Matteo Castagnetti, 18 anni, ha perso la vita perchè, sulla sua bici, stava percorrendo tranquillamente una strada di città quando si è trovato in mezzo ad uno scontro tra due auto e ne è stato drammaticamente coinvolto. Come essere uccisi da un proiettile vagante mentre si passeggia tranquillamente per strada. Vogliamo ricordare la sua figura di scout pubblicando l'omelia di don Federico Tagliaferri, pronunciata ieri, durante l'ultimo saluto.
“Vi ho chiamato amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio, l’ho fatto conoscere a voi.” Questo fare conoscere è più di un semplice dire con le parole, è un rivelare, un comunicare, un rendere partecipe l’altro di ciò che io possiedo, di ciò che io sono.
Gesù manifesta il desiderio di Dio di rendere partecipe l’uomo, di ciò che Dio è. Dalle mani stesse di Dio, l’uomo ha preso forma quando ancora era terra da plasmare, dal soffio di Dio messo nelle narici ha preso vita, movimento, spirito e così è stato per tutta la storia della salvezza fino a Gesù che ha rivelato il volto del Padre, ha accolto, ascoltato, guarito, ha dato il perdono anche dalla croce, ha emesso lo spirito e con il Padre ha effuso lo Spirito il giorno di pentecoste.
Queste, sono alcune delle azioni che Dio compie per rivelare, per rendere parte l’umanità della sua divinità, quasi volesse cancellare quella differenza che c’è tra creatore e creatura.
In fondo gli amici sono così: non stanno su piani differenti, ma sullo stesso piano, stanno accanto, camminano vicini. La morte e risurrezione di Gesù sono proprio il gesto estremo e supremo: vincere il peccato e la morte perché anche noi possiamo vivere in eterno con Lui: essere amici per sempre.
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.” Chi ti ama ti rende partecipe della sua vita, ti dà quello che ha, cioè se stesso. Dio ci mostra tutto questo anche attraverso le persone che ci mette accanto….anche i nostri amici sono il modo che Dio sceglie di mostrarci la sua amicizia, il modo che Dio sceglie di consegnarsi in un’amicizia.
E’ vero che in questi giorni non c’erano parole. E non c’era bisogno che ci fossero!!!! Nel nostro ritrovarci abbiamo messo in mezzo la preghiera, la Parola di Dio, ma la parola che ci è stata data, la vera parola ad essere al centro era Matteo. Matteo è stato una parola di Dio detta a noi, per fare conoscere, per dirci, per dirsi, e non mi pare che sia stata troppo sussurrata…Matteo è stato una parola pronunciata con vivacità, con sensibilità, con la voce che cantava e con la capacità di compiere tanti gesti.
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” Anche nella morte sei stato una parola forte. Il modo con cui te ne sei andato ci dice che tra noi c’è qualcosa che non va: nello stile del fare le cose, nel servirci dei mezzi che abbiamo, nell’atteggiamento con cui viviamo la vita che spesso è superficiale e non curante di quel soffio di divinità che ci portiamo dentro.
Ma quella morte non ha spento le parole che ci hai detto, non ha spento la parola della tua presenza, l’ha scolpita in modo ancora più marcato e profondo dentro di noi.
“Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.” Oggi non conosciamo ancora fino in fondo ciò che il Signore ha voluto dirci con la presenza di Matteo, ma ci sentiamo interpellati perché ognuno viva con la coscienza di essere una parola di Dio della all’umanità, una parola che può fare molto bene, una parola espressione di amore. “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.”
Nella riflessione che Matteo ha scritto in Terra Santa definiva così il santo sepolcro: “Una calamita, ecco come definirei il Santo Sepolcro, che attira qualsiasi confessione.” Tu Matteo, sei una calamita! Guarda in quanti ci hai portati qui, oggi e da te accogliamo l’invito/comando del vangelo: “Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.” Cum-mandare, è un raccomandare con forza, ma anche suona come un invio. Invito a non fermarsi, ad imparare, a continuare a vivere nell’amore e dell’amore che Dio ci ha seminato dentro. A vivere della fede, della comunità, del servizio, della strada, dell’impegno attivo che Matteo ci ha testimoniato con il percorso scoutistico e nella vita di ogni giorno.
“Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.” Quando Matteo è partito per la Terra Santa, i suoi genitori, gli avevano chiesto di essere i loro occhi, i loro piedi, le loro orecchie, il loro cuore….in definitiva di fare questa esperienza anche per loro e di portare qualcosa da quella terra. Matteo si era dato da fare: rosari, pietre, benedizioni, strofinamenti su pietre sacre. Al ritorno, portando questo nutrito pacchetto lo ha consegnato loro dicendo: “Questa è una bomba di santità”.
Ebbene, ora che sei ripartito, Matteo, ti chiediamo un’altra bomba di santità, te la chiediamo tutti: che sia di fede, di speranza e di amore. Mandacene tanta e fai in modo che scoppi, permetttendoci di compiere fino in fondo il cammino qui e per poter poi arrivare e ritrovarci dove sei tu. “Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”.
Buona strada!!!
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