martedì 29 gennaio 2013

Morto don Ziliani

E’ morto questa mattina, presso la Madonna della Bomba dov’era ospite, don Sergio Ziliani. Nato il 19 ottobre 1940 a Fontana Fredda, è stato ordinato sacerdote il 14 agosto 1966. Ha iniziato il proprio servizio pastorale come curato a Fontana Fredda, per passare poi con lo stesso incarico a Gropparello nel 1967, e, nello stesso anno, alla parrocchia cittadina di N.S. di Lourdes.


Il 1° settembre 1972 è stato nominato parroco di Obolo, il 1° agosto 1980 di Niviano e, in data 1° gennaio 1996, ha rinunciato alla parrocchia. Residente presso la parrocchia di Roveleto di Cadeo e poi dal 1997 alla Casa del Clero di Piacenza, nel maggio 2000 è stato nominato direttore spirituale dell’istituto Madonna della Bomba-Scalabrini e dal 20 settembre 2008 assistente spirituale del Movimento apostolico ciechi.

Questa sera, martedì 29 gennaio, alle ore 20,30, verrà recitato un Rosario nella cappella della Madonna della Bomba; i funerali saranno celebrati giovedì prossimo 31 gennaio nella parrocchiale di Fontana Fredda, alle ore 15. Presiederà il vicario generale mons. Giuseppe Illica essendo il vescovo mons. Gianni Ambrosio impegnato a Roma nella riunione del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana.



lunedì 28 gennaio 2013

Ambrosio sulla Gaudium et Spes: la storia umana ha come fine Cristo


L’eredità del Concilio. Incontro giornalisti, 26 gennaio 2013

Intervento del vescovo di Piacenza-Bobbio mons. Gianni Ambrosio all’incontro dei giornalisti

Sarebbe necessario avere assai più tempo a disposizione per cercare di affrontare il tema che mi è stato proposto. Ma pur con molto tempo a disposizione, risulterebbe sempre difficile, forse impossibile, esprimere in modo sintetico l’eredità dell’evento conciliare. Piuttosto che tentare una sintesi, preferisco soffermarmi solo su un documento del Concilio, e precisamente sulla Costituzione pastorale Gaudium et Spes.

Condivido infatti il parere del beato Giovanni Paolo II: “Devo confessare che la Gaudium et Spes mi è particolarmente cara, non solo per le tematiche che sviluppa, ma anche per la diretta partecipazione che mi è stato dato di avere alla sua elaborazione. Quale giovane vescovo di Cracovia, infatti, fui membro della sottocommissione centrale, incaricata di provvedere alla redazione del testo. Proprio l’intima conoscenza della genesi della GS mi ha consentito di apprezzarne a fondo il valore profetico e di assumerne ampiamente i contenuti nel mio magistero, fin dalla prima enciclica Redemptor Hominis. In essa, raccogliendo l’eredità della Costituzione Conciliare, volli ribadire che il destino e la natura della umanità e del mondo non possono essere definitivamente svelati se non alla luce del Cristo crocifisso e risorto” (Giovanni Paolo II, Discorso nel XXX anniversario della promulgazione della Costituzione pastorale Gaudium et Spes, 8.11.1995).

Anche a me è particolarmente cara la GS, perché è soprattutto grazie a questa Costituzione che la Chiesa si presenta all’uomo di oggi come il popolo di Dio che annuncia e testimonia l’amore di Dio per il mondo. È un grande “annuncio di vita e di speranza”, come disse Giovani Paolo II nel suo discorso commemorativo. Questa Costituzione evidenzia il carattere ministeriale della Chiesa, cioè la Chiesa vuole essere sempre più a servizio di Dio e del suo Regno e, precisamente per questo, a servizio del mondo. Così pure è molto rilevante l’influsso della Gaudium et Spes nel favorire la partecipazione attiva del laicato cattolico alla vita della Chiesa e all’animazione evangelica delle realtà temporali.

Indico innanzi tutto la novità della GS e poi mi soffermo rapidamente sui suoi contenuti di fondo. Concludo proponendo una chiave di lettura di tutto il documento.



La novità

Vorrei far notare in primo luogo che questa Costituzione è una novità per la storia della Chiesa. Nel corso dei duemila anni di storia della Chiesa, nei ventuno Concili ecumenici, mai è stata promulgata una Costituzione pastorale. Abbinare il termine Costituzione – cioè che fonda la Chiesa – all’aggettivo ‘pastorale’ è sorprendente. La dicitura è totalmente nuova. I Padri conciliari hanno pensato di introdurre prima del testo una lunga nota, in cui si spiega cos’è una Costituzione pastorale e quale è il valore del suo insegnamento. È “pastorale” nel senso che la Costituzione è “basata sui principi dottrinali”, ma intende esporre l’atteggiamento della Chiesa verso il mondo e gli uomini d’oggi: occorre dunque tener conto “delle mutevoli circostanze con le quali sono connessi, per loro natura, gli argomenti di cui si tratta”. Quindi vi è l’aspetto dottrinale ma “consta di elementi non solo immutabili, ma anche contingenti”.

Ma la novità del titolo dice la novità del contenuto. Questa Costituzione, a differenza di ogni altra, non espone soltanto principi generali di fede, ma si esprime anche in merito a questioni concrete del mondo contemporaneo. Entra nella storia, così mutevole, per esaminare i “segni dei tempi”. Parla della pace e della guerra, fino ad evocare la guerra nucleare. Tratta del lavoro e dell’economia, si sofferma sulla scienza e sulla cultura, sul matrimonio e sulla famiglia. Affronta le questioni del mondo, i problemi della vita odierna per aiutare gli uomini a capire ciò che è in gioco in quell’ambito della vita.

Non solo. Questo documento non si rivolge soltanto ai fedeli, ma a tutta la famiglia umana. All’inizio del Concilio, vi era il desiderio di rivolgersi alle questioni degli uomini di oggi, ma non era stato previsto un documento di questi tipo. Soltanto nel corso della riflessione e delle discussioni, si evidenziò la necessità di chiarire questo atteggiamento rispetto alla situazione del mondo odierno.

Però bisogna fare attenzione. Alcuni dicono che questo documento tratta del rapporto tra la Chiesa e il mondo. Non è esatto. Nel titolo non è scritto “messaggio della Chiesa al mondo contemporaneo”, ma è scritto “la Chiesa nel mondo contemporaneo”. La Chiesa non si pone davanti al mondo, ma comprende se stessa come una realtà facente parte del mondo, in solidarietà con gli uomini. Tra la Chiesa e il genere umano vi è intima unione e la Costituzione si rivolge a tutti gli uomini per aiutare gli uomini a entrare in questa intima unione con Cristo.

Anche questa è una novità significativa. La Chiesa non solo non si considera accanto o sopra il mondo, ma si dichiara inserita in esso. E quindi si sottolinea il rapporto di mutualità (GS 40) e reciprocità con il mondo, si indica l’aiuto che la Chiesa può dare al mondo (GS 41-43) ma anche quello che può ricevere dal mondo, compreso da chi ostacola o avversa la Chiesa (GS 44).

È davvero significativa la frase diventata molto nota con cui inizia il documento: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” (n. 1).

La Costituzione rappresenta una novità indiscussa, e ancor più nuovo è il modo in cui essa affronta i temi, con un atteggiamento di dialogo. Qui troviamo esplicitata una delle caratteristiche fondamentali del Concilio Vaticano II, e cioè il dialogo.

I contenuti

Indico molto rapidamente i contenuti di fondo della Costituzione GS.

Nell’introduzione (nn. 4-10), viene descritta la condizione dell'uomo nel mondo contemporaneo (speranze e angosce, profonde trasformazioni delle condizioni di vita, mutamenti nell’ordine sociale, mutamenti psicologici, morali e religiosi, squilibri per questi cambiamenti, aspirazioni a una vita piena, interrogativi profondi del genere umano).

La Parte prima (nn. 11-45) è intitolata La Chiesa e la vocazione dell'uomo. Si compone di quattro capitoli che delineano l’antropologia cristiana. In particolare viene posta in luce la ricerca umana del significato: la questione della nostra origine, lo scopo della nostra vita, la presenza del peccato e della sofferenza, l’inevitabilità della morte, il mistero dell’esistenza al di là della morte. Sono tutte domande che non si possono eludere (nn. 4. 10. 21. 41). Questi interrogativi sollecitano il cuore umano e lo spingono a cercare una risposta piena e definitiva. La GS sottolinea con forza che tale risposta si trova soltanto in Gesù Cristo, il quale è “la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana” (n. 10). Connessa al problema del significato è anche l’attenzione che il documento conciliare dedica alla sfida dell’ateismo contemporaneo (nn. 19-21). Questa prima parte si conclude proprio con La missione della chiesa nel mondo contemporaneo: mutua relazione tra chiesa e mondo, chiesa a servizio degli uomini, della società e dell’attività umana, l’aiuto che la Chiesa riceve dal mondo.

Nella Parte seconda (nn.46-90) vengono affrontati alcuni problemi umani più urgenti. È composta da 5 capitoli. Il primo riguarda la Dignità del matrimonio e della famiglia e sua valorizzazione, il secondo la cultura, la sua promozione, il terzo la Vita economico-sociale, il quarto La vita della comunità, il quinto La promozione della pace e la comunità delle nazioni. La conclusione si sofferma sui compiti dei singoli fedeli e delle Chiese locali per costruire un mondo giusto e per condurre il mondo al suo fine. “Così facendo, risveglieremo in tutti gli uomini della terra una viva speranza, dono dello Spirito Santo, affinché alla fine essi vengano ammessi nella pace e felicità somma, nella patria che risplende della gloria del Signore”.


La chiave di lettura

Per me il cuore pulsante del documento è il n. 22, intitolato Cristo, l'uomo nuovo.

Inizia così: “In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo”. Poi troviamo questa affermazione fondamentale: “Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione”. Occorrerebbe leggere con calma tutto il numero. Ma vengo subito alla fine, ove è scritto: “Tale e così grande è il mistero dell'uomo, questo mistero che la Rivelazione cristiana fa brillare agli occhi dei credenti. Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci opprime. Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita, perché anche noi, diventando figli col Figlio, possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba, Padre!”.

Tutta la storia umana ha come fine Cristo, è la ragion d'essere del cosmo e del mondo. Cristo è il centro della Chiesa e la missione della Chiesa è annunciare e testimoniare questa verità, che solo nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo.

Questo legame tra Cristo e l’uomo è il cuore del messaggio della GS: “Con l’incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d’uomo (…) ; in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l’Apostolo: il Figlio di Dio «mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me» (Gal 2,20). Quindi al centro del documento conciliare sta il mistero di Cristo/il mistero dell’uomo, l’uomo visto nella luce pasquale, l’uomo unito a Cristo. La Chiesa è chiamata a servire Dio e l’uomo, perché si realizzi compiutamente il progetto di Dio e del suo amore a favore dell’umanità.

Ho iniziato citando Giovanni Paolo II e concludo con una sua affermazione: “Bastano questi rapidi cenni per sottolineare l’amplissimo orizzonte nel quale si muove la GS. Con essa la Chiesa ha voluto davvero abbracciare il mondo. Guardando agli uomini nella luce di Cristo, essa ha saputo coglierne gli aneliti profondi e i bisogni concreti. Ne è risultata una specie di “magna charta” dell’umana dignità da difendere e da promuovere”.

+Gianni Ambrosio

sabato 19 gennaio 2013

Ambrosio: serve un'economia attenta all'uomo

Un'economia attenta all'uomo, che valorizza la responsabilità e la solidarietà, per un'Europa e, per analogia, una città, Piacenza, dove nessuno si senta abbandonato. E' il contributo dei vescovi europei della Comece nell'affrontare la crisi economica. La settimana scorsa a Bruxelles davanti alla Commissione europea, ieri mattina nella Curia di Piacenza davanti agli amministratori piacentini il vescovo Gianni Ambrosio ha presentato il documento con le riflessioni proposte dalla Chiesa nel vecchio continente.


«Come vescovi non possiamo non vedere e non leggere i "segni dei tempi" - evidenzia Ambrosio - i segni di questo nostro tempo, con realismo e con lungimiranza. Sappiamo che il ripiegamento su di sé non è possibile, è un'illusione pericolosa. Il mondo di oggi è caratterizzato dalla globalizzazione, anzi è segnato da una interconnettività globale: siamo interconnessi, interdipendenti». Nella sala al primo piano della Curia una quarantina di «servitori dello Stato» per citare il presidente della Provincia, Massimo Trespidi, che ha preso la parola per ringraziare il vescovo. Il prefetto Antonino Puglisi, il questore Calogero Germanà, il sindaco di Piacenza Paolo Dosi e la sua giunta quasi al completo, primi cittadini ed assessori dei Comuni della provincia, consiglieri comunali, la parlamentare Paola De Micheli. A fianco del vescovo, Massimo Magnaschi, responsabile della Pastorale del Lavoro, e il vicario episcopale monsignor Eliseo Segalini. Il vescovo parla di economia sociale di mercato «una nozione-chiave per ritrovare la fiducia dei cittadini, sia all'interno dei nostri Paesi sia nel progetto europeo: questo è fondamentale per la nostra Italia, per la nostra Europa. Prima ancora di essere un modello economico, l'economia sociale di mercato è un orizzonte di valore di grande importanza per l'Europa (per il nostro Paese insieme agli altri Paesi, per la nostra città insieme alle altre città) ».

Quattro le caratteristiche: «L'opportunità di valorizzare di più il significato dell'azione libera e gratuita non solo nell'ambito dell'attività economica ma anche nell'ambito della vita sociale e politica». Poi «la necessità di una politica sociale forte nell'economia sociale di mercato. In base ai principi di solidarietà e di sussidiarietà occorre assicurare una protezione sociale soprattutto a tutti quelli che sono nel bisogno o si trovano in difficoltà nel far fronte ai molteplici problemi della vita. In Europa nessuna persona dovrebbe sentirsi abbandonata».

Un terzo pilastro: la questione ecologica. «Una ridefinizione delle nostre relazioni con la natura è la condizione di una gestione durevole delle risorse naturali e dell'impegno contro le conseguenze dei cambiamenti climatici».

Infine per poter essere un'economia competitiva ed efficace, occorre favorire la creazione di un contesto culturale in cui sia possibile tradurre in decisioni politiche e in azioni necessarie tutto ciò favorisce la competitività, l'iniziativa, la responsabilità e la cooperazione, dallo sviluppo delle risorse umane alla capacità di confrontarsi con un mercato globalizzato, superando sprechi e rigidezze».

Federico Frighi
23/12/2012 Libertà

venerdì 18 gennaio 2013

Vigo, scuola di semplicità

Piacenza - Anche se fossero solo frammenti di storia di una parrocchia scritti nero su bianco da tramandare ai posteri, sarebbe già un successo.

"Lassù sui monti", il libro scritto e curato da don Giancarlo Conte, presentato ieri nell'oratorio di San Giuseppe Operaio, è in realtà molto di più. E' storia sì, ma anche seme che germoglia ogni giorno nei cuori di tanti piacentini. Lo dice uno di loro, Geo Cristalli, 72 anni, il più anziano chiamato a ricordare Vigo e il campeggio San Domenico Savio sui monti del Trentino dal 1962 ad oggi. «Vi siete chiesti perchè dopo tutto questo tempo siamo rimasti uniti? Vi siete chiesti perchè abbiamo sempre risposto sì? Perchè don Giancarlo e Vigo hanno messo dentro di noi un seme che ci ha reso un po' speciali».
Don Conte ha scelto l'oratorio al termine della messa delle 11 e 30 per presentare ufficialmente l'ultima delle sue sei fatiche letterarie: "Lassù sui monti (Piccola storia dei 57 anni del Campeggio San Domenico Savio, da Grondone in Val Nure, dal 1956 al 1961- a Vigo in Val di Fassa - dal 1962 ad oggi) " per la Nuova Editrice Berti.
Un pranzo comunitario con circa duecento parrocchiani ed ex parrocchiani con Vigo di Fassa nel cuore.
«Ci sono ricordi nella vita che non sono morti - osserva Enrico Corti, uno degli ex -. Don Giancarlo con questo libro ci costringe a fare la fatica di tornare indietro nel tempo e ad accorgerci che quei ricordi sono sempre vivi». «Si potrebbero raccontare tante cose - prosegue - ma penso che l'amicizia, la montagna, il valore delle cose semplici, la voglia di essere educatori, penso che questo possa rappresentare Vigo e sono convinto che tutto ciò che Vigo ci ha insegnato ci accompagnerà fino alla fine dei nostri giorni, perchè Vigo non è solo passato ma una porta verso il futuro».
Suggestioni anche romantiche ma reali perchè «la vita del campo estivo è qualche cosa che segna» come evidenzia Gianluca Ziliani. «In questo libro c'è un poco della nostra storia - dice ancora - e qui sono custoditi i nostri ricordi».
«E' un luogo che ti trasforma e che trasforma e fa crescere la nostra fede» è convinto Ivano Belforti, un altro dei testimoni chiamati da don Giancarlo. Con una logica: si va dal più vecchio, dal parrocchiano della prima ora, al più giovane che ha vissuto la Vigo del secondo millennio, in una sorta di passaggio di testimone - come sottolinea Daniele Lusitani, 23 anni, nel suo breve intervento - tra generazioni.
Don Conte prende la parola per ultimo e ringrazia. Ringrazia tanti, non tutti perchè non c'è tempo, ma a sufficienza per far capire il senso di queste 432 agili paginette. Lo scrive anche nella nota d'autore: «L'autore non sono io, sono il raccoglitore, il coordinatore dei vari capitoli, facendo tesoro di quello che i campeggisti di questi 57 anni (si stima siano almeno cinquemila, ndr.) hanno lasciato nell'abbondantissimo archivio (oltre 40 faldoni, tra scritti e foto, ndr.) ». Insomma, nel 2012 che sta per finire, il campeggio San Domenico Savio di Vigo di Fassa si presenta oggi come una sorta "agenzia educativa", per usare un termine del burocratese, della città di Piacenza. Un'agenzia che ha oggi un suo responsabile, don Stefano Segalini, braccio destro di don Conte, e che si propone di continuare a servire sempre nuove generazioni di piacentini con un marchio che è diventato una garanzia: quello di San Giuseppe Operaio.

Federico Frighi

24/12/2012 Libertà

Piacenza - Il libro su Vigo di Fassa e il campeggio San Domenico Savio arriva per ultimo, per ora, nella collana letteraria scritta da don Giancarlo Conte per la Editrice Berti. Due anni intensi e proficui per il parroco fondatore di San Giuseppe Operaio, oggi 82enne, che ha dato alle stampe in questo breve lasso di tempo ben sei volumi. A cominciare da "Profeti del secolo XX", uscito nel giugno del 2010, dove il "don" ha voluto mettere per iscritto i suoi grandi maestri universali, per proseguire con "Piccoli santi della Chiesa piacentina" (i cosiddetti pastori buoni sulle orme di Gesù) nel gennaio del 2011. Poi la trilogia sulla storia della parrocchia di San Giuseppe Operaio: il primo volume uscito nell'ottobre del 2011, seguito dal secondo poco dopo e dal terzo nel maggio del 2012. Infine "Lassù sui monti", il libro su Vigo di Fassa, il primo ad uscire come strenna natalizia.

Ciascuna delle sei opere di don Giancarlo Conte si può trovare alla libreria Berti di via Legnano, nella segreteria parrocchiale di San Giuseppe Operaio in via Martiri della Resistenza e nella piccola edicola in fondo alla chiesa.

Popolare il prezzo di ciascun libro: 10 euro. La trilogia, in blocco, per chi non avesse ancora fatto il regalo di Natale, è in offerta speciale a 25 euro. Giusto per pagare le spese ed eventualmente, se ne rimane, aiutare la parrocchia della Galleana che, tra l'altro, in questi tempi, si è trovata con l'importante onere di sostituire la caldaia di chiesa e canonica.

fri


24/12/2012 Libertà

giovedì 17 gennaio 2013

Ousmane, il ragazzo che ha creduto nella libertà

In due anni è passato dall'inferno alla vita grazie - sostiene con forza - ad Allah e a Piacenza. E' la storia a lieto fine di Ousmane, 24 anni, originario della Guinea, in fuga dalle brame di potere del dittatore Dadis Camara, accusato di crimini contro l'umanità. Il 28 settembre 2009 fece sparare sulla folla che manifestava contro la sua rielezione. I morti furono 157, i feriti oltre milleduecento. Tra i manifestanti c'era anche Ousmane. Si salvò per miracolo ma venne identificato e condannato per il reato di turbativa dell'ordine pubblico. Doveva scappare.


La sua fuga durò un anno, attraverso il deserto fino alle coste della Libia. In Italia con le barche degli scafisti; in treno verso il Nord con destinazione Germania; stop a Bolzano per mancanza di soldi; la domanda di asilo politico grazie alla Caritas; tre mesi in un campo di "detenzione" di Gorizia, poi la destinazione Piacenza con il progetto Sprar del Governo italiano per dare accoglienza e strumenti di riscatto ai rifugiati. Oggi Ousmane ha un lavoro onesto, uno stipendio da 1.100 euro al mese, di cui 360 utilizzate per pagare il piccolo appartamento preso in affitto.

«Quando sono arrivato a Piacenza per la prima volta mi hanno messo a dormire in una camera dei frati di Santa Maria di Campagna. Una stanza da due, pulita, con un bagno; mi sembrava di essere in Paradiso» dice nel suo italiano quasi perfetto. Grazie all'adesione del Comune di Piacenza al progetto Sprar (gestito a livello locale dalla cooperativa l'Ippogrifo) Ousmane ha imparato l'italiano ed ha trovato un lavoro come esperto di quadri elettrici. Dopo nove mesi a 400 euro al mese presso un'azienda piacentina è stato assunto per un semestre di prova dalla Saie di via Portapuglia. Nel giugno del 2012 il titolare era talmente contento che gli ha offerto altri tre anni di contratto come apprendista. Ousmane è, come si dice, al settimo cielo. Oltretutto, appena arrivato a Piacenza, dopo una visita sanitaria gli è stato riscontrato il virus latente della tubercolosi. «Mi hanno curato e salvato per la seconda volta - non finisce di ringraziare -, oggi, grazie alle pastiglie, il virus è scomparso».

Rimangono intatte le immagini della fuga. «Mi hanno aiutato quelli della Rpg - racconta -, il partito di opposizione al quale ero iscritto, e la mia famiglia mi ha incoraggiato. Rischiavo la vita: dovevo partire». Ha attraversato il Sahara sui camion zeppi di grappoli di esseri umani in cerca di speranza. Il Mali, il Ciad poi la Libia dove ancora imperversava Gheddafi.

In tasca duemila euro da pagare agli scafisti: «Siamo partiti dalla spiaggia. Eravamo in trenta, anche donne e bambini, tutti sotto coperta». Il barcone era camuffato da peschereccio e sul ponte gli scafisti erano vestiti come pescatori. «Quando incontravano una motovedetta - racconta - un elicottero o un aereo militare facevano finta di pescare ed allungavano la strada gettando le reti. Ci abbiamo messo una settimana per arrivare in Italia».

Il trucco è riuscito ed Ousmane è approdato non a Lampedusa ma su una spiaggia della Sicilia. I volontari di un'associazione gli hanno dato qualche soldo ed ha preso il treno verso il Nord. «Volevo andare in Germania, dove è più facile ottenere lo status di rifugiato politico». Il viaggio si è fermato a Bolzano. La Caritas, la questura e il centro di "detenzione" di Gorizia. «Camerate da otto, senza riscaldamento, materassi inesistenti... » Una piccola Guantanamo insomma. Da cui Ousmane è uscito grazie allo stesso Stato italiano. «Mi hanno inviato a Piacenza, non l'avevo mai sentita nominare. Qui sono rinato. Devo ringraziare soprattutto Allah, io sono musulmano, che mi ha dato la forza di superare quei momenti. Poi l'Italia e il Comune di Piacenza che mi ha accolto».

Il desiderio per il 2013? «La salute e riuscire a mettere via dei soldi». Perchè Ousmane è sposato con Seynabou, 23 anni. La sente una volta alla settimana al telefono. Vorrebbe farla venire qui con Assane e Moustafha. Hanno 6 e 4 anni e solo i figli di Ousmane e Seynabou. «In Africa facciamo tutto presto - si giustifica - perchè i giovani si prendano cura dei vecchi».

Federico Frighi

29/12/2012 Liberta

Quel 28 settembre del 2009 fu un massacro in piena regola. Un bagno di sangue in cui persero la vita almeno 157 persone mentre 1.250 furono quelle ferite. Era la manifestazione organizzata dall'opposizione nello stadio di Conakry, capitale della Guinea, per protestare contro la giunta militare salita al potere nove mesi prima con un colpo di Stato. I manifestanti protestavano contro la ventilata candidatura del capo della giunta militare, il capitano Moussa Dadis Camara, alle presidenziali. Camara lesse alla radio un comunicato che dichiarava dissolte le istituzioni repubblicane e sospesa la Costituzione. La manifestazione era vietata e i guineani si aspettavano che le autorità chiudessero lo stadio per impedire di entrare. Invece l'esercito attese che lo stadio fosse pieno per entrare e sparare sulla folla. Una trappola. Ousmane si salvò ma fu condannato dal Tribunale per turbativa dell'ordine pubblico e disobbedienza civile. Nel dicembre 2009 Camara rimase ferito nel corso di un attentato ed si trova ora all'estero. Nello stesso dicembre la Corte penale internazionale lo accusò di crimini contro l'umanità.


29/12/2012 Libertà






mercoledì 16 gennaio 2013

Da Piacenza alla Gmg di Rio

(fri) Sarà solo una delegazione quella della diocesi di Piacenza-Bobbio alla Giornata mondiale della Gioventù in Brasile il prossimo luglio. Stante le difficoltà della crisi economica delle famiglie anche piacentine, stanti i costi elevati a causa del biglietto aereo, nonchè il periodo anticipato della Gmg 2013 che coincide, per molte parrocchie, con i tradizionali campi estivi, il numero dei componenti la delegazione diocesana dovrebbe essere sulle venti al massimo trenta persone, tra ragazzi, educatori e sacerdoti. A guidare il gruppo sarà il vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, alla sua seconda Giornata mondiale della Gioventù dopo quella del 2011 a Madrid. Lo stesso vescovo - lo ricordiamo - ha messo a disposizione dei giovani piacentini settemila euro, da dividersi per i sette vicariati che formano la diocesi. In pratica mille euro a vicariato che vanno ad alleggerire il prezzo del pacchetto oggi a 1.750 euro grazie all'intervento della Conferenza episcopale italiana che paga la tassa d'iscrizione (250 euro) per ogni giovane partecipante.


Il programma definito dall'Ufficio di pastorale giovanile diocesano - guidato da don Paolo Cignatta - non prevede più la partecipazione ai "giorni delle diocesi" (per il Brasile vengono chiamati "giorni delle missioni") che si sarebbero dovuti tenere, per Piacenza, a Picos. Il taglio è dovuto sia al prezzo sia a ragioni logistiche. Prevede invece la presenza nella seconda fase, quella centrale, a Rio de Janeiro dal 22 luglio assieme a papa Benedetto XVI. Il ritorno a Piacenza è previsto per il 2 agosto.

A Rio de Janeiro la delegazione piacentina potrebbe essere (è ancora un'ipotesi) ospitata nella parrocchia del missionario piacentino monsignor Elia Volpi. Monsignor Volpi, nativo di La Spezia ma incardinato nella diocesi di Piacenza-Bobbio, da nove anni è parroco della parrocchia della Candelaria ed è stato direttore spirituale del seminario di Rio de Janeiro.

Il motto scelto dal Santo Padre per questa Giornata è "Andate e fate discepoli tutti i popoli" (Mt 28,19). L'invito alla testimonianza è l'esortazione ad essere "missionari della gioia" - così come afferma il Papa - perché: «Non si può essere felici se gli altri non lo sono: la gioia quindi deve essere condivisa. Andate a raccontare agli altri giovani la vostra gioia di aver trovato quel tesoro prezioso che è Gesù stesso. Non possiamo tenere per noi la gioia della fede: perché essa possa restare in noi, dobbiamo trasmetterla» (cfr. Messaggio per la XXVII Giornata Mondiale della Gioventù).

Per informazioni ci si può rivolgere al Servizio diocesano per la Pastorale Giovanile in piazza Duomo 33 (tel. 0523/308343-ufficiopastoralegiovanile@curia. pc. it).


10/01/2013 Libertà

martedì 15 gennaio 2013

La diocesi verso l'Election Day

Si avvicina l'Election Day della diocesi di Piacenza-Bobbio. Domenica 27 gennaio si terranno le elezioni per il rinnovo dei Consigli pastorali parrocchiali e dei Consigli economici, ovvero gli organismi con i quali i laici partecipano al "governo" delle parrocchie. Si tratta di un appuntamento importante che la diocesi di Piacenza-Bobbio ha deciso, per la prima volta, di far coincidere in uno stesso giorno per tutti. L'occasione in cui i parrocchiani sono chiamati a scegliere i propri rappresentanti negli organismi di partecipazione vuole essere un evento a livello diocesano che aiuti a riflettere sull'immagine di Chiesa aperta e sulla portata del Concilio Vaticano II rispetto al tema della corresponsabilità dei laici nella vita della comunità. La giornata del 27 gennaio viene preparata attraverso un cammino da svolgere nelle messe della domenica, grazie alle indicazioni di una serie di schede liturgiche predisposte. Sono stati realizzati anche un manifesto ed una brochure con tutte le informazioni sulla funzione e le caratteristiche del Consiglio pastorale parrocchiale (da 4 a 30 membri a seconda della dimensione della comunità) e del Consiglio parrocchiale per gli affari economici (4 membri). Sono tenute ad eleggere un proprio Consiglio pastorale tutte le parrocchie con più di 500 abitanti. Tutte le parrocchie, indipendentemente dal numero di abitanti, sono inoltre tenute ad eleggere un Consiglio per gli affari economici. «Questi organismi - ha scritto il vescovo Gianni Ambrosio in una lettera ai parroci - ci offrono in primo luogo la possibilità di riscoprire dal vivo i tratti essenziali del nostro "essere Chiesa". Ogni domenica ciascuno di noi, insieme con l'assemblea radunata per l'eucaristia, proclama "Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica". Nell'unicità e universalità della Chiesa possiamo riconoscere una varietà di carismi, doni, ministeri e attività in cui ciascuno di noi trova il suo posto ed è chiamato, in forza del Battesimo, a mettere le proprie energie a servizio della comunità dei cristiani».


«La partecipazione, nonostante non sia oggi di moda, nasce da una necessità vera e propria - osserva il vicario generale, monsignor Giuseppe Illica -. La riscoperta del battesimo, in forza del quale tutti i cristiani sono protagonisti della Chiesa è un'esigenza teologica che va sostenuta, soprattutto in un momento in cui la partecipazione è in crisi». Forse ancora più importanti sono i consigli economici parrocchiali: «Permettono al prete di fare il prete e ai laici una maggiore corresponsabilità e attenzione nella gestione dei beni materiali della parrocchia» evidenzia il vicario. Che ci tiene ad aggiungere: «Non è l'emergenza di oggi con il calo drastico delle vocazioni che ce lo chiede, ma la Chiesa con il suo Concilio Vaticano II». Contestualmente all'elezione dei consigli pastorali, nelle parrocchie con meno di 500 abitanti dovrà venire formalizzata la figura del "referente parrocchiale", una figura nuova per la diocesi di Piacenza-Bobbio.

Le elezioni si svolgeranno generalmente in chiesa, durante o al termine della messa domenica del 27 gennaio. A garantire la regolarità delle operazioni ci sarà una vera e propria commissione elettorale composta da un presidente, un segretario e tre scrutatori, tutti volontari della comunità parrocchiale. Hanno diritto di voto - come precisa la nota dell'Ufficio pastorale diocesano - i battezzati che hanno compiuto 16 anni. Possono essere eletti coloro che ne hanno compiuto 18.

In tutta la diocesi le parrocchie che hanno diritto ai Consigli pastorali sono 97. Complessivamente dovrebbero venire elette circa mille, milleduecento persone.

Federico Frighi

10/01/2013 Libertà

lunedì 14 gennaio 2013

Cacciatore di autografi contro la droga

Si chiamerà Isiibook e sarà la vetrina dell'Isii Marconi con le foto e i curricula degli studenti che si sono diplomati. E' l'idea a cui sta lavorando l'infaticabile Maurizio Pavesi, il professore piacentino che dopo 39 anni di insegnamento e 3.500 studenti avviati alla matematica è andato in pensione alla fine del 2012.

«L'idea - spiega il prof - è di ricontattare gli studenti che hanno frequentato l'Itis, adesso Isii, per realizzare prima un libro cartaceo poi un'edizione elettronica. Una foto dello studente, un suo breve curriculum e cosa sta facendo in questo momento». L'obiettivo è di presentarlo ai genitori nell'ambito di "scuola aperta" «affinchè si tocchino con mano le potenzialità dell'istituto». «Il fine ultimo - confida - è quello di creare un movimento di ex allievi dell'istituito che possa davvero dare una mano alla scuola».
Sposato con la signora Paola, una figlia (Alessandra), Pavesi, nato 65 anni fa in via Sansone, da sempre nutre una vera e propria passione per la scuola. «L'ultimo giorno - racconta - quelli di prima, sulla lavagna, mi hanno accolto con la scritta "Pave sei uno di noi". Mi sono emozionato».
«Ho sempre cercato di avere un rapporto franco con gli studenti - spiega il suo metodo -. Prima di pubblicare le medie degli scrutini, ad esempio, facevo controllare loro i voti per essere sicuri che fossero corrette». Un antesignano del registro elettronico ma anche del tutoraggio: «Già nel 1990 mettevo vicino uno studente bravo di matematica ad uno meno bravo affinchè il primo potesse aiutare l'altro. Oppure facevo esercizi di matematica già svolti, li abbiamo chiamati di auto-aiuto, dove lo studente meno bravo poteva portarseli a casa e cercare di recuperare nella materia».
«Che scuola ho lasciato quando sono andato in pensione? - riflette -. Una scuola molto diversa. Solo all'Itis, dal 1984, ho visto tre presidi ed ho assistito ad un cambiamento notevole. Nel senso che purtroppo la scuola è stata abbandonata dalle istituzioni. Ho sempre sentito dai politici la promessa di fare qualche cosa per la scuola e per i giovani, ma alla fine si è sempre visto abbastanza poco». Si diceva di Isiibook, sulla falsa riga di Facebook. «Sì, perchè l'Isii Marconi ha ancora molto da dire a Piacenza - è convinto -. Non vorrei essere troppo partigiano ma anche noi abbiamo delle eccellenze, ragazzi che stanno facendo lavori in Microsof, chi con i tecnici del suono a livello europeo, chi nel campo della domotica».
Il professor Pavesi è conosciuto anche per il suo impegno nel volontariato. Alla metà degli anni Novanta ha messo in campo "Anche noi diamo un calcio alla droga" a favore del Ceis-La Ricerca di don Giorgio Bosini, trasformandosi, con il suo spirito da pitbull (uno che non molla mai), in cacciatore di autografi famosi di mezza serie A di calcio.
«Il pittore Franco Corradini regalò a don Giorgio un bozzetto - racconta -. Noi lo mettemmo sulla maglietta del Ceis e cominciammo a venderela per raccogliere fondi. Un giorno, assieme ad Elena Corona, ci venne l'idea di farlo firmare al Piacenza Calcio». Da Piovani ai grandi della seria A il passo fu breve. «Grazie al Piacenza, quando le squadre avversarie venivano da noi, andavamo negli alberghi a caccia di autografi sulle magliette». Gli aneddoti sono innumerevoli. Al Park Hotel Batistuta si beccò dal prof una severa ramanzina: «Ci fece aspettare mezz'ora, andò a prendere il caffè e si recò in camera. La cosa non ci fece piacere e io glielo dissi. Poi però firmò». Il più gentile Giacinto Facchetti: «Ci mise a disposizione tutta l'Inter per gli autografi». La sorpresa Franco Causio che allora giocava nell'Udinese: «Arrivammo in ritardo, ci fece trovare tutte le magliette firmate e piegate».
Oltre all'Isiibook il professor Pavesi ha aperto un nuovo fronte di solidarietà con la Ronda della Carità: «La cosa è nata per caso da un articolo su Libertà. Coinvolsi i miei studenti e riuscimmo a raccogliere sacchi a pelo per i senza fissa dimora».
Ancora sulla scuola: «E' stata la mia vita, da giovane andavo a casa e dicevo a mia moglie: "Mi piace, mi diverto, mi pagano anche, che cosa voglio di più? ". Oggi devo ringraziare tutto il personale e i miei colleghi che mi hanno sempre aiutato».
«Un augurio a questa scuola così disastrata? Che il mestiere dell'insegnante non sia così sottovalutato; passa per quello che fa 18 ore poi basta. Ma non è così. Pensate ai compiti che deve preparare e poi correggere, alle lezioni, al rapporto umano da gestire, perchè i ragazzi non sono macchine. Vorrei che il 2013 portasse l'uomo politico in generale a dare una mano ai giovani cominciando dalla scuola, dove il ragazzo passa sei ore al giorno della sua vita. Una scuola migliore potrebbe essere un buon inizio per aiutare i giovani di oggi».

Federico Frighi

03/01/2013 Libertà

domenica 13 gennaio 2013

Madre denuncia il figlio per salvarlo dalla droga

«Parlate, non abbiate vergogna di chiedere aiuto o perderete la vostra vita e vostro figlio! » E' un messaggio di speranza che arriva da una madre che sotto Natale si è vista prelevare dalla polizia il proprio figlio di 23 anni con problemi di droga: ricovero obbligatorio presso una struttura di recupero. Potrebbe sembrare una disgrazia. Per "madre coraggio" è una vittoria dopo un anno e mezzo di minacce (anche di morte), di violenze in casa, dopo una situazione che, iniziata sotto traccia, era divenuta insostenibile, fino a alla "denuncia" in questura. Piacentina, impiegata, madre di due figli: una giovane, sulla trentina, laureata, e un ragazzo, di 23, più attratto dal lavoro che dallo studio. Ma non era quello il problema.


«Avevo iniziato a vedere qualche cosa ai tempi delle Medie - racconta la signora -. Immaginavo fumasse già allora qualche canna; una volta avevo preso una telefonata ma avevano buttato giù... Poi alle superiori aveva iniziato a frequentare l'Alberghiero. Lo portavamo in macchina per essere sicuri che andasse veramente a scuola. Quando mio marito veniva via, lui saltava sul pullman e tornava in città».

«L'abbiamo convinto a fare due anni in un istituto professionale - prosegue la storia - ed era riuscito a finire il corso per montatore di macchine utensili. Lo hanno preso per uno stage in una grossa azienda piacentina, ma di lavoro neppure a parlarne».

La situazione è degenerata un anno e mezzo fa quando sono scoppiate le crisi di astinenza: «Voleva più soldi. Scardinava le porte di casa, dava testate contro mio marito; un giorno ha preso il coltello da cucina e mi ha detto che avessi chiamato il dottore sarei morta».

Inizia un cammino difficile, tra gli specialisti di tossicodipendenze: «Una mia collega mi ha suggerito di fargli fare una visita da un medico che lo ha poi inviato al Centro di salute mentale. Probabilmente avrebbero potuto affidarlo subito al Sert dove c'è lo specialista della doppia diagnosi. Invece lo hanno bombardato di farmaci e mio figlio usciva più innervosito di prima; mi dicevano che le canne erano l'ultimo problema... In realtà le cose andavano sempre peggio, il consumo di cannabinoidi cresceva, i casi di violenza in casa aumentavano, tanto che io sono dovuta stare per tre mesi da mia figlia e da mia suocera perchè ero diventata il principale bersaglio di mio figlio».

«Quando entravo in casa - ricorda - sembrava si accendesse un videogioco di distruzione. Io per lui sono quella che ha fatto cinque esposti al questore, quella che lo ha fatto andare in diagnosi e cura». Era arrivato ad un punto di non ritorno ed aveva sostituito l'hashish alla marijuana. «Ne consumava quantità industriali fino ad arrivare a spendere 600-700 euro al mese. Mi chiede dove trovava i soldi? Glieli davamo noi, per tutto un anno».

«All'inizio pensavamo che una canna o due fossero solo una ragazzata - ammette l'errore comune -. Non è stato così. I medici dicevano che il problema era psichiatrico: disturbo della personalità a tratti con possibili reazioni anche violente. Da qui sarebbe arrivata la droga. Noi abbiamo sempre pensato il contrario: dalla droga ai disturbi. Intanto dal Centro di salute mentale è stato mandato al Sert».

Decisivo è stato l'intervento della questura: «Non ce la facevo più e sono andata in viale Malta dove ho fatto cinque esposti, il primo a giugno 2012. Ho scritto pagine in cui raccontavo quello che stava accadendo. Ad un certo punto, d'ufficio, tutti i miei esposti sono finiti in Procura. Mi hanno preso sotto la loro ala protettrice la dirigente Maria Pia Romita e l'ispettore capo Tiziana Sartori che non finirò mai di ringraziare assieme agli agenti delle volanti. Lei non ci crederà, ma in questura ho trovato della gente formidabile, sia dal punto professionale sia dal punto umano».

Il figlio finisce alla Novate. Per tre mesi. «Forse sarebbe stato meglio meno - dice la madre -. Il problema è che in carcere si sono scambiati i farmaci: io ti dò le tue 80 gocce di Entumin e tu mi dai il tuo Seroquel... tritavano lo Stilnox per dormire e lo sniffavano con il naso». Alla fine è stato scarcerato e sotto Natale lo hanno portato in una comunità di recupero in Piemonte.

«Mio figlio mi ha dato tutta la colpa, ma fa lo stesso. La mia speranza è che lo facciano riflettere. E' un ragazzo bello, alto, ha il futuro davanti. Però quando torna dovrà trovare un lavoro, anche pesante, ma un lavoro». Un consiglio ha chi sta vivendo lo stesso problema: «Parlare, senza vergognarsi, rivolgersi alle istituzioni (Sert e Csm), poi alla questura».

E' forte "mamma coraggio": un donnone tutto d'un pezzo che sorride dello scampato pericolo quando racconta i particolari efferati con cui il figlio (con il coltello in mano) l'ha minacciata di morte. «Spero che il 2013 vada un filino meglio del 2012, solo un filino - si accontenta -. Spero che mio figlio torni a casa consapevole che ha usato delle cose che non doveva usare. Ho un peso qui - si tocca il cuore - ma sono contenta perchè ora so che è protetto e che lo stanno curando. Però mi manca molto... ». Si commuove. «Il 31 dicembre gli ho telefonato per fargli gli auguri. "Ma che auguri! " Mi ha risposto arrabbiato. "Beh, insomma, io te li faccio lo stesso" gli ho replicato io. Poi ho messo giù perchè non voglio farmi vedere piangere».

Federico Frighi

02/01/2013 Libertà

sabato 12 gennaio 2013

Ambrosio: il lavoro è la chiave della questione sociale

Sacricorridoi riprende dopo un periodo di vacanza. Ci piace pubblicare come auspicio per il 2013 l'articolo apparso su Libertà relativo all'omelia del vescovo Gianni Ambrosio il primo giorno dell'anno.

Una sempre più fattiva collaborazione tra tutte le forze della società civile di fronte alla crisi economica. E' l'auspicio del vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, durante l'omelia della messa d'inizio anno in cattedrale. Un'omelia nella Giornata della Pace centrata sui grandi temi chiave di questo 2013 appena iniziato: il lavoro per tutti, il valore della vita e della concordia tra i popoli, la sfida educativa. Per questo monsignor Ambrosio ha evidenziato come il messaggio di papa Benedetto XVI per la pace inviti «ad invocare "il prezioso dono della pace" tra i diversi popoli e all'interno delle nazioni, nelle città e nelle famiglie. Preghiamo in modo particolare per quei Paesi, come la Nigeria, in cui continua il massacro dei cristiani».


Nel giorno dedicato a Maria, madre di Gesù, il vescovo ha esortato a porre «sotto la sua protezione il tempo che sta davanti a noi, perché sia "l'anno del Signore", l'anno della fede nel Signore». «In Maria - ha osservato Ambrosio - possiamo scorgere la missione propria di ogni famiglia, chiamata a donare vita e amore ai figli, a custodire e a trasmettere i grandi valori della vita umana, a testimoniare e diffondere la fede che sa custodire la benedizione di Dio. Così la narrazione della vita passa da una generazione all'altra, senza interrompersi, grazie all'impegno educativo che è sempre più urgente e coinvolge non solo la famiglia ma anche la scuola, la comunicazione sociale, la società tutta: il futuro di nostri ragazzi e dei nostri giovani dipendono dalla sapienza educativa, dal coraggio di far fronte alla sfida educativa con una proposta seria e intelligente di vita e di cultura».

A Maria ci si rivolge con fiducia «per far fronte alle attuali difficoltà sociali ed economiche. Preghiamo perché tutti abbiano a cuore il valore centrale del lavoro, la sua importanza per la vita personale e sociale, la sua grande dignità. Conosciamo il dramma di molti che hanno perso, o rischiano di perdere, il lavoro, la stessa pace familiare. Ci vuole sia una più grande stima del lavoro da parte di tutti sia una più fattiva collaborazione di tutti perché si possano trovare soluzioni che tengano conto che "il lavoro umano è una chiave, e probabilmente la chiave essenziale, di tutta la questione sociale, se cerchiamo di vederla veramente dal punto di vista del bene dell'uomo", come affermava il beato Giovanni Paolo II (Laborem Exercens). Sul tema anche Papa Benedetto XVI insiste nel Messaggio per la Giornata della Pace: è necessaria "una rinnovata considerazione del lavoro, basata su principi etici e valori spirituali, che ne irrobustisca la concezione come bene fondamentale per la persona, la famiglia, la società"».

Il 31 dicembre, durante il rito del Te Deum di ringraziamento, ricordando, tra l'altro, il terremoto in Emilia, il vescovo ha evidenziato come i «giorni difficili, insieme a giorni più felici, sono le tappe del nostro pellegrinaggio verso la pienezza della vita, nel mistero dell'amore di Dio».

Federico Frighi

02/01/2013 Libertà