Ed ecco come monsignor Gianni Ambrosio, su Avvenire, l'11 dicembre 2002, decriveva l'episcopato di Tarcisio Bertone a Vercelli nell'articolo intitolato: "A Vercelli quattro anni da costruttore di concordia coraggio e rispetto"
È nota la bella pagina in cui Agostino, nelle sue Confessioni, descrive i suoi primi, decisivi contatti con il vescovo Ambrogio. Giunto a Milano come vincitore della cattedra di retorica, il giovane Agostino è felice di incontrare il grande vescovo della città: “L’uomo di Dio mi accolse paternamente e, da buon vescovo, si rallegrò della mia venuta”. Con l’abilità letteraria che lo contraddistingue, Agostino fa ricorso ad una felice immagine per tratteggiare la figura e la missione di Ambrogio, sempre disponibile nei confronti di ogni persona ma anche desideroso di studiare e di riflettere. Scrive Agostino che la porta dello studio del vescovo Ambrogio rimaneva sempre aperta per ricevere persone di ogni condizione: “Non era proibito a nessuno di entrare” nello studio del vescovo e sottoporgli le più diverse questioni. Ma appena il vescovo era finalmente libero da impegni, ecco lo studio e la riflessione. Quasi sbirciando nella sala di attesa, Agostino poteva vedere Ambrogio intento a leggere in silenzio: “Con gli occhi scorreva le pagine, con la mente scrutava il significato, la voce e la lingua tacevano”.
È difficile sapere se l’immagine della porta aperta sia frutto di osservazione o artificio letterario. Comunque l’immagine è esemplare per la missione del pastore: la porta spalancata per accogliere tutti senza però disattendere la meditazione e la preghiera.
Questa pagina delle Confessioni viene spontaneamente in mente nel momento in cui si cercano le parole per descrivere l’episcopato di monsignor Tarcisio Bertone a Vercelli. E poiché nella spontaneità vi è una verità immediata, il richiamo all’immagine agostiniana vale più di molte parole.
Quando Bertone venne eletto arcivescovo di Vercelli, nel 1991, l’attesa era forte. In quattro anni Bertone ha manifestato una dedizione appassionata alla Chiesa di Eusebio, ricca di tradizione e bisognosa, come ogni Chiesa, di "prendere il largo". Nella figura di sant’Eusebio, primo vescovo di Vercelli, Bertone ha visto la "sentinella del popolo di Dio". Una sentinella vigile e attenta, capace di affermare con forza la vera fede in Gesù Cristo e di annunziare il Vangelo ovunque e con ogni mezzo.
Nello stesso tempo, Bertone ha visto in Eusebio il testimone dell’“umanità profonda della fede e della carità cristiana”. Sono le parole con cui Bertone ha presentato la figura del proto-vescovo Eusebio. Parole che non solo tratteggiano la figura di colui che ha lasciato in eredità alla sua Chiesa la fede in Gesù Cristo, ma che sono diventate l’ispirazione, la guida, il programma del suo episcopato. Non a caso l’invito di Eusebio ai suoi fedeli "custodire la fede, conservare la concordia" si è trasformato in motto programmatico. Il dialogo con le varie espressioni della società civile attesta il suo costante interessamento per le vicende quotidiane, affrontando i problemi più diversi con intelligenza, coraggio e rispetto.
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