domenica 28 ottobre 2007

Tonini, mangerei una mela transgenica

Il cardinale piacentino protagonista

di un convegno sugli organismi geneticamente modificati

"Mangerei una mela transgenica"

Tonini: la ricerca scientifica è un dovere e un dono


da Libertà, 18 marzo 2001


«Una mela transgenica? Se ho la garanzia degli scienziati che non ci
sono elementi inquinanti la mangerei volentieri». Il cardinale Ersilio
Tonini prende le difese degli organismi geneticamente modificati, chiama
applausi per gli scienziati ed i ricercatori, invita la gente ad informarsi
di più senza lasciarsi prendere dai pregiudizi. Nei giorni il cui il “popolo
di Seattle”, le divisioni anti globalizzazione manifestano, al Global Forum
di Napoli, l'ennesimo no a tutto ciò che sembra portare il pianeta Terra
fuori dalla sua natura, il cardinale interviene al fianco degli scienziati
per difendere i “cibi Frankestein”.
Lo fa dal pulpito profano del Teatro dei Filodrammatici, dove è stato
invitato dalla Famiglia Piasinteina a portare la sua opinione e quella
della Chiesa sui cosiddetti “ogm”: gli organismi geneticamente modificati.
Assieme al porporato anche due esperti del mondo scientifico: il professor
Gianfranco Piva, preside della facoltà di Agraria della Cattolica di Piacenza,
nonché direttore dell'istituto di Scienze degli Alimenti e della Nutrizione,
ed il professor Francesco Salamini, direttore generale del Max-Planck Institut
di Colonia. A fare gli onori di casa il presidente della Famiglia, Danilo
Anelli, ed il coordinatore della serata Mauro Tagliaferri. «La ricerca
scientifica è un dono ed un dovere sacrosanto», non ha dubbi il cardinale
Tonini. «Non possiamo dimenticare - spiega - che nella visione cristiana
la conoscenza è un dono di Dio, un dovere ed una responsabilità. Nella
Bibbia sta scritto che l'uomo deve utilizzare la natura per scoprirne i
tesori, dunque ecco che ogni scoperta scientifica è un'esaltazione della
vita umana, della grandezza del dono di Dio». Tonini porta le parole di
Giovanni Paolo II: «Il Papa, nel discorso ai genetisti del 5 marzo 1984,
li invitava a procedere con il massimo fervore nella ricerca sul genoma
umano». Il perché, secondo il porporato, è semplice: «Un domani sarà possibile
eliminare per sempre quei morbi impietosi come l'Alzheimer ed il Parkinson
ed altre malattie oggi ritenute incurabili». Occorreranno però delle misure,
delle regolamentazioni della ricerca. «Questo non spetta agli scienziati
- dice il porporato - ma alle istituzioni. Il potere politico ha il dovere
sacrosanto di tutelare l'essere umano» sottolinea con forza. «L'uomo non
potrà mai utilizzare un suo simile come strumento di ricerca» mette bene
in chiaro, ed osserva che la ricerca deve avere dei significati e degli
scopi terapeutici. Può l'intelligenza umana modificare gli alimenti? Può
trasformare i cibi? «Se questo volesse dire garantire all'uomo una facilità
di accesso al necessario per vivere ed una cura più razionale dell'alimentazione
non ci vedrei nessun contrasto» fa sapere il cardinale. «Gli scontri nascono
quando la paura prende il sopravvento. Non condivido la sfiducia totale,
il gridare all'allarme, come se i prodotti della terra fossero i soli a
dare garanzie all'uomo». Nel campo dei cibi transgenici, secondo Tonini,
la Chiesa non dirà mai di no. «Chiederà, questo sì, molta serietà agli
scienziati; pretenderà che diano serie e precise garanzie all'essere umano.
Ma non ostacolerà mai la ricerca». Il porporato piacentino ricorda la nascita
della facoltà di Agraria, realizzata da padre Gemelli con i soldi del calmiere
del latte: «Nacque per la ricerca, con la benedizione della Chiesa e degli
agricoltori del posto». Ma anche la situazione drammatica che sta vivendo
l'Africa, «dove di fame si muore ed i bambini mangiano le formiche». «Io
sono vescovo - si mette una mano sul cuore - e questa gente, come tutte
le creature, ho il dovere di proteggerle. Con gli organismi geneticamente
modificati si potrà dare finalmente da mangiare a tutti e si potranno portare
cure a chi prima non ne ha mai assunte perché la sua dieta è sempre stata
poverissima, quasi inesistente».

Federico Frighi

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