mercoledì 31 ottobre 2007
Basta zucche, Halloween mette l'aureola
martedì 30 ottobre 2007
Nuovo vescovo, settimana di pausa
lunedì 29 ottobre 2007
48583, sms per un pozzo d'acqua
E’ ancora in corso la campagna di raccolta fondi di Africa Mission per la realizzazione di nuove strutture idriche nella più arida regione ugandese, il Karamoja. Fino a sabato 3 novembre, sarà possibile donare 1 euro mandando un sms al numero 48583 da telefoni cellulari Tim, Vodavone, Wind e Tre, nonché da telefoni fissi Telecom Italia abilitati all’invio di messaggi. Con una chiamata allo stesso numero, sempre dal fisso Telecom Italia, si potranno donare ben 2 euro.
Il costo per la realizzazione di un nuovo pozzo: 10.000 euro
Costo medio per la riattivazione di un pozzo: 3.000 euro
Costo di impianto e mantenimento di una rete di monitoraggio: 50.000 euro annui
Impianto di una rete di distribuzione dell’acqua in 5 punti: 7/10.000 euro
Dotazione di un generatore con sistema solare fotovoltaico: 15.000 euro
Rizzuto saluta il vescovo Monari
da Libertà, 21 ottobre 2007
Il fondo del direttore di Libertà, Gaetano Rizzuto
Oggi pomeriggio, alte
Il vescovo Luciano ‑ per tanti resta "don Luciano" ‑ lascia a Piacenza un segno profondo e una impronta indelebile. È stato accolto con simpatia, sin dal prima giorno. I piacentini sono subito entrati in sintonia col giovane vescovo arrivato da Sassuolo. In questi 12 anni lo hanno sostenuto, aiutato, seguito ed incoraggiato. Hanno ascoltato la sua parola chiara, profonda, colta e immediata. Un grande comunicatore. Apprezzata la sua capacità di dire le cose importanti nel modo più chiaro possibile, per farsi capire da tutti. Nei piccoli e grandi eventi sa sempre trovare le parole giuste e trasmettere un messaggio di valori. Un vescovo amico, e fratello. Un testimone autentico di una Chiesa viva.
Oggi mentre lo salutiamo scorrono davanti ai nostri occhi le immagini, i gesti, le parole di 12 anni vissuti intensamente con il vescovo Luciano chiamato a continuare a Brescia la sua missione. Rivediamo la sua sensibilità verso i suoi preti, i poveri, i bambini, i giovani, i volontari, gli ammalati, i lavoratori, le donne, gli handicappati, gli immigrati, i bisognosi.
Riascoltiamo i suoi moniti ai potenti, come quello di cinque anni fa durante la festa di S. Antonino. Rileggiamo i suoi forti messaggi lanciati in momenti importanti della vita piacentina, come gli Stati Generali e il Patto per Piacenza. Sfogliamo i suoi tanti interventi ‑ Libertà ha avuto l'onore di pubblicarli ‑ sui grandi temi della società dalla bioetica alla famiglia, dal lavoro alla pace. Piacenza resta nella vita di Monari: qui ha tanti amici. Ha costruito tanti legami, profondi. Qui si è trovato bene, tra la sua gente.
Torni, ogni tanto, caro vescovo Luciano. Qui ha seminato bene e il raccolto è stato fruttuoso. Lascia una città e una provincia in cammino verso il futuro con qualche speranza in più di farcela. Il suo contributo è stato importante per tenere accesa questa fiaccola della speranza.
Ciao, vescovo Luciano.
Riti per le solennità dei santi e dei morti
Diocesi Piacenza-Bobbio
“Riti al Cimitero urbano di Piacenza"
29 Ottobre 2007
Giovedì prossimo, 1° novembre, ricorre
In questi giorni le singole parrocchie cittadine compiranno il tradizionale pellegrinaggio al cimitero urbano con la celebrazione della Messa nella chiesa di Santa Maria del Suffragio; questo il calendario:
1° novembre parrocchia di Santa Maria del Suffragio, Capitolo (ore 10,30); Sant’Anna (ore 15);
2 novembre, venerdì, commemorazione dei defunti: San Sisto (ore 9); alle 10,30 Messa al Famedio militare in suffragio di tutti i caduti in guerra; parrocchie di Santa Teresa, San Giovanni in Canale Cattedrale, Santa Franca, San Paolo, Santa Brigida (ore 15);
4 novembre, domenica: Corpus Domini (ore 9); San Francesco, San Pietro, Santa Maria in Gariverto (ore 15); San Giuseppe Operaio, Nostra Signora di Lourdes (ore 16);
5 novembre, lunedì: Centro Manfredini (ore 15);
8 novembre, giovedì: parrocchia di Sant’Antonino (ore 15);
9 novembre, venerdì: parrocchia di San Savino (ore 10).
Curia
Gli uffici della Curia di Piacenza saranno chiusi al pubblico nel giorni di giovedì è venerdì, 1° e 2 novembre.
domenica 28 ottobre 2007
Tonini prete da 70 anni
un libro a Cinisello Balsamo, ieri mattina, a Ravenna, ha parlato per oltre
un'ora ai microfoni di una troupe Rai. È la vita frenetica di un arzillo
92enne che da settant'anni esatti veste la talare e ne va fiero. Mai un
ripensamento, mai un “rospo ingoiato” o un “obbedisco” uscito tra i denti.
Il cardinale Ersilio Tonini non ha difficoltà a dire: «Sono nato prete
e nella mia vita sono stato fortunato: ho fatto quello che avevo sempre
desiderato sin da quando avevo sei anni». Questa mattina ricorrono i 70
anni esatti dal giorno dell'ordinazione di Tonini; due giorni fa, Benedetto
XVI° ha festeggiato il suo ottantesimo compleanno. Il cardinal Tonini e
papa Ratzinger non hanno mancato di scambiarsi vicendevolmente gli auguri per questi due eventi da celebrare.
non ha dato troppa pubblicità ai suoi settant'anni di sacerdozio che, a
Ravenna, sono stati celebrati ieri mattina con una cerimonia molto sobria
all'interno della comunità in cui Tonini vive. È tuttavia sufficiente una
telefonata da Piacenza perché la macchina dei ricordi del cardinale si
metta in moto e continui inesauribile con incredibile dovizia di particolari.
«Nel 1937 siamo stati ordinati sacerdoti in 24 dal vescovo Menzani - esordisce
il cardinale -, in 4 a Santimento il 18 aprile. Il vescovo, in quel periodo,
stava facendo la visita pastorale ed è stato per questo motivo che l'ordinazione
non si tenne in cattedrale. Di quei 24 siamo rimasti in due: io e monsignor
Luigi Molinari, che fece il parroco a Pianello».
«Di quella data ho un
ricordo splendido - dice Tonini - era il giorno in cui si arriva allo scopo
di tutta una vita, un sogno che si corona». Già, perché Ersilio Tonini
ha cominciato presto ad avere le idee chiare: «Ho iniziato a rendermene
conto a 6 anni: mio padre stava menando la polenta sul fuoco la sera, io,
che ero piccolino, mi infilai sotto il camino e gli chiesi, in dialetto,
se ci volevano molti soldi per studiare da prete. Mi rispose che ce ne
volevano tanti. Poi si confidò con mia madre la quale, un giorno, mi chiamò
e mi disse: “Sono desideri belli, però ora sei piccolo, poi si vedrà, adesso
pensa a fare il bravo a stare vicino al Signore, ma non rivelare a nessuno
il tuo desiderio sennò non saresti più libero». «Fu un suggerimento ottimo
- continua il cardinale -, se avessi cambiato parere sarei stato segnato
per la vita, se avessi reso pubblico il mio desiderio, qualcuno avrebbe
potuto tentare di convincermi a desistere». Tonini è un fiume in piena:
«Un giorno un contadino che aveva intuito qualche cosa mi disse: “Ragazzo
non vorrai mica fare il prete?! Perché, devi sapere, sono tutte favole
e i preti servono solo a mantenere la santa bottega”. Io non dissi nulla
e mi tenni tutto per me, con una gran voglia di guardarci dentro. Quando
arrivai al liceo mi buttai sulla filosofia e gli studi supportarono il
mio convincimento».
Settant'anni con la medesima “casacca” sono un primato
invidiabile: «I momenti belli sono stati tanti. Non mi sono mai pentito,
assolutamente. Quando ero chierichetto a Centovera e il parroco parlava
a messa mi chiedevo perché non potessi farlo anch'io». Siccome a San Damiano
era già tutto esaurito, tutte le domenica il piccolo Tonini andava a piedi
fino a Centovera per fare il chierichetto. «Rifarei la stessa scelta anche
ora, a distanza di settant'anni: era un desiderio per il quale sono nato,
non ho sognato altro che fare il prete».
«Nel mio paese - prosegue - quando
hanno saputo che il figlio di un contadino andava a fare la quarta elementare
a San Giorgio e la quinta a Carpaneto si sono meravigliati tutti, quando
hanno capito che volevo andare in seminario erano molto sorpresi. Nel mio
paese non era mai accaduta una cosa del genere». La scelta di fare il prete
sorprenderebbe oggi come allora, ma oggi, come allora, Tonini direbbe di
sì: «Oggi il problema è un altro: il clima familiare. A casa mia c'era
una grande serenità, mio padre non ha mai alzato la voce con mia madre.
Oggi c'è una tensione verso lo star bene, mia madre, invece, mi comunicò
lo stupore per essere al mondo». «Sono stato molto fortunato come uomo
e come sacerdote. Ho fatto tanto: lo studio a Roma, poi Piacenza e la guerra,
a Salsomaggiore, il Nuovo Giornale, la nomina a vescovo, insomma ti rendi
conto che c'è un'attenzione di Dio su di te».
Federico Frighi
Tonini, mangerei una mela transgenica
«Una mela transgenica? Se ho la garanzia degli scienziati che non ci
sono elementi inquinanti la mangerei volentieri». Il cardinale Ersilio
Tonini prende le difese degli organismi geneticamente modificati, chiama
applausi per gli scienziati ed i ricercatori, invita la gente ad informarsi
di più senza lasciarsi prendere dai pregiudizi. Nei giorni il cui il “popolo
di Seattle”, le divisioni anti globalizzazione manifestano, al Global Forum
di Napoli, l'ennesimo no a tutto ciò che sembra portare il pianeta Terra
fuori dalla sua natura, il cardinale interviene al fianco degli scienziati
per difendere i “cibi Frankestein”.
Lo fa dal pulpito profano del Teatro dei Filodrammatici, dove è stato
invitato dalla Famiglia Piasinteina a portare la sua opinione e quella
della Chiesa sui cosiddetti “ogm”: gli organismi geneticamente modificati.
Assieme al porporato anche due esperti del mondo scientifico: il professor
Gianfranco Piva, preside della facoltà di Agraria della Cattolica di Piacenza,
nonché direttore dell'istituto di Scienze degli Alimenti e della Nutrizione,
ed il professor Francesco Salamini, direttore generale del Max-Planck Institut
di Colonia. A fare gli onori di casa il presidente della Famiglia, Danilo
Anelli, ed il coordinatore della serata Mauro Tagliaferri. «La ricerca
scientifica è un dono ed un dovere sacrosanto», non ha dubbi il cardinale
Tonini. «Non possiamo dimenticare - spiega - che nella visione cristiana
la conoscenza è un dono di Dio, un dovere ed una responsabilità. Nella
Bibbia sta scritto che l'uomo deve utilizzare la natura per scoprirne i
tesori, dunque ecco che ogni scoperta scientifica è un'esaltazione della
vita umana, della grandezza del dono di Dio». Tonini porta le parole di
Giovanni Paolo II: «Il Papa, nel discorso ai genetisti del 5 marzo 1984,
li invitava a procedere con il massimo fervore nella ricerca sul genoma
umano». Il perché, secondo il porporato, è semplice: «Un domani sarà possibile
eliminare per sempre quei morbi impietosi come l'Alzheimer ed il Parkinson
ed altre malattie oggi ritenute incurabili». Occorreranno però delle misure,
delle regolamentazioni della ricerca. «Questo non spetta agli scienziati
- dice il porporato - ma alle istituzioni. Il potere politico ha il dovere
sacrosanto di tutelare l'essere umano» sottolinea con forza. «L'uomo non
potrà mai utilizzare un suo simile come strumento di ricerca» mette bene
in chiaro, ed osserva che la ricerca deve avere dei significati e degli
scopi terapeutici. Può l'intelligenza umana modificare gli alimenti? Può
trasformare i cibi? «Se questo volesse dire garantire all'uomo una facilità
di accesso al necessario per vivere ed una cura più razionale dell'alimentazione
non ci vedrei nessun contrasto» fa sapere il cardinale. «Gli scontri nascono
quando la paura prende il sopravvento. Non condivido la sfiducia totale,
il gridare all'allarme, come se i prodotti della terra fossero i soli a
dare garanzie all'uomo». Nel campo dei cibi transgenici, secondo Tonini,
la Chiesa non dirà mai di no. «Chiederà, questo sì, molta serietà agli
scienziati; pretenderà che diano serie e precise garanzie all'essere umano.
Ma non ostacolerà mai la ricerca». Il porporato piacentino ricorda la nascita
della facoltà di Agraria, realizzata da padre Gemelli con i soldi del calmiere
del latte: «Nacque per la ricerca, con la benedizione della Chiesa e degli
agricoltori del posto». Ma anche la situazione drammatica che sta vivendo
l'Africa, «dove di fame si muore ed i bambini mangiano le formiche». «Io
sono vescovo - si mette una mano sul cuore - e questa gente, come tutte
le creature, ho il dovere di proteggerle. Con gli organismi geneticamente
modificati si potrà dare finalmente da mangiare a tutti e si potranno portare
cure a chi prima non ne ha mai assunte perché la sua dieta è sempre stata
poverissima, quasi inesistente».
Tonini su Marta e Milagros
L'obiettivo dell'opinione pubblica mondiale puntato sulle gemelline Marta
e Milagros sancisce la vittoria dell'uomo sui falsi idoli dello sport e
dello spettacolo. Con questa riflessione il cardinale Ersilio Tonini, a
margine del convegno alla Cattolica, è intervenuto in difesa dei mezzi
di comunicazione che «hanno illuminato a giorno» la vicenda delle gemelline
siamesi peruviane. Fallito il tentativo di salvare una delle piccole, il
dramma consumatosi all'ospedale di Palermo ha messo sotto accusa tv e giornalismo
per l'eccessiva pubblicità con cui, secondo alcuni (anche tra le alte sfere
della Chiesa cattolica), sarebbe stato trattato il caso di Marta e Milagros.
Diversamente ha dimostrato di pensarla il porporato: «Che il mondo intero
abbia trepidato per queste due creature e si sia intenerito di fronte al
loro caso significa che finalmente la nostra attenzione non si è fermata
solo su Schumacher, la formula uno o i prossimi campionati europei di calcio;
ma che c'è qualche cosa di più grande: il mondo intero che si ferma ad
ascoltare la storia di due bambini». «I bambini - ha continuato il porporato
- sono stati da sempre il tesoro e la misura del valore della società».
Tonini ha portato ad esempio le popolazioni latine: «I romani, che non
erano stupidi, avevano tradotto nel loro linguaggio questo grande valore:
i figli li hanno chiamati necessarii». « A prima vista sembrerebbe il contrario
- ha proseguito -: che i genitori siano necessari ai figli. Invece i romani
erano già arrivati alla conclusione che i figli erano irrinunciabili da
un punto di vista affettivo». Monsignor Tonini, da giornalista qual'è
(in passato è stato direttore del settimanale della diocesi piacentina
«Il nuovo Giornale» ed oggi scrive le sue riflessioni sul «Corriere della
sera"), ha difeso la categoria, vittima, secondo il porporato di un abbaglio
pilotato. «Il mondo giornalistico è stato deviato - ha detto Tonini -:
non ci hanno fatto sapere quale era la percentuale di riuscita dell'intervento
chirurgico sulle gemelline. Se ci avessero rivelato che c'era soltanto
il dieci per cento di probabilità che l'intervento riuscisse, allora sì
che c'era da chiedersi se fosse veramente valsa la pena di porre questa
sfida». Il dito è puntato verso gli uomini della scienza: «Gli scienziati
devono essere più precisi, sono loro che devono aiutare l'opinione pubblica
a dare un giudizio morale». E ancora: «Il fatto diventa valore quando l'intelligenza
lo misura». Un esempio: «Dell'animale si giudica solo il risultato di un'azione:
il cane che sbrana non ha consapevolezza di sbranare». Diverso è per l'uomo:
«Dell'azione umana non si riportano soltanto i dati di fatto: ci si interroga
se una data cosa era giusta o non era giusta». «E quale è la misura per
giudicare» si è chiesto Tonini «se non la dignità della persona umana».
La conclusione: «Se la risposta, anche della morale, è stata incerta è
perché non ci sono state date indicazioni scientifiche abbastanza sicure».
Montanelli ha altre opinioni Indro Montanelli non la pensa come il cardinale
Tonini, a proposito dell'interesse dei media sulla vicenda delle gemelline
siamesi. «Una storia sfruttata come uno spettacolo, quando non c'era nulla
da spettacolarizzare": non ha dubbi Montanelli nel bollare con un secco
«non mi è piaciuta per niente» la vicenda delle due gemelline siamesi Marta
e Milagros, morte durate l'operazione per tentare di separarle e consentire
a una di loro di sopravvivere. Montanelli, che esprime dubbi sulla decisione
di fare l' operazione, a margine di un convegno per ricordare il ventennale
dell' uccisione del giornalista Walter Tobagi, afferma che «aver messo
l'intervento sotto gli occhi di tutti puzza di esibizionismo», e dice di
essere «dalla parte del chirurgo che non ha voluto partecipare: i fatti
gli hanno dato ragione, anche se l'intervento fosse riuscito e si fosse
salvata una vita, mi domando che vita sarebbe stata». Per Montanelli infatti,
a prescindere dagli aspetti fisiologici dell' intervento, non si è pensato
a quelli morali e psicologici, perchè se Marta fosse sopravvissuta «avrebbe
sempre saputo che era viva grazie alla morte della sorella».
In clausura il nuovo millennio
Cosa ci si può aspettare da una vita chiusa in un monastero, dietro le
grate della clausura? Lo abbiamo chiesto a Chiara, per la quale il nuovo
millennio si apre con l'ingresso in convento. Mentre il conto alla rovescia
scivola verso l'anno Duemila con il suo strascico di luci e party celebrativi,
Chiara, 25 anni, agente immobiliare, sceglie di entrare in clausura nel
monastero di San Lazzaro delle Carmelitane di Santa Teresa. Penitenza e
delusione per come va il mondo fuori dalla grata? Macché. San Giovanni
Bosco, a chi gli chiedeva che cosa fosse la santità, rispondeva: «Per noi
è soprattutto una grande allegria». Chiara, se provi a farle i complimenti
per la scelta coraggiosa, si mette a ridere. «Guardi che questa non è una
dimensione di sacrificio. Io, se devo dire la verità, mi sono sempre divertita
nella vita, e lo sta facendo anche adesso». Ammetterà però che la scelta
è coraggiosa. «Ci vuole del coraggio ad imparare la dimensione della rinuncia
ma a rispondere non ce ne vuole tanto. Io non ho scelto nulla. Lo spirito
soffia quando, come e dove vuole». Certo però uno deve anche saper rispondere.
«E' il Signore che ha scelto questo momento. Ti prende una grande gioia
alla quale non si può dire di no. Ho lasciato la mia famiglia in lacrime.
Volevano che entrassi in clausura con l'anno nuovo. Ma in questa cosa c'è
un amore talmente forte dentro, che ti porta a prendere il largo e ad affidarti.
E quindi vai. Perché quella è l'unica dimensione possibile». Come ha conosciuto
la clausura? «Premetto che non ho mai frequentato la vita ecclesiale. Sono
stata con mia madre a Lourdes e, mentre comperavamo dei dolcetti, mi è
capitato fra le mani un opuscolo che spiegava in modo simpatico la vita
delle claustrali». Per lei che cosa è il Duemila? «Penso che questo sia
un momento di passaggio, in cui la Chiesa ha bisogno di testimonianze forti.
E' l'anno in cui i figli si riconciliano con il Padre». In che senso?
«E' l'anno della speranza. Dei grandi colloqui fra gli uomini e le religioni.
Spero che il Duemila sia l'anno dell'unità». Che cosa sogna una suora
di clausura? «Il sogno più grande è che l'uomo torni ad essere uomo e
non abbia più grandi pretese. Che ritorni a fare la volontà di Dio in maniera
semplice senza pensare a grandi cose che lo portano lontano dalla natura
e da quello che dovrebbe essere». Come si sente di fronte al mondo che
ha appena lasciato di là dalla grata? «Mi sento un fiore di questo prato
variopinto che è il mondo. Ognuno ha la sua bellezza, sceglie di essere
quello che vuole o che può essere nel momento presente. Non giudico male
le persone che cercano di passare il Capodanno nella maniera più goliardica
possibile. L'ho fatto anch'io». E lei come lo passerà? «Io vivrò di
poco. Per me sono finite le grandi feste. Dopo il Te Deum passerò il Capodanno
a vegliare con le sorelle aspettando la benedizione del Santo Padre. Tutti
i ragazzi che hanno deciso di vivere questo passaggio di secolo in un altro
modo, li avrò di fronte, nell'eucarestia. Magari non lo sanno, ma il Signore
è lì anche per loro». Che cosa lascia nel Novecento? «La pretesa dell'uomo,
ed anche la mia, di volere fare tutto di propria volontà e testa senza
chiedere consiglio a Dio o alla propria coscienza». E che cosa porta con
sé della sua vita passata? «A livello personale vorrei portarmi qualche
cosa che non ho: non vorrei far ridere con una parola troppo grossa, ma
è la forza del martirio. Lo diceva monsignor Tonini: per la chiesa comincerà
il nuovo martirio che non è fisico ma psicologico. Mi auguro di avere la
forza di dare un nome e comunicare agli uomini la speranza che c'è nel
mio cuore. Dovesse costare tutto. Il vero miracolo non è che Dio faccia
la volontà degli uomini, ma che gli uomini facciano la volontà di Dio».
Grazie, Chiara, perché ci tiene con i piedi per terra e ci fa pensare.
«Sì, però tenga presente che questa è una dimensione di gioia, non di
privazione fine a se stessa. Le assicuro che passo gran parte del mio tempo
a ridere. Non so se ridevo più fuori o più qui dentro».
Tonini, salviamo la montagna
Eminenza, lo sa che se qualcuno si rompe una gamba a Farini lo si deve
portare in ambulanza sino a Piacenza dove c'è il posto di pronto soccorso
più vicino? «O perbacco! Neanche a Pontedellolio?» No, si deve fare un'ora
di strada sino a raggiungere la città. Il cardinale ci pensa un attimo
e ripete: «Quello che potrò fare per Farini lo farò certamente». Poi ricorda
un episodio in cui si trovava dall'altra parte: «La prima volta che venne
Alcide De Gasperi a Piacenza ebbi modo di accostarlo e gli consegnai un
articolo firmato da me ed intitolato “Ferriere, Comune mulattiera”». Anche
allora ci si lamentava dell'isolamento della montagna. «De Gasperi mi incitò
a continuare a denunciare la situazione. “Parlano dell'Italia come il giadino
d'Europa - disse - in realtà siamo la montagna d'Europa. Bisogna che se
ne parli perché è necessario che i parlamentari ne siano persuasi”». Fu
proprio da un incidente occorso ad una domestica di Ferriere, mentre accompagnava
il padrone in Liguria, che Tonini lanciò la campagna, assieme alle Acli,
per la mutua alle domestiche. Ebbene, se oggi le domestiche hanno la mutua,
lo si deve all'Alta Valnure. Per monsignor Tonini l'Alta Valnure non è
una scoperta. Piuttosto un ritorno. «Ho frequentato queste zone, Gambaro
in particolare, quando ero a Piacenza insegnante in seminario e direttore
de Il Nuovo Giornale. Ancora prima, studente a Roma, andavo a Cogno San
Bassano per un po' di vacanza presso il parroco. In quegli anni - era il
1948 - ci si trovava spesso con i sacerdoti della zona per incontri comunitari,
per passare un po' di tempo assieme». Nei ricordi del cardinale c'è una
gita alla sorgente del Nure assieme ai compagni di tonaca in cui Tonini
tenne scherzosamente una sorta di orazione solenne dedicata alle meraviglie
della natura ed alla nascita del torrente. In Alta Valnure ci si andava
anche per rilassarsi dalle quotidiane fatiche della cura d'anime. «In quei
tempi ci si preparava alle elezioni del '48 e c'era un grande fermento
che impegnava anche noi al settimanale diocesano». Erano i tempi degli
scambi vivaci tra comunisti e cattolici che vedevano l'allora don Tonini
paladino, ovviamente, dei secondi. «Lo stile, il linguaggio che si usava
tra me ed i comunisti era molto schietto ma molto sereno» ci tiene comunque
a precisare il porporato. Altra meta praticata era Brugneto «anche se lì
ero giovanissimo (andavo al ginnasio)». Ancora: «Era un posto ideale per
distrarsi, andavo nel Nure a pescare le trote, una mia grande passione».
L'Alta Valnure insomma è sempre stata per Ersilio Tonini, in quegli anni,
quello che oggi è la Valle d'Aosta per Carol Wojtyla: un piccolo angolo
di paradiso in terra. Il cardinale arriva a Farini ad un anno di distanza
dopo che per un malore dovette rinunciare all'invito di dodici mesi fa.
«Adesso, grazie a Dio, sto bene e ritorno in questi posti molto volentieri»
dice Tonini. Inaugurerà una via dedicata a don Anacleto Mazzoni. «Lo conoscevo
bene: quando entrai in seminario lui era agli ultimi anni. Ricordo i discorsetti
che faceva durante le feste, le poesie che componeva. Era stato parroco
a Rivergaro dove aveva fatto un gran bene. Era un prete dal cuore largo,
senza grandi fronzoli, concreto, intelligente ma vicino alle persone che
conosceva ad una ad una, sempre di buon umore, con quel senso dello humor
moderato che hanno tradizionalmente i piacentini».
Giuseppe De Carli racconta il Giubileo del Duemila
Santini, inseguendo il Papa viaggiatore
Federico Frighi
Alceste Santini su Giovanni Paolo II
quella carezza al muro del pianto»
Giovanni Paolo II raccontato da Alceste Santini.Il vaticanista dell’Unità venuto a Castelsangiovanni per presentare il suo ultimo libro sul pontefice
da Libertà, 4 marzo 2001
PIACENZA - E’ un Papa che comunica
attraverso dei segni, dei
gesti simbolici che hanno
poi trovato la loro summa
nel Giubileo del 2000».
Non era mai successo che
un pontefice parlasse direttamente
ai giornalisti, tenesse
improvvisate conferenze
stampa, abbracciasse Madre
Teresa di Calcutta e la rivolgesse
verso telecamere e fotografi
per portare la sua immagine
al mondo intero. Papa
Wojtyla è anche questo. A raccontarlo
è Alceste Santini,
«vaticanista» de l’Unità per
quasi quarant’anni, saggista,
collaboratore di riviste italiane
e straniere, con ben 92
viaggi papali all’attivo, tutti
con Giovanni Paolo II. La
«penna santa» del quotidiano
fondato da Antonio Gramsci
è stata ospite l’altra sera del
Centro culturale di Castelsangiovanni,
in un incontro
presentato dall’assessore alla
cultura, Alberto Caravaggi.
La presenza castellana di
Santini era legata sia alla presentazione
del suo nuovo libro
- “Con Giovanni Paolo II
per le vie del Mondo. La nuova
geografia del papato” (edizioni
Rubbetino) - sia alla veste
di consulente in vista della
creazione del museo dedicato
al monsignor Agostino
Casaroli.
Dell’ex segretario di Stato di
papa Wojtyla, Santini era amico
e consigliere e, nel 1993,
al cardinale piacentino, aveva
dedicato un libro intitolato
“Agostino Casaroli, uomo del
dialogo”.
Il gesto, dicevamo, più delle
parole, lo strumento principale
del Papa comunicatore.
«Gesti che gli hanno consentito
di mettere in discussione
persino il primato del vescovo
di Roma (il pontefice appunto,
ndr.), di sviluppare il
dialogo con ebrei, cristiani,
musulmani, quali figli di Abramo,
e di estenderlo alle
grandi religioni non cristiane,
induismo, buddismo, taoismo,
scintoismo». Santini ha
ricordato i gesti del perdono:
«L’Africa, l’isola di Gorè,
quando guardò l’oceano per
sette interminabili minuti, in
silenzio, e poi chiese perdono
per lo schiavismo; ma anche
davanti alla porta di Brandeburgo,
presente il cancelliere
Khol. “Putroppo”, disse, “sono
stati pochi ad opporsi al nazismo,
alla più grande follia
del XX secolo”. Un’altra volta
chiese perdono ad Auschwitz
che elevò a Golgota del mondo
contemporaneo; andò a pregare
sulla tomba di Lutero;
abbracciò il metalmeccanico
brasiliano in uno stadio circondato
dalla polizia».
L’elenco potrebbe continuare
a lungo. Santini, testimone,
di questi piccoli ma storici gesti
arriva al 12 marzo del 2000:
«In San Pietro pronunciò il
mea culpa della Chiesa; per le
crociate, l’inquisizione, l’antigiudaismo,
l’antisemitismo,
il caso Galilei, con una contestuale
revisione autocritica
della storia della Chiesa nei
due millenni trascorsi».
Un mea culpa che arriva da
lontano e che, come evidenzia
Santini, trova la sua consacrazione
poco dopo: «Il Papa
che cammina sulla spianata
delle moschee, fermandosi
davanti al muro del Pianto e
mettendo fra quelle pietre
millenarie la dichiarazione di
pentimento per quello che era
stato fatto agli ebrei. A mio
parere è stato questo il momento
più alto del pontificato
di Giovanni Paolo II. Il Papa
potrà ancora andare in tanti
altri posti, ma nessun gesto
supererà mai per importanza
quel biglietto e quella carezza
al muro del pianto».
Federico Frighi
Cives 2007-2008, tutto il programma
- 5 novembre “Essere uomini, amare la vita” Vito Mancuso, docente di teologia moderna e contemporanea (S.Raffaele di Milano).
- 9 novembre “Dove va il mondo?” , “Chi governa l’economia globale?”, Giacomo Vaciago, docente di politica economica (Cattolica).
- 14 novembre “Dove va l’uomo?” , “L’umano alla prova. L’identità personale tra dialettiche del desiderio ed etica del finito”, Luca Diotallevi, docente di sociologia (Roma Tre).
- 23 novembre “A sua Immagine” , “Rapporto tra fede, ragione e scienza nella cultura contemporanea”, Bruno Maggioni, biblista, docente di introduzione alla teologia (Cattolica).
- 30 novembre Lavori di gruppo
- 11 gennaio 2008 “Costruire la città”, “Un futuro sospeso tra incubo e speranza”, Luigi Fusco Girard, docente di economia ed estimo ambientale (Napoli Federico II).
- 18 gennaio 2008 “Costruire la macchina”, “Ricerca scientifica, sviluppo tecnologico, etica della produzione nel mondo globale”, Lucio Rossi, direttore Magneti & Superconduttori per il progetto Lhc-Cern Ginevra.
- 1 febbraio 2008 “Nulla si crea”, “La questione energetica e ambientale”, Stefano Consonni, docente al Politecnico di Milano e presidente del Leap.
- 8 febbraio 2008 “Poste in gioco”, “Tensioni e conflitti per il controllo di acqua e terra. Esperienze nell’Africa saheliano-sudanese”, Marina Bertoncin e Andrea Pase, docenti di geografia (Padova).
- 25 gennaio 2008 “Tolleranza e multiculturalità”, Younis Tawfik, scrittore e docente di letteratura araba (Genova).
- 15 febbraio 2008 “Decrescita felice”, Maurizio Pallante, saggista, consulente ministero ambiente
- 19 febbraio 2008 “Domanda di felicità e diritto positivo”, Luciano Eusebi, diritto penale (Cattolica).
- 29 febbraio 2008 “Laicità, tra scelte personali e testimonianza”, Paola Bignardi, già presidente dell’Azione cattolica
- 7 marzo 2008 Conclusione
sabato 27 ottobre 2007
Cives, uno sguardo intorno all'uomo
Parte Cives, uno sguardo intorno all'uomo
da Libertà, 26 ottobre 2007
Piacenza - Torna Cives, lo spazio di formazione civica dell’Università Cattolica e della diocesi di Piacenza-Bobbio, voluto dal vescovo Luciano Monari. Quest’anno giunge alla settima edizione ed ha come tema un passo del Salmo 8: «... Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? ...». Un tema biblico - a differenza di quello dello scorso anno sulla partecipazione dei cittadini - affrontato con un’attenzione particolare al rapporto dell’uomo con l’assoluto e tutto ciò che lo circonda. «Siamo arrivati alla settima edizione di un’iniziativa - ha spiegato Giovanni Groppi, del comitato scientifico di Cives - nata come scommessa per proporre anche a Piacenza uno spazio libero di approfondimento sui temi che più interpellano la nostra comunità sociale ed ecclesiale. Quest’anno è stato scelto il tema dell’uomo e di quello che gli sta attorno, con la natura, con il creato, con l’assoluto, le proprie attività, l’ambiente, il territorio. Puntualizzando soprattutto anche le novità e le piste di approfondimento e di scelta che si pongono all’uomo di oggi». «Abbiamo individuato alcune parole guida - ha spiegato Groppi - che possono essere la tolleranza e la multiculturalità, la decrescita felice, l’impegno come laici nella società». La presentazione del corso si è tenuta ieri mattina nel palazzo della Curia. Assieme a Groppi era presente anche Paolo Rizzi, sempre del comitato scientifico. «Ogni anno - ha sottolineato Rizzi - scegliamo un’immagine artistica che possa ben rappresentare il tema del corso. Per questa edizione abbiamo pensato alla volta stellata di Van Gogh, in cui il paesaggio, in un abbraccio di colori e aureole, viene utilizzato come pretesto per approfondire il complesso rapporto tra natura, mondo e uomini». Il corso si svolge alla Cattolica (dal 5 novembre) il venerdì sera dalle 20 alle 22. È prevista la partecipazione di una cinquantina di iscritti. Quattordici gli incontri. Tra i relatori, scrittori, teologi, scienziati, docenti. Iscrizioni entro il 7 novembre al Servizio formazione permanente della Cattolica (0523/599.488).
Cento giorni senza Monari, il successore non si vede
da Libertà, 27 ottobre 2007
Cento giorni fa veniva annunciato il trasferimento del vescovo Luciano Monari a Brescia. Piacenza-Bobbio, di fatto, non aveva più un vescovo titolare. Ad oggi dalla Santa Sede, non è stato ancora annunciato il successore. Giovedì, in Vaticano, si è tenuta l’assemblea plenaria della Congregazione per i vescovi. Si sarebbe dovuto trattare anche della “provvista” piacentina. Dai sacri corridoi, al momento, poco trapela. A quanto si è appreso, l’assistente generale della Cattolica, monsignor Gianni Ambrosio - favorito per Piacenza prima dell’entrata in campo dell’ausiliare di Milano Erminio De Scalzi - preferirebbe la candidatura ad una diocesi invece di quella all’Azione Cattolica nazionale. Si vedrà.
venerdì 26 ottobre 2007
Oggi prete, celebra i funerali del suo ex datore di lavoro
all'imprenditore Battisti morto a 88 anni
Celebra i funerali del datore di lavoro
All'altare l'ex dipendente Luigi Lazzarini, oggi prete
da Libertà, 26 ottobre 2007
Piacenza - All’altare della basilica di Sant’Eufemia c’erano tre sacerdoti. Uno di loro, con il ragionier Ugo Battisti, aveva un rapporto particolare. Prima di divenire “dipendente” di Nostro Signore è stato dipendente della Grandi Magazzini Battisti. Per 25 lunghi anni, prima di andare in pensione e di entrare in seminario. Don Luigi Lazzarini, oggi curato a Pianello, ieri mattina ha dato l’ultimo saluto al suo ex principale, lo storico imprenditore piacentino nel settore dell’abbigliamento morto martedì a 88 anni, assieme a tanti altri ex colleghi, in una Sant’Eufemia gremita. Nonostante il ragionier Battisti avesse dato disposizione ai familiari che le esequie venissero celebrate in forma strettamente riservata. La notizia della morte dello storico imprenditore, ieri l’altro, ha fatto lo stesso il giro della città, a dimostrazione di quanto il legame tra i Battisti e Piacenza sia ancora saldo. «Ho vissuto questo momento - dice don Luigi al termine della messa - con grande serenità, in un clima di speranza cristiana». È una storia nella storia quella di don Luigi Lazzarini, 66 anni, prete da nove, ordinato a Bedonia dal vescovo Luciano Monari. Ieri mattina era all’altare di Sant’Eufemia con il parroco monsignor Pietro Casella e don Mauro Stabellini, davanti alla bara ornata di fiori del suo ex principale, il ragionier Ugo Battisti. Luigi Lazzarini, senza il “don” davanti, era stato assunto alla Grandi Magazzini Battisti nel maggio del 1966. Alle dipendenze dell’azienda di via San Bartolomeo era rimasto fino al 31 gennaio del 1991, prima che la Battisti divenisse una società per azioni e si trasferisse nel moderno magazzino dei Dossarelli di Le Mose. Una volta andato in pensione, Lazzarini decide di mettere in pratica quello che pensava da sempre.«Ho lavorato prima nel magazzino interno - racconta - poi come commesso viaggiatore esterno. Del ragionier Ugo ho un bellissimo ricordo: era un uomo molto educato, molto attento alle persone, quasi timido, aveva sempre quel tratto fine e delicato, un gran signore». «Non ho mai ricevuto un rimprovero - ricorda - e pensare che in quel periodo (negli anni Settanta, ndr) c’era un movimento sindacale che si svegliava e prendeva certe posizioni nei confronti dei padroni». Ma alla Battisti, continua don Luigi, l’atmosfera era più rilassata: «L’obiettivo dei sindacati era la categoria degli imprenditori, non le singole persone. Nei riguardi del ragionier Battisti c’è sempre stata la massima stima e simpatia, ha dato lavoro a tanti. In quell’epoca eravamo più di settanta». Del suo vecchio principale ricorda la generosità: «Ai piccoli commercianti riforniva merce a credito lunghissimo; ha aiutato tanta gente». Quasi certamente la figura del ragionier Battisti ha accompagnato il commesso viaggiatore Luigi Lazzarini nella scelta della vita. «Ho fatto il cammino del diaconato permanente sotto il vescovo Antonio Mazza, a Monari ho chiesto se potevo fare un passo in avanti e lui ha detto di sì. Così, dopo il corso di teologia aperto anche ai laici al Collegio Alberoni, un anno e mezzo di preparazione a Bedonia con monsignor Lino Ferrari, sono stato ordinato sacerdote il 3 ottobre del ’98 nel santuario di Bedonia». «Sono profondamente convinto che la nostra esistenza sia composta da tante tessere, una sorta di mosaico - ci pensa su don Luigi -. Alla Battisti il mio lavoro mi piaceva, i padroni mi volevanio bene, poi mi sono chiesto che senso avesse la mia vita».
Federico Frighi
Venezia, la maratona parte con Africa Mission
AL VIA L’AVVENTURA VENETA
Piacenza - Si è inaugurata ieri nel cuore del Parco San Giuliano di Mestre, la fiera ExpoSport legata alla Maratona di Venezia: protagonista dell’angolo della solidarietà, l’associazione piacentina Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo, presente con lo stand realizzato dagli studenti del liceo artistico Cassinari (foto a fianco).
La manifestazione, che ogni anno accoglie migliaia di visitatori, permetterà all’organizzazione fondata da don Vittorione, ormai partner “sociale” consolidato di Venice Marathon, di promuovere l’iniziativa “Run for Water, Run for Life” – “Corri per l’acqua, corri per la vita”.
E’ infatti in corso la campagna di raccolta fondi per la realizzazione di nuove strutture idriche nella più arida regione ugandese, il Karamoja: fino a sabato 3 novembre, sarà possibile donare 1 euro mandando un sms al numero
48583
da telefoni cellulari Tim, Vodavone, Wind e Tre, nonché da telefoni fissi Telecom Italia abilitati all’invio di messaggi. Con una chiamata allo stesso numero, sempre dal fisso Telecom Italia, si potranno donare ben 2 euro.
Presso lo stand di Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo ad ExpoSport, nonché alla partenza e al traguardo della maratona, che si correrà domenica 28 ottobre, con un’offerta sarà possibile avere i “braccialetti dell’amicizia” realizzati da una comunità di persone disabili a Kampala, capitale dell’Uganda, nonché le magliette colorate dal logo “Run for Water, Run for Life”.
I giornalisti interessati a contattare gli operatori piacentini di Cooperazione e Sviluppo presenti a Venezia possono chiedere ulteriori informazioni alla sede di via Talamoni 1/f a Piacenza (0523-499424) o telefonare ai seguenti numeri: 3392431754 – 3204784987 – 3204785085.
giovedì 25 ottobre 2007
La lettera di congedo dell'arcivescovo Piero Marini
Città del Vaticano, 1° ottobre 2007
Reverendissimo Signore,
Quelli al servizio diretto del Papa sono stati gli anni centrali e più impegnativi della mia vita umana e sacerdotale: dai 45 anni appena compiuti quando tutti gli orizzonti mi erano aperti, a poco prima dei 66.
Gettando uno sguardo sul cammino percorso, ringrazio il Signore che mi ha chiamato a vivere un ministero particolare nella Chiesa di Dio. Anzitutto per essere stato al servizio immediato del Successore di Pietro nella celebrazione dei Santi Misteri: prima, del Servo di Dio Giovanni Paolo II per ben 18 anni e successivamente dell’attuale Pontefice Benedetto XVI per i primi intensi due anni e mezzo di inizio del Pontificato. È stata una esperienza ecclesiale che mi ha permesso di sperimentare la presenza nella Chiesa di oggi dell’ombra di Pietro: Egli infatti nei Suoi Successori continua ad annunciare la parola evangelica e a celebrare i Sacramenti nella Chiesa di Roma e nelle diverse comunità dei fedeli sparse in tutto il mondo. È stata una esperienza ecclesiale unica e irripetibile, basta pensare agli 80 viaggi internazionali da me compiuti due volte, senza contare i viaggi in Italia. Nessuna esperienza liturgica del nostro tempo è paragonabile per la varietà degli eventi salvifici commemorati, per la diversità dei luoghi della celebrazione, per la molteplicità delle situazioni e delle soluzioni, per il numero delle persone incontrate, per la composizione delle assemblee, per la diversità delle tradizioni e delle radici culturali, a quella vissuta in questi anni di servizio alla cattedra di Pietro.
Insieme con il Successore di Pietro, in questi anni ho imparato ad amare la liturgia della Chiesa, che ritengo con la fede, il dono più grande ricevuto che dà un senso al mio vivere umano e sacerdotale in questo mondo.
La provvidenza mi chiama tuttavia a guardare avanti. In questo sguardo, che appartiene ormai alla mia anzianità, mi consola la prospettiva di continuare ad occuparmi della celebrazione dei Santi Misteri nella Chiesa. Ogni volta che celebro infatti sento che il mio essere è in comunione con la vita: ogni volta la luce del Risorto illumina e riscalda il cuore, gli occhi lo riconoscono e brillano nella gioia e nella pace dello Spirito Santo.
Al termine di questi pensieri suggeriti dal cuore, desidero ringraziare i due Sommi Pontefici che ho avuto la grazia di servire come Maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie. Anzitutto il Servo di Dio Giovanni Paolo II, il quale mi ha nominato a 43 anni Sottosegretario della Congregazione per il Culto Divino, due anni dopo mi ha affidato la responsabilità delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie e nel
Lo ringrazio per aver sempre favorito lo sviluppo dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche: ne ha stabilito l’autonomia giuridica, ha promosso e dato
Un filiale e particolare ringraziamento rivolgo anche al Papa Benedetto XVI che, appena eletto, mi ha voluto confermare come Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie. In verità per me non è stata una esperienza del tutto nuova perché ero già stato Suo cerimoniere agli inizi del cardinalato. Anche per questo fin dal primo momento mi sono sentito accolto da Papa Benedetto come un figlio. In lui ho potuto conoscere, con mia viva soddisfazione, non solo un Professore ma un Papa esperto in liturgia. Non potrò mai dimenticare l’emozione avuta nel trovarmi solo con lui nella Cappella Sistina subito dopo
Desidero ringraziare infine tutte le persone che in questi anni mi hanno aiutato a svolgere meglio il mio servizio nelle celebrazioni liturgiche pontificie: il personale dell’Ufficio, i Cerimonieri pontifici, i Consultori, il personale di vari enti della Santa Sede e tanti altri collaboratori in Roma, nelle diocesi italiane e nelle chiese particolari del mondo intero. Senza di essi non mi sarebbe stato possibile vivere la meravigliosa esperienza ecclesiale nelle celebrazioni pontificie.
A tutti un grazie di cuore per l’aiuto e per la testimonianza di fede ricevuta.
De Scalzi sempre più vicino a Piacenza
Salgono le quotazioni di monsignor Erminio De Scalzi come successore del vescovo Luciano Monari alla guida della diocesi di Piacenza-Bobbio. A quanto si è appreso, ieri ci sarebbe stata una riunione decisiva in Vaticano alla Congregazione per i vescovi, guidata dal cardinale Giovanni Battista Re. Mancherebbe solo un “timbro” per il via libera a monsignor De Scalzi come nuovo vescovo di Piacenza. L’annuncio della nomina da parte di Benedetto XVI sarebbe quindi imminente. Se tutto va secondo le previsioni i giorni giusti potrebbero essere lunedì o martedì della settimana prossima. Diversamente, si dovrà attendere la settimana tra lunedì 5 e domenica 11 novembre, poiché occorre lasciar passare le festività di Ognissanti e del giorno dei Morti, durante le quali è decisamente improbabile l’annuncio di nomine. Se il nome di De Scalzi dovesse essere quello giusto, trattandosi di un prelato già vescovo, non occorrerebbe nessuna cerimonia di consacrazione e dunque si potrebbe parlare di un’entrata nella diocesi di Piacenza-Bobbio e relativa “presa di possesso” attorno all’8 dicembre. Nato a Saronno, arcidiocesi di Milano, il 6 settembre 1940, monsignor Erminio De Scalzi ha quindi 67 anni. Ordinato presbitero il 27 giugno 1964, è stato eletto alla chiesa titolare di Arbano e nominato ausiliare di Milano l’11 maggio 1999. È stato consacrato vescovo il 19 giugno 1999 dal cardinale arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini assieme al cardinale Attilio Nicora e al vescovo Giovanni Giudici. Di Martini è stato anche il segretario personale. Attualmente è l’abate della basilica di Sant’Ambrogio e vescovo ausiliare per la zona 1 di Milano, il cuore della città. Il nome di De Scalzi è uscito nelle ultime settimane dopo che il principale candidato per Piacenza-Bobbio, monsignor Gianni Ambrosio, è stato dirottato nella terna per il posto di assistente nazionale dell’Azione Cattolica dal cardinale Tarcisio Bertone.
Cotrebbia, cambia il parroco
L’Amministratore Apostolico, cui sono concesse dalla Santa Sede le facoltà del vescovo diocesano, in data 17 ottobre ha nominato:
Il M.R. Pierluigi Dallavalle, Amministratore parrocchiale della parrocchia di San Pietro Apostolo in Cotrebbia Nuova, Comune di Calendasco, Provincia di Piacenza, dichiarata vacante in seguito alla scadenza del mandato dell’ultimo titolare M. R. Fontanella don Giuseppe. Mantiene i precedenti incarichi.
Con atto proprio nella rispettiva data l’Amministratore Apostolico ha nominato il M. R. Musso don Emanuele Massimo vicario parrocchiale della parrocchia di Sant’Antonino martire in Borgo Val di Taro, Provincia di Parma.
Piacenza, dalla Curia Vescovile,
19 ottobre 2007-10-19
il Cancelliere Vescovile
don Mario Poggi
mercoledì 24 ottobre 2007
Matrimonio, la riforma di Busani
«Se tutto va bene il rito nuovo sarà stampato alla fine di autunno ed entrerà in vigore con il prossimo avvento: a fine novembre od inizio dicembre». Una fatica durata sette anni di lavoro. Busani ha coordinato le proposte dei vari studiosi di pastorale matrimoniale e biblisti italiani. La prima bozza di documento è poi passata al vaglio dei vescovi che hanno presentato i vari emendamenti. Infine è arrivato il benestare del Vaticano. «E' stato il frutto di un grande dialogo che ha coinvolto a vari livelli la Chiesa italiana» spiega Busani. Ma perché la necessità di adattare il momento del sì? «Per un'attenzione rispettosa della situazione di fede e di vita di coloro che chiedono il matrimonio - evidenzia -. Attualmente in Italia il numero dei battezzati è ancora maggioritario ma, se da un lato sono una minoranza coloro che fanno un cammino di fede e di preparazione al sacramento, dall'altro tutti hanno diritto al matrimonio cattolico». Il vecchio rito poi, secondo Busani, non risultava totalmente espressivo del percorso seguito dai cosiddetti “praticanti”, per i quali è stato particolarmente arricchito. Prima di tutto nel rinnovamento del linguaggio. “Accolgo e non prendo”. «Oggi prendere nell'accezione comune significa comperare, rapire, afferrare, dà l'idea del possesso. Accolgo fa invece percepire che siamo davanti ad un'altra persona la quale deve essere vista come un dono, un dono che proviene da Dio». Subito dopo è la volta della promessa che non è più frutto solo della volontà del singolo ma della grazia del Signore. Con il secondo capitolo della “riformina” «viene data la possibilità del matrimonio anche a coloro che non hanno seguito un percorso di chiesa: non c'è la comunione ma solo la liturgia della Parola. E' un matrimonio in vista dell'eucarestia, non a caso agli sposi viene consegnata la Bibbia». La scelta di questo rito viene fatta insieme da sposi e sacerdoti. E' il rito tipico, ad esempio, tra cristiani e protestanti. Il terzo capitolo prevede il matrimonio tra battezzati e non battezzati. Ad esempio con ebrei, musulmani, induisti. «La caratteristica è l'essenzialità. La liturgia della parola è più sobria».
Diocesi, monsignor Ferrari si presenta
Monsignor Ferrari nuovo amministratore
da Libertà, 24 ottobre 2007
Monsignor Lino Ferrari è il nuovo amministratore della diocesi di Piacenza-Bobbio. Lo ha eletto ieri mattina il collegio dei consultori riunitosi nel salone degli affreschi al primo piano della Curia. Monsignor Ferrari, 60 anni, ex vicario generale - assume le funzioni di reggente dopo la partenza del vescovo Luciano Monari. Rimarrà in carica durante la vacanza della diocesi, fino alla presa di possesso del nuovo vescovo diocesano e potrà svolgere solo funzioni di ordinaria amministrazione. Per governare la Chiesa piacentino-bobbiense si avvarrà del collegio dei consultori: dieci sacerdoti (compreso monsignor Ferrari) che rappresentano una sorta di parlamentino provvisorio. Tutti gli altri organi - il consiglio presbiterale e quello pastorale -, con la decadenza di monsignor Monari da vescovo prima e da amministratore apostolico poi, sono considerati sciolti. Il collegio dei consultori è attualmente composto da monsignor Lino Ferrari, monsignor Giuseppe Busani, monsignor Aldo Maggi, monsignor Gianni Vincini, monsignor Giuseppe Illica, don Gianrico Fornasari, don Piero Lezoli, don Luigi Bavagnoli, don Silvio Pasquali, don Giuseppe Rigolli.Appena eletto, ieri mattina, l’amministratore diocesano monsignor Ferrari - come prevede il codice di diritto canonico - ha emesso nella cappella vescovile la professione di fede. Dell’avvenuta elezione il cancelliere vescovile don Mario Poggi ha dato comunicazione al cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, a monsignor Giuseppe Bertello, nunzio apostolico in Italia, a monsignor Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, a monsignor Benito Cocchi, arcivescovo e metropolita di Modena, sotto la cui giurisdizione dipende la diocesi di Piacenza-Bobbio. Successivamente è stata data comunicazione anche al prefetto di Piacenza, Alberto Ardia. Infine, con un comunicato stampa, è stata informata la comunità diocesana. «Ho accolto questa nomina con un po’ di trepidazione - confessa monsignor Ferrari davanti ai microfoni - per me è un’esperienza nuova, quello che mi dà conforto è la presenza dei miei collaboratori, soprattutto di monsignor Busani, con il quale abbiamo condiviso in questi anni la vicinanza al vescovo Monari». Ferrari non nasconde affatto il peso della responsabilità in un momento come questo: «Rivivo un po’ quell’ansia (credo sia naturale) che provavo, appena nominato vicario, quando il vescovo si assentava per una settimana per predicare gli esercizi spirituali o per andare alla Cei. Poi mi sono abituato». Oggi la situazione è però decisamente cambiata: «Allora lui c’era e potevo raggiungerlo per telefono. Oggi non c’è e la responsabilità è sulle mie spalle. Accetto comunque serenamente questo incarico con spirito di servizio». «A ciascuno dei figli della nostra Chiesa piacentino-bobbiese - continua - chiedo il conforto della preghiera; per tutti assicuro il ricordo nella celebrazione dell’eucaristia». Don Lino, anche da amministratore diocesano, non cambierà le proprie abitudini: «Al mattino in Curia per ricevere i laici e i sacerdoti e per coordinare gli uffici. Di pomeriggio e nelle giornate festive nei vari punti della diocesi per le celebrazioni».La prima uscita ufficiale da capo provvisorio della diocesi sarà domenica mattina ad Agazzano per la festa delle famiglie; al pomeriggio accompagnerà l’ingresso del nuovo parroco di Metti, don Franco Cattivelli. Il lavoro quotidiano dell’amministratore diocesano è finalizzato all’arrivo del nuovo vescovo. «Prepariamoci all’arrivo del nuovo pastore - esorta - non tanto con il totovescovo ma chiedendoci che cosa dobbiamo cambiare per essere davvero una buona famiglia quando sarà il momento di accoglierlo». Sui tempi, monsignor Ferrari non si sbilancia: «Speravamo che l’annuncio venisse dato in questi giorni. Il nostro auspicio è che il nuovo pastore possa arrivare entro Natale».
Federico Frighi
Il profilo di monsignor Lino Ferrari
da Libertà, 24 ottobre 2007
Monsignor Lino Ferrari è originario di Albareto (Parma) dove è nato il 18 dicembre 1947; ha completato i suoi studi al Collegio Alberoni ed è stato ordinato sacerdote l’11 luglio 1971 a Bedonia. Subito ha iniziato il proprio servizio pastorale come curato nella parrocchia cittadina del Preziosissimo Sangue; il 1° ottobre 1977 è stato nominato direttore spirituale del seminario di Bedonia e curato nella parrocchia dello stesso centro; nel 1981 gli è stato affidato l’incarico di pro-rettore del seminario di Bedonia; cappellano di Sua Santità il 16 giugno 1994 (con il titolo di monsignore), il 30 giugno 1997 come parroco in solido è stato chiamato alla guida della parrocchia cittadina di Nostra Signora di Lourdes. Nel 1999 il vescovo Luciano Monari gli ha affidato anche la responsabilità del Centro Diocesano Vocazionale e il 23 gennaio 2004, sempre monsignor Monari, lo ha nominato vicario generale della diocesi di Piacenza-Bobbio in sostituzione di monsignor Antonio Lanfranchi, eletto vescovo della diocesi di Cesena-Sarsina. Dal 21 dicembre 2004 è canonico della cattedrale. Sacerdote umile, pacato, è stato docente di religione alle scuole medie inferiori. A Bedonia ha ristrutturato il seminario vescovile rendendolo un punto di riferimento per le popolazioni non solo della Valtaro che, pur essendo in provincia di Parma, è diocesi di Piacenza-Bobbio.
I poteri dell'amministratore diocesano
martedì 23 ottobre 2007
Monsignor Lino Ferrari amministratore diocesano
Ufficio stampa
Mons. Lino Ferrari da oggi
Amministratore diocesano
della diocesi di Piacenza-Bobbio
Questa mattina, alle ore 10, nella sala degli Affreschi di Palazzo Vescovile, si è riunito il Collegio dei Consultori per eleggere l’Amministratore Diocesano essendo da ieri scaduto il mandato di Amministratore Apostolico affidato dal Papa a mons. Luciano Monari ed essendo, di conseguenza, la diocesi “vacante”. La scelta è caduta sul vicario generale mons. Lino Ferrari che resterà in carica fino all’ingresso (e presa di possesso) del nuovo Vescovo.
Il Collegio dei Consultori, che tra i compiti ha anche quello provvedere alla nomina dell’Amministratore diocesano nel caso la Santa Sede non abbia provveduto alla nomina di un Amministratore Apostolico, è composto da mons. Lino Ferrari, mons. Giuseppe Busani, mons. Aldo Maggi, mons. Gianni Vincini, mons. Giuseppe Illica, don Gianrico Fornasari, don Piero Lezoli, don Luigi Bavagnoli, don Silvio Pasquali, don Giuseppe Rigolli.
Appena eletto, alla presenza del Collegio dei Consultori, l’Amministratore diocesano mons. Lino Ferrari – come prevede il Codice - ha emesso nella cappella vescovile la professione di fede. Dell’avvenuta elezione il cancelliere vescovile don Mario Poggi ha dato comunicazione alla Congregazione dei Vescovi, alla Nunziatura Apostolica in Italia, alla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, al Metropolita. E’ stata data comunicazione anche alla Prefettura di Piacenza. Ora, con questo comunicato, viene informata la Comunità diocesana.
NOTA BIOGRAFICA. Mons. Lino Ferrari è originario di Albareto (Parma) dove è nato il 18 dicembre 1947; ha completato i suoi studi al Collegio Alberoni ed è stato ordinato sacerdote l’11 luglio 1971 a Bedonia. Subito ha iniziato il proprio servizio pastorale come curato nella parrocchia cittadina del Preziosissimo Sangue; il 1° ottobre 1977 è stato nominato direttore spirituale del Seminario di Bedonia e curato nella parrocchia dello stesso centro; nel 1981 gli è stato affidato l’incarico di pro-rettore del seminario di Bedonia; cappellano di S. Santità il 16 giugno 1994 (con il titolo di monsignore), il 30 giugno 1997 come parroco in solido è stato chiamato alla guida della parrocchia cittadina di N.S. di Lourdes. Nel 1999 il Vescovo gli ha affidato anche la responsabilità del Centro Diocesano Vocazionale e il 23 gennaio 2004, sempre mons. Monari, lo ha nominato Vicario generale della diocesi di Piacenza-Bobbio in sostituzione di mons. Antonio Lanfranchi, eletto vescovo della diocesi di Cesena-Sarsina. Dal 21 dicembre 2004 è canonico della cattedrale.
UN PRIMO COMMENTO. Mons. Lino Ferrari, al termine della riunione del Collegio dei Consultori, ha così commentato la sua elezione ad Amministratore Diocesano:
“Per i miei Confratelli sacerdoti è il primo pensiero, dopo aver ricevuto l’incarico di Amministratore Diocesano, che accetto serenamente in spirito di servizio
“Il Vescovo Luciano, che abbiamo salutato con affetto e gratitudine, nell’omelia di domenica ci ha confidato: ‘Il mio primo impegno, quello che mi sta più a cuore, è stato per la comunione del Presbiterio’. Un impegno che ho condiviso e che mi auguro manifesti i suoi frutti in questo periodo di attesa del nuovo Pastore. Un tempo prezioso, inoltre, anche se speriamo breve, per crescere nell’unità come comunità diocesana in tutte le sue componenti.
“A ciascuno dei figli della nostra Chiesa piacentino-bobbiese chiedo il conforto della preghiera; per tutti assicuro il ricordo nella celebrazione dell’Eucaristia”.
I COMPITI DELL’AMMINISTRATORE DIOCESANO. Da un articolo del cancelliere vescovile don Mario Poggi, pubblicato da “Il Nuovo Giornale” il 19 ottobre scorso, riprendiamo il passaggio che precisa i compiti dell’Amministratore Diocesano:
“L’Amministratore diocesano assume la potestà ordinaria e propria sulla diocesi dal momento dell’accettazione della sua elezione. Da tale potestà è da ritenersi escluso tutto ciò che non gli compete per la natura delle cose o per disposizione del diritto.
Appena eletto, l’Amministratore deve emettere la professione di fede davanti al Collegio dei consultori. Dell’avvenuta elezione viene data comunicazione alla Santa Sede, alla Nunziatura Apostolica in Italia, alla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, al Metropolita.
Dal momento in cui ha assunto la guida della diocesi, l’Amministratore è tenuto a tutti gli obblighi del vescovo diocesano, in particolare deve osservare la legge della residenza in diocesi ed applicare ogni domenica e nei giorni di precetto la Messa per il popolo. Nel periodo in cui regge la diocesi è membro della Conferenza Episcopale Italiana con voto deliberativo, ad eccezione delle dichiarazioni dottrinali.
Un noto brocardo giuridico recita “sede vacante nihil innovetur”, pertanto tale principio sembra guidare l’operato dell’Amministratore diocesano, il quale deve garantire la gestione ordinaria della diocesi, senza compiere atti che potrebbero rivelarsi pregiudizievoli per la diocesi stessa e per il vescovo diocesano. Pertanto l’Amministratore diocesano può confermare o istituire i presbiteri che siano stati legittimamente eletti o presentati per una parrocchia. Solo dopo un anno di sede vacante può nominare i parroci, ma non può affidare parrocchie ad un Istituto religioso o Società di vita apostolica. Può amministrare la Cresima e può concedere ad un altro presbitero la facoltà di amministrarla.
L’Amministratore diocesano può rimuovere, per giusta causa, i vicari parrocchiali.
I limiti della potestà dell’Amministratore diocesano si ravvisano nell’obbligo di custodire con particolare diligenza i documenti della Curia diocesana, senza modificarne, distruggerne o sottrarne alcuno. Con la stessa diligenza vigili affinché nessun altro possa manomettere gli archivi della Curia. Soltanto in caso di vera necessità può aver accesso all’Archivio segreto della Curia.
Con il consenso del Collegio dei consultori può concedere le lettere dimissorie per l’ordinazione di diaconi e presbiteri, se queste non furono negate dal Vescovo diocesano. Non può concedere l’escardinazione e l’incardinazione e nemmeno concedere la licenza ad un chierico di trasferirsi in un’altra diocesi, a meno che non sia trascorso un anno dalla vacanza della sede e abbia il consenso del Collegio dei consultori. Non può convocare un Sinodo diocesano. Non può rimuovere il vicario giudiziale, ma può rimuovere il Cancelliere della Curia soltanto con il consenso del Collegio dei consultori. Non può conferire canonicati sia nel Capitolo cattedrale sia in quello collegiale.
La cessazione dell’ufficio dell’Amministratore diocesano si verifica con la presa di possesso canonico della diocesi da parte del nuovo Vescovo, ovviamente si applica la normativa dettata dal Codice di Diritto Canonico in merito alle cause della cessazione di ogni ufficio ecclesiastico”.
Da oggi la diocesi è sede vacante
De Scalzi favorito
Da oggi la diocesi "sede vacante"
Amministratore, si vota per la nomina di don Ferrari
da Libertà, 23 ottobre 2007
Questa mattina nel salone al primo piano della Curia il collegio dei consultori, sotto la presidenza del membro più anziano - don Gianrico Fornasar - nomina l’amministratore pro tempore della diocesi di Piacenza-Bobbio. Salvo colpi di scena, sarà l’ex vicario generale, monsignor Lino Ferrari. Guiderà la diocesi fino all’entrata del nuovo vescovo. Da ieri, con la scadenza del mandato di amministratore apostolico ricoperto da monsignor Luciano Monari, la Chiesa piacentina è ufficialmente sede vacante. Intanto sembra superato l’“ingorgo istituzionale” destinato a far slittare di qualche giorno l’annuncio del nuovo vescovo inizialmente previsto per giovedì prossimo.
Per l’elezione dell’amministratore diocesano, i componenti del collegio dei consultori si ritroveranno in Curia questa mattina alle 10 in punto. Il consiglio è formato da dieci sacerdoti ed è presieduto da don Gianrico Fornasari, parroco di Groppallo, con i suoi 72 anni il più anziano dei consultori. Voteranno, a scrutinio segreto, monsignor Lino Ferrari (ex vicario generale), monsignor Giuseppe Busani (ex vicario episcopale per la pastorale), monsignor Giovanni Vincini (parroco di Fiorenzuola), monsignor Aldo Maggi (ex vicario episcopale e parroco di Santa Maria Assunta, a Bobbio), don Piero Lezoli (ex vicario episcopale e rettore del santuario della Madonna di San Marco, a Bedonia), don Luigi Bavagnoli (rettore del seminario urbano), monsignor Giuseppe Illica (parroco di Castelsangiovanni), don Silvio Pasquali (vicario parrocchiale di San Lazzaro), don Giuseppe Rigolli (parroco di Castellarquato). Intanto appaiono più chiari i retroscena del probabile rinvio dell’annuncio del nuovo vescovo. Monsignor Gianni Ambrosio, assistente ecclesiastico dell’Università Cattolica, fino a due settimane fa era effettivamente il più papabile per la diocesi di Piacenza-Bobbio. La virata verso altri lidi sarebbe opera del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, conterraneo di Ambrosio (entrambi provenienti dalla diocesi di Vercelli) e suo grande estimatore. I nuovi lidi sarebbero lontani da Piacenza: in particolare Roma, in via Conciliazione, dove Ambrosio è il candidato di Bertone per il posto di assistente nazionale dell’Azione Cattolica. Nuovamente “scoperta” la sede di Piacenza-Bobbio, occorreva un altro candidato che rispettasse le indicazioni emerse dalle consultazioni diocesane chiusesi lo scorso 22 settembre. Il successore di Monari doveva essere un vescovo non di prima nomina o comunque una persona esperta anche da un punto di vista del governo pastorale di una diocesi. Ecco riprendere dunque quota il nome di monsignor Erminio De Scalzi, vescovo ausiliare di Milano, abate di Sant’Ambrogio, “martiniano” della prima ora, sulla medesima linea del vescovo Monari. Un nome che circolava sin dalla fine di agosto. De Scalzi, 67 anni, viene ritenuto un vescovo concreto e di polso, l’ultimo dei fedelissimi al cardinale Carlo Maria Martini, oggi sotto la guida del cardinale Dionigi Tettamanzi. A monsignor De Scalzi, come scrivevamo ieri, sarebbero state prospettate le diocesi di Parma e quella di Piacenza-Bobbio. La sua preferenza sarebbe andata per quest’ultima.Naturalmente il condizionale è sempre d’obbligo. Soprattutto perché, se la nomina - come pare - è già stata decisa, a ieri mattina nessuna comunicazione, neppure informale, è arrivata alla Curia di Piacenza. I colpi di scena, quando c’è di mezzo il segreto pontificio, sono sempre dietro l’angolo.
Federico Frighi