La povertà in tempo di crisi cambia volto e si ramifica nel territorio. Se ne è parlato nel convegno delle Caritas parrocchiali.
Oltre 61mila contatti ai centri di ascolto, 77mila alle strutture di assistenza sociale residenziale, 50mila ai centri diurni per anziani. I numeri, relativi al solo 2010 e alla provincia di Piacenza, danno l'idea di come la povertà, in tempo di crisi, sia diffusa e ramificata sul territorio. La Chiesa, con le sue strutture, parrocchie incluse, mette insieme un piccolo esercito di 69 realtà - dalla Mensa della Fraternità di via San Vincenzo all'ambulatorio San Camillo di via Genocchi - sostenute dalla carità cristiana, dall'amore preferenziale per i poveri e per gli ultimi, «imparando a riconoscere la presenza di Dio nell'affamato e nell'assetato, nello straniero e nel carcerato, nell'ammalato e in ogni bisognoso». Lo dice il numero 39 degli Orientamenti pastorali della Cei, Educare alla vita buona del Vangelo.
Lo ribadisce il vescovo Gianni Ambrosio al convegno annuale della Caritas parrocchiali ieri mattina nell'Oratorio Ragazzi del Brentei (Nostra Signora di Lourdes). I saluti dell'assessore comunale Giovanna Palladini, del presidente della Provincia, Massimo Trespidi, del direttore della Caritas diocesana, Giuseppe Chiodaroli. Poi il vescovo Ambrosio ringrazia l'impegno e la dedizione delle Caritas. Osserva come si debba partire dalle «relazioni buone», senza le quali non c'è la vita. «Non vi è vita sociale, ma solo la lotta tra individui, tra interessi in conflitto e comportamenti opportunistici». «In tempi di crisi generalizzata - evidenzia Ambrosio - la nostra vita ha bisogno che si coltivi l'amicizia, la fiducia, la cooperazione, la reciprocità tra persone. Credo che questo sia il servizio più prezioso che possiamo e dobbiamo offrire come comunità cristiana». In queste relazioni buone, prosegue il presule, vanno inserite anche le opere di carità scrollando «la polvere che può essersi depositata, impedendo di arrivare a riconoscerne l'origine, il significato, la finalità». Ma l'amore per il prossimo ha anche bisogno di «organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato» dice Ambrosio citando Benedetto XVI. Ecco che serve una Consulta diocesana delle opere socio-assistenziali: «Segno di comunione ecclesiale ed operativa per un coordinamento ed una pastorale d'insieme».
Il convegno è l'occasione per presentare il Dossier 2011 "La povertà in tempo di crisi", realizzato dall'Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas diocesana di Piacenza-Bobbio in collaborazione con l'Osservatorio delle Politiche Sociali della Provincia di Piacenza. Un documento che ingloba e aggiorna i dati diocesani del censimento 2009 delle Opere sanitarie e sociali ecclesiali in Italia, quest'ultimo presentato da Walter Nanni, della Caritas Italiana. Delle 69 strutture ecclesiali piacentine - come spiega Massimo Magnaschi della Caritas di Piacenza-Bobbio - il 73% è operante in campo sociale, mentre il restante 27% è suddiviso tra assistenza socio-sanitaria o sociale, socio sanitaria e sanitaria. Tra le 14 diocesi dell'Emilia-Romagna Piacenza si colloca all'ottavo posto in fatto di strutture, davanti alle 67 di Ferrara-Comacchio e subito dietro alle 75 di Ravenna-Cervia. Il primo è occupato da Reggio Emilia-Guastalla con 352, l'ultimo da San Marino-Montefeltro che ha solo una struttura sociale ecclesiale. Nelle 69 strutture piacentine operano 942 volontari e 858 lavoratori retribuiti. I religiosi sono 67 e rappresentano il 4% del totale. Inferiore all'uno per cento la percentuale dei volontari del Servizio Civile.
Federico Frighi
23/10/2011 Libertà