Papa Benedetto XVI è il nuovo grande comunicatore della Chiesa cattolica. Alla veneranda età di 85 anni ha imparato ad usare twitter e si è lasciato coinvolgere dai social network. Con un'accortezza ed un invito ai giovani: lo schermo sia solo l'inizio, è necessario andare oltre per una vita di relazioni. Ne è convinto Fabio Zavattaro, vaticanista Rai, ospite ieri mattina nel salone della Curia per il convegno organizzato da il Nuovo Giornale su Chiesa e comunicazione. L'occasione: la festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli scrittori, come ricorda nella sua introduzione don Davide Maloberti.
«E' Benedetto XVI il nuovo grande comunicatore - dice Zavattaro rispondendo ad una domanda del direttore di Libertà, Gaetano Rizzuto -. Lo si vede anche dal modo di porsi con la gente: addirittura, quando è in ritardo alle udienze generali, si scusa spiegandone anche i motivi». Un papa e un modo di comunicare diversi da Giovanni Paolo II.
«Papa Wojtyla parlava non solo con le parole ma anche con i gesti, gli sguardi e i silenzi. Diretto, fuori dal protocollo, come quando ci fece salire nella sua stanza durante le vacanze estive in montagna, ospite del vescovo di Belluno - racconta -. Eravamo in tre giornalisti. Ci si presentò davanti facendoci emozionare tanto che quando ci chiese che cosa volevamo sapere riuscimmo solo a domandargli come stava andando la vacanza».
Oggi è cambiato il modo di comunicare. «C'è la possibilità di avere materiale dalle fonti più diverse, c'è la volontà della gente di informare con i telefonini, i social network, i blog - evidenzia Zavattaro -. Abbiamo le immagini prese sul momento dai telefonini, dai tablet, in tutto questo il giornalista è sempre più necessario per fare da tramite». L'esempio biblico è calzante: «Mosè, ricevute le Tavole della legge, dice di non essere in grado di trasmetterle al popolo perchè egli stesso "tardo e impedito di lingua". Ci penserà il fratello, Aronne. "Egli parlerà al popolo in vece tua e sarà la tua bocca" risolse il problema il Signore rivolgendosi allo stesso Mosè». Il ruolo del giornalista è lo stesso di Aronne, sottolinea Zavattaro che, tuttavia, non può non mettere in luce come al giornalista non basti passare i documenti ufficiali ma sia necessario andare oltre la carta.
E qui iniziano le difficoltà, da entrambe le parti. «Ai tempi di Dante Alimenti un servizio sul papa durava tre minuti - ricorda Zavattaro -, oggi ci tocca sintetizzare un'enciclica in un minuto e venti». Oggi il mondo della comunicazione fagocita la Chiesa facendo passare solo determinate notizie ed ignorandone altre; a volte per mancanza di tempo, spesso per scelta. Ma oggi la Chiesa non ha più un cardinale giornalista come Ersilio Tonini. «C'è monsignor Gianfranco Ravasi, di immensa cultura - evidenzia Zavattaro -, ma Tonini era diverso, andava subito all'essenziale, per i giornalisti era un uomo da titolo».
Libertà, 26/01/2013
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