giovedì 18 dicembre 2008

Monsignor Negri: Manfredini gigante della Chiesa

Piacenza - «Siamo nani sulle spalle dei giganti. Manfredini è stato uno di questi giganti, un vero padre della Chiesa». Così monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino e compagno di seminario di monsignor Manfredini, tratteggia la figura del compianto presule di Piacenza prima (dal 1969 al 1983), arcivescovo di Bologna poi, nel venticinquesimo anniversario della morte (il 16 dicembre del 1983). La ricorrenza è stata celebrata ieri pomeriggio nella sala delle Colonne di palazzo vescovile e successivamente con una messa officiata dal vescovo Gianni Ambrosio in Duomo.
«Per Manfredini Cristo era veramente il centro di tutto, e su questa base nacque la sua amizia con don Giussani» inizia a raccontare. «Quando parlava di Gesù Cristo si commuoveva. Nella sua camera di preghiera, dopo una certa ora non poteva entrare nessuno. Aveva stabilito un’intimità con Cristo». Com’è nel suo carattere, Negri non le manda a dire: «Oggi il punto più segreto dei nostri preti è dove c’è internet e la tv al plasma - prova a fare un confronto -. Manfredini nella sua casa aveva invece creato una struttura fisica che gli consentiva l’approfondimento del rapporto con il Signore come se fosse in clausura, come se fosse un contemplativo». Gli anni del seminario, quelli della parrocchia di Varese, la grande sintonia con Giovanni Battista Montini (poi papa Paolo VI), il periodo piacentino, quello bolognese. Monsignor Negri, in quaranta minuti fa rivivere la figura di Manfredini: «L’affezione totale per Cristo dunque, poi la straordinaria capacità di amicizia con tutti e l’incredibile capacità di lavoro. Si preparava, non c’era nessuna approssimazione nelle cose che faceva; si veda ad esempio la costruzione dell’intervento in Uganda». Ancora: «La passione per l’insegnamento della religione, la volontà di qualificare al massimo gli insegnanti per essere una presenza della Chiesa nella società, la volontà di influire sulla vita della società, la dimensione educativa fondamentale per far crescere il senso critico». Un riformatore ma nella tradizione: «In forza della grandezza e della vitalità della tradizione, assunse coraggiosamente prospettive e vie nuove». La missione: «Capì subito che tutto si giocava nella missione come dimensione della Chiesa, mettendo al centro un progetto preciso su cui misurare la capacità di rispondere da parte del suo popolo. L’obiettivo era quello di arrivare nella vita sociale senza volontà egemoniche ma attraverso il dialogo tra identità consapevoli». L’altro grande tema fu quello dell’educazione dei giovani, la non delega alle strutture scolastiche laiche: «Manfredini fu tra i primi vescovi italiani che negli anni Settanta ricominciò a parlare di scuola libera, di una scuola che esprimesse una continuità sostanziale della tradizione culturale della famiglia». Negri ricorda l’invito agli studenti di Bologna a salire al santuario di San Luca per riflettere sul senso della vita. Aderirono più di cinquemila ragazzi. L’iniziativa gli costò una denuncia per interruzione di pubblico servizio da parte di un preside cattolico. «La libertà della scuola per Manfredini è il più grosso aiuto che si possa dare alla democrazia - osserva -. Non può esistere una società democratica se i cattolici non sono presenti con la loro identità spirituale e culturale che è evidentemente più profonda di tutte le altre tradizioni».
fri

Il testo integrale si trova su Libertà di ieri 17 dicembre 2008

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