L'unico stridore nel pellegrinaggio computerizzato di fine millennio
è il vecchio pullman del “Centro Manfredini” di via Beati. A metà fra lo
scuolabus e le corriere che giravano per la provincia nei primi anni '70,
lo sgangherato torpedone blu, guidato dal prete in persona (don Angelo
Bortolotti), alla fine ce l'ha fatta e, sbuffando, è arrivato pure lui
a Torino. Neppure troppo indietro rispetto ai nove pullman granturismo
affittati dalla diocesi. Per il resto l'ostensione di fine millennio è
tutta proiettata verso il futuro. Prima di tutto l'accesso limitato e a
numero chiuso: 50 mila persone al giorno. Non una di più. Senza il tagliando
bianco (è gratuito) non c'è verso di entrare. Si prenota attraverso un
numero verde oppure “navigando”in Internet. Addio anche alle lunghe code
massacranti sotto il sole o la pioggia di Torino. Stavolta c'è un tunnel
formato da gazebo bianchi che corre in mezzo ai freschi giardini reali
e ogni tanto anche panchine di legno su cui riposare. Ti metti in fila
e scopri un'altra novità: non ci sono giapponesi. I visitatori sono quasi
tutti italiani e in maggioranza pellegrini. Vengono da ogni parte d'Italia.
Il gruppo che precede i piacentini è di un comune del torinese, Torsello,
distante dal capoluogo piemontese come Rivergaro lo è da Piacenza. Sono
arrivati in 500 e ritorneranno nelle loro case rigorosamente a piedi. «
Per fare penitenza», dice il prete che li guida. La coda procede veloce
fra pannelli appesi che raffigurano le ostensioni svoltesi a Torino negli
anni passati (dalla prima, nel 1578, a quella del 1978) e cartelli che
invitano al silenzio e al raccoglimento. Tra le barriere di controllo.
All'ultima se non si ha il codice giusto non si passa. Il percorso didattico
ha il suo culmine nella sale di prelettura, dove un filmato mostra il lenzuolo
della Sindone a grandezza naturale e ne illustra i segni impressi in negativo.
Poi l'ingresso in duomo da una porta laterale dopo aver visto i ponteggi
attorno alla cupola ancora sotto restauro in seguito al furioso incendio
dell'11 aprile scorso. Nella penombra spunta la teca illuminata. La Sindone,
un telo rettangolare di 4 metri e mezzo per uno e dieci, è lì, racchiusa
in un sarcofago di vetro da quasi quattro tonnellate. Stavolta l'hanno
realizzato anti-tutto: furto, incendio, terremoto, bombe. Intorno alla
teca tutto un drappeggio di velluti viola, il colore della liturgia. A
gruppi di 50 ci si ferma per circa due minuti. Giusto il tempo per uno
preghiera e un'emozione. Alla fine si esce nel cortile del palazzo reale:
un'ora di visita è terminata l'ostensione più veloce del millennio.
F.Fr.
Da Libertà, 26 aprile 1998
domenica 11 aprile 2010
Sindone, 12 anni fa andò così /1
Commozione, incredulità, lacrime sui volti della gente all'uscita dal
duomo di Torino. Potenza della Sindone, il lenzuolo in cui la tradizione,
ma non la scienza, vuole avvolto il corpo di Gesù morto in croce. Al pellegrinaggio
organizzato dalla diocesi per l'ostensione di fine millennio era tutto
esaurito già da tempo: dieci pullman, oltre cinquecento persone provenienti
per lo più da Piacenza, Vigolzone e Borgonovo. Molti quelli che sono dovuti
rimanere a casa.
Primo dei piacentini ad entrare nella cappella della
Sindone è stato il vescovo Luciano Monari, accompagnato dal segretario
don Giuseppe Basini. «La Sindone è un aiuto a contemplare e a guardare
il Cristo - ha detto il vescovo nell'omelia officiata nella chiesa di Santa
Giulia all'arrivo del pellegrinaggio -. Su quel telo si possono vedere
i segni della sofferenza di Cristo che sono i nostri peccati». Per monsignor
Monari si è trattato del battesimo dell'ostensione. Mai era stato a Torino
a vedere il “sacro lenzuolo”. Chi ci è già stato nel 1978 è invece l'avvocato
Andrea Losi che nel tempo ha maturato sempre più la convinzione dell'autenticità
della Sindone. Il principe del foro si augura che la scienza riesca a provare
quello che la Chiesa non è ancora riuscita a definire. «Per me - ammette
Losi - è veramente il sudario di Cristo. È un fatto straordinario». Profondamente
commossa la moglie, Bianca Luppi: «Qui c'è stato avvolto il Salvatore»,
dice sottovoce. C'era già stato anche nel '78 ma è voluto ritornare. Pierino
Monticelli, 60 anni: «È sempre impressionante vederla - rivela -. Quello
è il corpo di uno che ha le stesse ferite di Gesù». Per Paola Brandini
è invece la prima volta. «Sono emozionata - balbetta la signora -. È un
momento indescrivibile». Non trova le parole neppure Laura Raimondi che
alla fine commenta: «La Sindone fa venire in mente le sofferenze del mondo».
«Ho ripensato alla passione del Signore e al Venerdì Santo», rivela a caldo
un'altra signora, Piera Corona, mentre è ancora in duomo. «Papà, posso
toccarla?».
A fare l'improponibile domanda è Carlo Braghieri, 7 anni,
che lunedì dovrà portare alla maestra una dettagliata relazione. Scontata
la risposta. L'ultima ostensione del millennio ha raccolto consensi anche
per l'organizzazione- «Nel '78 arrivavi direttamente davanti alla Sindome
senza alcuna preparazione - ricorda Luigi Rizzi, 51 anni, di Gropparello
- Oggi c'è che ti aiuta a capire».
Tutti escono dal duomo soddisfatti,
compresi i più anziani. «È tutta un'altra cosa rispetto alla ostensione
del '78 - inizia il suo monologo Carla Cella -. Allora aspettammo due ore
sotto il sole e in mezzo alla polvere». L'unico neo nell'organizzazione
lo trova Magda Pagani, «Avrei voluto avere più tempo a disposizione e una
maggiore possibilità di raccoglimento». E come darle torto. I famosi due
minuti davanti alla Sindone in realtà erano cumulativi: una sosta in compagnia
di una cinquantina di persone fra spintoni e raffiche di scatti di macchine
fotografiche senza flash.
Federico Frighi
Da Libertà, 26 aprile 1998
duomo di Torino. Potenza della Sindone, il lenzuolo in cui la tradizione,
ma non la scienza, vuole avvolto il corpo di Gesù morto in croce. Al pellegrinaggio
organizzato dalla diocesi per l'ostensione di fine millennio era tutto
esaurito già da tempo: dieci pullman, oltre cinquecento persone provenienti
per lo più da Piacenza, Vigolzone e Borgonovo. Molti quelli che sono dovuti
rimanere a casa.
Primo dei piacentini ad entrare nella cappella della
Sindone è stato il vescovo Luciano Monari, accompagnato dal segretario
don Giuseppe Basini. «La Sindone è un aiuto a contemplare e a guardare
il Cristo - ha detto il vescovo nell'omelia officiata nella chiesa di Santa
Giulia all'arrivo del pellegrinaggio -. Su quel telo si possono vedere
i segni della sofferenza di Cristo che sono i nostri peccati». Per monsignor
Monari si è trattato del battesimo dell'ostensione. Mai era stato a Torino
a vedere il “sacro lenzuolo”. Chi ci è già stato nel 1978 è invece l'avvocato
Andrea Losi che nel tempo ha maturato sempre più la convinzione dell'autenticità
della Sindone. Il principe del foro si augura che la scienza riesca a provare
quello che la Chiesa non è ancora riuscita a definire. «Per me - ammette
Losi - è veramente il sudario di Cristo. È un fatto straordinario». Profondamente
commossa la moglie, Bianca Luppi: «Qui c'è stato avvolto il Salvatore»,
dice sottovoce. C'era già stato anche nel '78 ma è voluto ritornare. Pierino
Monticelli, 60 anni: «È sempre impressionante vederla - rivela -. Quello
è il corpo di uno che ha le stesse ferite di Gesù». Per Paola Brandini
è invece la prima volta. «Sono emozionata - balbetta la signora -. È un
momento indescrivibile». Non trova le parole neppure Laura Raimondi che
alla fine commenta: «La Sindone fa venire in mente le sofferenze del mondo».
«Ho ripensato alla passione del Signore e al Venerdì Santo», rivela a caldo
un'altra signora, Piera Corona, mentre è ancora in duomo. «Papà, posso
toccarla?».
A fare l'improponibile domanda è Carlo Braghieri, 7 anni,
che lunedì dovrà portare alla maestra una dettagliata relazione. Scontata
la risposta. L'ultima ostensione del millennio ha raccolto consensi anche
per l'organizzazione- «Nel '78 arrivavi direttamente davanti alla Sindome
senza alcuna preparazione - ricorda Luigi Rizzi, 51 anni, di Gropparello
- Oggi c'è che ti aiuta a capire».
Tutti escono dal duomo soddisfatti,
compresi i più anziani. «È tutta un'altra cosa rispetto alla ostensione
del '78 - inizia il suo monologo Carla Cella -. Allora aspettammo due ore
sotto il sole e in mezzo alla polvere». L'unico neo nell'organizzazione
lo trova Magda Pagani, «Avrei voluto avere più tempo a disposizione e una
maggiore possibilità di raccoglimento». E come darle torto. I famosi due
minuti davanti alla Sindone in realtà erano cumulativi: una sosta in compagnia
di una cinquantina di persone fra spintoni e raffiche di scatti di macchine
fotografiche senza flash.
Federico Frighi
Da Libertà, 26 aprile 1998
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