lunedì 12 settembre 2011

Caritas, il volontariato allunga la vita

Sabato scorso al centro Caritas il Samaritano c'è stata la festa dei volontari in occasione dell'apertura del nuovo servizio di guardaroba. Pubblichiamo l'intervista a Stella Ontani, la decana dei volontari.

(fri) Il volontariato in Caritas fa ringiovanire. Ne sa qualcosa Stella Ontani, piacentina, che, il prossimo 28 gennaio, compirà 90 anni. Contabile in pensione, è la decana dei volontari Caritas, in servizio dal 1976. Oggi si occupa delle adozioni a distanza in Burundi ma, soprattutto, di gestire l'approvvigionamento del magazzino viveri. Gli ordinativi all'Agea di Roma, la società che si occupa di smistare i generi alimentari (non deperibili) non più vendibili della grande distribuzione, i quantitativi da inviare alle 21 realtà della provincia di Piacenza convenzionate con la Caritas. «A settembre l'Agea (che a Piacenza serve anche la Croce Rossa) vuole conoscere la richiesta degli enti (mensa dei poveri, caritas parrocchiali, scalabriniane...) - spiega la signora Stella -. Io mando le richieste di merce e la quantità in base al numero delle persone delle associazioni. Assisto anche ai controlli da Roma per vedere se facciamo le cose per bene. Sono scrupolosissimi e ci controllano il pacchetto». Proprio ieri è arrivato il primo Tir della Gea nel centro "Il Samaritano" di via Giordani. La signora Stella, al telefonino, tiene i contatti con l'autista per sapere l'orario di scarico e riferisce scrupolosamente al direttore Giuseppe Chiodaroli. E' appena tornata da due settimane di vacanze in montagna (a Breguzzo, in Trentino) ed è in forma come una settantenne. Invece di anni ne ha quasi 90. «Grazie a Dio non me li sento proprio - dice - sono qui perchè mi piace aiutare gli altri e mettere al servizio degli altri le mie conoscenze. Ho fatto la contabile, mi piace organizzare, faccio questo dal 1976». L'anno della scomparsa del marito, della madre, ma anche l'anno del terremoto in Friuli. Stella prese parte alle squadre piacentine di soccorso. Un'esperienza che le cambiò la vita. Un consiglio ai giovani ma anche ai pensionati? «Se non sapete che cosa fare, venite in Caritas, qui non c'è proprio da annoiarsi, ce n'è per tutti».


29/07/2011 Libertà

Padre, madre, due figli, cane: ecco la famiglia in crisi

Padre, madre, due figli, un cane. Ecco la famiglia in crisi. Quella borghese che vive senza l'aiuto della comunità, perchè l'uomo è fatto non per vivere solo ma per stare con la tribù. E se la tribù non c'è o non funziona, allora crolla tutto. Si è da poco conclusa a Piacenza la Festa della Famiglia. Ho avuto l'occasione di partecipare a due momenti: uno sulla scuola e uno sul confronto tra il poeta Rondoni e il vescovo Brambilla. In particolare il secondo non è apparso così scontato.

La famiglia è in crisi perché non c'è più la comunità da cui trae forza ma anche perché è diventata una famiglia borghese, una famiglia d'appartamento che, appunto, si apparta.
La tesi è del poeta Davide Rondoni e la sottoscrizione in pieno del vescovo ausiliare di Milano, il teologo Franco Giulio Brambilla, mostra come la Festa della Famiglia non sia affatto così scontata. L'apertura ufficiale fa riflettere, dunque, dopo una serie di interessanti anteprime che hanno animato in questi giorni il centro della città. Nella sede di Palazzo Galli, ieri pomeriggio, il poeta Rondoni e il vescovo Brambilla hanno aperto la quarta edizione della Festa davanti al sindaco Roberto Reggi, al presidente della Provincia Massimo Trespidi e al vescovo Gianni Ambrosio che hanno portato i loro saluti. Presenti anche il padrone di casa, l'avvocato Corrado Sforza Fogliani, e naturalmente la presidente del Forum delle Famiglie, Sannita, Luppi che ha introdotto gli ospiti.
La famiglia è qualche cosa di grande e si parte dal concetto di dismisura. «Il cuore desidera cose grandi, ma quanto grandi? La parola grande sembra dire una quantità ma non la definisce - osserva il poeta -. Le cose grandi che il cuore desidera non hanno misura». Tre esperienze di questa dismisura: «La prima è, appunto, l'amore. Poi il perdono, quella cosa per la quale Francesco d'Assisi qualifica l'uomo nell'universo. Il perdono è ciò che qualifica l'uomo è l'atto supremo della libertà, tutto il resto della natura è soggiogato dalla legge causa-effetto. Il lupo non perdona, la pianta non perdona, l'uomo sì». Ancora: «La terza esperienza è il miracolo, anche come prodigio normale, come percezione della vita e delle cose come miracoli. Mi piace stare al mondo percependo la vita in odore di miracolo, nel senso che le cose non mi sono dovute; quando percepiamo la vita così noi percepiamo una grandezza. Se percepisci la vita come miracolo, ecco allora che è smisurato anche il volto dei tuoi figli».
«Ora, perché ragazzi si ubriacano - si chiede il poeta -? Perché cercano la dismisura e non la trovano nella nostra noia. Abbiamo tolto l'arte, Dio, la gioia, è chiaro che i ragazzi cercano la dismisura in qualche modo. Quando nei rapporti degli adulti c'è solo il calcolo, ci stupiamo che i ragazzi cerchino la dismisura? Troppo comodo». Come fare esperienza di questa dismisura ogni giorno? «Cogliendo la grandezza nell'amicizia e negli incontri» dice il poeta; e affonda: «L'uomo non è fatto per la famiglia ma per la tribù. Oggi quella che è in crisi è la famiglia borghese, padre, madre, figlio e cane. Oggi passa questa come idea di famiglia, ma è un organismo assurdo». «Nessuna famiglia resiste e cresce se non dentro la comunità - è convinto Rondoni -, è l'organismo più vasto che la tiene in piedi. Se la famiglia è in crisi è perché non c'è più la comunità; insistere troppo sulla tenuta della famiglia quando non c'è più la tribù può essere controproducente».
L'orizzonte deve essere più grande: «Ad esempio Dio. Sennò un ragazzo non trova la grandezza nella famiglia e non vive per questa. Ricordiamoci di questa dismisura: quando nasce un figlio ti chiedi chi è».
Tocca al vescovo: «Tutto sottoscrivo, anche la questione della famiglia borghese e della tribù. Sono d'accordo sul fatto che noi non ci accorgiamo del vero bambino che nasce. Credo che dobbiamo lasciarci sorprendere dalla vita dal modo in cui il bambino nasce». «L' essere sorpresi - sottolinea monsignor Brambilla - è ciò che noi dobbiamo custodire della famiglia, non nel suo involucro borghese nella quale è stata confinata, la famiglia d'appartamento che vive appartata». «Ai ragazzi della cresima dico sempre - evidenzia - che il dono della vita, lo spazio protetto della casa, l'affetto, la lingua come senso delle cose, il filo rosso della fede sono le componenti che fanno diventare grandi, sono i cinque doni che si hanno nello zaino da ragazzini e che occorre fare propri per diventare grandi e dunque partire. Uscire dalla prima casa per costruire la nuova».
Federico Frighi


04/09/2011 Libertà

Sta nell'informazione, ma anche nel coinvolgimento dei ragazzi e nell'autorevolezza degli insegnanti, il segreto per recuperare l'alleanza tra scuola e genitori. Così almeno la pensano alla Festa della Famiglia che ieri sera ha puntato l'attenzione sulla figura del ragazzo-studente.
In piazzetta Mercanti, hanno provato a dare consigli utili al mondo della scuola Roberto Carnero, docente al liceo scientifico di Novara, Alex Corlazzoli, maestro elementare, padre Stefano Gorla, direttore del Giornalino. A moderare, Elisa Chiari, giornalista di Famiglia Cristiana. «Sono gli anni migliori quelli della scuola? Penso di sì anche se forse non ce ne si rende conto - inizia Carnero -, perché la struttura scolastica sembra un poco un carcere. Gli ultimi governi di tutti i colori, poi, hanno massacrato la scuola pubblica con tentativi di risparmio mascherati da riforma. Oggi la difficoltà dei docenti è una certa demotivazione che non consente di esprimere al meglio questo lavoro». Corlazzoli ha scritto anche un libro: "Diario di un maestro di campagna". «È vero che ci hanno un poco derubati - evidenzia - della passione di fare l'insegnante, ma non del tutto perchè il maestro è prima di tutto un cittadino». E così anche i ragazzi: «Quando entro in classe la prima cosa che faccio è leggere i nomi delle 800 vittime della mafia in Italia, poi, tutti i giorni, leggo con loro i giornali. E' necessario che l'insegnante rischi un poco di suo».
«Una delle cose più interessanti che ho trovato parlando con i ragazzi - osserva padre Gorla - è che la scuola è lo spazio in cui si possono formare grandi alleanze. Qui i ragazzi imparano a confrontarsi con gli adulti che non sono i loro parenti. Penso che sia anche il periodo delle grandi passioni, ad esempio la lettura». Il rapporto tra scuola e famiglia non è sempre facile, anzi. «A parte che oggi il genitore tende a farsi avvocato difensore del figlio - evidenzia Carnero -, oggi la figura dell'insegnante è vittima di un certo discredito sociale. Se l'insegnante recupererà autorevolezza allora tornerà l'alleanza con i genitori».
«Uno dei problemi è la reciproca mancanza di comunicazione - lo segue a ruota il maestro scrittore -. La scuola, ad esempio, fa fatica a comunicare gli obiettivi dei piani di offerta formativa. Diversamente, i genitori vanno costantemente informati (come faceva il maestro Lodi) ». Non solo: «I ragazzi rappresentano un ponte tra scuola e famiglia - è convinto padre Gorla -. Se il ponte non sarà costruito sulle loro teste, se ci sarà un confronto non solo sui voti ma sulle relazioni, allora riuscirà ad unire le due parti». Consigli utili ma per pochi intimi, ieri ai piedi del Gotico. Decisamente più frequentati i calzini mostriciattoli di Manuela Monari (autrice de "Il mostro nella lavatrice") che, poco prima, ha incantato i più piccoli con il suo spettacolo-laboratorio.
Federico Frighi


03/09/2011 Libertà