lunedì 14 gennaio 2013

Cacciatore di autografi contro la droga

Si chiamerà Isiibook e sarà la vetrina dell'Isii Marconi con le foto e i curricula degli studenti che si sono diplomati. E' l'idea a cui sta lavorando l'infaticabile Maurizio Pavesi, il professore piacentino che dopo 39 anni di insegnamento e 3.500 studenti avviati alla matematica è andato in pensione alla fine del 2012.

«L'idea - spiega il prof - è di ricontattare gli studenti che hanno frequentato l'Itis, adesso Isii, per realizzare prima un libro cartaceo poi un'edizione elettronica. Una foto dello studente, un suo breve curriculum e cosa sta facendo in questo momento». L'obiettivo è di presentarlo ai genitori nell'ambito di "scuola aperta" «affinchè si tocchino con mano le potenzialità dell'istituto». «Il fine ultimo - confida - è quello di creare un movimento di ex allievi dell'istituito che possa davvero dare una mano alla scuola».
Sposato con la signora Paola, una figlia (Alessandra), Pavesi, nato 65 anni fa in via Sansone, da sempre nutre una vera e propria passione per la scuola. «L'ultimo giorno - racconta - quelli di prima, sulla lavagna, mi hanno accolto con la scritta "Pave sei uno di noi". Mi sono emozionato».
«Ho sempre cercato di avere un rapporto franco con gli studenti - spiega il suo metodo -. Prima di pubblicare le medie degli scrutini, ad esempio, facevo controllare loro i voti per essere sicuri che fossero corrette». Un antesignano del registro elettronico ma anche del tutoraggio: «Già nel 1990 mettevo vicino uno studente bravo di matematica ad uno meno bravo affinchè il primo potesse aiutare l'altro. Oppure facevo esercizi di matematica già svolti, li abbiamo chiamati di auto-aiuto, dove lo studente meno bravo poteva portarseli a casa e cercare di recuperare nella materia».
«Che scuola ho lasciato quando sono andato in pensione? - riflette -. Una scuola molto diversa. Solo all'Itis, dal 1984, ho visto tre presidi ed ho assistito ad un cambiamento notevole. Nel senso che purtroppo la scuola è stata abbandonata dalle istituzioni. Ho sempre sentito dai politici la promessa di fare qualche cosa per la scuola e per i giovani, ma alla fine si è sempre visto abbastanza poco». Si diceva di Isiibook, sulla falsa riga di Facebook. «Sì, perchè l'Isii Marconi ha ancora molto da dire a Piacenza - è convinto -. Non vorrei essere troppo partigiano ma anche noi abbiamo delle eccellenze, ragazzi che stanno facendo lavori in Microsof, chi con i tecnici del suono a livello europeo, chi nel campo della domotica».
Il professor Pavesi è conosciuto anche per il suo impegno nel volontariato. Alla metà degli anni Novanta ha messo in campo "Anche noi diamo un calcio alla droga" a favore del Ceis-La Ricerca di don Giorgio Bosini, trasformandosi, con il suo spirito da pitbull (uno che non molla mai), in cacciatore di autografi famosi di mezza serie A di calcio.
«Il pittore Franco Corradini regalò a don Giorgio un bozzetto - racconta -. Noi lo mettemmo sulla maglietta del Ceis e cominciammo a venderela per raccogliere fondi. Un giorno, assieme ad Elena Corona, ci venne l'idea di farlo firmare al Piacenza Calcio». Da Piovani ai grandi della seria A il passo fu breve. «Grazie al Piacenza, quando le squadre avversarie venivano da noi, andavamo negli alberghi a caccia di autografi sulle magliette». Gli aneddoti sono innumerevoli. Al Park Hotel Batistuta si beccò dal prof una severa ramanzina: «Ci fece aspettare mezz'ora, andò a prendere il caffè e si recò in camera. La cosa non ci fece piacere e io glielo dissi. Poi però firmò». Il più gentile Giacinto Facchetti: «Ci mise a disposizione tutta l'Inter per gli autografi». La sorpresa Franco Causio che allora giocava nell'Udinese: «Arrivammo in ritardo, ci fece trovare tutte le magliette firmate e piegate».
Oltre all'Isiibook il professor Pavesi ha aperto un nuovo fronte di solidarietà con la Ronda della Carità: «La cosa è nata per caso da un articolo su Libertà. Coinvolsi i miei studenti e riuscimmo a raccogliere sacchi a pelo per i senza fissa dimora».
Ancora sulla scuola: «E' stata la mia vita, da giovane andavo a casa e dicevo a mia moglie: "Mi piace, mi diverto, mi pagano anche, che cosa voglio di più? ". Oggi devo ringraziare tutto il personale e i miei colleghi che mi hanno sempre aiutato».
«Un augurio a questa scuola così disastrata? Che il mestiere dell'insegnante non sia così sottovalutato; passa per quello che fa 18 ore poi basta. Ma non è così. Pensate ai compiti che deve preparare e poi correggere, alle lezioni, al rapporto umano da gestire, perchè i ragazzi non sono macchine. Vorrei che il 2013 portasse l'uomo politico in generale a dare una mano ai giovani cominciando dalla scuola, dove il ragazzo passa sei ore al giorno della sua vita. Una scuola migliore potrebbe essere un buon inizio per aiutare i giovani di oggi».

Federico Frighi

03/01/2013 Libertà