giovedì 1 gennaio 2009

Ambrosio: preghiamo per la pace in Terra Santa

Diocesi di Piacenza-Bobbio
Ufficio stampa


Messa episcopale del 1° gennaio 2009
Omelia del vescovo mons. Gianni Ambrosio
Cattedrale di Piacenza

MARIA SS. MADRE DI DIO
Numeri 6, 22-27; Galati 4, 4-7; Luca 2, 16-21)
MADRE NELLA FEDE


Carissimi fratelli e sorelle,

si intrecciano diversi temi nell’odierna celebrazione. Anzitutto la Chiesa celebra, nell’ottava della nascita di Gesù, il mistero della maternità divina di Maria, invitandoci a rivolgere il nostro sguardo a colei che è “benedetta fra tutte le donne”. Cominciamo dunque l’anno nuovo nel segno di questo grande mistero della divina maternità di Maria. Il Figlio che il Padre dona per la salvezza degli uomini “nasce da donna”, dalla Vergine Maria: egli è vero uomo e vero Dio.
Si celebra poi, a livello civile, il primo giorno dell’anno nuovo. Non è solo una data dell’anno solare, ma è anche l’occasione per scambiarci gli auguri e soprattutto per invocare insieme la benedizione di Dio sui giorni e sulle opere dell’uomo, perché siano giorni e opere di pace.
Proprio la pace è il terzo motivo della celebrazione odierna: il santo Padre ci rivolge l’appello a essere operatori di pace combattendo la povertà. E’ il tema del Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace: “combattere la povertà, costruire la pace”. Sappiamo che la situazione di povertà di intere popolazioni è un fattore importante che favorisce o aggrava i conflitti, così come i conflitti alimentano tragiche situazioni di povertà. In particolare la nostra preghiera per la pace è rivolta ancora una volta alla Terra Santa, perché in quella Terra cessi il rumore delle armi e finisca la spirale della violenza.
C’è un legame tra questi temi, un legame stretto, non accidentale, che trova il suo fondamento nel mistero che celebriamo in questa ottava della nascita di Gesù: colui che nasce da Maria è il “principe delle pace” (Is 5, 5), come annunciato dal profeta Isaia, “è la nostra pace” (Ef 2, 14), come afferma l’apostolo Paolo.

Per questo la pace è innanzi tutto un dono da invocare, come suggerisce la prima lettura tratta dal Libro dei Numeri. Abbiamo ascoltato l’invocazione: “Il Signore ti conceda pace” (6,26). E’ infatti il Signore che dona la pace: la invochiamo per noi, per le nostre famiglie, per il mondo intero. Se l’aspirazione alla pace fa parte del cuore umano, la pace vera non è frutto dell’impegno dell’uomo, pur importante: è innanzitutto dono divino da invocare con fiducia e con perseveranza.

Il Vangelo, ricordando l’ottava della Natività con la presentazione al tempio e l’assegnazione del nome “Gesù” (che significa “Dio è salvatore”, “Dio salva”) al bambino nato a Betlemme, ci presenta soprattutto l’atteggiamento di Maria che accoglie il dono della salvezza e della pace: “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. Queste parole ci rivelano l’atteggiamento di Maria, la donna credente che ascolta con fiducia e serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio, la donna sapiente che impara a comprendere le parole e gli eventi straordinari di Dio congiungendoli insieme, come in un mosaico.
Il bambino che Maria stringe fra le braccia è simile a ogni altro piccolo che si affaccia alla vita: ha bisogno di essere custodito, di essere protetto, poiché è fragile creatura. Ma nella luce della fede, Maria comprende che in quel volto umano di Gesù c’è il volto di Dio. “Meditando nel suo cuore”, Maria vede nei lineamenti umani del suo figlio il Figlio di Dio venuto per riscattare l’umanità dal peccato, per donare agli uomini e al mondo la pace. Con la sua preghiera e con il suo affidarsi a Dio e alla sua volontà, Maria custodisce e protegge Gesù, che è la salvezza del mondo e la pace dei cuori e dei popoli.

Volgendo il nostro sguardo a Maria e invocandola con il suo titolo più alto, quello di Madre di Dio, la Chiesa esulta nel vederla associata al disegno di salvezza in modo del tutto singolare. Dio entra nel mondo, si fa vicino agli uomini, partecipa delle vicende umane attraverso Maria, creatura umana, ma vero tabernacolo di Dio, vera arca dell’alleanza del nuovo patto.

La Vergine Maria è figura e immagine della Chiesa, popolo di Dio in cammino. Impariamo da Lei per accogliere il Bambino che per noi è nato a Betlemme. Impariamo da Lei per riconoscere nel Bambino il Figlio eterno di Dio che rende tutti noi figli del Padre, figli nel Figlio. Impariamo da Lei per metterci con fiducia nelle mani di Dio e per collaborare attivamente con il Signore per la salvezza e la pace del mondo.

Maria, Regina della Pace, su cui sono discese in modo unico e sovrabbondante la benedizione e la pace di Dio, ottenga per noi e per tutti gli uomini il dono della salvezza e della pace.
Per intercessione di Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, il nuovo anno che oggi iniziamo sia benedetto dal Signore. Egli "faccia risplendere il suo volto" (Num 6, 25) su di noi, sulle nostre famiglie, su tutta l’umanità: tutti abbiamo bisognoso di scoprire il mistero di un Dio che per amore si è fatto uomo e ci chiama a seguirlo sulla strada dell’amore e della pace. Amen.
†Gianni Ambrosio
vescovo di Piacenza-Bobbio







Ambrosio, con il Te Deum il grazie per il 2008 che se ne va

Diocesi di Piacenza-Bobbio
Ufficio stampa




Messa episcopale del 31 dicembre 2008
Omelia del vescovo mons. Gianni Ambrosio
Cattedrale di Piacenza



MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO
(Numeri 6, 22-27; Galati 4, 4-7; Luca 2, 16-21)

Carissimi fedeli,
è molto bella la tradizione cristiana che vuole che a fine anno la comunità si raccolga in preghiera per lodare e per ringraziare la Santissima Trinità con l’inno del Te Deum. Così faremo anche noi, al termine di questa celebrazione eucaristica che è la grande azione di lode e di grazie al Signore, centro della vita cristiana e culmine del culto con cui rendiamo grazie al Padre. Nell’esprimere a Dio la nostra gratitudine per il 2008 che tramonta e invocare la sua benedizione per il 2009 che sta per iniziare, abbiamo modo di renderci conto della presenza nel tempo, che inesorabilmente scorre, di Colui che è l’Eterno. Per questo siamo consapevoli della fragilità della nostra vita – il salmo afferma: “come l’erba che germoglia; al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e dissecca”, (90, 5-6) –, ma soprattutto siamo riconoscenti nei confronti di chi è Signore del tempo, nostro creatore e nostro redentore.
La liturgia fa coincidere la fine e l’inizio dell’anno solare con la solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Contempliamo il mistero della divina maternità rivolgendo il nostro sguardo a Colei che “è benedetta fra tutte le donne”, perché in Lei Dio ha compiuto le sue meraviglie: il Figlio che il Padre dona per la salvezza degli uomini nasce “da donna”. E’ questa, come abbiamo ascoltato dalla Lettera ai Galati, l’espressione dell’apostolo san Paolo: egli, parlando della liberazione dell’uomo operata da Dio con il mistero dell’Incarnazione, accenna in maniera discreta a Colei per mezzo della quale il Figlio di Dio è entrato nel mondo: “Quando venne la pienezza del tempo – egli scrive –, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4,4). Ma se l’accenno è discreto, il mistero è grandioso: il Figlio di Dio nasce da Maria, nel ventre di Maria l’eternità si è insediata dentro al tempo e il nostro tempo umano si è dischiuso all’eternità. Maria è una creatura salvata anch’essa dall’unico Salvatore, ma collabora all’iniziativa di salvezza dell’intera umanità. Dunque una donna, Maria, con il suo Figlio Gesù, concorre a determinare la pienezza del tempo, il suo traguardo, costituito precisamente dal fatto che Dio viene a condividere la nostra natura umana.
“Quando venne la pienezza del tempo”, afferma l’apostolo Paolo: tutta la storia prima di Cristo era come invocazione della sua venuta e attesa della sua presenza. Ora, dopo Cristo, contiamo i giorni a partire da lui, dalla sua nascita, dalla sua venuta in mezzo a noi. Contiamo i giorni non solo nel senso, pur importante, del calendario, con lo scorrere dei giorni, degli anni e dei secoli, ma contiamo i giorni in un senso assai più importante: noi camminiamo verso il giorno della salvezza (2 Cor 6,2), siamo chiamati a diventare sempre più figli di Dio accogliendo “l’adozione a figli”, come dice ancora san Paolo. Allora il tempo non solo scorre ma va verso una precisa direzione, va verso la sua metà conclusiva, quando “Dio sarà tutto in tutti” (1 Cor 15, 28).
Ecco allora il nostro ringraziamento al Signore, ancor più motivato dalla fine di un anno e dall’inizio di un nuovo anno. Anche noi, come i pastori, glorifichiamo e lodiamo Dio per il dono del suo Figlio che è venuto fra noi per farci come Lui, figli nel Figlio, liberati dal peccato e incamminati verso la pienezza della vita, verso l’eternità.
Nell’inno del Te Deum, che fra poco canteremo, ci rivolgiamo al Signore con questa preghiera: “Salva il tuo popolo, Signore, guarda e proteggi i tuoi figli”. Ci affidiamo all’intercessione e alla protezione di Maria, venerata qui come “Madonna del popolo”, perché il Signore salvi il suo popolo, perché guardi con la sua misericordia gli abitanti della nostra città e della nostra diocesi. Vi sono povertà che pesano sulla vita delle persone e delle famiglie, vi sono difficoltà che sembrano impedire di guardare al futuro con fiducia, vi sono situazioni familiari attraversate dal male oscuro dell’incomprensione, vi sono persone attratte dal male, vi sono giovani affascinati dalla noia e dalla trasgressione.
Ma vi sono anche molti motivi di speranza su cui implorare la benedizione del Signore per l’intercessione di Maria. Il nostro popolo sia benedetto da Dio e, grazie alla benedizione, sia reso popolo credente come credente è stata Maria. Questo popolo credente sia capace di impegnarsi con fiducia sulla frontiera dell’educazione per trasmettere alle nuove generazioni la luce della fede e i valori fondamentali dell’esistenza umana. Siano benedette le famiglie, le parrocchie, le associazioni, i movimenti, i gruppi. Siano benedetti tutti coloro che sanno guardare verso l’alto e invitano a fare altrettanto. Siano benedetti coloro che nel quotidiano si assumono in prima persona la responsabilità e la gioia dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo. Siano benedetti i sacerdoti e i diaconi, i religiosi e le religiose per il prezioso servizio pastorale, per la loro preghiera, per la loro carità, per il loro entusiasmo.
“Signore, tu sei la nostra speranza”: termina così, con questo atto di fede e di fiducia nel Signore l’inno del Te Deum. E’ la nostra proclamazione di fede, è la nostra preghiera, è anche il mio augurio per tutti alla vigilia dell’anno nuovo: sia il Signore la nostra speranza. Amen.
†Gianni Ambrosio vescovo di Piacenza-Bobbio