Piacenza - Ha il sapore della gente di montagna l’Antonino d’oro 2008, «della dignità di una povertà felice». Così la professoressa in pensione, Dina Bergamini - madre, insegnante e catechista - “colora” il riconoscimento che ieri, in via ufficiale (durante il Consiglio pastorale diocesano alla Bellotta), il capitolo della basilica di Sant’Antonino le ha tributato. «Più che un omaggio a me - ci tiene a sottolineare - è un riconoscimento al mio ruolo di maestra e direttrice didattica prima, di catechista poi, alla gente della mia montagna. Nessun merito mio, solo quello della mia gente». L’Antonino d’oro del 2008 è un fiume in piena già al telefono e ricorda alla perfezione la passione con con cui il suo predecessore, il missionario don Luigi Mosconi, parlò dal pulpito lo scorso 4 luglio. Ringrazia gli amici - «quel poco che sono, lo devo a ciascuno di loro» -, ma, soprattutto, s’inchina alla montagna: «La montagna e il mio paese Grondone mi hanno insegnato la dignità della povertà felice. Io sono stata felice nella povertà della mia infanzia; eravamo tutti uguali. Quello che aveva uno avevamo tutti, non c’era il problema del grembiulino griffato o del telefonino. Se una madre faceva la ciambella per il figlio, faceva la ciambella per tutti». Valori che la professoressa non ha dimenticato e che ha cercato di incrementare: «Ho provato a incidere sulla cultura del mio paese per non subirla. Mi sono laureata che già facevo la direttrice didattica per fa capire ai ragazzi che non si smette mai di imparare». La scelta della professoressa Bergamini come Antonino d’oro 2008, si deve leggere, come ha spiegato il capitolo della basilica nella motivazione del premio, come «un atto di profonda stima e gratitudine a una donna che ha saputo esprimere un felice intreccio educativo nell’ambito familiare, scolastico (pubblico e privato) e parrocchiale». La sfida educativa, dunque, la strada indicata alla Chiesa da papa Benedetto XVI per i prossimi anni e fatta propria dalla Cei e dal vescovo Gianni Ambrosio nel programma pastorale del prossimo anno. Una sfida che, secondo la professoressa, si può vincere. Come? «I ragazzi di oggi, come quelli di allora, hanno bisogno di essere valorizzati nelle potenzialità che hanno. Prima di tutto ascoltiamoli con umiltà senza giudicarli, facciamoli sentire protagonisti e responsabili nel percorso di vita. Attraverso l’assunzione di responsabilità imparano l’educazione all’impegno e alla fatica. Sentendosi parte di un progetto che, per una come cristiana come me, è riconducibile alla provvidenza divina».
Federico Frighi
Il testo integrale su Libertà di oggi, 15 giugno 2008
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