mercoledì 24 ottobre 2007

Matrimonio, la riforma di Busani

Avviso ai naviganti: questo è un testo del 2004

che inserisco nell'archivio del blog


Il rito del matrimonio parla piacentino


da Libertà, 25 maggio 2004


Non più «ti prendo come mia sposa» ma «accolgo te come mia sposa». Parla piacentino la “riforma” del rito del matrimonio cattolico che sarà operativa dal prossimo autunno. “Padre” della piccola rivoluzione è monsignor Giuseppe Busani, sacerdote della diocesi di Piacenza-Bobbio prestato nel '97 a Roma dove è divenuto direttore dell'Ufficio Liturgico nazionale della Conferenza Episcopale Italiana. Dallo scorso febbraio monsignor Busani è anche vicario episcopale del vescovo Luciano Monari con la delega per la pastorale. «La parola chiave è adattamento del rito del matrimonio - precisa monsignor Busani dal suo studio romano -; è lasciato alle varie conferenze episcopali il compito di tradurre il testo latino e la possibilità di adattarlo alle mutate realtà nazionali». Ed è proprio quello che la Cei ha fatto con il matrimonio. Una riforma che si presenta come il fiore all'occhiello dei sette anni di Busani a Roma. Il monsignore tra un mese lascierà ufficialmente l'incarico alle dirette dipendenze del cardinale Ruini - il suo sostituto è già stato nominato - per rientrare a tempo pieno nella diocesi piacentina.
«Se tutto va bene il rito nuovo sarà stampato alla fine di autunno ed entrerà in vigore con il prossimo avvento: a fine novembre od inizio dicembre». Una fatica durata sette anni di lavoro. Busani ha coordinato le proposte dei vari studiosi di pastorale matrimoniale e biblisti italiani. La prima bozza di documento è poi passata al vaglio dei vescovi che hanno presentato i vari emendamenti. Infine è arrivato il benestare del Vaticano. «E' stato il frutto di un grande dialogo che ha coinvolto a vari livelli la Chiesa italiana» spiega Busani. Ma perché la necessità di adattare il momento del sì? «Per un'attenzione rispettosa della situazione di fede e di vita di coloro che chiedono il matrimonio - evidenzia -. Attualmente in Italia il numero dei battezzati è ancora maggioritario ma, se da un lato sono una minoranza coloro che fanno un cammino di fede e di preparazione al sacramento, dall'altro tutti hanno diritto al matrimonio cattolico». Il vecchio rito poi, secondo Busani, non risultava totalmente espressivo del percorso seguito dai cosiddetti “praticanti”, per i quali è stato particolarmente arricchito. Prima di tutto nel rinnovamento del linguaggio. “Accolgo e non prendo”. «Oggi prendere nell'accezione comune significa comperare, rapire, afferrare, dà l'idea del possesso. Accolgo fa invece percepire che siamo davanti ad un'altra persona la quale deve essere vista come un dono, un dono che proviene da Dio». Subito dopo è la volta della promessa che non è più frutto solo della volontà del singolo ma della grazia del Signore. Con il secondo capitolo della “riformina” «viene data la possibilità del matrimonio anche a coloro che non hanno seguito un percorso di chiesa: non c'è la comunione ma solo la liturgia della Parola. E' un matrimonio in vista dell'eucarestia, non a caso agli sposi viene consegnata la Bibbia». La scelta di questo rito viene fatta insieme da sposi e sacerdoti. E' il rito tipico, ad esempio, tra cristiani e protestanti. Il terzo capitolo prevede il matrimonio tra battezzati e non battezzati. Ad esempio con ebrei, musulmani, induisti. «La caratteristica è l'essenzialità. La liturgia della parola è più sobria».

Federico Frighi

Diocesi, monsignor Ferrari si presenta

Diocesi, nominato il reggente
Monsignor Ferrari nuovo amministratore

da Libertà, 24 ottobre 2007

Monsignor Lino Ferrari è il nuovo amministratore della diocesi di Piacenza-Bobbio. Lo ha eletto ieri mattina il collegio dei consultori riunitosi nel salone degli affreschi al primo piano della Curia. Monsignor Ferrari, 60 anni, ex vicario generale - assume le funzioni di reggente dopo la partenza del vescovo Luciano Monari. Rimarrà in carica durante la vacanza della diocesi, fino alla presa di possesso del nuovo vescovo diocesano e potrà svolgere solo funzioni di ordinaria amministrazione. Per governare la Chiesa piacentino-bobbiense si avvarrà del collegio dei consultori: dieci sacerdoti (compreso monsignor Ferrari) che rappresentano una sorta di parlamentino provvisorio. Tutti gli altri organi - il consiglio presbiterale e quello pastorale -, con la decadenza di monsignor Monari da vescovo prima e da amministratore apostolico poi, sono considerati sciolti. Il collegio dei consultori è attualmente composto da monsignor Lino Ferrari, monsignor Giuseppe Busani, monsignor Aldo Maggi, monsignor Gianni Vincini, monsignor Giuseppe Illica, don Gianrico Fornasari, don Piero Lezoli, don Luigi Bavagnoli, don Silvio Pasquali, don Giuseppe Rigolli.Appena eletto, ieri mattina, l’amministratore diocesano monsignor Ferrari - come prevede il codice di diritto canonico - ha emesso nella cappella vescovile la professione di fede. Dell’avvenuta elezione il cancelliere vescovile don Mario Poggi ha dato comunicazione al cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, a monsignor Giuseppe Bertello, nunzio apostolico in Italia, a monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, a monsignor Benito Cocchi, arcivescovo e metropolita di Modena, sotto la cui giurisdizione dipende la diocesi di Piacenza-Bobbio. Successivamente è stata data comunicazione anche al prefetto di Piacenza, Alberto Ardia. Infine, con un comunicato stampa, è stata informata la comunità diocesana. «Ho accolto questa nomina con un po’ di trepidazione - confessa monsignor Ferrari davanti ai microfoni - per me è un’esperienza nuova, quello che mi dà conforto è la presenza dei miei collaboratori, soprattutto di monsignor Busani, con il quale abbiamo condiviso in questi anni la vicinanza al vescovo Monari». Ferrari non nasconde affatto il peso della responsabilità in un momento come questo: «Rivivo un po’ quell’ansia (credo sia naturale) che provavo, appena nominato vicario, quando il vescovo si assentava per una settimana per predicare gli esercizi spirituali o per andare alla Cei. Poi mi sono abituato». Oggi la situazione è però decisamente cambiata: «Allora lui c’era e potevo raggiungerlo per telefono. Oggi non c’è e la responsabilità è sulle mie spalle. Accetto comunque serenamente questo incarico con spirito di servizio». «A ciascuno dei figli della nostra Chiesa piacentino-bobbiese - continua - chiedo il conforto della preghiera; per tutti assicuro il ricordo nella celebrazione dell’eucaristia». Don Lino, anche da amministratore diocesano, non cambierà le proprie abitudini: «Al mattino in Curia per ricevere i laici e i sacerdoti e per coordinare gli uffici. Di pomeriggio e nelle giornate festive nei vari punti della diocesi per le celebrazioni».La prima uscita ufficiale da capo provvisorio della diocesi sarà domenica mattina ad Agazzano per la festa delle famiglie; al pomeriggio accompagnerà l’ingresso del nuovo parroco di Metti, don Franco Cattivelli. Il lavoro quotidiano dell’amministratore diocesano è finalizzato all’arrivo del nuovo vescovo. «Prepariamoci all’arrivo del nuovo pastore - esorta - non tanto con il totovescovo ma chiedendoci che cosa dobbiamo cambiare per essere davvero una buona famiglia quando sarà il momento di accoglierlo». Sui tempi, monsignor Ferrari non si sbilancia: «Speravamo che l’annuncio venisse dato in questi giorni. Il nostro auspicio è che il nuovo pastore possa arrivare entro Natale».

Federico Frighi

Il profilo di monsignor Lino Ferrari

Dalla Val Taro ai vertici della Chiesa piacentina

da Libertà, 24 ottobre 2007

Monsignor Lino Ferrari è originario di Albareto (Parma) dove è nato il 18 dicembre 1947; ha completato i suoi studi al Collegio Alberoni ed è stato ordinato sacerdote l’11 luglio 1971 a Bedonia. Subito ha iniziato il proprio servizio pastorale come curato nella parrocchia cittadina del Preziosissimo Sangue; il 1° ottobre 1977 è stato nominato direttore spirituale del seminario di Bedonia e curato nella parrocchia dello stesso centro; nel 1981 gli è stato affidato l’incarico di pro-rettore del seminario di Bedonia; cappellano di Sua Santità il 16 giugno 1994 (con il titolo di monsignore), il 30 giugno 1997 come parroco in solido è stato chiamato alla guida della parrocchia cittadina di Nostra Signora di Lourdes. Nel 1999 il vescovo Luciano Monari gli ha affidato anche la responsabilità del Centro Diocesano Vocazionale e il 23 gennaio 2004, sempre monsignor Monari, lo ha nominato vicario generale della diocesi di Piacenza-Bobbio in sostituzione di monsignor Antonio Lanfranchi, eletto vescovo della diocesi di Cesena-Sarsina. Dal 21 dicembre 2004 è canonico della cattedrale. Sacerdote umile, pacato, è stato docente di religione alle scuole medie inferiori. A Bedonia ha ristrutturato il seminario vescovile rendendolo un punto di riferimento per le popolazioni non solo della Valtaro che, pur essendo in provincia di Parma, è diocesi di Piacenza-Bobbio.

I poteri dell'amministratore diocesano


Dall'ordinarietà agli archivi segreti
La nomina di monsignor Lino Ferrari


da Libertà, 24 ottobre 2007


Che cosa può fare l’amministratore diocesano? Lo spiega il cancelliere della diocesi di Piacenza-Bobbio, don Mario Poggi. «Assume la potestà ordinaria e propria sulla diocesi dal momento dell’accettazione della sua elezione - fa sapere -. Da tale potestà è da ritenersi escluso tutto ciò che non gli compete per la natura delle cose o per disposizione del diritto».«Appena eletto, deve emettere la professione di fede davanti al collegio dei consultori. Dell’avvenuta elezione viene data comunicazione alla Santa Sede, alla nunziatura apostolica in Italia, alla presidenza della Conferenza episcopale italiana, al metropolita. Dal momento in cui ha assunto la guida della diocesi, l’amministratore è tenuto a tutti gli obblighi del vescovo diocesano, in particolare deve osservare la legge della residenza in diocesi ed applicare ogni domenica e nei giorni di precetto la messa per il popolo». «Nel periodo in cui regge la diocesi è membro della Conferenza episcopale italiana con voto deliberativo, ad eccezione delle dichiarazioni dottrinali».Ancora: «Un noto brocardo giuridico recita “sede vacante nihil innovetur”, pertanto tale principio sembra guidare l’operato dell’amministratore diocesano, il quale deve garantire la gestione ordinaria della diocesi, senza compiere atti che potrebbero rivelarsi pregiudizievoli per la diocesi stessa e per il vescovo diocesano. Pertanto l’amministratore diocesano può confermare o istituire i presbiteri che siano stati legittimamente eletti o presentati per una parrocchia. Solo dopo un anno di sede vacante può nominare i parroci, ma non può affidare parrocchie ad un istituto religioso o società di vita apostolica. Può amministrare la cresima e può concedere ad un altro presbitero la facoltà di amministrarla. L’amministratore diocesano può rimuovere, per giusta causa, i vicari parrocchiali». «I limiti della potestà dell’amministratore diocesano si ravvisano nell’obbligo di custodire con particolare diligenza i documenti della Curia diocesana, senza modificarne, distruggerne o sottrarne alcuno. Con la stessa diligenza vigili affinché nessun altro possa manomettere gli archivi della Curia. Soltanto in caso di vera necessità può aver accesso all’archivio segreto della Curia. Con il consenso del collegio dei consultori può concedere le lettere dimissorie per l’ordinazione di diaconi e presbiteri, se queste non furono negate dal vescovo diocesano. Non può concedere l’escardinazione e l’incardinazione e nemmeno concedere la licenza ad un chierico di trasferirsi in un’altra diocesi, a meno che non sia trascorso un anno dalla vacanza della sede e abbia il consenso del Collegio dei consultori. Non può convocare un Sinodo diocesano. Non può rimuovere il vicario giudiziale, ma può rimuovere il cancelliere della Curia soltanto con il consenso del collegio dei consultori. Non può conferire canonicati sia nel Capitolo cattedrale sia in quello collegiale. La cessazione dell’ufficio dell’amministratore diocesano si verifica con la presa di possesso da parte del nuovo vescovo».