venerdì 29 febbraio 2008
Ambrosio mezz'ala
giovedì 28 febbraio 2008
Ambrosio, l'omelia per i funerali di don Pancini
il gioioso stupore che traspare dalle parole attribuite a Mosè assume qui per noi, radunati per la celebrazione eucaristica in cui affidiamo al Signore il fratello don Giovanni, un significato del tutto particolare. Quello stupore è come un invito a far sì che la nostra celebrazione sia veramente celebrazione pasquale. Mose esclama: «Quale grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?» (Dt 4, 7). Il momento in cui Mosè pronuncia questo parole è solenne: egli sta per accomiatarsi dal popolo che ha guidato con mano ferma nel lungo peregrinare nel deserto. Ma qui, più che il tono del condottiero del popolo, Mosè manifesta l’affetto del padre sollecito, premuroso: egli invita alla fedeltà all'Alleanza e alla Legge. Proprio in questo contesto Mosè lascia trasparire il suo stupore e la sua gioia: il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo. Dio si fa prossimo dell'uomo che lo invoca, gli offre la sua alleanza per un cammino di liberazione. La Legge è donata dal Signore per custodire questa libertà, per arginare le forze ostili del caos, del disordine, della confusione che introducono disarmonia fin nel cuore dell'uomo. La Legge è il chinarsi premuroso di Dio sulla sua creatura perché possa liberare la propria ricchezza interiore nel segno dell'amore.
A questa stupenda verità siamo condotti dalla pagina evangelica. Il brano del vangelo secondo Matteo fa parte del capitolo 5°, il capitolo delle Beatitudini, con il grande discorso inaugurale con cui Gesù espone lo spirito nuovo del regno di Dio. È il discorso della montagna: «Gesù salì sulla montagna», annota Matteo (Mt 5, 1). Ed è opportuno ricordare questa annotazione in quanto, come sappiamo, Matteo si rivolge in primo luogo a una comunità giudeo-cristiana e a questa comunità vuole presentare Gesù come il nuovo Mosè che, dal monte, promulga la nuova Legge. Ma non per questo la Legge e i Profeti vengono aboliti: piuttosto essi raggiungono il loro compimento in Lui, in Gesù Cristo. è il Verbo fatto carne, venuto tra gli uomini per dare compimento alla Legge e ai Profeti. Nella sua persona e nella sua opera, nel dono della sua vita per noi, abbiamo la rivelazione piena dell'amore del Padre per il suo popolo, per ogni popolo, per l’umanità intera. Egli è l’amore incarnato di Dio. Il Padre non avrebbe potuto offrire un segno più eloquente e più forte del suo ardente amore per noi: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito»(Gv 3, 16). E così, come afferma anche l’apostolo Paolo, «pieno compimento della legge è l'amore» (Rm (13, 10). L’amore verso Dio – «amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza» – e l’amore verso il prossimo ‑ «amerai il prossimo tuo come te stesso": “da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti»(Mt 22, 40). Questo amore, accolto come dono e praticato come la ‘legge nuova’, è il vincolo di appartenenza a Cristo. E la consapevolezza che questo vincolo non può venire spezzato da nessuna forza ci dona la serena certezza “che la vita non è tolta, ma trasformata”. Cristo Gesù è il nuovo Mosè che ci conduce alla terra promessa, camminando con noi per accompagnarci anche quando attraversiamo la valle più oscura. Cristo Gesù è il Signore cui apparteniamo anche in morte per andare oltre alla morte e partecipare alla comunione d’amore nel mistero trinitario. Fratelli e sorelle, la nostra preghiera di suffragio per don Giovanni sia la preghiera fiduciosa dei figli che sanno di avere vicino il Signore ogni volta che lo invocano. Affidiamo alla misericordia di Dio questo nostro fratello, rendendo grazie al Signore perché don Giovanni è stato un testimone di Cristo presso il suo popolo che ha servito con dedizione e con fedeltà. Il Signore rivolga al suo servo don Giovanni la parola della beatitudine piena e definitiva: “vieni, benedetto dal Padre mio, ricevi in eredità il regno preparato per te fin dalla fondazione del mondo, perché tutto ciò che hai fatto a questi miei fratelli piccoli, lo hai fatto a me” (cfr. Mt 25, 34-40). Amen.
Si ringrazia Vittorio Ciani per la collaborazione.
Chiesa gremita per l'addio a don Pancini
da Libertà, 28 febbraio 2008
Per un fisco a misura di famiglia
Si inizierà con il saluto del vescovo Gianni Ambrosio. Parteciperanno il professor Pietro Boffi, responsabile del Centro documentazione Cisf (Centro internazionale studi famiglia) e il professor Ermes Rigon, presidente del Forum delle famiglie dell’Emilia Romagna. È previsto l’intervento dei rappresentanti del Comune e della Provincia di Piacenza. La raccolta delle firme “Per un fisco a misura di famiglia” avverrà in banchetti che i rappresentanti del Forum allestiranno fino al prossimo aprile. Le firme si raccoglieranno sul sagrato della cattedrale, della basilica di Sant’Antonino e sul Pubblico Passeggio (lato liceo scientifico) nei sabati del 2, dell’8, del 15, del 29 e del 5 aprile. Tutti i sabati, in sostanza, tranne il giorno prima di Pasqua. I volontari del Forum saranno presenti dalle 9 e 30 del mattino fino verso le 7 di sera.
F.Fr.
Il testo integrale dell'articolo su Libertà di oggi, giovedì 28 febbraio 2008
Figli troppo cari, firme per un fisco più equo
A Piacenza il Forum si è costituito ufficialmente lo scorso 8 febbraio su iniziativa del Sidef (il sindacato delle famiglie). Attualmente ne fanno parte Acli, associazione Papa Giovanni XXIII, Azione Cattolica, Cif, Il Circolino, Coldiretti, Associazione famiglie numerose, Famiglie nuove, Mcl/Ordine francescano secolare, Rinnovamento dello Spirito/Sidef.
F.Fr.
Il testo integrale dell'articolo su Libertà di oggi giovedì 28 febbraio 2008
mercoledì 27 febbraio 2008
Sidney, il vescovo dà il mandato ai giovani
martedì 26 febbraio 2008
Ambrosio celebra i funerali di don Pancini
I funerali di don Giovanni Pancini verranno celebrati domani, mercoledì 27 febbraio, alle ore 14,30, nella chiesa di San Bonico. Saranno presieduti dal vescovo monsignor Gianni
Ambrosio.
Morto don Pancini, a San Bonico per 60 anni
Chi lo ricorda lo descrive come una persona molto intelligente, vissuta nella povertà, un parroco all’antica. Nel 2001, non senza qualche protesta campanilista, la parrocchia venne accorpata a quella di San Giuseppe Operaio. Don Pancini, provato dagli acciacchi della vecchiaia, aveva chiesto al vescovo Luciano Monari di potersi ritirare. Il presule, accettate le dimissioni, ha poi ritenuto, vista l’esiguità degli abitanti della parrocchia e le caratteristiche del nuovo quartiere, di non inviare un nuovo sacerdote. Ha nominato don Giancarlo Conte, parroco di San Giuseppe Operaio, amministratore parrocchiale. Attualmente San Bonico - la chiesa è dedicata a San Bartolomeo - conta, secondo l’ultimo annuario diocesano, 502 anime. Dipendono dalla parrocchiale gli oratori della Beata Vergine Immacolata a Torricelle e San Filippo Benizzi ai Quattro Comuni.
fed.fri
Il testo integrale su Libertà di oggi 26 febbraio 2008
lunedì 25 febbraio 2008
Scuola e famiglia, alleanza educativa
L’ALLEANZA EDUCATIVA TRA SCUOLA E FAMIGLIA
Incontro per insegnanti e genitori promosso dalla Cooperativa Cattolica per la Scuola e la Formazione
Prende avvio un percorso di formazione e di riflessione, promosso dalla Cooperativa Cattolica per la Scuola e la Formazione della nostra diocesi, che pone al centro la corresponsabilità di insegnanti e genitori nell’educazione delle nuove generazioni.
Il percorso vuole attivare all’interno di ogni scuola paritaria, un gruppo di lavoro composto da docenti e genitori disponibili ad arricchire il rapporto tra scuola e famiglia.
Spesso tali rapporti sono vissuti in modo proficuo da pochi e in modo formale dai più; i contesti di partecipazione scolastica (assemblee, colloqui, consigli di classe) stanno perdendo la loro forza e sono sempre più disertati, hanno tenuta nella scuola dell’infanzia ma il coinvolgimento dei genitori diminuisce negli ordini successivi.
Non sempre la scuola è capace di creare consenso intorno alle finalità e alle scelte educative che sono alla base del suo lavoro; divario e incomprensioni si acutizzano quando ci sono momenti critici. Disorientamento e inadeguatezza sembrano bloccare i genitori di fronte alle loro responsabilità e, di conseguenza, scatta la delega all’istituzione scolastica.
In questo scenario appena abbozzato si colloca il percorso che vuole valorizzare le risorse sia dei docenti sia dei genitori per creare una rete solida di scambi e di responsabilità comuni.
Il primo appuntamento, aperto a tutte le persone interessate, sarà martedì 26 febbraio, presso il Seminario Vescovile di Via Scalabrini dalle ore 16,45 alle 18,30, in cui la dott.ssa Viola Battistini affronterà il tema: Alleanza educativa tra scuola e famiglia. La dott.ssa Battistini, docente di scuola primaria, laureata in Pedagogia e in Filosofia, attualmente distaccata dal Ministero presso l'Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC) nella segreteria nazionale, è anche Presidente della sezione Associazione genitori (Age) di Foligno, è membro della commissione del Forum provinciale delle associazioni genitori presso l'Ufficio Scolastico Regionale di Perugia, organizza Progetti per genitori nelle scuole del territorio in cui opera.
In questo incontro saranno approfondite le seguenti domande:
Come promuovere la sensibilità verso la responsabilità educativa di un genitore e di un insegnante?
Come condividere un progetto educativo comune volto al bene del ragazzo?
Come maturare una partecipazione, nei genitori, attiva e attenta alla vita della scuola?
Bobbio con Ambrosio nel cuore
Tra il sindaco di Bobbio Roberto Pasquali e il parroco della concattedrale, monsignor Aldo Maggi, il vescovo Gianni Ambrosio ascolta l'esibizione del coro Gerberto. Tre brani al termine dei quali monsignor Ambrosio si complimenta con i cantori e sale sul palco per la foto ricordo.
domenica 24 febbraio 2008
Ambrosio a Bobbio con il coro Gerberto
Ambrosio, l'omelia di ingresso a Bobbio
Ecco il testo dell'omelia che il vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, ha pronunciato oggi a Bobbio in occasione della presa di possesso della concattedrale.
3ª DOMENICA DI QUARESIMA
(Esodo 17, 3-7; Romani 5, 1-2.5-8; Giovanni 4, 5-42)
Cari fratelli e sorelle,
Cari fratelli e sorelle,
Ma anche per chi ha già ricevuto il dono del battesimo, il brano evangelico è quanto mai significativo: esso tratteggia – possiamo dire – una pedagogia verso la fede, un cammino verso l’incontro con il Signore.
Vale anche per noi battezzati il rimprovero che Gesù rivolge alla samaritana: “Se tu conoscessi il dono di Dio”. Forse non è, in verità, un rimprovero. E’ piuttosto un invito e uno stimolo: Gesù vuole suscitare nella samaritana – e in tutti noi - il desiderio di aprirci a Dio, alla sua iniziativa, al suo dono, al suo amore.
Ecco allora l’importanza della Quaresima alla luce di questo stupendo racconto evangelico. Come tempo prezioso per la nostra memoria, per ricordarci il dono del nostro essere battezzati in Cristo Gesù. Come tempo prezioso per il nostro desiderio, invitato ad andare in profondità, fino a scoprire la nostra sete più vera. Come tempo prezioso per l’incontro, l’incontro gioioso con il Signore e l’incontro con i nostri fratelli e le nostre sorelle che attendono quell’“acqua viva” che soddisfa la sete profonda dell’uomo.
Se seguiamo la pagina evangelica, possiamo mettere in risalto alcuni tratti di questa pedagogia verso la fede.
Innanzi tutto anche noi – anche noi battezzati - possiamo identificarci per molti aspetti con questa donna di Samaria. Nel senso che tutti siamo interpellati sul desiderio che abita il nostro cuore: una sete profonda di incontro, di relazione, di vita.
La samaritana, all’inizio, non vuole entrare in dialogo con Gesù e non vuole accogliere il dono dell’ “acqua viva”. Sembra preferire l’acqua di sempre, piuttosto stagnante, e cioè la vita di tutti i giorni, le abitudini, le convenzioni, le illusioni. Quella donna di Samara sa bene che l’acqua del pozzo di Giacobbe, in una terra deserta come quella di Sicar, è una benedizione grande, ma sa pure che è acqua che non soddisfa la sua vera sete. Tuttavia difende se stessa e la propria vita, vuole custodire quel poco che ha, anche se sa bene che non le basta.
Certo, almeno a prima vista, questa donna di Samaria ha molte buone ragioni per rifiutare la richiesta di Gesù di dargli da bere. Era assai vivo il contrasto tra
La richiesta di Gesù è già un dono. Nella richiesta di un gesto di attenzione e di cortesia – “dammi da bere” - c’è l’invito a quella donna a uscire da se stessa, dalla chiusura nel suo piccolo mondo.
Ma si tratta solo dell’inizio. Il cammino è ancora lungo e deve proseguire. Perché è molto facile disattendere i desideri più profondi e più veri ed accontentarsi dell’acqua stagnante, rischiando di sciupare la vita, inseguendo illusioni, consumando energie inutilmente.
C’è, invece, un’“acqua viva” che purifica il cuore e disseta lo spirito: è il dono di Dio. È Gesù questo dono di Dio: egli ci rivela il Padre e ci rivela il nostro essere figli.
Ma ormai non può più difendere la sua vita, il suo “girare a vuoto”: si è guardata dentro senza paura e ha potuto strappare la maschera che copriva il suo volto.
Per quella donna di Samaria – e per chi, come lei, osa chiedere ciò che Gesù Cristo vuole dare – è ormai giunto il momento della fede in Gesù riconosciuto come profeta e messia, dell’incontro con Lui, della gioia di una novità che cambia la vita. E con entusiasmo la samaritana comincia ad annunciare la bella notizia: diventata credente, diventa annunciatrice di Gesù salvatore del mondo.
Così la samaritana ha conosciuto il dono di Dio. Lo ha conosciuto con il cuore, aprendo cioè il suo cuore e la sua vita all’iniziativa di Gesù. «Non si vede bene che attraverso il cuore», scriveva Antoine de Saint-Exupéry (Il piccolo principe). Possiamo dire che l’esperienza di fede, che è esperienza pasquale, e quindi incontro con il Cristo risorto, è inseparabile dal nostro risveglio interiore, dal sentirci personalmente attesi da Dio e ricondotti a riconoscere la “sete vera” che domanda “l’acqua viva”.
La nostra Chiesa – a cominciare dalla parrocchia – vuole essere lo spazio nel quale l’amore del Signore per l’umanità incrocia la sete di ciascuno.
La nostra Chiesa vuole essere - e deve essere - il luogo nel quale ogni uomo si sente personalmente atteso e condotto a gustare l’ “acqua viva”.
Il mio pensiero va soprattutto ai giovani che hanno un profondo bisogno di trovare la forza per opporsi alla “cultura del nulla”: particolarmente a loro vogliamo proporre un itinerario che conduca a Cristo Gesù, a colui che “ha reso luminosa la vita” (2 Timoteo 1,10).
Il mio pensiero va anche ai malati e agli anziani: l’amore per Cristo e la solidarietà dei fratelli vi rechino conforto nei momenti difficili e vi infondano sempre serenità.
In questa concattedrale dedicata a S. Maria Assunta, affidiamo il nostro cammino ecclesiale alla Vergine Maria e al grande monaco San Colombano che può, a buon diritto, essere considerato come uno dei fondatori del monachesimo occidentale. Insieme ai molti Santi di questa Chiesa,
+ Gianni vescovo
Comunicato stampa diocesi di Piacenza-BobbioIl vescovo Ambrosio incontra il ministro Bersani
Si ringrazia Gianni Cravedi per la collaborazione.
Ambrosio all'Urban Center
Si ringrazia Gianni Cravedi per la collaborazione.
sabato 23 febbraio 2008
Ambrosio: Bertone costruttore di concordia
È nota la bella pagina in cui Agostino, nelle sue Confessioni, descrive i suoi primi, decisivi contatti con il vescovo Ambrogio. Giunto a Milano come vincitore della cattedra di retorica, il giovane Agostino è felice di incontrare il grande vescovo della città: “L’uomo di Dio mi accolse paternamente e, da buon vescovo, si rallegrò della mia venuta”. Con l’abilità letteraria che lo contraddistingue, Agostino fa ricorso ad una felice immagine per tratteggiare la figura e la missione di Ambrogio, sempre disponibile nei confronti di ogni persona ma anche desideroso di studiare e di riflettere. Scrive Agostino che la porta dello studio del vescovo Ambrogio rimaneva sempre aperta per ricevere persone di ogni condizione: “Non era proibito a nessuno di entrare” nello studio del vescovo e sottoporgli le più diverse questioni. Ma appena il vescovo era finalmente libero da impegni, ecco lo studio e la riflessione. Quasi sbirciando nella sala di attesa, Agostino poteva vedere Ambrogio intento a leggere in silenzio: “Con gli occhi scorreva le pagine, con la mente scrutava il significato, la voce e la lingua tacevano”.
È difficile sapere se l’immagine della porta aperta sia frutto di osservazione o artificio letterario. Comunque l’immagine è esemplare per la missione del pastore: la porta spalancata per accogliere tutti senza però disattendere la meditazione e la preghiera.
Questa pagina delle Confessioni viene spontaneamente in mente nel momento in cui si cercano le parole per descrivere l’episcopato di monsignor Tarcisio Bertone a Vercelli. E poiché nella spontaneità vi è una verità immediata, il richiamo all’immagine agostiniana vale più di molte parole.
Quando Bertone venne eletto arcivescovo di Vercelli, nel 1991, l’attesa era forte. In quattro anni Bertone ha manifestato una dedizione appassionata alla Chiesa di Eusebio, ricca di tradizione e bisognosa, come ogni Chiesa, di "prendere il largo". Nella figura di sant’Eusebio, primo vescovo di Vercelli, Bertone ha visto la "sentinella del popolo di Dio". Una sentinella vigile e attenta, capace di affermare con forza la vera fede in Gesù Cristo e di annunziare il Vangelo ovunque e con ogni mezzo.
Nello stesso tempo, Bertone ha visto in Eusebio il testimone dell’“umanità profonda della fede e della carità cristiana”. Sono le parole con cui Bertone ha presentato la figura del proto-vescovo Eusebio. Parole che non solo tratteggiano la figura di colui che ha lasciato in eredità alla sua Chiesa la fede in Gesù Cristo, ma che sono diventate l’ispirazione, la guida, il programma del suo episcopato. Non a caso l’invito di Eusebio ai suoi fedeli "custodire la fede, conservare la concordia" si è trasformato in motto programmatico. Il dialogo con le varie espressioni della società civile attesta il suo costante interessamento per le vicende quotidiane, affrontando i problemi più diversi con intelligenza, coraggio e rispetto.
Le consegne del cardinale Bertone al vescovo Ambrosio: ricerca, vita, appartenenza ed unità
Eminenze reverendissime, eccellenze reverendissime, carissimi sacerdoti piacentini e lasciatemi salutare anche i carissimi sacerdoti vercellesi, cari fratelli e sorelle nel Signore.
Il dono del pastore
Come al tempo di Abramo, anche oggi il Signore rinnova e moltiplica l'offerta del suo mistero di amore con il dono di un nuovo pastore per questa Chiesa che vive in Piacenza e Bobbio: sua eccellenza monsignor Gianni Ambrosio.
Il Santo Padre ha voluto donarvi questo nostro fratello perché vi sia guida, padre e pastore. Preghiamo oggi con lui e per lui affinchè, come recita l'antifona di ingresso di questa domenica di Quaresima, egli possa cercare sempre il volto del Signore a aiutare coloro che il Padre ha affidato alle sue cure a compiere nella fedeltà e nella gioia la sua volontà. Questo momento è senz'altro un momento di sovrabbondante grazia che Iddio ci fa vivere insieme.
Ringrazio i vescovi co-consacranti, sua eccellenza monsignor Luciano Monari, già vescovo di Piacenza-Bobbio, oggi vescovo di Brescia, e sua eccellenza monsignor Enrico Masseroni, arcivescovo metropolita di Vercelli. Ringrazio tutti gli eccellentissimi vescovi presenti, ringrazio inoltre le autorità del Comune, della Provincia di Piacenza, le autorità di Santhià, di cui è orginario monsignor Ambrosio, le autorità dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove dal gennaio 2001 fino ad oggi monsignor Ambrosio ha svolto il compito di assistente ecclesiastico generale. Ringrazio tutti coloro che oggi si uniscono alla nostra preghiera ed alla nostra gioia per questo speciale evento ecclesiale, e in maniera del tutto particolare vorrei salutare e ringraziare mamma Caterina che io conosco da tanto tempo, qui presente in mezzo a noi, che di certo rinnova oggi l'offerta al Signore di questo suo figlio sacerdote che oggi viene consacrato vescovo.
Riscoprire l'alleanza con Dio
Il momento solenne che stiamo vivendo assume un significato particolare nel contesto della quaresima che chiama i cristiani a riscoprire e a ritrovare l'alleanza con Dio, a risvegliare nel cuore il bisogno di ritrovare in Lui il centro, il senso, il fine della nostra esistenza. A vivere così più intensamente la nostra vocazione cristiana. A questo proposito la liturgia di oggi ci offre alcuni significativi stimoli che possono servire come traccia preziosa per questo nostro fratello introdotto oggi nella grazia del sacramento dell'ordine episcopale. Con la vocazione di Abramo, descritta con chiarezza nella prima lettura, ha inizio quella storia che noi chiamiamo ormai storia della salvezza, l'obbedienza e la fiducia in Dio da parte di Abramo aprono la via al compiersi delle promesse di Dio Padre che sono benedizione per tutte le genti. Il patriarca Abramo orienta la propria vita verso una grandezza che è quella di Dio. Non parte con un salto nel vuoto ma, nell'entrare in una infinita pienezza, abbandona il centro piccolo, ridotto delle sicurezze della natura per entrare in quelle della grazia. E quanto accade sul monte della trasfigurazione con Mosè ed Elia attesta che in Gesù Cristo questa storia di salvezza raggiunge il pieno compimento. Dopo di lui la storia di salvezza prosegue con la vita della Chiesa, chiamata a prolungare nei secoli la sua azione redentrice.
Ogni nostra comunità ha bisogno di crescere in quella responsabilità evangelica che ci rende attenti alla vita ed alle necessità materiali e spirituali dei nostri fratelli. Per questo la Parola di Dio, in questo periodo, costantemente ci invita a ricominciare con slancio il cammino quaresimale, sapendo che ci porta ad incontrare, a conoscere più intimamente Gesù. Così è avvenuto per gli apostoli che non avevano ancora compreso il senso della missione di Gesù, continuavano a sognare un messia che instaurasse un regno in termini di potenza, mentre a loro veniva annunciato lo scandalo della passione.
Tuttavia, nonostante la loro situazione di incomprensione, essi continuarono a seguire il loro maestro, mentre la folla, delusa, lo abbandonava. Proprio seguendo Gesù gli apostoli compresero il senso della sua missione, venne loro concessa una luce preziosa, anticipatrice della gloria del Risorto. Narra l'evangelista:
Salire sul monte
Occorre salire sul monte, perché nella pianura, nella vita di tutti i giorni, si ascoltano tante voci, si dibattono tanti problemi ma è difficile prestare vera attenzione a Dio. Il cammino di fede in Dio non dimentica l'attualità, con i suoi problemi e le sue potenzialità. Tuttavia non si limita semplicemente all'attualità ma intende dischiudere l'oggi alla visita di Dio, al dono della luce di Dio, al dono della pienezza di vita di Dio. La luce è il grande simbolo biblico che indica la vita di Dio. Ma il simbolo lascia intuire ciò che non è esprimibile a parole. Sul monte i tre apostoli fecero un'esperienza breve ma profonda e gioiosa di Gesù trasfigurato, un'esperienza che illuminò il loro cammino verso Gerusalemme, verso un altro monte, il monte della passione e della morte. Gli apostoli compresero che Gesù è la luce e che la sua missione è donare luce e vita al mondo manifestando l'amore infinito di Dio per ogni persona umana.
Continua l'evangelista:
La promessa ripetuta
Farò di te un grande popolo. Questa promessa ricca di benedizione che Iddio assicurò ad Abramo, oggi Dio la ripete a te, caro fratello chiamato alla grazia della pienezza sacerdotale e precelto a pascere una porzione del gregge del Signore. Dio ti consacra e ti affida l'intero popolo che è in Piacenza-Bobbio, questa comunità cristiana, che veglia, prega per te, con te e da oggi per sempre. Con le immagini consegnateci dalla Parola di Dio, ci possiamo ora chiedere quali siano i tratti caratteristici del servizio ministeriale che intraprendi alla guida di questa porzione del popolo di Dio.
La ricerca
La prima caratteristica che sintetizza questo ministero la riassumiamo con una una parola e più propriamente con un atteggiamento: quello della ricerca. Domanda di essere un pastore sempre in ricerca, con gli altri, per gli altri e per te stesso. Questa posizione del cuore e della vita ci viene comunicata dalla Parola di Dio dalle grandi pagine evangeliche. Il padre buono non si stanca mai di mettersi alla ricerca del figlio, del fratello che ha smarrito la strada. Sarà una ricerca a volte drammatica, spesso appassionante. Il tuo unico scopo dovrà essere quello di rendere presente, attraverso la tua person e il tuo cuore, la persona e il cuore di Dio. Di fronte all'umanità avvilita, spezzata, dovrai versare l'olio della consolazione e il vino della speranza, come Gesù il quale, mentre passava per le città e i villaggi, dialogava con i fratelli, confortava, consolava. Dovrai coinvolgerti con l'umanità, ogni tipo di umanità che busserà alla porta della tua vita, scendere dal monte, sentire ogni fratello e sorella come una parte preziosa di te e ai quali sarai chiamato a donare la tua carità e il tuo cuore.
Ma dovrai metterti in atteggiamento di ricerca anche per te stesso, avendo cura di dissetarti quotidianamente alla fonte della vita, lasciandoti illuminare da quella verità che ti è venuta incontro. Se infatti Cristo è stato e ora ancora di più è la verità di te stesso, dovrai in ogni istante della tua giornata lasciarti incontrare da lui: nella preghiera, nei sacramenti, nella Chiesa e nell'ascolto fraterno. Il Santo Padre Benedetto XVI che per mio tramite quest'oggi ti esprime il suo affetto, e la sua vicinanza spirituale e manda la sua benedizione che io impartirò a tutti perchè in questa celebrazine nel suo profondo libro Gesù di Nazareth osserva che lì'uomo vive nella verità e nell'essere amato, nell'essere amato dalla verità. Ha bisogno di Dio, del Dio che gli si avvicina e gli spiega che il significato della vita indicandogli così la via della vita, indicando ai tuoi fratelli la via della vita l'assumerai per te stesso, la farai diventare regola pastorale.
L'offerta della vita
Una seconda caratteristica dovrà configurarti la vita ed è l'offerta della tua intera vita per il bene del gregge che la Chiesa oggi ti consegna. L'offerta che Gesù fa di sè è tanto importante da precedere e accompagnare ogni suo gesto e ogni sua parola. Egli si offre al Padre perchè si compia la sua volontà,si dona ai discepoli, perché nella logica del Regno egli non si appartiene più; fino all'ultimo istante si lascia mangiare (il dono del pane di Dio). Sottolinea ancora papa Benedetto XVI: la croce è il fulcro del discorso del pastore ma non come atto di violenza che colga Gesù di sorpresa e che gli venga inflitto dall'esterno, bensì come offerta spontanea di se stesso. Gesù trasforma l'atto di violenza esterno della creocifissione in un atto di offerta volontaria di se stesso per gli altri. Lui non dà qualche cosa ma dà se stesso. E qui si vede la differenza tra i sacerdoti antichi e i sacerdoti della nuova alleanza che seguono Cristo, il buon pastore. I sacerdoti antichi offrivano un sacrificio rituale, non offrivano se stessi; i sacerdoti della nuova alleanza offrono se stessi, come Gesù.
La conoscenza-appartenenza
Per questa vicinanza, da quest'offerta discende anche la terza caratteristica che vorrei consegnarti in questa liturgia: la conoscenza tra il pastore e il gregge. Giovanni l'evangelista ci introduce in questo mistero: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori, le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Molto importante la conoscenza reciproca nella vita del pastore. Ce lo spiega ancora papa Benedetto XVI in Gesù di Nazareth. Dice: la conoscenza e l'appartenenza sono sostanzialmente la stessa cosa, il vero pastore non possiede le pecore come un qualsiasi oggetto che si usa e si consuma, esse gli appartengono appunto nel conoscersi a vicenda e questa conoscenza è una accettazione interiore. Questa parola ci aiuta a comprendere che l'essenza del ministero episcopale sta proprio in questa conoscenza-appartenenza. Più infatti vorrai entrare nella realtà che ti circonda, nella vita delle persone, desiderando con esse un dialogo profondo e vero, più percepirai tra che esse cominceranno a diventare una cosa sola con te e a fare parte della tua stessa vita, del tuo stesso destino.
Più il pastore si consegnerà al gregge che gli è affidato, donandogli il tesoro del proprio cuore, più sarà capace di condurre il gregge al di là di se stesso, affinchè l'altro trovi tutta la sua libertà.
l'Unità
L'ultima grande consegna è quella dell'unità. L'unità è al vertice della preghiera di Gesù nel suo testamento, quando lavoriamo per l'unità nella Chiesa, della Chiesa, per l'unità del mondo e dei popoli, anche da quel punto di vista particolare che è l'incarico della segreteria di Stato. Scriveva papa Giovanni Paolo II nella famosa enciclica Ut unum sint: Credere in Cristo significa volere l'unità, volere l'unità significa volere la Chiesa, volere la Chiesa significa volere la comunione di grazia che corrisponde al disegno del Padre per tutta l'eternità. Ecco qual'è- diceva il Papa- il senso della preghiera. La tua azione caro fratello vescovo sia senza misura, senza barriere e parzialità, nessuno sia escluso dalle tue attenzioni pastorali, perché se unico è il pastore Gesù egli desidera che tutti partecipino del suo affetto, delle sue premure e tutti possano conoscere la via della verità e della vita. Ti sia di stimolo l'invocazione che abbiamo letto pochi giorni fa di Santo Cirillo: la preghiera fa crescere la tua Chiesa e conserva la tua unità, mantiene unito il tuo popolo nella professione della fede e infiamma i loro cuori con la tua parola e verità. . Vivi questa unità in comunione visibile con il Santo Padre che oggi ti affida questa porzione del popolo di Dio, esprimila insieme all'intero collegio episcopaleperché uniti tutti siamo luce e forza nel cammino che conduce al Signore Gesù. L'interessante esperienza straordinaria che hai vissuto in mezzo ai giovani quale assistente ecclesiastico dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ti accompagni in questa nuova ed entusiasmante avventura tra i giovani, gli adulti, gli anziani, gli ammalati della tua diocesi; anche per loro e con loro lasciati trasfigurare da Gesù, il Maestro e sii luce e presenza concreta di Dio tra gli uomini. In questo impegno quotidiano di seguire le orme di Cristo, come dice il tuo motto episcopale, ti accompagni la Vergine Maria, Madre e Regina degli apostoli. Ella che si è lasciata trasfigurare dal suo stesso figlio, ti sostenga nel portare a compimento l'opera che il Signore ha iniziato in te a favore di questa Chiesa particolare che in Piacenza-Bobbio. Amen.
venerdì 22 febbraio 2008
Ambrosio: don Giussani ha saputo leggere il cuore umano
f.fr.
Il testo integrale su Libertà di oggi 22 febbraio 2008
giovedì 21 febbraio 2008
Cultura e teologia per formare i professionisti del domani
e il cardinale Bagnasco insieme alla Cattolica
di Milano
Piacenza- Giornata milanese ieri per il vescovo Gianni Ambrosio che all’Università Cattolica in largo Gemelli ha incontrato il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova (nella foto della Cattolica). Il porporato era in Cattolica per la prolusione all’inizio dei corsi di introduzione alla teologia. In largo Gemelli anche una delegazione piacentina che ha accompagnato il vescovo a Milano. Tutta della Cattolica: l’assistente ecclesiastico don Celso Dosi e i docenti di teologia nell’ateneo piacentino don Gigi Bavagnoli e padre Nicola Albanesi (provinciale dei Vincenziani). Monsignor Ambrosio, davanti ad una platea affollata di giovani, ha tenuto un breve saluto introducendo il porporato. Il vescovo Ambrosio ha tra l’altro evidenziato come il cardinale Bagnasco stia continuando il lavoro del progetto culturale della Chiesa italiana e come in queso caso la teologia possa svolgere una funzione di mediazione tra la realizzazione del progetto culturale e la formazione di professionisti e credenti impegnati nelle varie discipline. Bagnasco ha tra l'altro affermato come «il crollo del socialismo reale non è avvenuto per la più lenta modernizzazione o per motivi economici, ma per il vuoto di spiritualità», così sarà anche «per la cultura del consumismo sfrenato che riempie l’animo di vuoto».
(f.fr.)
Il testo integrale su Libertà di oggi 21 febbraio 2008
Ambrosio a Bobbio, ecco il programma
Ore 15 : accoglienza del vescovo Gianni Ambrosio all’ingresso della città.
In auto raggiunge la basilica di San Colombano.
Un momento di preghiera nella cripta che ospita le reliquie del patrono
Il saluto alle suore Gianelline nella loro cappella.
Ore 15 e 45: il vescovo sarà accompagnato a piedi in piazza Duomo fino al palco allestito dal Comune.
Saluto di benvenuto del sindaco Roberto Pasquali.
Saluto di uno studente delle scuole medie.
Ore 16 : inizierà la messa in duomo, accompagnata dai canti del coro della cattedrale e dal gruppo delle voci bianche. Al termine l’esibizione della corale Gerberto in piazza Duomo ed il rinfresco al piano terra del palazzo vescovile offerto dalla parrocchia.
Domenica a Bobbio saranno sospese le celebrazioni di tutte le messe in cattedrale e in San Colombano per favorire la partecipazione alla festa.
Per il testo integrale Libertà di oggi 21 febbraio 2008
mercoledì 20 febbraio 2008
Ambrosio, domenica l'entrata a Bobbio
martedì 19 febbraio 2008
Ambrosio al convegno su Ries, poi l'incontro con Bagnasco
Ambrosio, squadra che vince non si cambia
(f.fr.)
Il testo integrale su Libertà di oggi 19 febbraio 2008
lunedì 18 febbraio 2008
Ambrosio, il primo giorno da vescovo
Più volte, monsignor Ambrosio, durante la cerimonia di sabato, ha puntato lo sguardo verso la facciata prima, la grande navata centrale del Duomo poi: «Sono rimasto colpito dalla bellezza della nostra cattedrale che invita a guardare verso l’alto, alla preghiera, che invita a riconoscere che non siamo soli nel nostro cammino, che c’è un qualcuno che ci accompagna. È una cattadrale calda, che sospinge alla preghiera».
«Ho notato che c’erano molti preti - continua - e mi ha fatto molto piacere. I vescovi, sì, erano tanti e questo per me sta a significare il gioco di squadra della collegialità espiscopale, il sentirsi in comunione con gli altri confratelli e con il Santo Padre».
L’emozione: «L’imposizione del Vangelo sul capo, è li che mi sono emozionato: tu sei sotto il Vangelo, sotto la parola buona di Gesù, tu non devi fare altro che annunciarla».
Lo stupore: «L’attesa grande e la gioia del popolo piacentino di incontrarsi con il suo vescovo, come se fossi già uno di casa, di famiglia che viene a svolgere la sua funzione di padre e di guida. Mi hanno fatto sentire così». C’erano anche i rappresentanti delle religioni protestanti e ortodosse: «Uno di loro mi ha scritto una lettera in cui parla di grazia del Signore da vivere nell’amicizia; volutamente sono andato a stringere la mano a questi fratelli cristiani appartenenti ad altre confessioni ma sempre credenti in Cristo». La presenza del cardinale Tarcisio Bertone come celebrante e ordinante principale ha portato in duomo una ventata di aria vaticana. «Ho avuto la gioia di parlare con lui per diverso tempo - osserva il vescovo -. Il Papa, che aveva concluso gli esercizi spirituali proprio nella mattinata di sabato, sapeva che Bertone sarebbe venuto a Piacenza e per questo portava i suoi saluti e la sua benedizione». A proposito di Bertone, potrebbe essere un’occasione per invitare papa Ratzinger a Piacenza? Ambrosio non lo ha chiesto, sabato mattina, tuttavia non lo esclude: «Tendenzialmente Benedetto XVI non si muove molto da Roma se non per impegni particolari. Bisognerebbe trovare un’occasione davvero bella che in qualche modo favorisca la sua venuta».
Anche questa mattina il vescovo Ambrosio si alzerà molto presto. Alle 7 in punto celebrerà la messa dalle suore carmelitane, nel monastero di clausura di via Spinazzi. La sua prima uscita nella città.
Federico Frighi
Da Libertà, 18 febbraio 2008
La diocesi promette fedeltà al vescovo Ambrosio
Nel Duomo di Piacenza sono in tanti per la messa vespertina delle 18 e 30. Un migliaio di persone che desiderano, con la loro presenza, manifestare la fedeltà al nuovo capo della diocesi. Ma anche vedere da vicino ed ascoltare il nuovo vescovo, in un’occasione più tranquilla - anche se non per questo meno solenne - rispetto all’affollata celebrazione di sabato. È questo l’inizio ufficiale del ministero episcopale per monsignor Gianni Ambrosio che, per la prima volta, presiede come vescovo dopo l’ordinazione e la presa di possesso. La celebrazione inizia con le parole di gratitudine di monsignor Lino Ferrari che parla di una giornata memorabile per la diocesi di Piacenza-Bobbio: «Se ieri per lei, eccellenza, è stato il giorno del dono dello spirito, oggi è invece il primo giorno del servizio». La prima omelia è breve ma profonda. La riportiamo integralmente sotto, con il titolo scelto dallo stesso monsignor Ambrosio. Dieci minuti esatti in cui il vescovo commenta le letture della seconda domenica di quaresima: capitolo 12 della Genesi (versetti 1-4); 2Timoteo 1 (8-10); Matteo 17 (1-9). Invita a salire sul monte, per ripetere l’esperienza degli apostoli che comprendono come la missione di Gesù sia quella di dare luce «agli uomini manifestando l’amore di Dio per l’uomo. E così comprendono anche quel’è la loro missione: donare luce, vita e amore all’umanità». Fa riferimento alla celebrazione del giorno prima: la definisce «toccante e coinvolgente». Poi chiede di continuare nella preghiera: «So che lo avete fatto tanto per me prima del mio ingresso. Vi prego di continuare a farlo perché il cammino della nostra Chiesa sia via, verità e vita».Sceglie la parte finale della celebrazione per ringraziare i piacentini: «Vorrei esprimere pubblicamente il mio grazie a tutti voi, un grazie sincero e riconoscente per la gioiosa accoglienza che mi avete tributato ieri e che continua anche oggi con questa cattedrale piena».
fed.fri.
Il testo integrale su Libertà di oggi, 18 febbraio 2008
Monsignor Lino Ferrari confermato vicario generale
Con decreto vescovile in data 16 febbraio 2008, il M.R. Ferrari mons. Lino è stato nominato Vicario Generale della Diocesi di Piacenza-Bobbio, conferendogli tutte le potestà e facoltà sancite dalle vigenti disposizioni canoniche.Con decreto vescovile in data 16 febbraio 2008, mons. Gianni Ambrosio ha stabilito:
* di confermare i Vicari episcopali di settore e i Vicari Episcopali territoriali “donec aliter provideatur”.
* di confermare nel suo ufficio il Vicario Giudiziale, mons. Renzo Rizzi, ai sensi del can. 1420 § 5 CJC.
* di lasciare invariati fino alla scadenza del mandato in corso, per quelli “ad tempus” e “ad nutum Episcopi”, fatta salva ogni mia differente futura decisione, gli uffici, gli incarichi e le deleghe conferiti dal mio Predecessore.
* di stabilire che i Consigli Presbiterale e Pastorale Diocesano, cessati a norma del diritto, riprendano ad esercitare il loro compito fino alla scadenza naturale del mandato, secondo la rispettiva conformazione al momento della vacanza della Diocesi.Piacenza, dalla Curia Vescovile 18 febbraio 2008
il Cancelliere Vescovile
Don Mario Poggi
Comunicato stampa diocesi di Piacenza-Bobbio
L'abbraccio di Ambrosio alla sua diocesi
Una celebrazione carica di simboli. Ogni momento, ogni gesto, ha un suo preciso significato. A cominciare dai sacerdoti che assistono monsignor Ambrosio. Sono due e stanno al suo fianco. Il più anziano: l’assistente ecclesiastico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma, don Decio Cipolloni; il più giovane: l’ultimo sacerdote ordinato in diocesi di Piacenza nel 2006, don Stefano Segalini, vicario in San Giuseppe Operaio.
Con voce sicura, dopo che ancora una volta l’impianto audio del Duomo, nel momento clou, si mette a fare le bizze - lo scorso 22 ottobre dovette ritardare il suo intervento di saluto il vescovo Monari, ieri lo stesso destino è toccato al segretario di Stato di Sua Santità -, con voce sicura, si diceva, monsignor Ambrosio risponde alle domande del cardinale ordinante che delineano i compiti di chi è chiamato alla pienezza del sacerdozio. Nove domande alle quali monsignor Ambrosio risponde sempre «Sì, lo voglio», assumendosi così altrettanti impegni: l’adempimento fino alla morte del ministero affidato dagli Apostoli, la fedeltà al Vangelo, la custodia della fede, l’unità dei vescovi con il Papa, l’obbedienza e la fedeltà al Papa, la cura del popolo santo di Dio, l’accoglienza verso i bisognosi, la ricerca delle “pecore smarrite”, l’esercizio irreprensibile del sommo sacerdozio. Poco prima il cardinale Bertone aveva ricordato a monsignor Ambrosio i quattro pilastri del ministero episcopale: l’atteggiamento della ricerca, l’offerta di una vita spesa per il bene del popolo di Dio, la conoscenza del popolo di Dio, l’unità.
La cattedrale è gremita e applaude più volte nel corso della liturgia: quando monsignor Ambrosio entra in solenne processione dopo i sacerdoti e prima dei vescovi - una ventina tra i quali i consacranti Monari ed Enrico Masseroni (Vercelli), i piacentini Antonio Lanfranchi e Piero Marini - e dei tre cardinali (oltre a Bertone anche Ersilio Tonini e Luigi Poggi). Quando l’amministratore diocesano monsignor Lino Ferrari, nel suo saluto, ringrazia il vescovo Monari; quando il cardinale Bertone, al termine della sua omelia, ringrazia la novantenne signora Caterina, madre di monsignor Ambrosio; quando, sempre Bertone, porta i saluti di Benedetto XVI visto in mattinata, e in Duomo si sente aria di Vaticano; quando il vescovo Gianni annuncia la conferma di monsignor Ferrari a “vicario generale”. Il battimani spontaneo e sincero lo blocca. «Sì, è giusto» dice il vescovo, e si volta verso il suo “braccio destro”.
In duomo, anche stavolta, c’erano tutti: prefetto, questore, colonnello dei carabinieri, della finanza, autorità militari, parlamentari, presidente della Provincia di Piacenza, quello della Provincia di Parma, il sindaco di Piacenza, di Carisio (paese di origine di monsignor Ambrosio) e di molti Comuni facenti parte della diocesi piacentina-bobbiese. Fedeli provenienti da Vercelli, Santhià, Carisio, dalle sedi dell’Università Cattolica di Milano, Brescia e Roma: una piccola fetta dell’universalità della Chiesa Cattolica.
Ci sono emozione, commozione, attesa. Ambrosio prende la parola al termine della celebrazione. È un saluto, il suo, la prima vera omelia la terrà nella messa di questo pomeriggio, alle 18 e 30, in Duomo. Un saluto che arriva dopo l’omaggio di alcuni rappresentanti del popolo di Piacenza-Bobbio: la famiglia Bosi di Pontenure, con papà Massimo, mamma Valentina, i bambini Pietro e Beatrice; un giovane catecumeno, Kreshnik Dervishaj, che diventerà cattolico la notte di Pasqua assieme ad altre 11 persone, il diacono Emilio Boledi, il sacerdote don Giuseppe Sbuttoni, un religioso ed una religiosa. È il gesto che sta a significare la disponibilità della diocesi a camminare, illuminati dalla parola e uniti nella fede, sotto la guida del nuovo Pastore.
«È l’abbraccio che segna l’inizio del mio ministero - osserva il vescovo Ambrosio -. Esso è rivolto a tutti, e in particolare giunga, davvero fraterno, a tutti voi carissimi sacerdoti e diaconi». Cita e fa sue le parole del beato Giovanni Battista Scalabrini nel giorno dell’ordinazione episcopale: «Tutti finalmente vi abbraccio quanti siete, figli della santa Chiesa piacentina e miei amatissimi, alla cui santificazione e verace prosperità devo attendere». Inizia così il 107esimo episcopato della diocesi di Piacenza-Bobbio.
Federico Frighi
da Libertà, 17 febbraio 2008
Monsignor Ferrari, 118 giorni da reggente
Da oggi è un nuovo inizio. Ferrari è d’accordo: «In un certo senso sì, anche se monsignor Ambrosio, diverse volte, ha messo in evidenza come sia arrivato per inserirsi nel cammino di questa chiesa».
Quattro mesi da reggente della diocesi. Anche momenti dolorosi: «Tre funerali di sacerdoti: don Vincenzo Calda a Bettola (un momento che mi ha colpito, compresa la presenza del ministro Pierluigi Bersani); monsignor Silvio Losini a Pontenure, con una partecipazione corale pur a distanza di anni dalla sua presenza in parrocchia; infine l’ultimo, pochi giorni fa: monsignor Luigi Molinari a Pianello. Tre figure significative di parroci. Tre momenti tristi che fanno riflettere sul calo del clero ma anche sulla ricchezza che ha avuto la nostra chiesa in passato con queste persone che hanno segnato la vita dei paesi in cui erano inserite».
L’annuncio, inaspettato, del nuovo pastore, proprio sotto Natale, ed altri piccoli segni: sono il bagaglio che monsignor Ferrari si porta dietro dopo la sua esperienza: «Porto con me una consapevolezza più grande che le responsabilità che ti vengono affidate vanno accolte con fede. Ti reputavi non adatto per fare certe cose, poi, un po’ con l’aiuto di chi ti sta vicino, un po’ con l’aiuto che viene dall’alto e che si sente davvero, quel tratto di strada sei riuscito a farlo. Porto con me un irrobustimento della mia fede, e questa gratitudine nei confronti delle persone che anche in questo periodo, direi in maniera molto forte, hanno manifestato l’amore per la nostra Chiesa».
Ferrari oggi dirà ad Ambrosio che qui «trova una bella chiesa. Credo di poterlo affermare con sincerità anche se non mancano i problemi, primo fra tutti il numero dei sacerdoti che è in fortissimo calo. Una bella Chiesa non solo per la sua storia, che è una storia di santità, ma anche perché attualmente sono tante le forze vive che hanno a cuore l’annuncio del Vangelo e la vita fraterna nelle nostre comunità». Non che tutto sia rose e fiori - conferma lo stesso monsignor Ferrari - «ci sono anche dei segni di divisione, ma fondamentalmente penso che la nostra chiesa si presenti come una Chiesa unita e bella».
Piacenza non è comunque un’isola felice: «Le contraddizioni del nostro mondo ci sono anche qui. Da un altro punto di vista Piacenza ha però ancora una radice cristiana evidente, non solo per le tante chiese che incontriamo per le strade della città, ma anche perché una percentuale notevole di persone fa riferimento alla comunità parrocchiale, a gruppi in cui sente di trovare un alimento importante per la vita». Un riconoscimento alle autorità: «Credo di aver vissuto un’esperienza bella di unità anche con le istituzioni cittadine. Durante le celebrazioni ufficiali, ad esempio, il modo di salutarsi è cordiale e sincero. Nei confronti della Chiesa diocesana c’è grande rispetto e considerazione. Senz’altro sarà merito della storia della nostra Chiesa, della presenza di un vescovo come Monari per dodici anni, ma è una base di partenza ottima anche per monsignor Ambrosio e glielo dirò».
Il problema maggiore di Piacenza? «La famiglia in crisi, se si riuscisse a puntare tutti sulla famiglia, rendendola più solida, aiutandola a svolgere il suo ruolo educativo, si farebbe il bene della Chiesa e di tutta la società>.
Federico Frighi
da Libertà, 16 febbraio 2008
domenica 17 febbraio 2008
La prima omelia in Duomo del vescovo Ambrosio
(Genesi 12, 1-4; 2Timoteo 1, 8-10; Matteo 17, 1-9)
LA LUCE, LA VOCE, LA MISSIONE
Cari fratelli e sorelle,
è pieno di fascino l’invito della Parola del Signore di questa seconda domenica di Quaresima. Il Signore Gesù ci invita a salire sul monte, e così anche a noi, come a Pietro, Giovanni e Giacomo, sarà data la luce, e potremo ascoltare la voce che viene dall’alto. Comprenderemo allora, come hanno compreso gli apostoli, il senso della missione di Gesù e così potremo svolgere la missione che ci è affidata, la nostra missione.
La luce, la voce, la missione: tre aspetti, tre dimensioni di un’unica realtà, e cioè la chiamata del Signore, la nostra vocazione.
C’è però una condizione di base: si tratta di salire sul monte. Ma se questo invito viene accolto, si entra in quella storia luminosa che è la storia della salvezza, in cui ogni passo del nostro cammino è illuminato dalla luce del Signore ed è sorretto dalla sua grazia.
Questa storia di salvezza ha inizio con la vocazione di Abramo, di cui ci parla la prima lettura. Il patriarca Abramo, in verità, non deve salire sul monte, deve invece lasciare il suo paese e la casa di suo padre per incamminarsi verso un paese lontano che il Signore stesso gli indicherà. Ma l’obbedienza di Abramo è come un salire sul monte, nel senso che deve abbandonare ciò che gli è consueto - le proprie abitudini, le proprie sicurezze - per obbedire a Dio che lo ha chiamato. Abramo si fida di Dio e crede nella promessa di Dio.
E così con questo atto di fiducia, con questa obbedienza, Abramo apre la via al compiersi della promessa di Dio che è benedizione per tutte le genti.
Sul monte della trasfigurazione, Mosé ed Elia attestano che in Gesù Cristo, il Figlio prediletto dal Padre, questa storia di salvezza raggiunge il suo punto culminante, il suo pieno compimento. E così da allora questa storia prosegue nei tempi della Chiesa con la “vocazione santa” dischiusa dall'evangelo di Gesù Cristo, come afferma l’apostolo Paolo nella seconda lettura: nel Figlio siamo salvati e con il Figlio ci è data la possibilità di poter vivere anche noi come figli dello stesso Padre, e dunque di vivere nella gioia, nella libertà, nell'amore.
Cari fratelli e sorelle, iniziando il mio ministero episcopale in questa Chiesa di Piacenza-Bobbio, dopo la celebrazione così toccante e coinvolgente della ordinazione episcopale, sento rivolto a me, in modo del tutto particolare, l’invito a salire sul monte per poter camminare con Gesù che sale a Gerusalemme. Il motto che ho scelto – e che ho ripreso dal ‘diario di viaggio’ di quel piacentino che si è recato nei luoghi santi verso il 570 – indica innanzi tutto questo invito di Gesù, questa grazia che mi è data, e indica poi il preciso impegno di seguire le orme di Cristo per essere ‘segno’ di Cristo in mezzo a voi, per far risplendere la luce di Cristo nella mia vita, per diventare pastore e padre che dona il suo cuore e la sua vita al popolo che gli è affidato.
Ma con me è la nostra Chiesa ad essere invitata a seguire Gesù. Tutta la Chiesa è sospinta a vivere la quaresima come un tempo forte di quella storia di salvezza, di grazia, di speranza. Si tratta di un cammino di approfondimento, di maturazione, di crescita che riguarda tutti ed interpella tutti.
Chi non avverte la necessità di crescere nella vita di fede, di speranza e di carità e di vivere con maggior verità ed autenticità il mistero della Pasqua del Signore Gesù?
E guardando poi attorno a noi, alla nostra realtà culturale ed educativa, chi non avverte la necessità di crescere in «umanità», in responsabilità, in attenzione alla qualità della vita propria ed altrui?
Siamo dunque invitati tutti a intraprendere con slancio questo cammino quaresimale sapendo che è un cammino che ci porta a conoscere Gesù e a vivere l’amicizia con Lui.
Così è avvenuto per gli apostoli, in particolare per Pietro, Giacomo e Giovanni. Essi non avevano ancora compreso il senso della missione di Gesù: continuavano a sognare un Messia che instaurasse il Regno in termini di potenza umana, proprio mentre veniva loro annunciato lo scandalo della passione.
Tuttavia, nonostante la situazione di incomprensione, i tre apostoli accettano di essere condotti in disparte e di salire sul monte. Continuano a seguire Gesù. E così gli apostoli comprendono il senso della missione del Figlio: viene loro concessa una luce preziosa che anticipa la gloria del Risorto.
Sul monte i tre apostoli fanno un’esperienza breve ma profonda e gioiosa di Gesù trasfigurato, un’esperienza che illumina il cammino verso Gerusalemme, verso la passione e la morte, cui seguirà la risurrezione. Gli apostoli comprendono che la missione di Gesù è di donare luce agli uomini manifestando l’amore infinito di Dio per l’uomo. E così comprendono anche quale è la loro missione, la missione degli apostoli e della Chiesa tutta: donare luce, vita e amore all’umanità.
Anche a noi sia data la grazia di lasciarci condurre in disparte e di salire sul monte della rivelazione e della manifestazione di Gesù.
Nella vita concitata di tutti i giorni non si presta una vera attenzione all’altro, e soprattutto non si presta una vera attenzione a Dio.
Il cammino di fede sulle orme di Gesù non dimentica certamente l’attualità, con i suoi problemi ed anche con le sue possibilità, ma non si ferma all’attualità. Il cammino di fede intende dischiudere il nostro ‘oggi’ alla visita di Dio, al dono della luce di Dio. Il cammino di fede intende far risuonare in noi la voce, la voce che viene dall’alto, la voce del Padre che invita ad ascoltare il Figlio.
Fratelli e sorelle, so che avete pregato molto per me perché possa diventare pastore secondo il cuore di Gesù, Buon Pastore. Vi prego di continuare nella preghiera perché il cammino della nostra Chiesa sia, come quello degli apostoli, illuminato dal Signore Gesù, via, verità e vita. La Vergine Maria, Madre della Chiesa e Regina degli apostoli, venerata in questa Cattedrale come Madonna del popolo, sia la ‘compagna di viaggio’ di questo popolo in cammino sulle orme di Gesù. Amen.
Messa solenne delle 18 e 30 di domenica 17 febbraio 2008, durata dell’omelia dieci minuti, duomo di Piacenza.
sabato 16 febbraio 2008
Ambrosio, l'abbraccio a Piacenza
1. Con l’abbraccio ad alcune persone rappresentative del popolo di Dio che è in Piacenza-Bobbio, si conclude la celebrazione della mia ordinazione episcopale in questa Cattedrale dalla bellezza nobile e austera.
Questo abbraccio segna pure l’inizio del mio ministero. Esso è rivolto a tutti, e in particolare giunga, davvero fraterno, a tutti voi carissimi sacerdoti e diaconi. Faccio mie le parole del beato Giovanni Battista Scalabrini nel giorno della sua ordinazione episcopale: “Tutti finalmente vi abbraccio quanti siete, figli della santa Chiesa piacentina e miei amatissimi, alla cui santificazione e verace prosperità devo attendere” (Lettera da Roma, 30 Gennaio 1876).
2. Insieme all’abbraccio vi rinnovo il saluto della liturgia cristiana – “il Signore sia con voi” - con cui ho iniziato la lettera che vi ho inviato non appena il Santo Padre Benedetto XVI mi nominò pastore e padre di questa santa Chiesa di Dio.
Il saluto liturgico è invocazione, e soprattutto è esperienza gioiosa. Sappiamo che il Signore è con noi, sperimentiamo la sua presenza, siamo in profonda amicizia con Gesù Cristo, che ci manifesta il vero volto di Dio e ci dona lo Spirito che assiste e guida la sua Chiesa. E poi siamo in amicizia tra noi che abbiamo la grazia di vivere la comunione della Chiesa.
Questa amicizia è la nostra gioia, il nostro tesoro, e dunque è la nostra passione e la nostra missione. A tutti vogliamo testimoniare e comunicare la gioia di quest’amicizia, che è salvezza offertaci da Dio dentro il cammino della nostra vita.
Anche la celebrazione dell’ordinazione è il segno sacramentale di questa compagnia che continua, di questa amicizia che si rinnova, dell’incessante offerta di amore di Dio per il suo popolo, un amore che trasforma la nostra storia in storia di salvezza, come ci ha ricordato nell’omelia il cardinale Bertone.
L’imposizione delle mani dei vescovi, successori degli apostoli, l’invocazione dello Spirito e la preghiera di tutta la comunità rendono particolarmente vera - per me innanzi tutto ma anche per tutti voi insieme a me – l’affermazione del Concilio Vaticano II che raccoglie la tradizione ecclesiale: “Nella persona dei vescovi, uniti al loro presbiterio, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo” (cf Lumen Gentium 21).
3. Cari fratelli e sorelle, più sperimentiamo con stupore rinnovato questa presenza di Cristo nella nostra storia, più ci rendiamo conto che viva è l’attesa di Dio, perché solo Dio può colmare il cuore dell’uomo. Sì, pure oggi è viva questa attesa, anche se è spesso nascosta o confusa dentro altre attese.
La convinzione che Gesù Cristo – la sua conoscenza, la sua amicizia - costituisce la vera attesa di ogni uomo poggia sulla Parola di Dio. Leggiamo nel prologo del Vangelo di Giovanni che Gesù è il Logos, è il ‘progetto’ di Dio in base al quale tutto è stato pensato e fatto.
E in Gesù Cristo tutto acquista significato e valore. In Lui la speranza è fondata e motivata, come ci è stato ricordato nel Convegno ecclesiale di Verona, in Lui possiamo vivere con serena vigilanza l’attuale complessità, capaci di opporci al male e capaci di riconoscere la multiforme sapienza di Dio presente nella nostra storia e all’interno delle nostre comunità (cf Ef 3,10).
Non c’è niente di più ‘pastorale’ di una buona e solida spiritualità cristiana che pone al centro la novità evangelica da riscoprire e da riproporre sempre da capo nella sua freschezza e nella sua concretezza, nella sua forza che trasforma il cuore e apre la mente, nella sua luce che illumina tutta la realtà. Proprio il vangelo di Gesù ci fa incontrare l’uomo, perché ci dona la possibilità e la capacità di entrare veramente nella realtà in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue dimensioni, e quindi con una visione culturale autenticamente umana.
4. Nonostante le nostre povertà, come cristiani e come Chiesa, siamo, come dice l’Apostolo Paolo, “concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti con Gesù Cristo stesso come pietra angolare” (Ef 2, 19-21).
Sono certo che la nostra Chiesa è consapevole di essere segno vivo del Vangelo nella storia e vorrà continuare a rendere possibile, soprattutto per il bene dei nostri giovani e per le future generazioni, la luminosa testimonianza della vita cristiana.
Sono certo che tutti - a cominciare dal vescovo insieme ai sacerdoti - vorremo avvertire con entusiasmo il fascino di essere ‘lavoratori del Vangelo’ nella vigna che ci è affidata.
Non ci nascondiamo le difficoltà che ci attendono, in particolare la questione educativa e una serie di tendenze disumanizzanti che rappresentano una terribile sfida per le sorti della nostra vita sociale e culturale e al tempo stesso per le sorti della fede cristiana.
Vogliamo dare a queste sfide una risposta che esprima la sapienza evangelica, che offra la luce della verità cristiana, che manifesti la bellezza della nostra ricca tradizione.
5. Cari amici, vi chiedo ora di unirvi a me per esprimere dal profondo del cuore i ringraziamenti più sinceri.
Ringraziamo insieme il Signore Dio, lodiamo il suo amore misericordioso, celebriamo la sua presenza in mezzo a noi mediante la parola del Vangelo, i sacramenti della fede e la varietà dei ministeri.
Ringraziamo il Santo Padre Benedetto XVI: a Lui, che ha voluto confidarmi il governo pastorale di questa diocesi, esprimo i miei sentimenti di filiale devozione.
Ringraziamo di cuore l’eminentissimo Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato. La sua presenza qui, in questa Cattedrale, per presiedere questa celebrazione di ordinazione episcopale è un motivo ulteriore per esprimere al Santo Padre e a Lei, Eminenza, la riconoscenza mia e di questa Chiesa.
Ringraziamo i vescovi Luciano Monari e Enrico Masseroni. E con l’arcivescovo di Vercelli saluto e ringrazio i vescovi piemontesi, in particolare l’amico vercellese mons. Giuseppe Versaldi.
Ringraziamo i cardinali Ersilio Tonini e Luigi Poggi, l’arcivescovo Pietro Marini, il vescovo Antonio Lanfranchi che provengono dalla Chiesa piacentina-bobbiese. Siamo in comunione con mons. Luigi Ferrando, vescovo in Brasile e mons. Domenico Berni, in Perù. Con loro salutiamo tutti i nostri missionari piacentini, come pure salutiamo il vescovo mons. Bruno Bertagna..
Ringraziamo mons. Benito Cocchi, nostro metropolita. E con lui ringraziamo i vescovi dell’Emilia Romagna con i quali avrò la grazia di fare esperienza di collegialità episcopale. Ringraziamo l’arcivescovo di Palermo mons. Paolo Romeo.
Ringraziamo infine, con particolare affetto, il segretario della Cei Mons. Giuseppe Betori e il preside della Facoltà Teologica di Milano mons. Franco Giulio Brambilla. Con loro ringrazio gli amici della Cei e i colleghi della Facoltà teologica. Ringraziamo l’amministratore diocesano mons. Lino Ferrari e con lui tutti coloro che hanno intensamente lavorato in questo periodo.
Saluto e ringrazio per la loro presenza e la loro vicinanza nella preghiera i fratelli delle confessioni cristiane che operano in questo territorio.
Saluto poi gli amici di Santhià, di Carisio, di Vercelli e li ringrazio di cuore per la presenza e per l’amicizia che continua.
Un particolare ringraziamento lo rivolgiamo agli amici dell’Università Cattolica, a cominciare dal Rettore Lorenzo Ornaghi. Davvero è stata per me un’avventura entusiasmante l’esperienza di questi sette anni in Cattolica. Desidero dirvi che l’amicizia continua e la porta della casa di Piacenza è aperta, come sempre aperta è stata la porta del Centro pastorale.
Concludo con l’affettuoso ringraziamento alla mia famiglia, prezioso dono del Signore.
Affidiamo la nostra Chiesa e il suo cammino al Signore Gesù, buon Pastore, alla protezione di Maria alla cui assunzione al cielo è dedicata questa cattedrale e venerata come Madonna del popolo, all’intercessione dei molti santi e beati di questa Chiesa, a cominciare dai santi patroni, Antonino e Colombano.