Avviso ai naviganti: questo è un testo del 2004
che inserisco nell'archivio del blog
Il rito del matrimonio parla piacentino
da Libertà, 25 maggio 2004
Non più «ti prendo come mia sposa» ma «accolgo te come mia sposa». Parla piacentino la “riforma” del rito del matrimonio cattolico che sarà operativa dal prossimo autunno. “Padre” della piccola rivoluzione è monsignor Giuseppe Busani, sacerdote della diocesi di Piacenza-Bobbio prestato nel '97 a Roma dove è divenuto direttore dell'Ufficio Liturgico nazionale della Conferenza Episcopale Italiana. Dallo scorso febbraio monsignor Busani è anche vicario episcopale del vescovo Luciano Monari con la delega per la pastorale. «La parola chiave è adattamento del rito del matrimonio - precisa monsignor Busani dal suo studio romano -; è lasciato alle varie conferenze episcopali il compito di tradurre il testo latino e la possibilità di adattarlo alle mutate realtà nazionali». Ed è proprio quello che la Cei ha fatto con il matrimonio. Una riforma che si presenta come il fiore all'occhiello dei sette anni di Busani a Roma. Il monsignore tra un mese lascierà ufficialmente l'incarico alle dirette dipendenze del cardinale Ruini - il suo sostituto è già stato nominato - per rientrare a tempo pieno nella diocesi piacentina.
«Se tutto va bene il rito nuovo sarà stampato alla fine di autunno ed entrerà in vigore con il prossimo avvento: a fine novembre od inizio dicembre». Una fatica durata sette anni di lavoro. Busani ha coordinato le proposte dei vari studiosi di pastorale matrimoniale e biblisti italiani. La prima bozza di documento è poi passata al vaglio dei vescovi che hanno presentato i vari emendamenti. Infine è arrivato il benestare del Vaticano. «E' stato il frutto di un grande dialogo che ha coinvolto a vari livelli la Chiesa italiana» spiega Busani. Ma perché la necessità di adattare il momento del sì? «Per un'attenzione rispettosa della situazione di fede e di vita di coloro che chiedono il matrimonio - evidenzia -. Attualmente in Italia il numero dei battezzati è ancora maggioritario ma, se da un lato sono una minoranza coloro che fanno un cammino di fede e di preparazione al sacramento, dall'altro tutti hanno diritto al matrimonio cattolico». Il vecchio rito poi, secondo Busani, non risultava totalmente espressivo del percorso seguito dai cosiddetti “praticanti”, per i quali è stato particolarmente arricchito. Prima di tutto nel rinnovamento del linguaggio. “Accolgo e non prendo”. «Oggi prendere nell'accezione comune significa comperare, rapire, afferrare, dà l'idea del possesso. Accolgo fa invece percepire che siamo davanti ad un'altra persona la quale deve essere vista come un dono, un dono che proviene da Dio». Subito dopo è la volta della promessa che non è più frutto solo della volontà del singolo ma della grazia del Signore. Con il secondo capitolo della “riformina” «viene data la possibilità del matrimonio anche a coloro che non hanno seguito un percorso di chiesa: non c'è la comunione ma solo la liturgia della Parola. E' un matrimonio in vista dell'eucarestia, non a caso agli sposi viene consegnata la Bibbia». La scelta di questo rito viene fatta insieme da sposi e sacerdoti. E' il rito tipico, ad esempio, tra cristiani e protestanti. Il terzo capitolo prevede il matrimonio tra battezzati e non battezzati. Ad esempio con ebrei, musulmani, induisti. «La caratteristica è l'essenzialità. La liturgia della parola è più sobria».
«Se tutto va bene il rito nuovo sarà stampato alla fine di autunno ed entrerà in vigore con il prossimo avvento: a fine novembre od inizio dicembre». Una fatica durata sette anni di lavoro. Busani ha coordinato le proposte dei vari studiosi di pastorale matrimoniale e biblisti italiani. La prima bozza di documento è poi passata al vaglio dei vescovi che hanno presentato i vari emendamenti. Infine è arrivato il benestare del Vaticano. «E' stato il frutto di un grande dialogo che ha coinvolto a vari livelli la Chiesa italiana» spiega Busani. Ma perché la necessità di adattare il momento del sì? «Per un'attenzione rispettosa della situazione di fede e di vita di coloro che chiedono il matrimonio - evidenzia -. Attualmente in Italia il numero dei battezzati è ancora maggioritario ma, se da un lato sono una minoranza coloro che fanno un cammino di fede e di preparazione al sacramento, dall'altro tutti hanno diritto al matrimonio cattolico». Il vecchio rito poi, secondo Busani, non risultava totalmente espressivo del percorso seguito dai cosiddetti “praticanti”, per i quali è stato particolarmente arricchito. Prima di tutto nel rinnovamento del linguaggio. “Accolgo e non prendo”. «Oggi prendere nell'accezione comune significa comperare, rapire, afferrare, dà l'idea del possesso. Accolgo fa invece percepire che siamo davanti ad un'altra persona la quale deve essere vista come un dono, un dono che proviene da Dio». Subito dopo è la volta della promessa che non è più frutto solo della volontà del singolo ma della grazia del Signore. Con il secondo capitolo della “riformina” «viene data la possibilità del matrimonio anche a coloro che non hanno seguito un percorso di chiesa: non c'è la comunione ma solo la liturgia della Parola. E' un matrimonio in vista dell'eucarestia, non a caso agli sposi viene consegnata la Bibbia». La scelta di questo rito viene fatta insieme da sposi e sacerdoti. E' il rito tipico, ad esempio, tra cristiani e protestanti. Il terzo capitolo prevede il matrimonio tra battezzati e non battezzati. Ad esempio con ebrei, musulmani, induisti. «La caratteristica è l'essenzialità. La liturgia della parola è più sobria».
Federico Frighi