«Sono contento che anche a Piacenza nasca Libera. È nelle realtà dove tutto è a posto, dove tutto è perfettissimo che la mafia e la n’drangheta si nascondono meglio». Don Luigi Ciotti (fondatore del gruppo Abele e di Libera) arriva a Piacenza - nel rinnovato teatro della Sacra Famiglia, pieno zeppo come non mai - per il battesimo locale di Libera, la rete formata da singoli ed associazioni che si batte contro tutte le mafie per la cultura della legalità. Il suo è un intervento fiume, appassionato, che parte dagli attentati a Falcone e Borsellino e arriva a ieri con l’uccisione del padre di un collaboratore di giustizia. Quello di don Ciotti è un richiamo alla responsabilità dei cittadini, alle scelte in prima persona e all’impegno educativo. Uno schiaffo alla mafia, che si trova a fare i conti con una società più responsabile. Dappertutto, anche a Piacenza.
«Quando parliamo di mafia occorre che ognuno nel suo territorio faccia delle connessioni - osserva il sacerdote -. Mafia e n’drangheta hanno in mano il mercato della droga, la prostituzione, le forme di caporalato e lavoro nero, l’usura, le piccole espressioni di pizzo, il traffico delle sostanze dopanti; quando qualcuno dice che nel suo territorio certe cose non ci sono deve tener conto dei fili di connessione». «L’Emilia, Piacenza, è una terra che ha avuto presenze criminali mafiose - continua - ma ha saputo avere anche degli anticorpi. L’Emilia ha sempre reagito, ha risposto, ha fatto la sua parte, però attenzione; aveva ragione Paolo Borsellino quando di fronte al maxi processo, alla grande esaltazione per i risultati ottenuti, lui andava controcorrente e parlava di “perniciose illusioni”. Non dobbiamo dare nulla per scontato, soprattutto oggi che le mafie hanno una grande capacità di penetrazione dove ci sono il benessere e le apparenti sicurezze». «Il pregio di Libera - evidenzia - è di non aver lasciato soli i territori, da Corleone ad Aosta, da Locri a Trieste, per far prendere coscienza che il problema sono le varie forme di illegalità, di corruzione, di mafie. È un’Italia che ha voglia di sporcarsi le mani». Il timore più grande? «La rassegnazione mortale, la delega delle persone. Se la gente prende coscienza che il cambiamento ha bisogno del contributo di tutti, allora si può veramente voltare pagina».
Federico Frighi
da Libertà, 3 maggio 2008
Nessun commento:
Posta un commento