lunedì 18 febbraio 2008

Ambrosio, il primo giorno da vescovo


Piacenza- La telefonata arriva assai prima delle 8. È il cardinale di Torino, Severino Poletto, che, di buon’ora, vuole sapere com’è andata, rinnova i suoi auguri per l’ordinazione e assicura le sue preghiere. Inizia di buon mattino la prima giornata da vescovo per monsignor Gianni Ambrosio. «Ero già sveglio, come ogni prete sono abituato a celebrare presto la messa e dunque sono mattiniero» sorride don Gianni. Una mattinata trascorsa con la famiglia, ma soprattutto passata a mettere ordine alla posta. Ci vogliono tre ore per leggere tutto, telegrammi, lettere e piccoli ricordi. «Una cosa molto simpatica mi è stata regalata dai miei vecchi scout di Santhià - rivela -, oggi ormai tutti adulti: un fazzoletto storico, del Santhià 1°, risalente agli anni Cinquanta». Poi la visita, verso le 11 e 30, di monsignor Lino Ferrari, che stamattina sarà confermato vicario generale, e quella di don Giuseppe Basini, che verrà confermato nel ruolo di segretario personale del vescovo. Nel pomeriggio la famiglia e la preparazione della sua prima omelia in Duomo per la messa vespertina. Una giornata, tutto sommato, finalmente calma. Alla giornata dell’ordinazione e della presa di possesso, ieri l’altro, monsignor Ambrosio ci era arrivato dopo una lunga marcia di quasi due mesi (dal giorno della nomina) a volte anche faticosa per gli impegni di ogni giorno, ai quali neppure un vescovo eletto si può sottrarre. Gli scatoloni da spostare, l’anziana madre da ambientare e tutto il resto. «C’era la stanchezza - ammette Ambrosio - ma anche tanta gioia nel cuore, il popolo piacentino ha risposto con gioia all’arrivo del nuovo pastore». «Il mio sentimento spontaneo è di gratitudine al Signore - continua - per aver trovato un popolo, e sottolineo popolo, accogliente, desideroso di incontrare il vescovo; mi ha rallegrato il cuore. Questo non l’ho provato solo io: anche parecchi amici, provenienti da altre parti d’Italia hanno manifestato un certo stupore nel vedere così tanta attesa, così tanta gente partecipare a questa celebrazione in modo gioioso e festoso. È per me davvero un motivo di conforto nello svolgimento del mio ministero».
Più volte, monsignor Ambrosio, durante la cerimonia di sabato, ha puntato lo sguardo verso la facciata prima, la grande navata centrale del Duomo poi: «Sono rimasto colpito dalla bellezza della nostra cattedrale che invita a guardare verso l’alto, alla preghiera, che invita a riconoscere che non siamo soli nel nostro cammino, che c’è un qualcuno che ci accompagna. È una cattadrale calda, che sospinge alla preghiera».
«Ho notato che c’erano molti preti - continua - e mi ha fatto molto piacere. I vescovi, sì, erano tanti e questo per me sta a significare il gioco di squadra della collegialità espiscopale, il sentirsi in comunione con gli altri confratelli e con il Santo Padre».
L’emozione: «L’imposizione del Vangelo sul capo, è li che mi sono emozionato: tu sei sotto il Vangelo, sotto la parola buona di Gesù, tu non devi fare altro che annunciarla».
Lo stupore: «L’attesa grande e la gioia del popolo piacentino di incontrarsi con il suo vescovo, come se fossi già uno di casa, di famiglia che viene a svolgere la sua funzione di padre e di guida. Mi hanno fatto sentire così». C’erano anche i rappresentanti delle religioni protestanti e ortodosse: «Uno di loro mi ha scritto una lettera in cui parla di grazia del Signore da vivere nell’amicizia; volutamente sono andato a stringere la mano a questi fratelli cristiani appartenenti ad altre confessioni ma sempre credenti in Cristo». La presenza del cardinale Tarcisio Bertone come celebrante e ordinante principale ha portato in duomo una ventata di aria vaticana. «Ho avuto la gioia di parlare con lui per diverso tempo - osserva il vescovo -. Il Papa, che aveva concluso gli esercizi spirituali proprio nella mattinata di sabato, sapeva che Bertone sarebbe venuto a Piacenza e per questo portava i suoi saluti e la sua benedizione». A proposito di Bertone, potrebbe essere un’occasione per invitare papa Ratzinger a Piacenza? Ambrosio non lo ha chiesto, sabato mattina, tuttavia non lo esclude: «Tendenzialmente Benedetto XVI non si muove molto da Roma se non per impegni particolari. Bisognerebbe trovare un’occasione davvero bella che in qualche modo favorisca la sua venuta».
Anche questa mattina il vescovo Ambrosio si alzerà molto presto. Alle 7 in punto celebrerà la messa dalle suore carmelitane, nel monastero di clausura di via Spinazzi. La sua prima uscita nella città.
Federico Frighi

Da Libertà, 18 febbraio 2008

La diocesi promette fedeltà al vescovo Ambrosio

Piacenza «Diamo la nostra disponibilità a camminare da lei guidati sulle orme di Cristo». Così Pierpaolo Triani, presidente dell’Azione cattolica diocesana e segretario del consiglio pastorale diocesano esprime, in modo simbolico, l’obbedienza dei laici impegnati della Chiesa piacentina al vescovo Gianni AmbrosioEra, quello di ieri pomeriggio, il primo atto dell’episcopato: la professione di obbedienza; manifestata anche da Grazia Maloberti responsabile della Consulta delle associazioni laicali e da sette persone rappresentanti degli altrettanti vicariati nei quali è suddivisa la diocesi.
Nel Duomo di Piacenza sono in tanti per la messa vespertina delle 18 e 30. Un migliaio di persone che desiderano, con la loro presenza, manifestare la fedeltà al nuovo capo della diocesi. Ma anche vedere da vicino ed ascoltare il nuovo vescovo, in un’occasione più tranquilla - anche se non per questo meno solenne - rispetto all’affollata celebrazione di sabato. È questo l’inizio ufficiale del ministero episcopale per monsignor Gianni Ambrosio che, per la prima volta, presiede come vescovo dopo l’ordinazione e la presa di possesso. La celebrazione inizia con le parole di gratitudine di monsignor Lino Ferrari che parla di una giornata memorabile per la diocesi di Piacenza-Bobbio: «Se ieri per lei, eccellenza, è stato il giorno del dono dello spirito, oggi è invece il primo giorno del servizio». La prima omelia è breve ma profonda. La riportiamo integralmente sotto, con il titolo scelto dallo stesso monsignor Ambrosio. Dieci minuti esatti in cui il vescovo commenta le letture della seconda domenica di quaresima: capitolo 12 della Genesi (versetti 1-4); 2Timoteo 1 (8-10); Matteo 17 (1-9). Invita a salire sul monte, per ripetere l’esperienza degli apostoli che comprendono come la missione di Gesù sia quella di dare luce «agli uomini manifestando l’amore di Dio per l’uomo. E così comprendono anche quel’è la loro missione: donare luce, vita e amore all’umanità». Fa riferimento alla celebrazione del giorno prima: la definisce «toccante e coinvolgente». Poi chiede di continuare nella preghiera: «So che lo avete fatto tanto per me prima del mio ingresso. Vi prego di continuare a farlo perché il cammino della nostra Chiesa sia via, verità e vita».Sceglie la parte finale della celebrazione per ringraziare i piacentini: «Vorrei esprimere pubblicamente il mio grazie a tutti voi, un grazie sincero e riconoscente per la gioiosa accoglienza che mi avete tributato ieri e che continua anche oggi con questa cattedrale piena».
fed.fri.

Il testo integrale su Libertà di oggi, 18 febbraio 2008

Monsignor Lino Ferrari confermato vicario generale

Monsignor Lino Ferrari nominato vicario generale

Con decreto vescovile in data 16 febbraio 2008, il M.R. Ferrari mons. Lino è stato nominato Vicario Generale della Diocesi di Piacenza-Bobbio, conferendogli tutte le potestà e facoltà sancite dalle vigenti disposizioni canoniche.Con decreto vescovile in data 16 febbraio 2008, mons. Gianni Ambrosio ha stabilito:
* di confermare i Vicari episcopali di settore e i Vicari Episcopali territoriali “donec aliter provideatur”.
* di confermare nel suo ufficio il Vicario Giudiziale, mons. Renzo Rizzi, ai sensi del can. 1420 § 5 CJC.
* di lasciare invariati fino alla scadenza del mandato in corso, per quelli “ad tempus” e “ad nutum Episcopi”, fatta salva ogni mia differente futura decisione, gli uffici, gli incarichi e le deleghe conferiti dal mio Predecessore.
* di stabilire che i Consigli Presbiterale e Pastorale Diocesano, cessati a norma del diritto, riprendano ad esercitare il loro compito fino alla scadenza naturale del mandato, secondo la rispettiva conformazione al momento della vacanza della Diocesi.Piacenza, dalla Curia Vescovile 18 febbraio 2008

il Cancelliere Vescovile
Don Mario Poggi

Comunicato stampa diocesi di Piacenza-Bobbio

L'abbraccio di Ambrosio alla sua diocesi

Piacenza - Sono da poco passate le sei di sera e dal portale della cattedrale spalancato si intravede il cielo velato dall’imbrunire. Monsignor Gianni Ambrosio è il nuovo vescovo di Piacenza-Bobbio. Con la mitria postagli sul capo dal cardinale Tarcisio Bertone, l’anello, il pastorale nella mano sinistra, percorre per due volte la navata centrale del duomo di Piacenza. A fianco, indietro di un passo, il vescovo Luciano Monari, in un simbolico passaggio di consegne. È il segno della presa di possesso, dell’entrata ufficiale in diocesi del nuovo vescovo. Giunge quasi al termine di una lunga celebrazione che vede richiamare in Duomo oltre duemila persone. Tra chi è rimasto fuori davanti al maxischermo, chi ha seguito il rito in qualche postazione di fortuna, si stima siano tremila o poco più i fedeli che hanno partecipato alle varie tappe dell’ordinazione e ingresso del nuovo vescovo di Piacenza: la visita privata alla Cattolica, l’arrivo al monumento ai Pontieri, l’accoglienza dei giovani in piazza Sant’Antonino, il saluto delle autorità in piazza Duomo, la celebrazione.
Una celebrazione carica di simboli. Ogni momento, ogni gesto, ha un suo preciso significato. A cominciare dai sacerdoti che assistono monsignor Ambrosio. Sono due e stanno al suo fianco. Il più anziano: l’assistente ecclesiastico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma, don Decio Cipolloni; il più giovane: l’ultimo sacerdote ordinato in diocesi di Piacenza nel 2006, don Stefano Segalini, vicario in San Giuseppe Operaio.
Con voce sicura, dopo che ancora una volta l’impianto audio del Duomo, nel momento clou, si mette a fare le bizze - lo scorso 22 ottobre dovette ritardare il suo intervento di saluto il vescovo Monari, ieri lo stesso destino è toccato al segretario di Stato di Sua Santità -, con voce sicura, si diceva, monsignor Ambrosio risponde alle domande del cardinale ordinante che delineano i compiti di chi è chiamato alla pienezza del sacerdozio. Nove domande alle quali monsignor Ambrosio risponde sempre «Sì, lo voglio», assumendosi così altrettanti impegni: l’adempimento fino alla morte del ministero affidato dagli Apostoli, la fedeltà al Vangelo, la custodia della fede, l’unità dei vescovi con il Papa, l’obbedienza e la fedeltà al Papa, la cura del popolo santo di Dio, l’accoglienza verso i bisognosi, la ricerca delle “pecore smarrite”, l’esercizio irreprensibile del sommo sacerdozio. Poco prima il cardinale Bertone aveva ricordato a monsignor Ambrosio i quattro pilastri del ministero episcopale: l’atteggiamento della ricerca, l’offerta di una vita spesa per il bene del popolo di Dio, la conoscenza del popolo di Dio, l’unità.
La cattedrale è gremita e applaude più volte nel corso della liturgia: quando monsignor Ambrosio entra in solenne processione dopo i sacerdoti e prima dei vescovi - una ventina tra i quali i consacranti Monari ed Enrico Masseroni (Vercelli), i piacentini Antonio Lanfranchi e Piero Marini - e dei tre cardinali (oltre a Bertone anche Ersilio Tonini e Luigi Poggi). Quando l’amministratore diocesano monsignor Lino Ferrari, nel suo saluto, ringrazia il vescovo Monari; quando il cardinale Bertone, al termine della sua omelia, ringrazia la novantenne signora Caterina, madre di monsignor Ambrosio; quando, sempre Bertone, porta i saluti di Benedetto XVI visto in mattinata, e in Duomo si sente aria di Vaticano; quando il vescovo Gianni annuncia la conferma di monsignor Ferrari a “vicario generale”. Il battimani spontaneo e sincero lo blocca. «Sì, è giusto» dice il vescovo, e si volta verso il suo “braccio destro”.
In duomo, anche stavolta, c’erano tutti: prefetto, questore, colonnello dei carabinieri, della finanza, autorità militari, parlamentari, presidente della Provincia di Piacenza, quello della Provincia di Parma, il sindaco di Piacenza, di Carisio (paese di origine di monsignor Ambrosio) e di molti Comuni facenti parte della diocesi piacentina-bobbiese. Fedeli provenienti da Vercelli, Santhià, Carisio, dalle sedi dell’Università Cattolica di Milano, Brescia e Roma: una piccola fetta dell’universalità della Chiesa Cattolica.
Ci sono emozione, commozione, attesa. Ambrosio prende la parola al termine della celebrazione. È un saluto, il suo, la prima vera omelia la terrà nella messa di questo pomeriggio, alle 18 e 30, in Duomo. Un saluto che arriva dopo l’omaggio di alcuni rappresentanti del popolo di Piacenza-Bobbio: la famiglia Bosi di Pontenure, con papà Massimo, mamma Valentina, i bambini Pietro e Beatrice; un giovane catecumeno, Kreshnik Dervishaj, che diventerà cattolico la notte di Pasqua assieme ad altre 11 persone, il diacono Emilio Boledi, il sacerdote don Giuseppe Sbuttoni, un religioso ed una religiosa. È il gesto che sta a significare la disponibilità della diocesi a camminare, illuminati dalla parola e uniti nella fede, sotto la guida del nuovo Pastore.
«È l’abbraccio che segna l’inizio del mio ministero - osserva il vescovo Ambrosio -. Esso è rivolto a tutti, e in particolare giunga, davvero fraterno, a tutti voi carissimi sacerdoti e diaconi». Cita e fa sue le parole del beato Giovanni Battista Scalabrini nel giorno dell’ordinazione episcopale: «Tutti finalmente vi abbraccio quanti siete, figli della santa Chiesa piacentina e miei amatissimi, alla cui santificazione e verace prosperità devo attendere». Inizia così il 107esimo episcopato della diocesi di Piacenza-Bobbio.
Federico Frighi

da Libertà, 17 febbraio 2008

Monsignor Ferrari, 118 giorni da reggente

Piacenza - Termina il mandato di amministratore diocesano di monsignor Lino Ferrari. Centodiciotto giorni in cui don Lino, su investitura del collegio dei consultori, ha fatto le veci del vescovo Luciano Monari non più da vicario generale ma da capo della diocesi di Piacenza-Bobbio. Dalla prossima settimana monsignor Ferrari verrà riconfermato vicario generale per decreto vescovile che monsignor Ambrosio dovrebbe firmare già nella mattinata di lunedì. «Sono contento perchè sono stati mesi positivi e sereni - dice monsignor Ferrari -, non ci sono stati grandi momenti di difficoltà; se qualche anno fa mi avessero detto che per quattro mesi avrei dovuto fare l’amministratore diocesano mi sarei preoccupato molto. Il timore c’era e devo ammettere che qualche volta ho chiesto al Signore che mi aiutasse a non fare danni. La realtà poi è stata diversa, l’ho affrontata serenamente anche perché avevo attorno dei collaboratori validi, da monsignor Giuseppe Busani al collegio dei consultori, ai vari sacerdoti, a tutti gli operatori degli uffici di curia che voglio ringraziare». Dopo 12 anni di monsignor Monari abituarsi alla “sede vacante” non è stato facile. «Abbiamo sofferto un po’ tutti la partenza del vescovo Luciano, specialmente noi suoi collaboratori più stretti» ammette monsignor Ferrari. «Monari stesso però - continua - ci ha aiutato a metterci nello stato d’animo adatto ad accogliere al meglio il successore: quando ci ha salutato ci ha ricordato che è importante amare il proprio vescovo, non quello di prima o quello della diocesi vicina».
Da oggi è un nuovo inizio. Ferrari è d’accordo: «In un certo senso sì, anche se monsignor Ambrosio, diverse volte, ha messo in evidenza come sia arrivato per inserirsi nel cammino di questa chiesa».
Quattro mesi da reggente della diocesi. Anche momenti dolorosi: «Tre funerali di sacerdoti: don Vincenzo Calda a Bettola (un momento che mi ha colpito, compresa la presenza del ministro Pierluigi Bersani); monsignor Silvio Losini a Pontenure, con una partecipazione corale pur a distanza di anni dalla sua presenza in parrocchia; infine l’ultimo, pochi giorni fa: monsignor Luigi Molinari a Pianello. Tre figure significative di parroci. Tre momenti tristi che fanno riflettere sul calo del clero ma anche sulla ricchezza che ha avuto la nostra chiesa in passato con queste persone che hanno segnato la vita dei paesi in cui erano inserite».
L’annuncio, inaspettato, del nuovo pastore, proprio sotto Natale, ed altri piccoli segni: sono il bagaglio che monsignor Ferrari si porta dietro dopo la sua esperienza: «Porto con me una consapevolezza più grande che le responsabilità che ti vengono affidate vanno accolte con fede. Ti reputavi non adatto per fare certe cose, poi, un po’ con l’aiuto di chi ti sta vicino, un po’ con l’aiuto che viene dall’alto e che si sente davvero, quel tratto di strada sei riuscito a farlo. Porto con me un irrobustimento della mia fede, e questa gratitudine nei confronti delle persone che anche in questo periodo, direi in maniera molto forte, hanno manifestato l’amore per la nostra Chiesa».
Ferrari oggi dirà ad Ambrosio che qui «trova una bella chiesa. Credo di poterlo affermare con sincerità anche se non mancano i problemi, primo fra tutti il numero dei sacerdoti che è in fortissimo calo. Una bella Chiesa non solo per la sua storia, che è una storia di santità, ma anche perché attualmente sono tante le forze vive che hanno a cuore l’annuncio del Vangelo e la vita fraterna nelle nostre comunità». Non che tutto sia rose e fiori - conferma lo stesso monsignor Ferrari - «ci sono anche dei segni di divisione, ma fondamentalmente penso che la nostra chiesa si presenti come una Chiesa unita e bella».
Piacenza non è comunque un’isola felice: «Le contraddizioni del nostro mondo ci sono anche qui. Da un altro punto di vista Piacenza ha però ancora una radice cristiana evidente, non solo per le tante chiese che incontriamo per le strade della città, ma anche perché una percentuale notevole di persone fa riferimento alla comunità parrocchiale, a gruppi in cui sente di trovare un alimento importante per la vita». Un riconoscimento alle autorità: «Credo di aver vissuto un’esperienza bella di unità anche con le istituzioni cittadine. Durante le celebrazioni ufficiali, ad esempio, il modo di salutarsi è cordiale e sincero. Nei confronti della Chiesa diocesana c’è grande rispetto e considerazione. Senz’altro sarà merito della storia della nostra Chiesa, della presenza di un vescovo come Monari per dodici anni, ma è una base di partenza ottima anche per monsignor Ambrosio e glielo dirò».
Il problema maggiore di Piacenza? «La famiglia in crisi, se si riuscisse a puntare tutti sulla famiglia, rendendola più solida, aiutandola a svolgere il suo ruolo educativo, si farebbe il bene della Chiesa e di tutta la società>.
Federico Frighi

da Libertà, 16 febbraio 2008