«Sono molto ammirato per questa celebrazione di Sant'Antonino martire in questa basilica, ma sono anche molto grato per aver conosciuto questa città e questa diocesi. Vorrei che questa mia visita creasse un ponte tra Piacenza e Sarajevo».
Il cardinale Vinko Puljic, l'arcivescovo di Sarajevo che rimase nella capitale della Bosnia Erzegovina durante l'assedio più lungo della storia moderna, saluta così i piacentini dopo 48 ore trascorse all'ombra del Duomo. Lo fa dal pulpito della basilica di Sant'Antonino, alla sua destra il vescovo Gianni Ambrosio, alla sua sinistra il parroco don Giuseppe Basini. Parla all'inizio e alla fine della celebrazione. Si vede che è contento e soddisfatto dell'accoglienza ricevuta e lo dirà anche dopo, in sacrestia, una volta smessi i paramenti ed indossata la veste cardinalizia nera con la fascia e lo zucchetto rossi. Puljic è una persona concreta e non lascia Piacenza con un saluto di circostanza.
«Grazie al fraterno invito del vostro vescovo Gianni Ambrosio e del parroco don Giuseppe Basini - dice all'inizio della messa patronale, nel suo simpatico italiano imparato da autodidatta, ascoltando Radio Vaticana - quest'anno celebro insieme a voi la festa del vostro grande patrono Sant'Antonino Martire. Nella sala dei Teatini, nella conversazione con il direttore Gaetano Rizzuto (martedì sera, ndr.), ho cercato di spiegare che cosa significa essere cristiano nella multietnica e multireligiosa Bosnia Erzegovina dopo la guerra dal 1991 al 1995, nata dalla disgregazione della ex Jugoslavia. Oggi, in questa antica basilica che si può considerare un orgoglio di Piacenza, celebriamo la festa del martirio di Sant'Antonino, patrono della città».
«Qui vivono tanti cittadini della Bosnia Erzegovina che ci sono vicini - osserva poi a conclusione della celebrazione - ma anche i piacentini possono dare il loro segnale di amicizia e vicinanza per aiutare ad appoggiare i nostri cattolici in Bosnia Erzegovina a rimanere nel loro paese, a restaurare le loro case e dare loro il coraggio di rimanere a vivere in Bosnia Erzegovina».
«Vi voglio ringraziare per la vostra vicinanza specialmente durante e dopo la guerra, con la vostra Caritas impegnata nella diocesi di Banja Luka - ci tiene ad evidenziare il cardinale -, ma non dimenticatevi di noi che vogliamo sopravvivere nel nostro paese, costruire pace e uguaglianza nel nostro paese; non dimenticate i cattolici di Bosnia Erzegovina, noi viviamo insieme musulmani, ebrei, ortodossi; tutti abbiamo bisogno di una pace giusta e una società civile prospera». «Noi cattolici - prosegue Puljic - siamo grati alla Cei (Conferenza episcopale italiana) per l'aiuto che ci ha dato, in modo particolare per il sostegno e il mantenimento delle scuole cattoliche che sono scuole interetniche nelle quali offriamo insegnamenti per i bambini e i ragazzi delle diverse confessioni». Ancora: «Tutti noi in Bosnia Erzegovina siamo grati alle persone di buona volontà che ci visitano e mostrano un sincero interesse nei nostri confronti. Ci aiuti Sant'Antonino martire e patrono di Piacenza, sia per tutti noi esempio e testimonianza della fede aperta in Dio. Grazie per tutto e arrivederci in Sarajevo». Magari in occasione dell'incontro mondiale per la pace che la Comunità di Sant'Egidio ha promosso dal 9 all'11 settembre prossimi nella capitale della Bosnia Erzegovina. Un incontro con tutti i capi delle religioni per portare a Sarajevo lo spirito di Assisi. «Vogliamo dare un segno forte al mondo - ha detto il cardinale nella serata ai Teatini - che le religioni possono convivere se c'è rispetto l'uno dell'altro».
fed. fri.
05/07/2012 Libertà
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