giovedì 18 dicembre 2008

(video) Il vescovo Negri su monsignor Manfredini 3

Il vescovo Ambrosio scrive alle famiglie e ai ragazzi

Piacenza - Un lettera alle famiglie per invitarle ad avere fiducia nella missione educativa; una ai ragazzi per risvegliare in loro il desiderio di confronto con i genitori ed invitarli a mettere al centro Gesù Cristo, lasciandosi accompagnare nella vita di ogni giorno. Così il vescovo Gianni Ambrosio ha pensato di augurare un buon Natale a tutti i piacentini, considerandoli nel loro ruolo di genitori, di figli, senza escludere chi è solo, chi vive il dolore del lutto o di una separazione. I due documenti escono oggi in via ufficiale.
Tremila copie di un breve scritto di otto pagine stampato in un libercolo di formato tascabile. Per i ragazzi, invece, un inserto più breve. È la prima volta che Ambrosio scrive e rende pubblico un documento destinato a tutta la diocesi di Piacenza-Bobbio. La doppia missiva assume anche un’importanza particolare, avendo deciso il vescovo di non scrivere, per questo suo primo anno, la lettera pastorale alla diocesi. Sotto Natale, appare come un pensiero personale del presule alle famiglie piacentine. Con garbo e toni pacati. Entra nelle case ed invita ad avere fiducia. È il requisito fondamentale affinché le famiglie possano continuare a svolgere la loro missione educativa: «Fiducia verso il Signore, verso se stessi, verso gli altri». Poi i figli, i ragazzi, «preziosi agli occhi di Dio, sempre».In entrambi i documenti il Tondo del Botticelli, il quadro della Madonna con il Bambino custodito nei Musei Farnesiani e dal quale il vescovo ha tratto l’ispirazione. «Questo dipinto, nella sua semplicità, esprime tanti valori capaci di parlare anche senza le parole. Riesce a comunicare il messaggio di vita e di speranza insito nel santo Natale». Poi l’aspetto culturale: «È un’immagine bella che troviamo nella nostra città e mi sembra giusto valorizzarla». Monsignor Ambrosio prende la parola dopo che don Giuseppe Lusignani termina di illustrare il significato del Tondo del Botticelli, scelto quest’anno della diocesi di Piacenza-Bobbio come simbolo dell’Avvento. Il vescovo, di fronte ad una riproduzione del dipinto a grandezza naturale, invita «a tacitare i rumori esterni e quelli interni, per fermarsi a contemplare; se possibile con gli occhi della fede, ma anche con gli occhi della vita di tutti i giorni scopriamo cose davvero belle che ci interpellano. Quel bambino che nasce ci interpella perchè è il Salvatore di ciascuno di noi». «Ma come - si chiede Ambrosio - abbiamo bisogno di un salvatore dopo aver scoperto, che so io, il codice del genoma? Io credo di sì. Nel profondo del nostro cuore sentiamo sempre un’invocazione di aiuto di fronte ai tanti misteri della vita. Ecco, arriva colui che è la vita, la luce che ci è donata dal bimbo di Betlemme. Abbiamo bisogno di lasciarci illuminare, di contemplare il presepe e di sentire davvero la parola di speranza che ci dice che non siamo soli».
Federico Frighi

Il testo integrale su Libertà di oggi 18 dicembre 2008

(video) Il vescovo Negri su Manfredini (2)

(video) Il vescovo Negri su monsignor Manfredini 1

Monsignor Negri: Manfredini gigante della Chiesa

Piacenza - «Siamo nani sulle spalle dei giganti. Manfredini è stato uno di questi giganti, un vero padre della Chiesa». Così monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino e compagno di seminario di monsignor Manfredini, tratteggia la figura del compianto presule di Piacenza prima (dal 1969 al 1983), arcivescovo di Bologna poi, nel venticinquesimo anniversario della morte (il 16 dicembre del 1983). La ricorrenza è stata celebrata ieri pomeriggio nella sala delle Colonne di palazzo vescovile e successivamente con una messa officiata dal vescovo Gianni Ambrosio in Duomo.
«Per Manfredini Cristo era veramente il centro di tutto, e su questa base nacque la sua amizia con don Giussani» inizia a raccontare. «Quando parlava di Gesù Cristo si commuoveva. Nella sua camera di preghiera, dopo una certa ora non poteva entrare nessuno. Aveva stabilito un’intimità con Cristo». Com’è nel suo carattere, Negri non le manda a dire: «Oggi il punto più segreto dei nostri preti è dove c’è internet e la tv al plasma - prova a fare un confronto -. Manfredini nella sua casa aveva invece creato una struttura fisica che gli consentiva l’approfondimento del rapporto con il Signore come se fosse in clausura, come se fosse un contemplativo». Gli anni del seminario, quelli della parrocchia di Varese, la grande sintonia con Giovanni Battista Montini (poi papa Paolo VI), il periodo piacentino, quello bolognese. Monsignor Negri, in quaranta minuti fa rivivere la figura di Manfredini: «L’affezione totale per Cristo dunque, poi la straordinaria capacità di amicizia con tutti e l’incredibile capacità di lavoro. Si preparava, non c’era nessuna approssimazione nelle cose che faceva; si veda ad esempio la costruzione dell’intervento in Uganda». Ancora: «La passione per l’insegnamento della religione, la volontà di qualificare al massimo gli insegnanti per essere una presenza della Chiesa nella società, la volontà di influire sulla vita della società, la dimensione educativa fondamentale per far crescere il senso critico». Un riformatore ma nella tradizione: «In forza della grandezza e della vitalità della tradizione, assunse coraggiosamente prospettive e vie nuove». La missione: «Capì subito che tutto si giocava nella missione come dimensione della Chiesa, mettendo al centro un progetto preciso su cui misurare la capacità di rispondere da parte del suo popolo. L’obiettivo era quello di arrivare nella vita sociale senza volontà egemoniche ma attraverso il dialogo tra identità consapevoli». L’altro grande tema fu quello dell’educazione dei giovani, la non delega alle strutture scolastiche laiche: «Manfredini fu tra i primi vescovi italiani che negli anni Settanta ricominciò a parlare di scuola libera, di una scuola che esprimesse una continuità sostanziale della tradizione culturale della famiglia». Negri ricorda l’invito agli studenti di Bologna a salire al santuario di San Luca per riflettere sul senso della vita. Aderirono più di cinquemila ragazzi. L’iniziativa gli costò una denuncia per interruzione di pubblico servizio da parte di un preside cattolico. «La libertà della scuola per Manfredini è il più grosso aiuto che si possa dare alla democrazia - osserva -. Non può esistere una società democratica se i cattolici non sono presenti con la loro identità spirituale e culturale che è evidentemente più profonda di tutte le altre tradizioni».
fri

Il testo integrale si trova su Libertà di ieri 17 dicembre 2008