lunedì 17 marzo 2008

Ambrosio: pensiamo non secondo gli uomini ma secondo Dio!

Pubblichiamo il testo dell'omelia che monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio, ha tenuto sabato scorso nell'abbazia di Chiaravalle della Colomba dove ha incontrato i giovani della diocesi.

Carissimi giovani,
vi ringrazio innanzi tutto per la vostra presenza e per la vostra partecipazione a questa giornata diocesana della gioventù che è come un anticipo della grande GMG con il Santo Padre a Sidney.
So che per voi questo incontro, che avviene proprio alla vigilia della Settimana Santa, è ormai una tradizione molto bella. Per me è la prima volta e sono felice di inserirmi in questa tradizione, sono veramente lieto di essere qui con voi.
Mi sembra che questo nostro incontro, in questa stupenda abbazia di Chiaravalle della Colomba – così suggestiva questa sera ‑ sia un po’ come un grande portale che si spalanca davanti a noi e per noi, per introdurci all’interno di quella realtà straordinaria che è la Settimana Santa e dunque alla vita nuova illuminata da Cristo Risorto.
Le domande che voi mi avete posto – e a cui ho cercato di offrire qualche cenno di risposta – trovano qui, nella Parola del Signore che abbiamo ascoltato, e in particolare nel racconto della Passione del Signore Gesù, la risposta piena, esauriente. Vorrei invitarvi a tenere presenti le domande, quelle espresse a voce alta e quelle che sono rimaste lì nel silenzio del vostro cuore. Sì, tenetele ben presenti, le domande, ma per un momento lasciatele un po’ in disparte per fare posto innanzi tutto all’ascolto.
È decisiva la disponibilità all'ascolto del racconto della passione per scoprire la vera identità di Gesù Cristo, il Figlio di Dio che va incontro alla sua morte in un atteggiamento di radicale obbedienza al Padre e di totale amore per gli uomini, per tutti noi.
Il racconto della Passione di Matteo insiste molto su questo atteggiamento di Gesù: è centrale, fondamentale questo atteggiamento. Tutto il racconto della passione ruota attorno a questo atteggiamento, tutto lo svolgimento dei fatti della passione è basato su questo atteggiamento di fondo.
Siamo qui in ascolto, siamo qui in preghiera, per accogliere in noi lo Spirito del Signore Gesù, per ricevere in dono questo atteggiamento di obbedienza al Padre e di amore per i fratelli, per prendere coscienza del nostro modo umano, “troppo umano”, di guardare alla vita, di confrontarci con il dolore e la morte, di fare le nostre scelte.
L’evangelista Matteo sottolinea con forza che la passione di Gesù è la passione del «Figlio di Dio», titolo che viene ricordato più volte, a più riprese. Colui che soffre e muore è il Figlio innocente di Dio: egli affida la sua vita al Padre, prende su di sé il male del mondo, si carica del dolore dell'umanità martoriata, esprime la sua totale solidarietà con l'umanità peccatrice.
Inoltre Matteo sottolinea che Gesù va incontro alla sua passione e morte con totale libertà e con piena conoscenza: Gesù prevede il tradimento di Guida, sa che è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori. La libertà e la consapevolezza esprimono la volontà di Gesù di affidarsi al Padre. Neppure il dolore e la morte possono diventare occasione o pretesto per rifiutare la volontà del Padre, per ribellarsi a Dio.
L'oscurità della passione e della morte di Gesù è illuminata dal cammino percorso del «Figlio dell'uomo»: un cammino tracciato dalla sua libertà amante, amante del Padre che lo mandato e amante degli uomini cui è stato mandato. È precisamente questa luce nuova della libertà amante che suscita incomprensione e provoca scandalo per l'uomo. Per l’uomo “troppo umano”: quello cioè che non vuole che il suo cammino sia illuminato, quello schiacciato dal suo orgoglio, quello che si fida solo di sé e pretende di salvare la propria vita. È questa la radice ultima del peccato, è questa la fonte di ogni peccato.
Vorrei che ci soffermassimo qualche istante su questa radice del peccato che è la presunzione di salvarsi da soli, con le proprie forze fino a rifiutare Colui che il Padre ha mandato a noi per la nostra salvezza.
Ricordiamo il rifiuto di Pietro all'annuncio della passione di Gesù. Un rifiuto che provoca il duro monito di Gesù: «Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Ricordiamo ancora cosa accadde a Pietro nel momento in cui, durante la passione di Gesù, sta per essere riconosciuto come suo discepolo e quindi rischia la sorte del suo Maestro e Signore. Si rifugia subito nella menzogna di fronte alla domanda della serva e, nonostante la sua generosità, abbandona il suo Signore fino a rinnegarlo.
Ricordiamo, infine, la logica di Pilato che vuole presentarsi come giudice imparziale. Quando però si sente coinvolto, Pilato mostra tutto il limite della sua imparzialità. Non è disposto a perdere se stesso fino alla difesa di un innocente, fino all'affermazione della verità.
Potremo continuare con altri esempi, tratti dal Vangelo, come questi, oppure tratti dalla nostra vita. Esempi che ci attestano la logica basata sulla presunzione di decidere noi della nostra vita, sulla presunzione di salvare la propria vita. Pensare come gli uomini, e non secondo Dio, vuol dire questo: richiudersi in se stessi, rifiutare il dono.
Gesù ci libera da questa prigionia, da questo schiavitù. Ci libera da tutto questo con la sua libertà amante, ci libera con la sua grazia, ci libera con la luce del suo essere crocifisso-risorto.
Davvero, cari giovani che siete venuti qui questa sera così numerosi, questo incontro sia il portale che ci introduce alla Settimana Santa, cuore del tempo liturgico, e ci fa entrare in una dimensione profondamente nuova, in una logica decisamente diversa: quella di Gesù di Nazaret, quella del Vangelo. Allora la porta della vita – della vita vera – è aperta per noi, la porta del futuro è spalancata per noi, la nostra speranza è fondata e il senso della vita risplende in noi.
Il mistero di Gesù Cristo, il crocifisso-risorto, illumini la nostra storia e la nostra vita, perché, come discepoli, camminiamo al seguito di Gesù, senza mai offuscare la serietà e lo scandalo della croce e senza mai dimenticare la forza della risurrezione che Benedetto XVI ha caratterizzato come “la più grande ‘mutazione’ mai accaduta” che “riguarda anzitutto Gesù di Nazaret ma con lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo”. Amen.

† Mons. Gianni Ambrosio,Vescovo Piacenza-Bobbio

Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.



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