Pubblichiamo il testo dell'omelia dell'amministratore diocesano, monsignor Lino Ferrari, pronunciata nel duomo di Piacenza-Bobbio per il primo giorno del 2008.
Buon anno! È l’augurio che ci siamo scambiati con le persone più care allo scoccare della mezzanotte, ed è l’augurio che in questi giorni viene spontaneo incontrando amici e conoscenti. Vorrei dare peso e significato a quell’augurio, partendo dai tre contenuti della festa odierna: primo giorno dell’anno, giornata della pace, solennità di Maria madre di Dio.
È il primo giorno dell’anno, viene spontaneo riflettere sul tempo che passa, che dona e rapisce, che porta delusioni e speranze.
Come credente sento il bisogno di dire grazie a Dio, che è Signore del tempo, e che in un tempo preciso si è fatto mio fratello nella carne per mostrarmi con la sua vita come valorizzare il tempo.
All’inizio di un nuovo anno vogliamo dirgli che desideriamo riempire i giorni non senza di Lui ma in sua compagnia. Possiamo contare sulla sua benedizione; quelle parole bellissime che abbiamo ascoltato dalla prima lettura, un brano del Libro dei Numeri:
«[24]Ti benedica il Signore e ti custodisca. [25]Il Signore faccia risplendere il suo volto su di te e ti faccia grazia. [26]Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6, 24-26).
E celebriamo oggi primo giorno dell’anno la "Giornata della pace". "Pace" è una parola magica e usurata, può fare vibrare il cuore e spingere all’azione, o può lasciare indifferenti e inerti.
Shalom è anche un concetto chiave nella Bibbia: il disegno del Creatore sull’umanità e sulla terra è lo Shalom; e la pace è la sintesi dei beni messianici, è pienezza di benessere e di gioia e di sicurezza.
«Pace in terra agli uomini che Dio ama» (Lc 2, 14), hanno cantato gli angeli sulla grotta di Betlemme.
«Beati gli operatori di pace» (Mt 5, 9), ha proclamato Gesù.
«Vi do la mia pace» (Gv 14, 27), ha detto il Risorto agli Apostoli.
La Pasqua di Gesù ha gettato le basi di una nuova pace che è superamento di ogni lacerazione degli uomini con Dio e fra loro. Per questo la Chiesa sa che fa parte della missione affidatele: annunciare e impegnarsi a costruire la pace.
Sono passati quarant’anni da quando Paolo VI ha voluto che il primo giorno dell’anno fosse una giornata mondiale di riflessione sulla pace, e per i credenti anche di preghiera per invocare da Dio il dono della Pace.
Quest’anno il Santo Padre Benedetto XVI ha scelto come tema "Famiglia umana, comunità di pace". Il Papa applica l’espressione "famiglia umana" sia alla famiglia naturale che alla umanità come famiglia dei popoli.
Mi limito a citare qualche frase della prima parte del messaggio, invitandovi a leggerlo integralmente – è reperibile su qualche rivista, ad esempio "Famiglia Cristiana", o Internet.
Dice il Papa: "(…) Di fatto, la prima forma di comunione tra persone è quella che l'amore suscita tra un uomo e una donna decisi ad unirsi stabilmente per costruire insieme una nuova famiglia (…) La famiglia naturale, quale intima comunione di vita e d'amore, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, costituisce «il luogo primario dell'"umanizzazione" della persona e della società» la «culla della vita e dell'amore». A ragione, pertanto, la famiglia è qualificata come la prima società naturale, «un'istituzione divina che sta a fondamento della vita delle persone, come prototipo di ogni ordinamento sociale». In effetti, in una sana vita familiare si fa esperienza di alcune componenti fondamentali della pace: la giustizia e l'amore tra fratelli e sorelle, la funzione dell'autorità espressa dai genitori, il servizio amorevole ai membri più deboli perché piccoli o malati o anziani, l'aiuto vicendevole nelle necessità della vita, la disponibilità ad accogliere l'altro e, se necessario, a perdonarlo. Per questo la famiglia è la prima e insostituibile educatrice alla pace".
Naturalmente il Papa sa che tante volte non è così la vita delle nostre famiglie, anch’esse si ammalano, la divisione entra anche alla radice della vita della famiglia.
Ma il Papa continua: "(…) quando si afferma che la famiglia è «la prima e vitale cellula della società», si dice qualcosa di essenziale. La famiglia è fondamento della società anche per questo: perché permette di fare determinanti esperienze di pace. Ne consegue che la comunità umana non può fare a meno del servizio che la famiglia svolge. Dove mai l'essere umano in formazione potrebbe imparare a gustare il «sapore» genuino della pace meglio che nel «nido» originario che la natura gli prepara? Il lessico familiare è un lessico di pace; lì è necessario attingere sempre per non perdere l'uso del vocabolario della pace. Nell'inflazione dei linguaggi, la società non può perdere il riferimento a quella «grammatica» che ogni bimbo apprende dai gesti e dagli sguardi della mamma e del papà, prima ancora che dalle loro parole".
C’è bisogno naturalmente di "famiglie testimoni di pace", che contribuiscono a creare quella cultura di pace di cui le stesse istituzioni hanno bisogno per non diventare prigioniere della logica di una quotidiana e sterile conflittualità, che sembra avvolgerci nei rapporti di vicinato come nella vita politica.
Invece di gridare allo sfascio il Papa vuole stimolarci a ricostruire dalla base la pace.
Mi torna alla mente un paragone eloquente. Se in un salone buio invoco la luce ma ho cento candele spente, la luce non arriva. Ma se in quella sala entra uno con una candela accesa, è in grado di accendere le cento candele spente, e si fa luce per tutti.
Così se parliamo di pace continuando a combattere le nostre piccole guerre, non saremo in grado di costruire una società pacifica. Se invece le nostre famiglie convinte del valore della pace e disponibili ad accogliere quei doni di cui Dio le ha riempite, allora la pace potrà diffondersi.
Celebriamo oggi la solennità della Madre di Dio. Al termine dell’ottava di Natale siamo invitati a fissare lo sguardo su colei che si è resa disponibile perché l’amore di Dio entrasse nella storia per riscattare la nostra vita dal dominio del tempo e della morte.
In Lei all’inizio dell’anno guardiamo anche come Madre che ci tiene per mano, e come modello per non camminare distrattamente, e affrontando gli avvenimenti quotidiani con superficialità.
Ci ha detto il Vangelo: «[19]Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19).
Maria non era superficiale, non era distratta, ma sapeva cogliere negli avvenimenti di ogni giorno la presenza di Dio nei segni del suo amore.
Ora l’augurio, "buon anno", ha dei contenuti rasserenanti e stimolanti insieme. "Nello scorrere dei giorni il volto di Dio si mostri benevolo a te, tu possa gustare la pace ed esserne generoso costruttore a partire dalla tua famiglia. Maria come Madre cammini al tuo fianco e renda più forte la tua amicizia con Gesù il Salvatore che è nato per noi".
Si ringrazia Vittorio Ciani per la preziosa collaborazione.
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