L'omelia di monsignor Lino Ferrari, amministratore diocesano
di Piacenza-Bobbio, nella messa dell'Epifania.
L’universalità della salvezza, profetizzata da Isaia, comincia a realizzarsi.
L’Epifania manifesta di Gesù come salvatore, dell’amore di Dio per tutti i popoli. Ai pastori l’angelo aveva detto: «Oggi nella città di Davide è nato per voi il Salvatore».
Poteva sembrare l’Annuncio riservato al popolo eletto, preparato per tanto tempo alla venuta del Messia. I Magi arrivato dal lontano Oriente rappresentano i “gentili”, i popoli pagani di ogni lingua e cultura. L’universalità della salvezza, profetizzata da Isaia, comincia a realizzarsi.
Abbiamo ascoltato nella prima lettura quelle immagini di “Gerusalemme rivestita di luce verso cui vanno i figli venuti da lontano”, dice Isaia; e ancora: «(…) verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore».
La festa dell’Epifania è anche preannuncio della Pentecoste, dove il dono dello Spirito manifesterà la chiamata di tutti i popoli all’unità: lingue diverse si comprendono.
In un mondo segnato da fratture come il nostro può sembrare utopia, ma questo è il disegno di Dio, è in fondo l’aspirazione di ogni uomo, perché tutti avvertiamo il desiderio di pace, di unità, di fraternità.
Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te.
Il Vangelo di oggi ci presenta due categorie di persone.
Innanzitutto “pacifici”, potremmo dire, apparentemente soddisfatti ripiegati su se stessi, rappresentati dai sommi sacerdoti e dagli scribi, conoscono la parola di Dio, non hanno più nulla da imparare, sono “vecchi nel cuore”.
E la seconda categoria i “ricercatori”, rappresentati dai Magi, sanno di non possedere tutta la verità, desiderano crescere e non soffocare quel desiderio di pienezza che sentono dentro, e che è già una chiamata all’incontro con l’unico che può saziare la sete di infinito.
Torna alla mente l’affermazione di Sant’Agostino, “ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.
Il Papa oggi all’”Angelus” ricordava che quella “stella” ‑ di cui parla il Vangelo, quella stella che ha guidato i Magi ‑ è immagine anzitutto della Chiesa.
Ma i Magi nella loro ricerca non sono andati a casaccio, si sono lasciati guidare dalla “stella”. Sono tanti oggi quelli che sentono il bisogno di superare il materialismo e l’edonismo e di trovare una risposta al desiderio di senso della propria vita, ma si affidano spesso al primo maestro che incontrano. E vediamo un pullulare di sette, di esperienze, che sembrano rispondere ai bisogni dello spirito e che spesso creano squilibri e danni nelle persone.
Il Papa oggi all’”Angelus” ricordava che quella “stella” ‑ di cui parla il Vangelo, quella stella che ha guidato i Magi ‑ è immagine anzitutto della Chiesa. Sappiamo bene che la Chiesa esiste per questo: per annunciare Cristo e portare all’incontro con Lui.
L’Epifania è una festa che, parlandomi dell’universale chiamata alla salvezza, deve scuotermi. La Chiesa anzitutto deve annunciare Cristo con la Parola e con la testimonianza della vita.
Ma le nostre comunità sono davvero “luce”, stimolo, a camminare? O talvolta sono oasi che sembrano invitare al quieto vivere, ad accontentarsi di quello che si conosce, come è capitato agli scribi di Gerusalemme? E che atteggiamento abbiamo come cristiani nei confronti di chi cristiano non è?
Il Vangelo sottolinea che Gesù è stato rifiutato soprattutto dai suoi, dal popolo preparato per lunghi secoli alla venuta del Messia.
L’evangelista Giovanni nel prologo del suo Vangelo afferma: «Il Verbo venne nella sua casa, ma i suoi non l’hanno accolto».
Il Vangelo di Matteo, così radicato nell’ambiente giudaico e sempre attento ad evidenziare che in Gesù hanno trovato compimento le Sacre Scritture, vuole rendere conto ai primi cristiani di questo fatto strano: le comunità cristiane erano sempre meno giudaiche e sempre più formate da pagani convertiti; i “lontani” diventavano sempre più numerosi.
Una realtà che cominciamo a vivere anche noi: quanti si avvicinano per chiedere il Battesimo, per chiedere di conoscere più a fondo il Vangelo. È un segno su cui riflettere e da accogliere con gratitudine. L’Epifania è una festa che, parlandomi dell’universale chiamata alla salvezza deve scuotermi, per due motivi.
Non sono un privilegiato con la salvezza assicurata, anche se conosco la Bibbia e ricevuto il Battesimo, posso fare la fine degli scribi.
E ancora, siccome Dio affida alla Chiesa il compito di essere la “stella che conduce a Cristo” è indispensabile una revisione di vita per le nostre comunità e per ciascuno di noi.
La dimensione missionaria è costitutiva della Chiesa, non è un optional, non basta certo organizzare feste ben riuscite o celebrazioni solenni. La Chiesa anzitutto deve annunciare Cristo con la Parola e con la testimonianza della vita.
Ci aiuti il Signore a non essere pigri e soddisfatti, ma ricercatori in cammino, cristiani e testimoni di Cristo, termini che se non sono parole vuote indicano un incontro e un cambiamento di vita, che come per i pastori e per i Magi spingono ad essere annunciatori sulle strade del mondo.
Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.
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