Piacenza - «Quella della droga è un’emergenza dimenticata. L’abbiamo visto a Piacenza nella giornata mondiale. Ce ne siamo ricordati solo noi». Don Giorgio Bosini è abituato ad ingoiare rospi e, uno più uno meno... per il sacerdote presidente de La Ricerca e, dallo scorso anno, anche economo diocesano, non fa tanta differenza. Lo dice. Poi tira dritto. «Abbiamo approfittato di questa occasione per un momento di aggregazione dei volontari - osserva - visto che l’oggetto del nostro servizio è in primis la tossicodipendenza e tutto ciò che è correlato. Almeno tra da di noi abbiamo voluto ricordarlo». «Questa è la giornata mondiale della droga indetta dall’Onu - chiosa - spiace che le istituzioni, prese da centomila altre cose, non abbiano detto nulla. È da tempo che se il privato non si muove ... e questo conferma e fotografa una situazione in cui il problema droga sembra non essere più un’emergenza». «Non c’è più allarme, non c’è più attenzione - continua -, anche la legalizzazione indirettamente afferma che non è più un problema». Invece lo è ancora, eccome, è sicuro don Bosini: «Sono ad esempio aumentati i morti, il 6 per cento in più. Senza voler fare del catastrofismo, la droga fa male, punto». «Mi preoccupa il fatto che le istituzioni - evidenzia -, i genitori, la scuola, non avvertano più questa spia che ti dice che c’è qualche cosa che non va. Mentre prima era più marcata dal punto di vista del disagio, oggi assistiamo ad una droga più ricreazionale, del divertimento, dello sballo. Ci si preoccupa perché poi viene alzata la “paletta” quando c’è un incidente stradale, quando avvengono morti violente e incomprensibili. Tutto questo, molto spesso, è effetto di sostanze o di cocktail micidiali». Cambiano gli orizzonti de La Ricerca: «Ci stiamo muovendo molto nel campo della prevenzione, nelle scuole, nell’aiutare gli insegnanti a saper leggere il vero problema dei ragazzi». Ma la droga - cocaina - dilaga nel mondo dei quarantenni e della gente affermata, in funzione di prestazioni, di immagine, di altro.Ecco che sul versante della cura anche le metodologie si stanno adeguando. «Le comunità tradizionali oggi sono quasi vuote - fa notare don Bosini - occorre invece mettere in moto degli altri tipi di azioni. Con un quarantenne in carriera non puoi fare il medesimo lavoro che facevi con un ventenne. Occorrono interventi mirati, ripetuti, limitati nel tempo. Magari alcune settimane di full immersion, cose che in America facevano già 20 anni fa. Cure ad eclissi, in modo che la persona, quando viene agganciata, percepisca il bello dello star bene senza bisogno di sostanze. Le comunità oggi devono cambiare, sennò diventano piccoli manicomi o luoghi per malati cronici».
Federico Frighi
da Libertà, 27 giugno 2008
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