lunedì 26 novembre 2012

Bregantini a Cives: le nozze di Cana strada per il cambiamento

Le nozze di Cana, con la tramutazione dell'acqua in vino, indicano la strada per il cambiamento. Ne è convinto Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso, che traccia la via maestra della 12ª edizione di Cives, il corso di formazione di Università Cattolica e diocesi di Piacenza-Bobbio. Un corso con l'obiettivo di formare cittadini responsabili all'interno della società, iniziato giovedì sera con la prolusione pubblica del religioso trentino, inviato in prima linea nella Locride, poi promosso nella sede metropolitana di Campobasso.


"Non hanno più vino". E' la madre di Gesù, Maria che dà l'annuncio al figlio nel Vangelo di Giovanni. «Ad accorgersi che manca qualche cosa è una donna - osserva il vescovo -. Le donne hanno questo gradissimo dono: di accorgersi per prime delle situazioni di precarietà». «C'è bisogno di aria nuova» dice Bregantini citando papa Giovanni XXIII° quando, 50 anni fa, ebbe la forza di intuire che per la Chiesa c'era bisogno di "vino nuovo". «C'è bisogno di aria nuova - ribadisce -, lo dicono anche i giovani che in questi giorni hanno manifestato in tutta Europa dove, sullo sfondo, ci sono proprio le giare vuote delle nozze di Cana, la delusione di chi teme per il proprio futuro». «Ci sono le giare vuote dei senza lavoro, quello che noi chiamiamo oggi precariato» e che il cardinale Angelo Bagnasco (presidente della Conferenza episcopale italiana) ha definito con «cinque parole: fragilità sociale, malattia dell'anima, fatalismo subito, futuro spezzato, sperpero antropologico».

All'allarme lanciato Gesù risponde: "L'ora mia non è ancora venuta". «Non è ancora pronto - evidenzia Bregantini -. Quante volte ci accorgiamo che non siamo pronti a cambiare! Il rischio oggi è di un cambiamento apparente ma non vero... La Bibbia ci ricorda sempre che il cambiamento non deve cancellare il passato. Quando sono andato a Campobasso mi sono chiesto: è giusto cambiare? Mi ha aiutato il mondo rurale, mio fratello mi ha insegnato come si fa a potare. Bisogna avere occhio. La bravura del contadino non è di vedere ma di intravvedere e il cambiamento è possibile se si guarda lontano. Occorrono gli occhi della lungimiranza, della fede». Ancora: «Il passato non va tagliato ma potato. Bisogna essere capaci di capire quali rami devono restare. La nostalgia, che ha radici profonde ma frutti acerbi, viene sostituita dalla benedizione che ha le radici profonde e lo sguardo verso il futuro. La memoria mi ricorda il passato ma il memoriale è lo stile con cui il mio passato diventa presente verso il futuro».

Terzo passaggio. La madre di Gesù dice ai servitori: "Fate tutto quello che egli vi dirà". «Ho imparato da padre Pino Puglisi la forza della Parola. La parola di Dio ci dà il coraggio del cambiamento. Prendiamo la lettera a Filemone di San Paolo. Filemone era un uomo ricco e colto. Un suo schiavo scappa e a Roma incontra Paolo. Invece di dargli la libertà, glielo rispedisce perchè venga accolto non come schiavo ma come un fratello carissimo. Paolo rispetta la legge romana ma la cambia dal di dentro, quel cuore non è più un cuore di schiavo ma un cuore di fratello. Il cristiano osserva la legge ma va oltre. Il cambiamento è nel cuore».

Quarto passaggio: "Riempite di acqua le giare". «Non è oro ma acqua. Il cambiamento è fatto di piccole cose. La vita è fatta di sogni e di segni. Uno di questi segni è la domenica. Con i vescovi abbiamo fatto una battaglia per cambiare la liberalizzazione degli esercizi commerciali aperti la domenica. Se c è bisogno si apre, se no no. Con che cuore le commesse mamme vanno a lavorare la domenica, unico giorno in cui il figlio è a casa da scuola. La domenica è la sintesi di un segno per un sogno grande: la lotta alla precarietà».

Ultimo passaggio: il vino nuovo. «La politica va cambiata ma con un cuore nuovo. Abbiamo bisogno di creare un clima di serenità e di mitezza. Il cambiamento esige un cuore nuovo». Cita "la Gabbianella e il gatto": «Vola solo chi osa farlo. Cambia chi ha il coraggio di cambiare. Il 25 novembre firmiamo sul sagrato delle chiese. È un segno, per fare esplodere la potenzialità di cambiamento, per arrivare al sogno di un lavoro che non è merce. La riforma del lavoro oggi non è in linea con molti principi della dottrina sociale della Chiesa. Il problema è l'innesto, non i licenziamenti. I ragazzi fanno male a tirare i sassi, ma la protesta è perchè le giare sono vuote».

Federico Frighi





17/11/2012 Libertà