Alla Bellotta di Pontenure e nella Sala degli Arazzi del Collegio Alberoni si è svolto il convegno diocesano che ha aperto l’anno pastorale. Si tratta del secondo anno della Missione popolare indetta dal Vescovo lo scorso 2009 ed è stato lo stesso mons. Gianni Ambrosio questa mattina a sintetizzare le linee che costituiscono la base di una “Nota pastorale” che indirizzerà alla Diocesi nelle prossime settimane. Solo una “nota” in quanto restano valide, per il programma, le indicazioni contenute nella Lettera pastorale pubblicata lo scorso anno.
*** L’INTERVENTO DI MONS. GIANNI AMBROSIO.
Di seguito la traccia dell’intervento del Vescovo.
(...) Provo a dire in sette punti il senso del cammino, le intenzioni, gli obiettivi del secondo anno della Missione. Ieri è stato detto che questo secondo anno partirà a gennaio, dopo che tutte in tutte le zone saranno conclusi gli esercizi.
Per il nuovo anno sarà consegnata la Nota pastorale, che riprenderà e svilupperà alcune cose dette qui. Non sarà una Lettera pastorale, in quanto il programma della Missione è indicato nella Lettera pastorale dello scorso anno - Prendi il largo - che ha tracciato l'orizzonte teologico, spirituale, pedagogico della nostra Chiesa in missione. Per cui quell’orizzonte resta davanti a nostri occhi come sfondo del nostro cammino. Quello ‘stile’ che abbiamo individuato e gustato deve entrare nel nostro cuore e caratterizzare il nostro impegno personale e pastorale, come lievito per la nostra vita e per la vita delle nostre comunità.
Partiamo da qui.
1. “Tenendo lo sguardo fisso su Gesù" (Eb 12,1)
Abbiamo fissato il nostro sguardo su Gesù, sapendo che solo con lo sguardo fisso su Gesù Cristo, parola di Dio fatta carne, possiamo svolgere la missione che ci è affidata. Possiamo dire, con le parole della Lettera agli Ebrei, che "anche noi dunque, (...) avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento" (Eb 12, 1-2).
Con lo sguardo fisso su Gesù possiamo svolgere la missione della Chiesa che sgorga dalla Pasqua, dall'incontro con il Cristo Risorto. La Chiesa della missione, in quanto nasce dalla Pasqua di Gesù, dovrà cercare sempre di avvicinarsi a quello stile e a quel volto che abbiamo cercato di precisare in rapporto alle `dieci corde’ dell'arpa (salmo 144), corde in grado di far vibrare il cuore di fronte all'annuncio evangelico.
2. Il nostro sguardo sulle persone
Con lo sguardo fisso su Gesù e con la luce che proviene dalla Pasqua di Cristo, desideriamo fissare il nostro sguardo sui nostri volti, quelli di ciascuno di noi, quelli dei nostri fratelli e delle nostre sorelle: sono volti segnati dalle esperienze fondamentali della vita, la vita di sempre, certo, ma soprattutto a vita di oggi, la nostra vita di oggi. Desideriamo che il nostro sguardo sugli uomini e sulle donne di oggi sia illuminato dallo sguardo che Gesù ha rivolto e rivolge a tutti noi e agli uomini e donne di ogni tempo.
Desideriamo che il nostro sguardo si avvicini allo sguardo di Cristo, a quel suo sguardo ricco di amore, umanissimo, che sa vedere in profondità e rivelare tutte le potenzialità del cuore umano, nonostante le miserie, le pesantezze, le caducità, le cadute, i tradimenti, i peccati. Credo che avremo modo, forse già oggi pomeriggio e comunque più avanti, di ritornare su questo sguardo di Gesù nei confronti delle persone. Accenno solo allo sguardo rivolto al giovane ricco, a Pietro, Oppure pensiamo alle varie persone che popolano il mondo delle parabole e che Gesù accoglie nelle loro abitudini, nei loro guai, nella loro sofferenza, manifestando la paternità di Dio che ridona la grazia d'essere accolti di nuovo, e pienamente, come figli: una grazia sempre sorprendente e gratuita e tuttavia mai "a buon mercato", come annotava D. Bonhoeffer. La paternità di Dio che Gesù rivela è universale, per tutti, ed è al tempo stesso personalizzante, per ciascuno. Nel senso che questa paternità che Gesù svela e testimonia, arriva a toccare ogni singola persona umana nella sua concreta condizione, nelle sue vicissitudini, nelle sue esperienze. Gesù rivela e testimonia l'amore di un Padre che ama e che invita alla responsabilità, di un Padre che promuove la libertà e suscita la capacità di rischiare per il bene (si veda, ad esempio, l'immagine che scaturisce dalla parabola dei talenti (cf Mt 25,14-30). L'atteggiamento dell'uomo verso Dio non può più essere la paura che paralizza, ma non può n! eppure essere il disimpegno irresponsabile.
3. Una Chiesa pellegrina e dunque missionaria
Tenendo fisso lo sguardo su Gesù e guardando a noi e ai fratelli con lo sguardo di Cristo, proseguiamo il nostro cammino. La Missione popolare è come un pellegrinaggio. Anzi la Missione fa parte, e parte decisiva, di quel pellegrinaggio che la segna la Chiesa in profondità. La Chiesa è Chiesa pellegrina nel mondo ed è molto intima la connessione tra la Chiesa pellegrina e la Chiesa missionaria.
Se è scarsa o è quasi dimenticata la consapevolezza di essere pellegrini viene a mancare la visione profonda e vera di ciò che siamo, per cui tutto appare piatto, senza dinamismo, senza progetto, senza trascendenza. Possiamo dire: senza vocazione. E se nella vita non emerge la vocazione, non si arriva a riconoscere la vita come dono.
Per questo dobbiamo ricordare ciò che siamo una Chiesa pellegrina. Per questo dobbiamo ascoltare la voce che invita pellegrinaggio: “Andiamo a Gerusalemme!”
Non sempre la prima reazione è di gioia, come afferma il salmo 122: "Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!" (122, 1). Spesso prevale l’esitazione davanti alla prospettiva di mettersi in cammino: vengono in mente molti interrogativi, ci assalgono anche molti dubbi. D'altronde il pellegrinaggio è sempre una scommessa che interpella la nostra fede e mette a prova le nostre forze davanti alle fatiche, prevedibili e imprevedibili. Poi, finalmente, arriva la gioia, quando il cammino è ormai intrapreso e, più ancora, quando si sta per concludere: "Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme! "(versetto 2). Gli antichi pellegrini che si recavano - e si recano numerosi anche oggi - a Santiago di Compostela hanno chiamato ‘monte del gozo’, monte della gioia, la collina che, a cinque chilometri da Santiago, consente di intravedere i campanili della grande basilica di san Giacomo apostolo.
Noi non siamo giunti al monte della gioia, ma abbiamo intrapreso il pellegrinaggio e la Missione popolare nonostante le perplessità e le esitazioni. Un cammino iniziato e proseguito nella fiducia in Gesù che ci invita dicendo: "Prendi il largo".
L'avventura della Missione, anche se appena iniziata, ci consente di avere in noi un po' di quella gioia espressa dall'orante del salmo 122. Dopo un anno di cammino, a tratti anche faticoso ma sempre avvincente, possiamo riconoscere con cuore grato che lo Spirito Santo ha soffiato: molti anno accolto l'invito e così abbiamo camminato insieme. Ne valeva la pena: è stata un'esperienza bella, motivo di speranza per il futuro delle nostre comunità. C'è un popolo in cammino, c'è una Chiesa in pellegrinaggio verso Gerusalemme, ci sono fratelli ed amici che condividono la fatica e la bellezza del viaggio missionario. Altri potrebbero essere invitati e unirsi al cammino: Gerusalemme è la casa del Signore, è la casa di tutti.
4. "Coraggio, sono io".
Nel secondo anno della Missione vogliamo ascoltare con rinnovata fiducia l'invito di Gesù: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!". È l'icona che illumina e orienta il nostro pellegrinaggio. Non mi soffermo in questo momento. Sarà la lectio di riferimento.
La Missione passa da qui. Sappia che è un compito che supera 1e nostre scarse capacitale tuttavia possiamo andare avanti, riconoscendo che non siamo soli, ma accompagna da Colui che è presente e ci invita a vincere la paura. Se i primi passi della Missione sono stati una gioiosa sorpresa, proseguiamo il nostro cammino riconoscendo che lo Spirito del Signore Gesù Ci precede, ci accompagna, ci sostiene. La Missione rinnova il mistero della Pentecoste che continua nella storia della Chiesa: per vivere e operare la Chiesa ha sempre bisogno del soffio Spirito Santo, come una barca a vela ha bisogno e soffio del vento per navigare. E proprio grazie allo Spirito, la nostra Chiesa può essere segno e strumento della comunione di tutti gli uomini tra loro e con Dio e manifestare quell’amore fraterno da cui tutti possono riconoscere i discepoli del Signore (cfr Gv 13,35).
Nel primo anno della Missione popolare abbiamo potuto gustare, attraverso i ritiri di zona, la bella, buona e gioiosa notizia che è il Vangelo di Gesù. Una notizia che è vita e luce, una parola che è speranza e salvezza. La gioiosa riscoperta di questa notizia sempre nuova e affascinante ci sospinge a non trattenerla per noi, ma a trasmetterla, a condividerla, a donarla. Non in modo astratto ma esistenziale: la parola di Gesù offre scorci stupendi di altri orizzonti restituisce a ogni persona la sua libertà ed integrità, assicura il perdono che rinnova l'esistenza, aiuta a vivere con senso pieno quelle esperienze umane fondamentali che segnano la vita di ogni persona. Sentiamo perciò urgente il compito di rendere accessibile a tutti la buona notizia, partendo proprio da ciò che tutti viviamo.
5. Il Vangelo abbraccia tutto l'umano
Sappiamo di avere un Padre che non abbandona i suoi figli e che ci ama come siamo: ma non vuole lasciarci come siamo, perché desidera donarci un cuore nuovo, un cuore capace di abbracciare la vita stessa vastità e bellezza.
Sappiamo che lo Spirito non cessa di soffiare e di gridare nel cuore di tutti: "Abbà, Padre" (Rm 8, 15). Vogliamo ascoltare questo grido del nostro cuore edel cuore dei nostri compagni di viaggio.
Il Vangelo di Gesù porta a verità il desiderio del cuore dell'uomo, libera la vita da quelle paure che la comprimono e la distolgono dalla verità, dalla pienezza. Quando il Vangelo incontra l'uomo, il cuore è trasformato in cuore di figlio. Quando la vita incontra il Vangelo, la vita diventa più grande, capace di accogliere il Dio che si è fatto vicino. Quando si fa esperienza della parola di verità i legami profondi e vitali diventano luminosi, veri. Allora scopriamo la grandezza del dono del Vangelo: l’aiuto gratuito di Gesù viene riconosciuto come insostituibile, la fede è percepita come cammino praticabile, la vita è vissuta come dono.
Da questi atti di fiducia riceve senso e slancio la Missione popolare come movimento di testimonianza e di proposta. Ma anche di ospitalità e di accoglienza di ogni persona. Le diverse esperienze rendono unica, in un certo senso, la storia di ognuno di noi. Ma tutti ci ritroviamo compagni di strada, con il medesimo carico di domande e con i bisogno e quando affrontiamo la sofferenza, quando viviamo l'esperienza dell'amore, quando ci impegniamo per una vita civile più autentica.
6. Il Vangelo e gli ambiti della vita
Le relazioni interpersonali, i dolore , l'impegno di cittadini nella comunità sono dimensioni che segnano il vivere umano e sono rivelatrici di senso. Eppure, paradossalmente, molte persone, proprio nel contatto vivo, e volte anche drammatico, con queste realtà, si sono smarrite, hanno perso là luce del Vangelo, si sono sentite distanti dalla comunità cristiana. Queste esperienze non possono essere lasciate a se stesse, perché significherebbe abbandonare l’uomo a se stesso, con il rischio che sopprima quel suo desiderio di cose grandi. Prestiamo attenzione a queste dimensioni perché sono vissute da tutti e perché coinvolgono la persona nella sua realtà quotidiana, come ha recentemente indicato il Convegno ecclesiale di Verona e come mostra anche la scelta dei Vescovi italiani di dedicare gli Orientamenti pastorali del prossimo decennio al tema dell'educazione.
Senza trascurare le dimensioni fondamentali dell'esperienza ecclesiale (liturgia, Vangelo e carità), vogliamo mettere l'accento sugli snodi fondamentali della vita umana, sottolineando quei passaggi di vita che chiamano in causa la fede con maggiore forza ed intensità.
Il Vangelo trova nel cuore della vita la sua casa e il suo dinamismo e la vita trova nel Vangelo la luce e la salvezza. In linea con tale scelta di stile pastorale, la nostra Diocesi in questo secondo anno di Missione concentrerà la sua attenzione sui legami affettivi, sull'esperienza del limite e sulla questione della cittadinanza. Questo comporta un passaggio dalla proposta organica del contenuto della fede all'accoglienza dell'esistenza umana, considerata nei suoi passaggi fondamentali e illuminata dalla luce del Vangelo. Proprio questo passaggio caratterizza il .cammino della Missione che vuole aprire la nostra pastorale ordinaria alla dimensione missionaria.
Le nostre comunità ecclesiali si dispongono ad un esercizio concreto di ascolto sia della parola di Dio sia delle parole dell'uomo. Così, con l'aiuto dello Spirito, intendiamo realizzare il secondo anno della nostra Missione, che trova proprio nelle esperienze della vita umana l'alfabeto per comporre le parole con le quali dire a noi e al mondo l'amore di Dio e la bellezza del nostro essere figli di questo Padre che ci ama.
7. Il dono e l'appello alla vita nuova
Oltre all'alfabeto, ci vuole anche la grammatica e poi il linguaggio. In questo anno siamo invitati a riscoprire gli elementi di questo linguaggio insito nell'annuncio evangelico: -1- il dono, e cioè la sorprendente gratuità e -2- l’appello ad una vita nuova, alla conversione, grazie al dinamismo trasformante del dono ricevuto. Sono i due eletti di base dell'annuncio cristiano: sarà opportuno coglierne lo straordinario dinamismo pedagogico per la nostra vita e per la vita delle nostre comunità. .
Penso ad esempio al cammino di iniziazione cristiana, ai percorsi di catechesi: lì è possibile riscoprire e far emergere il primo e fondamentale annuncio della fede in Gesù Cristo in riferimento particolare a quei momenti importanti della vita, come l'attesa di un figlio, come la preparazione al matrimonio e alla famiglia, come l'accompagnamento dei ragazzi al catechismo, come l'inizio di un cammino catecumenale per gli adulti. Ma è tutta la pastorale che è invitata a ritrovare il linguaggio dell'annuncio, che è poi la vita stessa su sui poggia e si esprime una comunità che crede nel Signore Gesù.
Ciò può favorire una considerazione unitaria della persona accolta dalla comunità ecclesiale e dalla sua azione pastorale e nello stesso tempo mostrare la rilevanza esistenziale della fede cristiana per la nostra vita buona.
Occorre porre attenzione ad alcune direzioni di lavoro: ascoltare il desiderio di relazioni profonde che abita il cuore di ogni uomo e le difficoltà che oggi si vivono in questo campo; aiutare a riconoscere la relazione come buona notizia per la vita delle persone e invitarle a vivere autenticamente questa dimensione; porre al centro della pastorale l'educazione a riconoscere che il dono è il compimento della maturazione della persona; orientare le relazioni alla ricerca della verità e alla testimonianza della carità; far emergere la forza educativa della fede verso la pienezza di relazione con Cristo nella comunione ecclesiale.
Vedremo di programmare appuntamenti specifici (esempio Cives) con attenzione agli ambiti della vita umana e di offrire momenti di dialogo aperto e propositivo con il territorio e la città attraverso forme e linguaggi differenziati.
Cosi il Vangelo incontra la persona dentro le relazioni fondamentali della vita, comunica la sua sapienza creatrice di umanità nuova e di speranza viva.
Così possiamo far “emergere soprattutto quel grande ‘sì’ che in Gesù Cristo Dio ha detto all'uomo e alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come... la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo” (Benedetto XVI, Discorso al IV Convegno nazionale della Chiesa italiana, Verona, 19 ottobre 2006).
Conclusione
La Nota pastorale si rivolge a tutti, ai sacerdoti e ai religiosi e alle religiose, ai membri dei Consigli pastorali, ai catechisti, agli educatori, ai docenti di religione. Penso, in modo del tutto particolare, a tutti coloro che lo scorso anno hanno accolto l'invito a “prendere il largo”. Proprio quando ci si avventura al largo si può avere paura. Abbiamo bisogno di ascoltare la voce di Gesù che ci dice: Coraggio, sono io, non avere paura.
***
Riprendiamo la cronaca del convegno.
I lavori sono iniziati venerdì pomeriggio alla Bellotta di Pontenure con l’intervento di Massimo Magnaschi e di mons. Giuseppe Busani. Il primo si è soffermato sull’andamento della missione nel primo anno richiamando aspetti positivi e punti deboli; in questo facendo riferimento alle risposte avute dalle Unità pastorali appositamente interpellate. Tra gli aspetti da migliorare un maggior coinvolgimento delle persone, una migliore accoglienza da parte dei sacerdoti, incentivare le comunicazioni a livello di Unità pastorale, più attenzione ai giovani e agli adolescenti.
Alcuni suggerimenti: coinvolgimento delle famiglie, far crescere la comunione nelle comunità, un incontro mensile di approfondimento, accentuare l’ascolto della Parola, iniziative che traducano nel quotidiano la Parola, pianificazione di una strategia di invito personale, proseguire nei riti per operatori pastorali, studiare le modalità per una migliore realizzazione della missione nella pastorale integrata.
Da parte sua mons. Busani, che in qualità di vicario episcopale per la pastorale è stato il regista anche di questo appuntamento diocesano, ha richiamato le caratteristiche che devono segnare il secondo anno della missione. Tutto dovrà partire dal Vangelo inteso come risorsa, presenza di Gesù Cristo nella vita quotidiana. Per questo dovranno essere ripresi gli “esercizi spirituali di cristianesimo”; scegliere non tanto di parlare di Dio ma con Dio. Avvicinarsi – sintetizziamo l’intervento di mons. Busani – con umiltà, nel senso di “terreno raggiungibile da un seme” e in questo dovranno impegnarsi soprattutto le Unità pastorali e il metodo sarà quello di mettere al centro la persona a cui sono rivolte le energie della Chiesa.
Dall’attenzione alla dottrina occorre passare alla centralità della persona e gli ambiti sono l’affettività, la fragilità (che deve diventare un valore) e la cittadinanza (costruire la città da cristiani).
Venerdì sera vi è stata una celebrazione della Parola nel parco del centro pastorale; sabato i lavori si sono spostati nella Sala degli Arazzi del Collegio Alberoni.
Sabato mattina è intervenuto il prof. Mauro Magatti, preside della Facoltà di sociologia della Cattolica di Milano, che ha tenuto la relazione sul tema: “Le esperienze umane fondamentali tra paura e fiducia: lettura antropologico-culturale” (ampia analisi delle paure del nostro tempo); ha fatto seguito l’intervento del prof. Pier Paolo Triani che ha tracciato i percorsi per il secondo anno di missione. Triani ha parlato di esercizi di condivisione dell’umano, di dialogo evangelico, di rinnovamento pastorale analizzando poi le varie modalità come vivere l’affettività, la fragilità e costruire la città, la cittadinanza. Quindi l’intervento del Vescovo di cui abbiamo già dato ampio resoconto.
Nel pomeriggio il teologo della diocesi di Milano don Antonio Torresin ha parlato delle “esperienze umane fondamentali tra paura e fiducia: lettura biblico-teologica”, mentre il biblista piacentino don Paolo Mascilongo ha spostato il discorso su scelte operative: “Affettività, fragilità e cittadinanza: itinerari sul vangelo di Matteo per il secondo anno della Missione” (indicazioni in ordine al Vangelo di Matteo che sarà al centro dell’attenzione del secondo anno della missione).
Tra i contributi presentati al convegno anche due video curati da Barbara Tondini per il Servizio diocesano multimedia per la pastorale: una sintesi degli obiettivi del secondo anno della missione ed un reportage sul viaggio in Terrasanta dei giovani.
Il convegno era in particolare rivolto a sacerdoti, religiosi, membri del Consiglio pastorale diocesano e dei Consigli parrocchiali; direttori e collaboratori degli uffici e dei servizi diocesani; catechisti; animatori della Missione popolare diocesana; responsabili di associazioni e movimenti. Sono state registrate 350 presenze.
Comunicato diocesi di Piacenza-Bobbio
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