Cari fratelli e sorelle,
il gioioso stupore che traspare dalle parole attribuite a Mosè assume qui per noi, radunati per la celebrazione eucaristica in cui affidiamo al Signore il fratello don Giovanni, un significato del tutto particolare. Quello stupore è come un invito a far sì che la nostra celebrazione sia veramente celebrazione pasquale. Mose esclama: «Quale grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?» (Dt 4, 7). Il momento in cui Mosè pronuncia questo parole è solenne: egli sta per accomiatarsi dal popolo che ha guidato con mano ferma nel lungo peregrinare nel deserto. Ma qui, più che il tono del condottiero del popolo, Mosè manifesta l’affetto del padre sollecito, premuroso: egli invita alla fedeltà all'Alleanza e alla Legge. Proprio in questo contesto Mosè lascia trasparire il suo stupore e la sua gioia: il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo. Dio si fa prossimo dell'uomo che lo invoca, gli offre la sua alleanza per un cammino di liberazione. La Legge è donata dal Signore per custodire questa libertà, per arginare le forze ostili del caos, del disordine, della confusione che introducono disarmonia fin nel cuore dell'uomo. La Legge è il chinarsi premuroso di Dio sulla sua creatura perché possa liberare la propria ricchezza interiore nel segno dell'amore.
A questa stupenda verità siamo condotti dalla pagina evangelica. Il brano del vangelo secondo Matteo fa parte del capitolo 5°, il capitolo delle Beatitudini, con il grande discorso inaugurale con cui Gesù espone lo spirito nuovo del regno di Dio. È il discorso della montagna: «Gesù salì sulla montagna», annota Matteo (Mt 5, 1). Ed è opportuno ricordare questa annotazione in quanto, come sappiamo, Matteo si rivolge in primo luogo a una comunità giudeo-cristiana e a questa comunità vuole presentare Gesù come il nuovo Mosè che, dal monte, promulga la nuova Legge. Ma non per questo la Legge e i Profeti vengono aboliti: piuttosto essi raggiungono il loro compimento in Lui, in Gesù Cristo. è il Verbo fatto carne, venuto tra gli uomini per dare compimento alla Legge e ai Profeti. Nella sua persona e nella sua opera, nel dono della sua vita per noi, abbiamo la rivelazione piena dell'amore del Padre per il suo popolo, per ogni popolo, per l’umanità intera. Egli è l’amore incarnato di Dio. Il Padre non avrebbe potuto offrire un segno più eloquente e più forte del suo ardente amore per noi: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito»(Gv 3, 16). E così, come afferma anche l’apostolo Paolo, «pieno compimento della legge è l'amore» (Rm (13, 10). L’amore verso Dio – «amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza» – e l’amore verso il prossimo ‑ «amerai il prossimo tuo come te stesso": “da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti»(Mt 22, 40). Questo amore, accolto come dono e praticato come la ‘legge nuova’, è il vincolo di appartenenza a Cristo. E la consapevolezza che questo vincolo non può venire spezzato da nessuna forza ci dona la serena certezza “che la vita non è tolta, ma trasformata”. Cristo Gesù è il nuovo Mosè che ci conduce alla terra promessa, camminando con noi per accompagnarci anche quando attraversiamo la valle più oscura. Cristo Gesù è il Signore cui apparteniamo anche in morte per andare oltre alla morte e partecipare alla comunione d’amore nel mistero trinitario. Fratelli e sorelle, la nostra preghiera di suffragio per don Giovanni sia la preghiera fiduciosa dei figli che sanno di avere vicino il Signore ogni volta che lo invocano. Affidiamo alla misericordia di Dio questo nostro fratello, rendendo grazie al Signore perché don Giovanni è stato un testimone di Cristo presso il suo popolo che ha servito con dedizione e con fedeltà. Il Signore rivolga al suo servo don Giovanni la parola della beatitudine piena e definitiva: “vieni, benedetto dal Padre mio, ricevi in eredità il regno preparato per te fin dalla fondazione del mondo, perché tutto ciò che hai fatto a questi miei fratelli piccoli, lo hai fatto a me” (cfr. Mt 25, 34-40). Amen.
Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.
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