sabato 5 luglio 2008

S.Antonino 2008, Ambrosio: rilanciamo il culto del patrono

Piacenza - L’attualità della figura di Sant’Antonino e l’auspicio di una nuova “primavera” del culto antoniniano. Sono i pilastri dell’omelia pronunciata ieri mattina dal vescovo Gianni Ambrosio, nella sua prima cerimonia del santo patrono di Piacenza e della diocesi. Una cerimonia semplice, secondo un collaudato canovaccio, creato da monsignor Gabriele Zancani (ieri presente in basilica, vedasi l’articolo a fianco) e portato avanti da don Giuseppe Basini. Monsignor Ambrosio all’altare è proprio tra don Basini e il vicario generale monsignor Lino Ferrari. Ha scelto come motto una frase attribuita a Sant’Antonino e si chiede «come riuscire oggi a comprendere il gesto di un giovane pronto a far valere il primato del Dio vivo fino a pagare il prezzo della vita per essere fedele a questa verità e per essere fedele alla propria libertà?»«Se il gesto che sta all’origine della nostra comunità piacentina diventasse incomprensibile, allora inaccessibile diventerebbe il nostro passato, inconsistente il nostro presente, insignificante il nostro futuro. E’ forse questa la grave ”malattia dell’anima” che ci affligge fino a renderci ripiegati su noi stessi, senza tensione creativa, senza slancio per il domani, persino indifferenti a fini e obiettivi di futuro, come è stata recentemente descritta la nostra società italiana?» si domanda citando il Censis, Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2007. «Sono convinto che la realtà non sia così cupa e triste - osserva Ambrosio -. Mi pare di poter affermare questo ascoltando e osservando la nostra realtà piacentina. E soprattutto cercando di interpretare ciò che osservo e ciò che ascolto alla luce di quell’orizzonte grande e ultimo che ci è dischiuso dallo sguardo verso l’alto, dallo sguardo rivolto a Dio. Guardare la realtà con lo sguardo di Dio, cambia le cose». «Proprio partendo da questo orizzonte - continua il presule - ritengo che, nonostante parecchi segni in apparenza contrari, non ci lasci indifferenti il giovane martire Antonino, perché non ci lascia indifferenti Colui che è “il martire”, Colui che ha conficcato la sua croce su questa terra per estendere a tutti la potenza della sua vittoria pasquale. Sant’Antonino ha camminato sulla stessa strada dell’amore percorsa da Colui che ha dato la vita per noi». «Sant’Antonino aiuti la nostra comunità - auspica Ambrosio - a sentirsi figlia di questa lunga tradizione di attenzione, di solidarietà, di carità, e nello stesso tempo stimoli tutti noi ad essere a nostra volta continuatori di questo patrimonio di umanità, di rispetto e di dialogo che la storia ha consegnato nella nostre mani e nel nostro cuore».
Federico Frighi

Il testo integrale su Libertà di oggi, 5 luglio 2008

S.Antonino 2008, Dina Bergamini: l'entusiamo di essere insegnanti

Piacenza - Prima bacia l’anello del vescovo Ambrosio in segno di deferenza e ossequio, poi si lascia andare e gli dà due baci sulle guance, come ad un vecchio amico. La professoressa Dina Bergamini, Antonino d’oro 2008, è un fiume in piena e strappa applausi a scena aperta. Il primo quando dice che i due titoli per i quali vorrebbe essere ricordata non sono tanto quelli di “donna, madre ed educatrice” bensì quelli «di maestra e di montanara». Il secondo quando ricorda di essere la prima premiata dal vescovo Gianni Ambrosio. Inizia con la commozione. Monsignor Gabriele Zancani, dalla carrozzella passa la medaglia d’oro al vescovo; il vescovo la consegna alla professoressa. Al suo fianco c’è don Franco Capelli, morfassino e parroco dell’Antonino d’oro (alla Besurica). I flash dei fotografi impazzano ed illuminano la direttrice scolastica in pensione. Dina Bergamini prende la parola con un groppo alla gola. Passa subito. Cita padre Ravasi quando definisce l’uomo “un mosaico in cui rientrano tanti tasselli” e ricorda i suoi, di tasselli: Grondone, «il mio piccolo paese dove ho imparato a condividere, ad apprezzare il poco», la sua scuola, i suoi ragazzi, i tanti alunni, da quelli di Grondone (anche il vescovo Antonio Lanfranchi fu un suo allievo in prima elementare) a quelli della colonia pontificia di Chiavari, fino a quelli della Valnure e della Valtrebbia. «Li ho amati molto tutti quanti - dice - e sono rimasta per tutti una maestra». Spiega che cosa vuol dire fare l’insegnante: «Significa l’entusiasmo della vita, la gioia di entrare ogni mattina in un’aula, di specchiarsi negli occhi dei propri alunni per misurare la nostra responsabilità di coerenza verso di loro». La professoressa Bergamini, laureata in pedagogia a Parma, ha insegnato per oltre 40 anni in Valnure, prima come maestra con una pluriclasse di 28 bambini (a Grondone), poi come direttrice didattica, sempre a Ferriere, fino alla pensione nel 1994. Ricorda la parrocchia della Besurica; ringrazia il figlio Gianni, Rita e la zia ultranovantenne presenti ieri in basilica. Ringrazia le sue maestre: «Siete voi che mi avete sostenuta ed insieme a me avete compiuto la sfida dell’educazione»; tutti i sacerdoti che, accettando di rimanere in montagna, «di suonare una campana e distribuire l’eucarestia dimostrano che la fede è un valore anche in quelle piccole comunità in cui ci si ci può dimenticare». «Quando mi è stata comunicata la notizia di questo riconoscimento - confessa - ho pensato se potevo essere la degna rappresentante di un mondo più grande delle mie montagne. Ho riflettuto e sono giunta alla conclusione che quasi tutte le maestre nominate in ruolo hanno compiuto il periodo di prova a Ferriere; sono arrivate piangendo e sono partite piangendo, per la nostalgia di lasciare quel posto. Così sono arrivata, indirettamente, anche in molte scuole piacentine. In più il coltivare una propria identità forte di paese, di religione, di cultura, di scuola, significa prima di tutto arricchire un’identità che avrà qualche cosa da scambiare ricevendo e donando continuamente».

Il testo integrale su Libertà di oggi, 5 luglio 2008

S.Antonino 2008, c'era anche monsignor Zancani

Piacenza - Per ventidue anni è stato il regista delle celebrazioni antoniniane. Ieri ha toccato il 23esimo. Monsignor Gabriele Zancani, canonico prevosto del Capitolo e parroco di Sant’Antonino, anche ieri ha voluto esserci. Ha ottenuto un permesso speciale dai medici che lo seguono nella casa di cura San Giuseppe e, amorevolmente assistito su una carrozzella, era in prima fila ad assistere alla lunga cerimonia. Al momento della premiazione è stato lui a consegnare al vescovo la medaglia dell’Antonino d’oro - realizzata con l’aiuto della Famiglia Piasinteina -; i parrocchiani di Sant’Antonino lo hanno poi calorosamente salutato sia dal pulpito, sia ai piedi dall’altare al termine della messa.Una presenza che, quella di monsignor Zancani, che ha fortemente voluto lo stesso don Giuseppe Basini, segretario del vescovo nonché reggente della basilica (in gergo si chiama amministratore parrocchiale sede plena). Così come quella dei malati e di alcuni ospiti della Casa della carità - anche questa una delle novità rispetto allo scorso anno - nelle primissime file della navata centrale, davanti alle panche con le autorità.