«Forse Benedetto XVI non sarà l'ultimo l'ultimo papa europeo, come annunciato da Bernard Lecomte nel suo "Benoît XVI, le dernier pape européen" (2006). Certamente non è pensabile che l'Europa non abbia più nulla da dire al mondo». E' uno dei passaggi più significativi del fondo del vescovo Gianni Ambrosio pubblicato sull'edizione di sabato dell'Osservatore Romano. Il quotidiano vaticano, in vista del Conclave che inizierà domani, sta pubblicando scritti che appaiono come contributi sui temi caldi che dovrà affrontare il nuovo Papa. Riflessioni e meditazioni che non passeranno di certo inosservate ai cardinali riuniti per le Congregazioni generali. Come vice presidente della Comece - l'organismo che riunisce i rappresentanti delle Conferenze episcopali dei Paesi membri dell'Unione Europea - è stato chiesto al vescovo di Piacenza-Bobbio di ricordare ai "grandi elettori" il valore dell'Europa.
Ambrosio cita il monito di Benedetto XVI in occasione dei festeggiamenti per i cinquant'anni dei Trattati di Roma: "L'Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia". «L'immediato riferimento del Papa riguardava la crisi demografica del vecchio continente - scrive Ambrosio -, ma il discorso coinvolgeva i diversi aspetti dell'odierna vicenda europea. Queste parole evidenziano la preoccupazione per la crisi di civiltà del nostro continente: l'Europa, con l'indebolimento della sua identità culturale e religiosa, rischia di ridurre la persona a una sola dimensione, quella orizzontale. Come se la storia europea del secolo passato non insegnasse nulla, come se le tragiche esperienze non attestassero che l'uomo perde l'orientamento e compie passi disumani quando si chiude in se stesso e cancella Dio dal suo orizzonte».
Insieme alla preoccupazione è sempre emersa la fiducia di Benedetto XVI nell'Europa. Il vescovo ricorda l'intervento di Julia Kristeva, psicanalista francese, su Avvenire del 13 febbraio scorso: "Papa Benedetto ha ridato speranza a un'Europa in crisi". Ma anche come diversi intellettuali - soprattutto nel Nord Europa - non abbiano gradito il suo insegnamento. «Quando la polemica lascerà il posto alla riflessione - osserva - ci sarà la possibilità di comprendere più a fondo la portata del pensiero di Joseph Ratzinger». In Europa oggi, evidenzia Ambrosio, «le differenze nazionali non costituiscono più un problema, le diversità non sono divisioni. Le nazioni restano, con la loro diversità culturale. Questo è un tesoro da condividere tra i popoli, fino a far nascere una grande sinfonia di culture. L'Europa, che ha inventato la forma dello Stato nazionale, con aspetti positivi ma anche con le guerre nazionalistiche, e poi l'ha esportata nel mondo, ora sta mostrando al mondo il parziale superamento di quella forma, avviandosi verso una modalità di convivenza e collaborazione che va oltre i confini statuali».
Su questo cammino incombe, sottolinea Ambrosio, il rischio dell'Europa contemporanea: la perdita di se stessa, della sua anima «che il cristianesimo aveva "contribuito a forgiare", acquisendo un ruolo "non soltanto storico ma fondativo nei confronti dell'Europa". Se la visione religiosa è centrale per ogni cultura, se la relazione con Dio è essenziale per il cammino dell'umanità, l'Europa non può ignorare la questione della fede che coinvolge l'uomo e Dio. Questa è la sfida». «Nonostante le molte difficoltà - tuttavia - la speranza di un cammino diverso è sempre presente in Benedetto XVI. La ragione di questa speranza risiede nel desiderio di Dio che è presente nel cuore dell'uomo».
Federico Frighi
11/03/2013 Libertà
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