domenica 30 gennaio 2011

Famiglia, la Chiesa non abbandoni chi ha fallito

Salvo clamorosi dietrofront, come riportato su Libertà, don Giuseppe Illica sarà allora il nuovo vicario generale della diocesi di Piacenza-Bobbio. Per permettere ai lettori di conoscerlo di più inseriamo alcuni suoi scritti apparsi sul giornale dell'unità pastorale facente capo a Castelsangiovanni, Vita Nostra. In questo sotto parla della famiglia e dà un'interpretazione secondo noi allargata del concetto di famiglia che necessariamente deve fare i conti con i tempi che cambiano.

La massiccia partecipazione al “Family day” ha certamente detto qualcosa all’Italia pigra e assonnata, che corre il rischio di lasciarsi vivere e di farsi dettare le regole e i valori dalla consuetudine e dall’adeguamento alle voci che si pretendono maggioranza.
Ma sarebbe troppo facile cantare vittoria e pensare che la famiglia abbia “vinto”. Non possiamo negare il grande cambiamento culturale, che non solo è in atto ma che è soprattutto continuo, in relazione ai modelli di famiglia e ancor più su tutti i fronti del vivere umano. Quando parliamo di famiglia, non possiamo certamente più pensare a quella nella quale sono nato ancora io (che ho poco più di cinquant’anni e non sono quindi antidiluviano), che viveva in campagna, che andava al ritmo del sole e delle campane, che viveva sempre insieme e lavorava lo stesso campo e la stessa stalla di buoi tutto il santo anno, che recitava il rosario tutte le sere e non perdeva una messa la domenica. La civiltà industriale, gli appartamenti, le donne che lavorano fuori casa ed hanno un reddito autonomo, lo scarso numero di figli, internet, la scuola fino all’università (della mia classe di scuola, diciassette o diciotto, solo in due abbiamo fatto le scuole superiori), le separazioni e i divorzi, la facilità a viaggiare, le vacanze di massa…hanno provocato una vera rivoluzione culturale. Nessuno di noi vive più come cinquant’anni fa. Nessuna famiglia è più la stessa di allora: nemmeno quelle che si professano cristiane.
Se i cristiani amano e difendono la famiglia, non si riferiscono ad un modello del passato, non fanno un’operazione di retroguardia, non fanno i nostalgici. Il passato non torna e comunque potrà solo ispirare dei valori ma non servirà da modello sociale. I cristiani non hanno la soluzione del modello di famiglia per oggi. Hanno invece il vangelo, che dà loro il coraggio e la creatività di vivere il comandamento dell’amore dentro la famiglia cambiata e in continuo cambiamento. I giovani che si sposano in chiesa sanno molto bene che stanno scommettendo il loro futuro e che il
sacramento non è un’assicurazione contro i temporali.
Cosa vuol dire oggi pregare in famiglia, consapevoli che il rosario non è più certamente il modello praticabile? Cosa vuol dire amare i piccoli, gli anziani, i poveri, nell’epoca delle baby-sitter, delle badanti e dei ricoveri? Cosa vuol dire partecipare alla vita della comunità, per un famiglia dove ci si ritrova solo alle otto di sera? …Sono solo alcune domande possibili per una famiglia che vuol continuare ad essere cristiana. E sono alcune delle sfide che il vangelo ci dà il coraggio di affrontare con fiducia e con creatività. Lo Spirito non ha ancora smesso di soffiare.
Ma anche una domanda nuova, importante e intrigante, tanti cristiani si fanno e fanno alla Chiesa: “Come si fa a continuare ad essere cristiani quando si è fallito nella stabilità della vita di coppia?”…. Anche qui dovremo ascoltare molto la voce dello Spirito, che certamente non vuole che la Chiesa abbandoni chi ha fallito. All’inizio della sua storia la Chiesa ha scoperto, davanti alla crisi di coloro che avevano abbandonato la fede per paura delle persecuzioni, la genialità della riconciliazione che permetteva loro di rientrare a pieno titolo nella comunità. Quale genialità non saprà darci oggi lo stesso Spirito?…
Don Giuseppe

Vita Nostra, 22 giugno 2007