Piacenza - L’attualità della figura di Sant’Antonino e l’auspicio di una nuova “primavera” del culto antoniniano. Sono i pilastri dell’omelia pronunciata ieri mattina dal vescovo Gianni Ambrosio, nella sua prima cerimonia del santo patrono di Piacenza e della diocesi. Una cerimonia semplice, secondo un collaudato canovaccio, creato da monsignor Gabriele Zancani (ieri presente in basilica, vedasi l’articolo a fianco) e portato avanti da don Giuseppe Basini. Monsignor Ambrosio all’altare è proprio tra don Basini e il vicario generale monsignor Lino Ferrari. Ha scelto come motto una frase attribuita a Sant’Antonino e si chiede «come riuscire oggi a comprendere il gesto di un giovane pronto a far valere il primato del Dio vivo fino a pagare il prezzo della vita per essere fedele a questa verità e per essere fedele alla propria libertà?»«Se il gesto che sta all’origine della nostra comunità piacentina diventasse incomprensibile, allora inaccessibile diventerebbe il nostro passato, inconsistente il nostro presente, insignificante il nostro futuro. E’ forse questa la grave ”malattia dell’anima” che ci affligge fino a renderci ripiegati su noi stessi, senza tensione creativa, senza slancio per il domani, persino indifferenti a fini e obiettivi di futuro, come è stata recentemente descritta la nostra società italiana?» si domanda citando il Censis, Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2007. «Sono convinto che la realtà non sia così cupa e triste - osserva Ambrosio -. Mi pare di poter affermare questo ascoltando e osservando la nostra realtà piacentina. E soprattutto cercando di interpretare ciò che osservo e ciò che ascolto alla luce di quell’orizzonte grande e ultimo che ci è dischiuso dallo sguardo verso l’alto, dallo sguardo rivolto a Dio. Guardare la realtà con lo sguardo di Dio, cambia le cose». «Proprio partendo da questo orizzonte - continua il presule - ritengo che, nonostante parecchi segni in apparenza contrari, non ci lasci indifferenti il giovane martire Antonino, perché non ci lascia indifferenti Colui che è “il martire”, Colui che ha conficcato la sua croce su questa terra per estendere a tutti la potenza della sua vittoria pasquale. Sant’Antonino ha camminato sulla stessa strada dell’amore percorsa da Colui che ha dato la vita per noi». «Sant’Antonino aiuti la nostra comunità - auspica Ambrosio - a sentirsi figlia di questa lunga tradizione di attenzione, di solidarietà, di carità, e nello stesso tempo stimoli tutti noi ad essere a nostra volta continuatori di questo patrimonio di umanità, di rispetto e di dialogo che la storia ha consegnato nella nostre mani e nel nostro cuore».
Federico Frighi
Il testo integrale su Libertà di oggi, 5 luglio 2008
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