gli esempi potrebbero continuare. Si veda l'iniziativa Briciole per i bambini - solo la scorsa settimana - e tante altre. «L'unico cruccio - ammette la Palladini - è il non aver potuto aumentare i servizi. I tagli ci hanno condizionato anche se siamo comunque riusciti a mantenere gli stessi progetti e la medesima qualità».

fed. fri



27/11/2012 Libertà

martedì 4 dicembre 2012

Disabilità, l'importanza di una parola

Chi parla male è perchè pensa male. Lo sostiene Matteo Schianchi, ricercatore di Storia contemporanea e già atleta di nuoto. E' lui ad aprire la seconda giornata della festa del volontariato a Palazzo Gotico e lo fa con una lezione-testimonianza sull'importanza della parola. Schianchi, lodigiano, è senza un braccio ed una gamba da 22 anni a questa parte. Disabile dunque, o portatore di handicap, o portatore di disabilità, o persona disabile, oppure ancora handicappato o perchè non anche invalido o diversamente abile? Schianchi usa riflettere sulle provocazioni. Ma se uno è miope e porta gli occhiali «allora dobbiamo chiamarlo occhialuto? ». Non è così e non deve esserlo neppure per le persone con disabilità. Così - "persone con disabilità" - si devono chiamare «a scuola, sui giornali, in televisione, nei convegni» ricordandoci che disabile «è un aggettivo, non un nome». Schianchi inizia citando quello che poi è il titolo di un suo libro: "La terza nazione del mondo" (edito da Feltrinelli). «Se mettiamo insieme tutte le persone con disabilità del nostro pianeta arriviamo a formare la terza nazione del mondo - osserva -, se concentriamo tutte quelle italiane arriviamo a formare la seconda regione italiana, sempre per numero di abitanti». Ecco dunque come «anche solo da un punto di vista numerico la disabilità appare come una questione grande». «E, anche se con molta fatica, i passi in avanti sono stati importanti: oggi le persone con disabilità stanno diventando sempre più un soggetto socio politico».


Schianchi, intervistato da Brunello Buonocore (Asp città di Piacenza) in un salone di Palazzo Gotico gremito di volontari e di ragazzi delle scuole, ci tiene ad evidenziare come «la difficoltà terminologica sia lo specchio della difficoltà che il mondo della disabilità ci riproduce. Attenzione: con le parole noi costruiamo un mondo». «Forse è meglio fare una riflessione preventiva sul termine "diversamente abile" - osserva -. O vuol dire handicappato o che avrei delle abilità diverse particolari non meglio imprecisate. In italiano abile in assoluto non vuol dire niente. Persona con disabilità vuol dire persona che tra le sue caratteristiche ha la disabilità».

Da qui al concetto di vita indipendente il passo è breve: «E' l'dea che chiunque, anche con una disabilità, possa decidere di vivere in un posto in cui decide lui, dove è con chi vivere. E' un concetto fondamentale e tra l'altro i costi per metterlo in pratica sono minori rispetto a quelli dei grandi istituti residenziali».

Un'azienda straniera ha messo in commercio una bambola handicappata: «Se avete bisogno di esercitare il sorriso, il pietismo, comperatela». Una tv via internet mette in onda incontri di lotta tra nani: «Nell'antica Roma l'imperatore si divertiva a far combattere dei nani. Oggi quello che sarebbe uno spettacolo tristissimo viene strumentalizzato all'insegna del fatto che tutti hanno diritto ad un opportunità. Ma le persone con disabilità non sono alla ricerca di opportunità, vogliono vivere come tutti quanti».

«La disabilità - riconosce Schianchi - è una realtà scomoda perchè non sai come comportarti. Quando non sappiamo che termini usare inconsapevolmente andiamo a pescare le parole che sentiamo nel mondo, per questo l'operazione linguistica che sembra così banale è in realtà importante».

Buonocore ricorda il talidomide degli anni Cinquanta, il farmaco assunto da donne in gravidanza. Anche qui l'operazione linguistica fece la sua parte. «Le foche hanno com'è noto gli arti limitati - ricorda Schianchi-, ecco che questi bambini venivano chiamati focomelici». Chi parla male è perchè pensa male. Lo dice Nanni Moretti, lo cita Matteo Schianchi come riflessione per questa Festa del volontariato.

Una festa che ieri si è aperta con lo spettacolo "Volontariamente", messo in scena dagli alunni della scuola media di Vigolzone. Uno spettacolo inserito nel progetto di conoscenza del volontariato locale, con il sostegno della regione Emilia Romagna e la collaborazione dell'istituto comprensivo di Pontedellolio-istituto comprensivo di Bettola.

Federico Frighi





02/12/2012 Libertà



lunedì 3 dicembre 2012

Volontariato, forma mentis per uscire dalla crisi

La libertà del volontariato come ricetta per uscire dalla crisi. La giornata mondiale del volontariato si apre così, nel salone di Palazzo Gotico, con la riflessione di Mauro Magatti, preside della facoltà di sociologia della Cattolica di Milano, che vede il mondo dell'associazionismo come esempio di società sana capace di trascinare quella malata fuori dalla crisi.


«Ci sono ancora cittadini che considerano il volontariato una specie di pratica arcaica - osserva Magatti -, io credo che sia una delle forme in cui l'umano si può manifestare». «Il lavoro, l'opera, l'azione nella sfera politica. Il volontariato tocca tutte queste tre dimensioni - evidenzia - e in una società in cui la libertà è stata già raggiunta il volontariato è la forma avanzata della nostra libertà, che va oltre il mero desiderio reso godimento e si fa carico di ciò che ci sta attorno».

La cittadella del volontariato creata nel salone di Palazzo Gotico pulsa di questa libertà raggiunta e dedicata alla cura degli altri. Tra gli stand delle associazioni e la mostra "Land-Grabbing e consumo di suolo" prendono la parola per un saluto il sindaco Paolo Dosi e l'assessore provinciale Pierpaolo Gallini. La direttrice di Svep, Raffaella Fontanesi, introduce la riflessione iniziale. «Il volontariato non è un pezzo di antiquariato - continua Magatti - ma un pezzo di futuro. Quando usiamo la parola volontariato non intendiamo solo una miriade di azioni gratuite verso qualcun altro ma una forma organizzata. Il volontariato diventa così interlocutore di una serie di soggetti per realizzare una società migliore. Questa è la differenza tra oggi è qualche decennio fa. Queste organizzazioni rappresentano una costola della nostra vita sociale. Il volontariato ha cambiato forma e bisogna fare in modo che porti davvero frutti. Il suo ruolo è quello di mobilitatore delle risorse latenti nella nostra società, non è a ruota di scorta ma un partner della società».

La crisi. «La radice della crisi è sì economica ma ha anche a che fare con il modo in cui abbiamo pensato e praticato la libertà in questi trent'anni - è convinto Magatti -. Non si era mai vista una libertà di massa come in questo periodo. Accesso al benessere economico, alla democrazia, al pluralismo culturale. I nostri antenati si sono immaginati che una volta raggiunto tutto questo si sarebbe costruito una sorta di paradiso in terra. Questa crisi c'entra sì con la finanza, ma anche con l'idea di libertà adolescenziale che ci siamo costruiti».

«Il volontariato che ha imparato ad organizzarsi - conclude - è una risorsa nella crisi perchè è capace di comprendere la vera libertà».

Federico Frighi



01/12/2012 Libertà



domenica 2 dicembre 2012

Don Luigi, l'arrivo in bicicletta

(fri) La giornata è tipicamente londinese con una pioggerellina fine fine che concede una tregua subito dopo pranzo. Giusto il tempo per tenere fede alle sane abitudini: la bicicletta. Così, inforcata la fedele "old time" nera, accompagnato da uno sciame di fedeli a due ruote, monsignor Luigi Chiesa alle tre in punto arriva in via Poggi, al confine tra la vecchia parrocchia (Santa Teresa) e la nuova (Santissima Trinità). I vigili bloccano per un attimo la strada, il sacerdote scende e ricambia il saluto della delegazione della Trinità. Poi, sorridente, si incammina a piedi verso la sua nuova parrocchia. Inizia così la lunga giornata che porta monsignor Luigi Chiesa, nato a Valmozzola (provincia di Parma ma diocesi di Piacenza-Bobbio) il giorno dell'Epifania di 65 anni fa, alla guida di quella che può essere definita la parrocchia più importante della diocesi. Monsignor Chiesa, dopo monsignor Antonio Tagliaferri e monsignor Riccardo Alessandrini è il terzo parroco della Santissima Trinità, quartier generale piacentino, con le sue 19 comunità, di un Cammino Neocatecumenale approdato proprio in via Dante nel 1973. Ma la Santissima Trinità è uno scrigno ben più capiente. Vi convivono, oltre al Cammino, anche gli scout dell'Agesci, l'Azione Cattolica adulti, l'Ordine patriarcale della della Santa Croce di Gerusalemme, i gruppi di preghiera San Padre Pio, il gruppo famiglie, la scuola di canto, il gruppo del rosario perpetuo oltre ai gruppo giovanili che da pochi mesi possono fruire del grande oratorio. Proprio nei nuovi locali, ieri sera, al termine della celebrazione, l'ultimo atto della festa con l'immancabile torta di benvenuto.

Libertà, 26/11/2012






Monsignor Chiesa nella super-parrocchia

Una parrocchia unita che cammini insieme alla diocesi, al vescovo, al Papa, alla Chiesa universale. E' il desiderio di monsignor Luigi Chiesa, da ieri nuova guida della Santissima Trinità.


Lo dice chiaramente di fronte ad oltre millecinquecento persone che per oltre due ore affollano il grande tempio di via Dante. E' il giorno dell'ingresso in una parrocchia dove ogni cosa è grande, solenne, maestosa. A partire dall'affresco di Kiko Arguello fino all'organizzazione della celebrazione di ieri curata dal vice parroco don Valerio Picchioni, assieme a padre Severino Mondelli. Impeccabile, quasi svizzera nella sua precisione, dove la Chiesa pluralista del Vaticano II si coniuga nei tanti carismi di associazioni, gruppi, movimenti. Dal cammino neocatecumenale all'Azione Cattolica fino al grande coro di 70 elementi che accompagna la liturgia.

Il nuovo parroco, nel suo saluto, evidenzia ed apprezza tali diversità. «Una stima profonda mi lega a tutte le forme associative della Chiesa - confessa -, per me sono un dono e una risorsa grande e cercare di costruire l'unità nella pluriformità è un compito che mi ha sempre appassionato». Nell'Anno della fede, a cinquant'anni dall'apertura del Concilio Vaticano II «sono ben consapevole e convinto - evidenzia monsignor Chiesa - che, come ricorda papa Benedetto XVI, è necessario che tutti riscopriamo nella fede il vero volto della parrocchia». Una parrocchia che, citando papa Giovanni XXIII, deve essere «fontana del villaggio e deve collocarsi sempre in unità con il vescovo e con la Chiesa». «Credo anch'io, come dice papa Benedetto - prosegue -, che sia necessario ritrovare la tensione commovente che ebbe il Concilio per il compito comune di far risplendere la verità e la bellezza della fede nel nostro tempo». «Mi sento inviato a tutti, anche a coloro che non riconoscono fede e religione, nel pieno rispetto della libertà di coscienza di ciascuno» ci tiene ad osservare. Ringrazia il vescovo Ambrosio e il vicario generale monsignor Illica - «hanno avuto coraggio a mandare me» -, ringrazia le figure care della vita, dai genitori ai parrocchiani di Castelsangiovanni e Santa Teresa. Ma le prime parole sono per il suo predecessore, monsignor Riccardo Alessandrini, dimissionario per ragioni di salute. «Venerdì ho pregato in silenzio davanti a lui - rivela -. Ho lasciato che mi parlasse in silenzio di questa modalità di fare il prete che il Signore gli ha chiesto da cinque mesi a questa parte. La parrocchia ed io stiamo ricevendo molto dal suo sacrificio e soprattutto per questo gli sono grato». Cita il fondatore, monsignor Antonio Tagliaferri, saluta le autorità presenti, il presidente della Provincia, Massimo Trespidi - sposato proprio da don Chiesa - e il presidente del Consiglio comunale, Claudio Ferrari (in rappresentanza del sindaco che ha inviato un telegramma di auguri): «Prego per il loro servizio e assicuro la disponibilità ad una collaborazione per una società più buona e più giusta».

Il vescovo Ambrosio, nell'omelia, si sofferma sul Vangelo del giorno (Gv 18,33-47, Gesù davanti a Pilato) e sulla regalità del Cristo. Ringrazia poi don Chiesa «per aver accettato di lasciare Santa Teresa per venire qui alla Trinità, in un'altra avventura con una nuova comunità, al servizio della fede di ciascuno e di tutti. Ogni parroco deve avere questa precisa e unica finalità: testimoniare la regalità e la contemporaneità di Gesù». «Il Papa ci ricorda che la fede è compagna di vita - sottolinea il vescovo - e la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza di Cristo nel mondo».

Federico Frighi



26/11/2012 Libertà