Piccoli santi senza aureola. Suor Leonella Sgorbati era uno di questi. Nella giornata dei missionari martiri è stata ricordata a Piacenza con una serie di iniziative.
«Suor Leonella sentiva che sarebbe stata chiamata al martirio, aveva come l'intuizione. Percepiva che l'ambiente era ostile alla presenza di realtà diverse. Tuttavia andava avanti vivendo la sua vita assieme alla gente». E' suor Renata Conti, la religiosa incaricata dalle Missionarie della Consolata di raccogliere il materiale per la causa di beatificazione, a spiegare come i martiri di oggi siano gente comune, senza atti di eroismo, ma con il grande merito di aver vissuto fino in fondo la loro vita assieme agli altri. Così ha vissuto suor Leonella Sgorbati, la missionaria piacentina assassinata il 17 novembre del 2006 a Mogadiscio, ricordata ieri sera nella sala dei Teatini nelle giornate per i missionari martiri. La serata, organizzata dall'Ufficio Missionario diocesano e da Il Nuovo Giornale, è stata condotta dalla giornalista del settimale diocesano, Barbara Sartori. Ad aprire, i saluti dell'assessore alle politiche sociali del Comune di Piacenza, Giovanna Palladini, e del direttore dell'Ufficio Missionario, monsignor Giampiero Franscheschini. Ci si chiede se suor Leonella, di fronte al pericolo, avesse pensato di fare un passo indietro. «La nostra vocazione è ad gentes, per tutta la vita, sarebbe stata un rinnegarla - spiega suor Renata Conti a margine del convegno -; anche se suor Leonella non ha cercato il martirio. Il giorno in cui il Signore glielo ha offerto, lo ha accolto. Tutti erano consapevoli del rischio che si correva in Somalia, ma hanno scelto di rimanere con la gente». E le tre parole finali "Perdono, perdono, perdono" pronunciate prima di morire, vanno lette proprio in tale contesto: la forza e il coraggio di perdonare coloro che in quei luoghi erano ostili arrivando ad uccidere.
«Quando incontravi suor Leonella - ricorda suor Giacinta, originaria del Kenya - erano momenti di piena vita, sentivi respirare aria di libertà. Era come una grande mamma che si prendeva cura dei suoi tanti figli. Capiva i bisogni delle persone che aveva accanto»
Per suor Maria Teresa Ratti, comboniana, ricordare suor Leonella «è onorare il passato per guardare con fiducia al futuro. In Africa ci hanno insegnato l'importanza di onorare gli antenati e il fatto che una volta nati non si muore più». «Il martire - continua la suora giornalista di Comboni Fem - è quella persona che nella sua vita riecheggia quelle che sono state le azioni e le gesta di Gesù. Noi abbiamo bisogno di queste persone che oggi, senza misura, si mettono a disposizione della buona novella per la costruzione di un'umanità nel segno del regno di Dio».
Al missionario piacentino in Bangladesh padre Francesco Rapacioli (oggi è rettore del seminario del Pime a Monza) il compito di inquadrare il nuovo ruolo della missione. «Occorre cambiare il nostro approccio alla missione - si dice convinto -. Una volta la modaltà era quella di andare e fare tabula rasa predicando unilateralmente a persone che devono ricevere tutto. Oggi i non cristiani sono persone che appartengono ad altre comunità: islamica, indù, buddhista, taoista e via dicendo. Oggi occorre raccogliere tutto ciò che c'è di vero, di autentico in queste culture e condividere e annunciare il Vangelo. Quando il dialogo che è funzionale alla comunicazione e all'ascolto della loro tradizione, quando il dialogo si interrompe allora accade il martirio, come con suor Leonella. Nonostante il suo atteggiamento positivo, paradossalmente c'è stata una chiusura da parte di tanti che non vogliono missionari cristiani in terra islamica».
Questo pomeriggio, alle ore 18, nella basilica di Sant'Antonino, il vescovo Gianni Ambrosio celebra la messa durante la quale saranno ricordati tutti i missionari uccisi nello svolgimento del loro ministero.
Federico Frighi
24/03/2012 Libertà
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