In giro si sta difendendo il crocifisso in nome della tradizione, come quando si sostiene la polenta contro il cous cous, o in quello dell'appartenenza, come quando si tifa per una squadra di calcio o si sostiene un partito politico. Vediamo che cosa ne dicono i nostri vescovi, quelli più vicini alla diocesi di Piacenza-Bobbio. Cominciamo con il vescovo titolare, Gianni Ambrosio. Sul crocifisso è intervenuto su Avvenire dello scorso 5 novembre nella veste di rappresentante della Cei presso la conferenza episcopale europea. Ecco le dichiarazioni rilasciate nell'intervista:
Se pure fosse, per assurdo, fondata giuridicamente, la sentenza della corte di Strasburgo sarebbe il classico esempio di summum ius, summa iniuria una decisione che dimostra una totale mancanza di buon senso, che invece dovrebbe sempre essere presente.
La prima impressione è stata di sofferenza, di dolore, di amarezza. Perché in questo modo si pretende di cancellare la storia che ha caratterizzato l’Italia e l’Europa, cancellarla tutta. In questo senso, la trovo una sentenza irragionevole, con di fondo una mancanza totale di buon senso. Una laicità che cancella la storia non è più una laicità, è una 'nullità', nel senso che non resta proprio nulla. Mi sembra giusto citare Claude Levi-Strauss, che è morto proprio l’altro giorno: una cultura ha sempre contenuti trascendenti, come si può pretendere allora, con un bisturi, di operare una cosa del genere, di recidere questi contenuti? Paradossalmente si può pensare che il prossimo passo sarà quello di cancellare le cattedrali, le chiese dalle piazze dell’Europa, anche quelli sono luoghi pubblici. È del tutto evidente che una sentenza del genere è contro lo spirito europeo, è un suo effetto potrà essere alla fine quello di allontanare, di far disamorare i cittadini dall’idea d’Europa.
Non penso che cancellare tutti i segni pubblici religiosi sia qualcosa che vada nella direzione del rispetto del multiculturalismo. Se perfino il laicismo francese, il laicismo de combat , 'da combattimento' come viene detto, quello più duro e 'avanzato', sta ripensando, sta rivedendo le proprie posizioni rispetto al problema, una ragione ci sarà pure. Quello a cui assistiamo è il tentativo, mi pare, di affermare una sorta di nuova forma religiosa assolutamente immanente; ma questo è già stato tentato dalla rivoluzione francese, e poi ancora da quella russa, senza riuscirci.
Si tende a creare un contesto vuoto. Tutto viene caricato sulle spalle dell’individuo, è l’esasperazione dell’individualismo, ma questo percorso non crea, non forma la persona. Si educa rispetto a dei contenuti, ma se i contenuti non ci sono diventa difficile crescere.
Certamente, e mi pare di interpretare anche l’opinione delle popolazioni, di base c’è proprio una sofferenza, ci si sente più poveri. E poi, che proprio un segno come il crocifisso venga inteso come discriminatorio mi sembra vergognoso.
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