sabato 10 novembre 2007

"Scalabrini, costruttore di una famiglia senza confini"

Celebrati in duomo i dieci anni della beatificazione di Giovanni Battista Scalabrini
"Fede e speranza gli orizzonti di Scalabrini"
L'omelia dell'amministratore diocesano monsignor Lino Ferrari

Piacenza- Sono passati dieci anni, ce lo ricordava nella presentazione padre Sisto Caccia, da quando Giovanni Battista Scalabrini vescovo di Piacenza e padre dei migranti è stato proclamato Beato. Tanti di noi erano presenti in piazza San Pietro consapevoli di vivere una esperienza forte di Chiesa, e fieri di vedere che un nostro vescovo e padre era proposto alla Chiesa universale come esempio di carità e di servizio senza confini.
E sentiamo come provvidenziale che tale avvenimento sia coinciso con la festa della Dedicazione della Basilica Lateranense. Le letture proclamate in questa Eucaristia ci stimolano a leggere la vita di Scalabrini come di un pastore animato dallo zelo per rendere decorosa ogni chiesa di pietra, ma soprattutto per edificare il tempio spirituale dei fedeli in ogni angolo della Terra.

Il luogo dove incontrare Dio è questione fondamentale per ogni uomo, non è dunque banale o campanilistica la domanda che la Samaritana rivolge a Gesù: “È nel tempio di Gerusalemme che dobbiamo adorare Dio o nel tempio costruito sul monte Garizim?”. Risponde Gesù: “È venuto il tempo in cui tutto è rinnovato”.
Adorare Dio è ancora indispensabile per l’uomo credente, ma adorare – un verbo che in pochi versetti ricorre ben nove volte – non è una posizione del corpo o un rito, bensì un modo di porsi davanti a Dio nella preghiera come nella vita. L’adorazione è l’atteggiamento di chi vive riconoscendo in tutto il primato di Dio, qui significativamente indicato con il nome di Padre: «i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità». “In Spirito e Verità”, vuole dire: guidati dallo Spirito Santo a riconoscere Gesù come verità; è Lui infatti che svela un disegno salvifico di Dio. Gesù è la Verità ed è il vero Tempio, il luogo in cui il Padre si mostra a noi: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14, 9), dice Gesù all’apostolo Filippo.

Penso siano pochi i vescovi che hanno stimolato come ha fatto lui, clero e fedeli, ad avere cura delle loro chiese, per renderle non solo decorose ma belle.
Durante il primo Sinodo del 1879 affermò: “Alla chiesa che è la casa di Dio e la porta del Cielo, conviene assolutamente la santità. Questa santità, che deve avere sede principalmente nel cuore e nell’animo di coloro che entrano in chiesa, deve apparire anche esteriormente in modo che si possa conoscere l’augusta maestà di Dio dalla forma, dalla solennità, dall’eleganza, dall’ornato e specialmente dal nitore dell’edificio.
Nel territorio della Diocesi nel corso dei trent’anni del suo episcopato Scalabrini ha consacrato o riconsacrato duecentoventi chiese. Particolare impegno egli profuse nel restauro di questa Cattedrale, annunciato con una lettera nel 1894, restauro che venne terminato nel 1902.
Ma più importante è pensare a Scalabrini nel suo rapporto con il tempio spirituale, la Chiesa. Ciò che maggiormente lo impegnava era la costruzione della comunità cristiana. Anche la bellezza delle chiese di pietra era finalizzata a fare bella la “chiesa delle anime”, come lui la chiamava.
Diceva: “Attraverso la catechesi, che non è solo istruzione, occorre formare ed educare le persone e le coscienze, coltivare e sviluppare non solo la mente ma il cuore. E poi la parola di Dio, l’Eucaristia, la Carità vissuta, solo così si può nutrire e conservare la fede che è il bene più grande per l’uomo”.
Scalabrini si è speso senza riserve per la sua Chiesa, per il gregge a lui affidato. Anche il vostro carisma di missionari e missionarie tra i migranti è nato da qui. Erano suoi diocesani coloro che erano partiti per terre lontane, diocesani di cui non poteva disinteressarsi, soprattutto perché non venisse meno la loro fede e i valori morali che possedevano e anche il loro bene materiale.
Il mese scorso abbiamo celebrato il “Quarantesimo della presenza dei nostri sacerdoti fidei donum in Brasile”. È doveroso credo, ricordare che hanno avuto in Scalabrini un illustre precursore. Ricordiamo il viaggio del 1904 di Scalabrini in Brasile, quel viaggio che lo provò duramente anche nel fisico e probabilmente influì per la sua morte avvenuta l’anno seguente.

Voglio terminare con una citazione che di Scalabrini ha fatto il nostro vescovo mons. Luciano Monari, in uno dei suoi interventi. È un modo anche per sentirlo presente il vescovo Luciano, lui che tante volte ha detto di “avere trovato in Scalabrini una ispirazione importante anche per la sua missione di pastore”.
Scriveva Scalabrini: “Mentre il mondo si agita abbagliato dal suo progresso, mentre le razze si mescolano e si confondano ‑ attraverso il rumore delle nostre macchine al di sopra di questo lavoro febbrile di tutte queste opere gigantesche, e non senza di loro ‑ si va maturando quaggiù un’opera ben più vasta, ben più nobile, ben più sublime: l’unione in Dio per Gesù Cristo di tutti gli uomini di buon volere”.
E commentava il vescovo Luciano: “Mi affascina questa visione del grande vescovo, questo suo modo di interpretare la storia alla luce di un progetto grande che ha il suo centro e la sua sintesi in Cristo. Quanto vorremmo che la nostra Chiesa avesse lo stesso sguardo di fede e lo stesso orizzonte di speranza, nell’affrontare i problemi che sbiadiscono l’unità interna e quelli legati al nuovo contesto multietnico che troppe volte incute solo paura”.

L’Eucaristia che celebriamo ravvivi il nostro grazie al Signore per avere donato un vescovo Santo non solo a Piacenza ma alla Chiesa universale.
E al Beato Scalabrini chiediamo di intercedere ‑ per il pastore che attendiamo, per i suoi missionari e le sue missionarie ‑ perché siano fedeli al carisma che li ha affascinati, e per tutti noi perché tendiamo alla santità guardando a lui che ha saputo operare una straordinaria sintesi di azione e contemplazione, ed è stato appassionato servitore dell’umanità ferita e costruttore della Chiesa di Cristo, famiglia che non conosce confini.

Si ringrazia Vittorio Ciani per la preziosa collaborazione