domenica 6 aprile 2008

Ambrosio: "E' il Signore che mostra la strada della vita"

Pubblichiamo l'omelia pronunciata dal vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, domenica 6 aprile 2008, in occasione della giornata universitaria della sede piacentina dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

1. «Mostraci, Signore, il sentiero della vita» [Sal 16(15), 11]. L’invocazione del Salmo responsoriale esprime molto bene il motivo del nostro trovarci qui radunati: come Chiesa, innanzi tutto, che nel giorno del Signore celebra la morte e la risurrezione del Signore Gesù; come Università Cattolica che celebra oggi la ‘sua’ giornata, la giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Siamo alla ricerca di questo sentiero della vita, perché la vita – la pienezza della vita – è fortemente desiderata. Ma il dono del Signore va ben oltre il nostro desiderio. Chiediamo al Signore che ci mostri il sentiero della vita e, insieme, gli chiediamo che ci doni la luce che illumina il cammino e la forza e la speranza di andare avanti.
L'annuncio della risurrezione di Gesù è l'annuncio di questa luce che illumina il cammino e di questa forza che ci fa camminare verso la vita nella sua pienezza. Credere in questo annuncio significa accogliere la novità di Dio nella nostra storia, la sua grazia e il suo amore.
2. Il racconto dei due discepoli in cammino verso Emmaus ci invita a renderci conto che la risurrezione di Gesù è anche la nostra risurrezione: questo mistero di speranza e di vita nuova è già presente ed operante nella vita quotidiana, nonostante le oscurità e gli insuccessi.
Per l’evangelista Luca il cammino dei discepoli di Emmaus è il cammino di ogni discepolo di Gesù: questi discepoli sconosciuti rappresentano ciascuno di noi.
«Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute» (Lc 24, 21): è sconsolato il discorso dei discepoli che camminano sulla strada che da Gerusalemme conduce a Emmaus: ritenevano che la morte di Gesù fosse la fine di tutto, fosse la prova del fallimento. Avevano riposto la propria speranza in Gesù, ma adesso non sperano più: sono delusi, tristi, rassegnati.
Anche i discorsi che avvengono sulle nostre strade sono spesso discorsi sconsolati. Anche a noi, in più di un'occasione, capita di ascoltare – e a volte anche di tenere ‑ discorsi tristi, avviliti. «Noi speravamo»: è il ritornello, esplicito o meno, di molti discorsi ove prevale la delusione, lo sconforto.
3. «Gesù disse loro: “Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”» (Lc 24, 25-26). Gesù rimprovera duramente i due discepoli. Non per la loro tristezza, ma per la stoltezza e la durezza del loro cuore. Con la mente piccola e il cuore duro non si arriva a capire il senso vero degli avvenimenti accaduti a Gerusalemme. Quei discepoli non arrivano a riconoscere il Signore Gesù poiché pretendevano di porre delle condizioni a Dio, lamentandosi poi che la loro speranza era venuto meno.
C’è tuttavia, in questi discepoli, una disponibilità ad ascoltare. Ecco allora il loro invito: «Ma essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera”» (Lc 24, 29). Gesù non si rivela subito come il Risorto, ma introduce, con fine pedagogia, quei discepoli nel progetto di Dio, illuminando il loro cuore e la loro mente attraverso l'ascolto credente delle Scritture. Gesù li sollecita a comprendere che proprio la sua morte è la verità della sua vita, il compimento della sua esistenza, donata per amore. Quella morte non è il segno del fallimento, è la promessa di Dio che giunge al suo compimento: il nuovo patto, la nuova vita in Gesù morto e risorto.
Quando il giorno volge verso la sera e la luce sta per svanire, ecco il nuovo giorno e la nuova luce: il cuore e gli occhi dei discepoli si aprono e «riconoscono» il Signore, crocifisso e risorto. Quando Gesù spezza il pane per loro, finalmente i discepoli comprendono il senso della sua vita e della sua morte. E allora, anche se è buio, i discepoli tornano a Gerusalemme per annunciare che il Signore è risorto.
«Mostraci, Signore, il sentiero della vita»: nell’ascolto credente delle Scritture e nello spezzare il pane riconosciamo la presenza del Risorto nella nostra vita e partecipiamo della forza rinnovatrice della risurrezione.
4. Il tema della 84a Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore richiama quest’anno due aspetti che si intrecciano molto bene: il ricordo della figura e dell’opera di Armida Barelli, co-fondatrice dell’Università Cattolica e l’impegno per una cultura popolare da parte della stessa Università.
Armida Barelli è stata una testimone autentica e appassionata del legame tra Vangelo, popolo di Dio e cultura. La sua missione rivolta ai giovani e soprattutto alle giovani del tempo, si è espressa in forme diverse e creative, frutto di una spiritualità vera. La centralità della fede in Cristo e la viva sensibilità sociale fanno della Barelli una figura esemplare e degna di salire all’onore degli altari: speriamo possa avvenire presto.
Si deve ad Armida Barelli l'intuizione di far sostenere ‑ prima ancora della sua nascita ‑ l’Università da un rete di sostenitori diffusa sul territorio, costituendo nel 1921 l’Associazione degli Amici. Altra intuizione della Barelli è stata la Giornata per l’Università Cattolica, felice occasione annuale di comunicazione e di sostegno dell’Ateneo.
L’attenzione sulla figura e sull’attività di Armida Barelli non è solo doverosa ma offre l'occasione per riflettere – in un contesto storico assai mutato – sul senso di una cultura cristianamente ispirata e al servizio della vita. L’Ateneo dei cattolici italiani nasce dalla Chiesa, popolo di Dio in cammino: se venisse dimenticata questa sua radice verrebbe meno anche l’Ateneo, perderebbe la sua ragion d’essere. Ecco allora la nostra preghiera che rivolgiamo con fiducia al Signore perché sorregga il nostro impegno per una cultura al servizio del bene comune, al servizio della vita di quel popolo che, come i discepoli di Emmaus, riconosce la presenza viva del Risorto nella storia.

† Mons. Gianni Ambrosio,
Vescovo Piacenza-Bobbio