venerdì 18 maggio 2012

Il cardinale Puljic: Giovanni Paolo II fu come un padre

(fri) Una persona preparata, fedele alla Chiesa, pragmatica, già inserito nella lista dei papabili successori di Giovanni Paolo II e di cui si sentirà parlare quando si tratterà di designare il successore di Benedetto XVI. Il cardinale Vinko Puljic - 67 anni il prossimo 8 settembre - riceve cordiale e sorridente al primo piano del vescovado nel centro storico di Sarajevo, a pochi metri dalla lapide che ricorda il sacrificio dei giornalisti durante l'assedio della città. Un'altra lapide, all'ingresso del vescovado, ricorda la visita di Giovanni Paolo II nel 1997, un anno dopo la conclusione della guerra fratricida. E' la seconda volta che una delegazione piacentina si reca in udienza dal primate della Chiesa Cattolica in Bosnia-Herzegovina. La prima due anni fa, 15° anniversario del genocidio di Srebrenica. Oggi un insegnante di religione, un ingegnere bosniaco da 20 anni a Piacenza, un'insegnante d'italiano per stranieri e tre giornalisti di Libertà e Telelibertà hanno il compito di portare la lettera d'invito che il parroco di Sant'Antonino, don Giuseppe Basini, di concerto con il vescovo Gianni Ambrosio, ha scritto al cardinale in vista delle prossime celebrazioni Antoniniane. Non guasta neppure una confezione di Gutturnio dei colli piacentini che il cardinale gradisce molto e che ricambia con la pubblicazione in italiano del volumetto "Le martiri della Drina" (cinque suore assassinate nel 1941 dai cetnici). Quaranta minuti di udienza davanti ad acqua, the e succo di lamponi che qui in Bosnia è quasi una bevanda nazionale. Il cardinale ricorda con commozione la figura di Giovanni Paolo II che a Sarajevo volle fortissimamente andare durante l'assedio anche se dovette tuttavia attendere la fine della guerra. «Il beato Giovanni Paolo II non solo aveva interesse per noi - conferma il cardinale Puljic - ma conosceva e seguiva da molto vicino la situazione della Bosnia Herzegovina. Era un padre per tutti coloro che soffrivano». Diversa la figura di Benedetto XVI: «Non segue molto la Bosnia-Herzegovina ma conosce ed ha interesse verso i nostri problemi e specialmente negli ultimi tempi ci incoraggia e si tiene in contatto con noi attraverso la nunziatura apostolica. Sentiamo il suo conforto e la sua vicinanza». In ripresa le vocazioni: «Durante il comunismo, in Bosnia Herzegovina, le nostre famiglie erano la prima scuola della fede, prima anche dei seminari - evidenzia l'arcivescovo -. Dopo la guerra è rimasta questa mentalità dove il primo passo per la vocazione è la famiglia. Oggi il vero problema è che diminuiscono le famiglie». «Oggi abbiamo nel seminario maggiore 35 seminaristi e altrettanti nel seminario minore - fa una rapida radiografia della Chiesa del suo Paese -. I cattolici in tutta la Bosnia-Herzegovina erano 820mila prima della guerra, oggi siamo rimasti in 446mila. A Sarajevo prima della guerra c'erano 528mila cattolici, oggi siamo meno di 200mila. In questo momento abbiamo 221 sacerdoti diocesani (con 20 ammalati e 45 che lavorano in Europa con i profughi). Infine ci sono i francescani che hanno il seminario minore e il seminario maggiore».

05/05/2012 Libertà