venerdì 13 giugno 2008

Cellulari e internet, per i preti dovere morale essere reperibili

Piacenza - Troppo antiquati o troppo riservati? Una cosa è certa: gli uffici di Curia fanno fatica a rintracciare certi sacerdoti. Così ieri il vicario monsignor Lino Ferrari, ha pregato i preti di rendersi più reperibili. «È un dovere morale - ha detto - per un sacerdote essere reperibile, facendo ricorso ai vari strumenti che mette oggi a disposizione la tecnologia». Insomma, se il telefono non funziona, c’è il cellulare o la mail per rispondere alla segreteria del vescovo. La diocesi ha dato poi disponibilità alla Prefettura ad accogliere rifugiati politici per 30/90 giorni; i parroci - tuttavia - per accogliere in parrocchia in modo permanente persone estranee, devono richiedere l’autorizzazione del vescovo. Al termine della messa nella cappella del seminario (concelebrata dal vescovo Luigi Ferrando) il vicario generale ha consegnato ad Ambrosio il dono della comunità: un pastorale, simbolo del suo ruolo Pastore.

da Libertà, 13 giugno 2008

Ambrosio ai preti: giochiamo tutti la stessa partita

Piacenza - «Preti e comunità piacentina devono essere una cosa sola affinché la chiesa di Piacenza-Bobbio continui ad essere ciò che è sempre stata: una chiesa di popolo». È questo, in estrema sintesi, il messaggio che il vescovo Gianni Ambrosio ha voluto consegnare al clero riunito nel seminario di via Scalabrini per la festa del Sacro Cuore. Era, quello di ieri, il primo incontro del vescovo con il clero a quattro mesi circa dalla sua presa di possesso. Di fronte a circa 150 sacerdoti, Ambrosio fa riferimento alla Cei, al Concilio Vaticano II e al sinodo che lo accompagnano nei 50 minuti di relazione. Due note di metodo: «Bisogna cercare di capire come funzionano le cose prima di dichiarare come le cose dovrebbero funzionare». Poi: «Cerchiamo di non separare mai “ciò che Dio ha unito”, e cioè, nel caso nostro, noi preti dal nostro popolo. Il prete è un uomo sinfonico, con uno sguardo veramente cattolico e con una azione che crea coralità». Ambrosio riflette sulle sue visite, le sue processioni, le sue messe, i suoi incontri: «Ho visto delle belle comunità eucaristiche e parrocchiali. La nostra Chiesa piacentina-bobbiese è una “Chiesa di popolo”». Insiste «sull’esemplarità di comportamenti e di forme di vita cristiana, senza mai trasformare questa esemplarità in esclusività e in selettività»; sulla parrocchia «per la sua capacità di accoglienza e allo stesso tempo per la sua capacità di rappresentare la grammatica di base dell’esperienza cristiana ed ecclesiale». Alcune note critiche: «Ho visto numerosi castelli, molto belli ma anche ben recintati. Mi pare che sia necessario un impegno serio nella direzione della comunione. Noi preti non possiamo correre fino allo sfinimento e in ordine sparso senza mai - o quasi mai - incontrarci e cercare di pensare insieme e di lavorare insieme. Cosa offriamo al popolo di Dio di cui siamo responsabili davanti a Dio e alla nostra coscienza se ciascuno di noi gioca la sua partita?» Due slogan: «Meno solitudine del prete nella sua parrocchia, ma più collaborazione e più corresponsabilità; meno solitudine del prete ma più amicizia e più comunione tra preti». Due raccomandazioni al clero diocesano dopo altrettanti fatti che hanno reso triste monsignor Ambrosio. «Ci sono lupi piuttosto rapaci in giro. E’ facile cadere nella trappola se si è soli, se non ci si confida» dice riferendosi ad un fatto di cronaca nera che qualche settimana fa ha avuto come protagonista un anziano sacerdote. Poi il seminario: «Due seminaristi hanno interrotto il loro cammino. Credo che per rilanciare la pastorale delle vocazioni come pure la pastorale giovanile, occorre che il nostro presbiterio manifesti la gioia dello stare insieme». Per questo - secondo Ambrosio - è necessario riscoprire la pastorale d’ambiente, più vicina alla società e alla cultura.
Federico Frighi

Da Libertà, 13 giugno 2008