domenica 15 novembre 2009

Crocifisso - Ambrosio sulla sentenza: è contro l'Europa

In giro si sta difendendo il crocifisso in nome della tradizione, come quando si sostiene la polenta contro il cous cous, o in quello dell'appartenenza, come quando si tifa per una squadra di calcio o si sostiene un partito politico. Vediamo che cosa ne dicono i nostri vescovi, quelli più vicini alla diocesi di Piacenza-Bobbio. Cominciamo con il vescovo titolare, Gianni Ambrosio. Sul crocifisso è intervenuto su Avvenire dello scorso 5 novembre nella veste di rappresentante della Cei presso la conferenza episcopale europea. Ecco le dichiarazioni rilasciate nell'intervista:

Se pure fos­se, per assurdo, fondata giuridicamente, la sentenza del­la corte di Strasburgo sarebbe il classico esempio di summum ius, summa iniuria una decisione che di­mostra una totale mancanza di buon senso, che invece dovreb­be sempre essere presente.
La prima impressione è stata di sofferenza, di dolore, di amarez­za. Perché in questo modo si pre­tende di cancellare la storia che ha caratterizzato l’Italia e l’Euro­pa, cancellarla tutta. In questo senso, la trovo una sentenza ir­ragionevole, con di fondo una mancanza totale di buon senso. Una laicità che cancella la storia non è più una laicità, è una 'nul­­lità', nel senso che non resta pro­prio nulla. Mi sembra giusto ci­tare Claude Levi-Strauss, che è morto proprio l’altro giorno: u­na cultura ha sempre contenuti trascendenti, come si può pre­tendere allora, con un bisturi, di operare una cosa del genere, di recidere questi contenuti? Para­dossalmente si può pensare che il prossimo passo sarà quello di cancellare le cattedrali, le chiese dalle piazze dell’Europa, anche quelli sono luoghi pubblici. È del tutto evidente che una sentenza del genere è contro lo spirito eu­ropeo, è un suo effetto potrà es­sere alla fine quello di allonta­nare, di far disamorare i cittadi­ni dall’idea d’Europa.
Non penso che cancellare tutti i segni pubblici religiosi sia qual­cosa che vada nella direzione del rispetto del multiculturalismo. Se perfino il laicismo francese, il laicismo de combat , 'da com­battimento' come viene detto, quello più duro e 'avanzato', sta ripensando, sta rivedendo le pro­prie posizioni rispetto al proble­ma, una ragione ci sarà pure. Quello a cui assistiamo è il ten­tativo, mi pare, di affermare una sorta di nuova forma religiosa as­solutamente immanente; ma questo è già stato tentato dalla rivoluzione francese, e poi anco­ra da quella russa, senza riuscir­ci.
Si tende a crea­re un contesto vuoto. Tutto vie­ne caricato sulle spalle dell’indi­viduo, è l’esasperazione dell’in­dividualismo, ma questo per­corso non crea, non forma la per­sona. Si educa rispetto a dei con­tenuti, ma se i contenuti non ci sono diventa difficile crescere.
Certamente, e mi pare di inter­pretare anche l’opinione delle popolazioni, di base c’è proprio una sofferenza, ci si sente più po­veri. E poi, che proprio un segno come il crocifisso venga inteso come discriminatorio mi sem­bra vergognoso.

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