Don Alessandro Mazzoni è l'unico prete ordinato nel 2012 nella diocesi di Piacenza-Bobbio. Pubblichiamo la sua intervista uscita pochi giorni prima dell'ordinazione.
«A 15 anni non avrei mai pensato che avrei fatto il prete. Anzi lo escludevo categoricamente». Dieci anni dopo, Alessandro Mazzoni, piacentino, si prepara a diventare sacerdote della Chiesa cattolica. Sabato prossimo 9 giugno, verrà ordinato in Duomo (ore 16,30) dal vescovo Gianni Ambrosio. Sarà l'unico nuovo prete della diocesi di Piacenza-Bobbio in questo 2012. Con il calo delle vocazioni, i seminari vuoti, l'odierna crisi dei valori, un giovane di 25 anni che sceglie di entrare in seminario terminato il liceo scientifico Respighi è una notizia da prima pagina. Un giovane normalissimo figlio di una famiglia normalissima: di Daniele, tabaccaio di via Roma, e di Marta, bancaria alla Cariparma, un fratello di 17 anni. Segno che la vocazione sceglie qualsiasi terreno per attecchire. Alessandro Mazzoni è nato a Piacenza città ed a Piacenza ha sempre vissuto.
La vita parrocchiale e l'incontro con un sacerdote, don Marco Guarnieri, è stata fondamentale. «Mi diceva che quello del prete non è un mestiere - ricorda Alessandro - ma un consegnarsi nelle mani di Dio e che questo consegnarsi non era una privazione o una sofferenza, ma un qualcosa che dava gioia alla tua vita». «Ha insinuato in me un tarlo che in quattro anni ha lavorato - continua - e mi ha fatto entrare in seminario».
Il volontariato in parrocchia è stato determinante per farsi delle domande: «Abbiamo costruito e ristrutturato l'oratorio della parrocchia di San Savino. Mi ha fatto domandare se questo mio impegno per gli altri dovesse rimanere un hobby da fine settimana o se dovesse diventare una missione per tutta la vita. Ho scelto questa seconda strada».
In una famiglia normale anche le reazioni sono quelle normali: «Inizialmente i miei si sono visti crollare il sogno di un figlio in carriera, all'inizio non capivano la scelta, temevano che fosse un abbaglio giovanile. Poi, con il passare degli anni, hanno visto che questa scelta coinvolgeva ogni aspetto della mia vita e si sono tranquillizzati».
Per don Alessandro nella Chiesa ognuno ha il suo ruolo, laici compresi: «Secondo me il mondo ha primariamente bisogno di vocazioni, di persone che capiscano che la vita deve essere spesa totalmente per una causa. Quando uno ha una vocazione autentica, allora si pone come testimone, si pone nel mondo come un segno: che sia una vocazione al sacerdozio, al matrimonio, alla missione è comunque un segno che interroga gli altri».
«La vocazione del prete, in particolare, è utile perchè costringe l'uomo che incontra ad interrogarsi su Dio - evidenzia -. Io non ritengo di essere un esempio ma un segno che interroga gli altri sul fatto che ci sia un oltre da cercare». Don Alessandro, dopo l'ordinazione, sarà molto probabilmente destinato alla parrocchia di Fiorenzuola dove già presta servizio da seminarista. Sarà il punto di riferimento per la pastorale giovanile. «Non è vero che i giovani non chiedono più di Dio - si dice convinto - vanno accompagnati più di prima perchè sono disorientati. I giovani chiedono autenticità, verità, di essere ascoltati e delle testimonianze».
Eventi aggregativi come le Giornate mondiali della gioventù o la Brk diocesana sono importanti: «La Brk di sabato e domenica ha avuto ben 670 ingressi ed è stato un gran segno, prima di tutto per le parrocchie piccole. Arrivare lì e vedere che non sei l'unico che prova a credere è un segno grande. Sono poi occasioni in cui esci dalla tua quotidianità, ti ricaricano come se fosse una stazione di servizio, logico poi che la vita non sia una Gmg o una Brk».
Che cosa diresti ad un giovane di oggi? «Che bisogna avere il coraggio di scegliere. Arriva il momento nella vita in cui si deve fare il salto: "Mollo la mia morosa ed entro in seminario", oppure "Domani chiedo alla mia morosa di sposarmi". Bisogna andare avanti decisi, oltre le difficoltà. E' un investimento, uno deve guardare lontano, non si può pensare che un sì detto al Signore porti dei risultati domani, non vuol dire avere un'assicurazione sulla vita. Chi ha fatto una scelta vera (non di comodo perchè mi pagano gli studi o perchè nella Chiesa non c'è disoccupazione), chi ha consegnato la sua vita al Signore è contento». Una provocazione: «Mi portino qualcuno che mi dimostra il contrario e faccio il passo indietro».
Federico Frighi
01/06/2012 Liberta