mercoledì 19 dicembre 2012

Rifugiati e migranti forzati pari sono

Rivedere il sistema dell'asilo politico alla luce dei cambiamenti globali della società di oggi, dove accanto alla figura del rifugiato c'è quella del migrante forzato.


Se ne è parlato ieri nel convegno internazionale "Rethinking asylum in the XXI century, theory and practice" tenutosi nella storica ma polare (per la temperatura) cornice del salone d'onore di Palazzo Gotico e organizzato da L'Ippogrifo e il progetto Sprar del Comune di Piacenza. I saluti del sindaco Paolo Dosi e dell'assessore Giovanna Palladini, l'introduzione di Giulia D'Apollonio, poi la relazione di Davide Tacchini, coordinatore scientifico del convegno.

«Il mondo è cambiato e a New York ogni mattina vanno a scuola bambini di 190 paesi - rileva l'islamologo di origini piacentine -. Tutto il mondo è in quella città. Noi vorremmo spronare la popolazione a pensare, a considerare come la migrazione abbia radici profonde nel nostro dna ed è il volto umano della globalizzazione». Ancora: «È qualche cosa che abbiamo nella nostra parte più intima: pensiamo all'esodo, pensiamo ai viaggi di San Paolo, a Gesù Cristo, all'Egira da La Mecca a Medina. Il processo della migrazione è dentro ognuno di noi. Oggi il mondo ha solo accelerato».

Chi è più meritevole?

E' Matthew Gibney, lettore di politica e migrazione forzata all'università di Oxford, a chiedere che venga rivista la definizione di asilo del 1951 ed estesa ad una più ampia categoria di persone: «Non solo il rifugiato ma anche al migrante forzato, visto che negli ultimi decenni abbiamo assistito allo spostamento di massa delle persona da dove i diritti umani sono violati».

«La convenzione Onu sui rifugiati - evidenzia - pone una questione morale. I rifugiati sono più meritevoli degli altri? La persona perseguitata è più in pericolo e quindi merita più protezione?

C è chi dice che doremo dare priorità ai rifugiati rispetto ai migranti forzati. Ma questo non mi convince. È vero che i rifugiati non riescono a trovare protezione in loco, ma la stessa cosa avviene con i migranti forzati». Gibney fa un esempio accademico: «In Siria nel mio rifugio antibomba posso ospitare solo una persona. Chi faccio entrare? Il giornalista minacciato di morte per aver scritto la verità o la bambina che scappa dalle granate? Se non faccio entrare la bimba non le potrò dire che in futuro troverà protezione. Lei teme per questa notte. Il rifugiato e il migante forzato temono entrambi per la propria vita». «L'Onu privilegia il rifugiato rispetto alla bimba - osserva - perchè ritiene che i bisogni siano diversi. Dovremmo ricreare il collegamento tra asilo e condanna del Paese che spinge il rifugiato a scappare e focalizzare il fatto che colui che scappa da minacce ai diritti umani è sì diverso dal migrante forzato, ma in modo impercettibile».

Le nazioni unite frenano

Di altro avviso l'altro ospite internazionale - successivamente è intervenuta anche Anna Rowlands del King's College di Londra - della tavola rotonda: il tedesco Jurgen Humburg, dal 1993 senior protection assistant dell'ufficio regionale italiano delle Nazioni Unite. «Il termine rifugiato nasce nel 1950-1951 - osserva lo studioso - pensato con il ricordo fresco e forte della Seconda Guerra Mondiale. La comunità internazionale voleva dare mezzi contro le violazioni dei diritti umani. L'alto commissariato Onu doveva durare solo tre anni per far fronte all'enorme migrazione del Dopoguerra». «Il rifugiato, come categoria, è stato espanso. Nel 1979 ad esempio sono incluse le vittime di guerre civili, poi l'estensione anche agli apolidi, alle persone sfollate all'interno di uno stesso paese. Questi sviluppi ci portano ad oggi». «Penso che la convenzione del 1951 sia buona - conclude Humburg -. Il sistema presente puó essere rivisto ma funziona bene. Non dobbiamo mettere a confronto i diversi gruppi di rifugiati. Penso che sia imprtante mantenere l'aspetto non politico dell'asilo: è un principio fondamentale che ci dà la possibilità di essere presenti in molti paesi. Inoltre penso sia importante ricordare, oltre alla convenzione di Ginevra, la garanzia dell'asilo come una prerogativa degli stati sovrani».

Federico Frighi


16/12/2012 Libertà