sabato 16 febbraio 2008

Ambrosio, l'abbraccio a Piacenza

Pubblico l'intervento del vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio, al termine della cerimonia di ordinazione e presa di possesso della diocesi.

1. Con l’abbraccio ad alcune persone rappresentative del popolo di Dio che è in Piacenza-Bobbio, si conclude la celebrazione della mia ordinazione episcopale in questa Cattedrale dalla bellezza nobile e austera.
Questo abbraccio segna pure l’inizio del mio ministero. Esso è rivolto a tutti, e in particolare giunga, davvero fraterno, a tutti voi carissimi sacerdoti e diaconi. Faccio mie le parole del beato Giovanni Battista Scalabrini nel giorno della sua ordinazione episcopale: “Tutti finalmente vi abbraccio quanti siete, figli della santa Chiesa piacentina e miei amatissimi, alla cui santificazione e verace prosperità devo attendere” (Lettera da Roma, 30 Gennaio 1876).

2. Insieme all’abbraccio vi rinnovo il saluto della liturgia cristiana – “il Signore sia con voi” - con cui ho iniziato la lettera che vi ho inviato non appena il Santo Padre Benedetto XVI mi nominò pastore e padre di questa santa Chiesa di Dio.
Il saluto liturgico è invocazione, e soprattutto è esperienza gioiosa. Sappiamo che il Signore è con noi, sperimentiamo la sua presenza, siamo in profonda amicizia con Gesù Cristo, che ci manifesta il vero volto di Dio e ci dona lo Spirito che assiste e guida la sua Chiesa. E poi siamo in amicizia tra noi che abbiamo la grazia di vivere la comunione della Chiesa.
Questa amicizia è la nostra gioia, il nostro tesoro, e dunque è la nostra passione e la nostra missione. A tutti vogliamo testimoniare e comunicare la gioia di quest’amicizia, che è salvezza offertaci da Dio dentro il cammino della nostra vita.
Anche la celebrazione dell’ordinazione è il segno sacramentale di questa compagnia che continua, di questa amicizia che si rinnova, dell’incessante offerta di amore di Dio per il suo popolo, un amore che trasforma la nostra storia in storia di salvezza, come ci ha ricordato nell’omelia il cardinale Bertone.
L’imposizione delle mani dei vescovi, successori degli apostoli, l’invocazione dello Spirito e la preghiera di tutta la comunità rendono particolarmente vera - per me innanzi tutto ma anche per tutti voi insieme a me – l’affermazione del Concilio Vaticano II che raccoglie la tradizione ecclesiale: “Nella persona dei vescovi, uniti al loro presbiterio, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo” (cf Lumen Gentium 21).

3. Cari fratelli e sorelle, più sperimentiamo con stupore rinnovato questa presenza di Cristo nella nostra storia, più ci rendiamo conto che viva è l’attesa di Dio, perché solo Dio può colmare il cuore dell’uomo. Sì, pure oggi è viva questa attesa, anche se è spesso nascosta o confusa dentro altre attese.
La convinzione che Gesù Cristo – la sua conoscenza, la sua amicizia - costituisce la vera attesa di ogni uomo poggia sulla Parola di Dio. Leggiamo nel prologo del Vangelo di Giovanni che Gesù è il Logos, è il ‘progetto’ di Dio in base al quale tutto è stato pensato e fatto.
E in Gesù Cristo tutto acquista significato e valore. In Lui la speranza è fondata e motivata, come ci è stato ricordato nel Convegno ecclesiale di Verona, in Lui possiamo vivere con serena vigilanza l’attuale complessità, capaci di opporci al male e capaci di riconoscere la multiforme sapienza di Dio presente nella nostra storia e all’interno delle nostre comunità (cf Ef 3,10).
Non c’è niente di più ‘pastorale’ di una buona e solida spiritualità cristiana che pone al centro la novità evangelica da riscoprire e da riproporre sempre da capo nella sua freschezza e nella sua concretezza, nella sua forza che trasforma il cuore e apre la mente, nella sua luce che illumina tutta la realtà. Proprio il vangelo di Gesù ci fa incontrare l’uomo, perché ci dona la possibilità e la capacità di entrare veramente nella realtà in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue dimensioni, e quindi con una visione culturale autenticamente umana.

4. Nonostante le nostre povertà, come cristiani e come Chiesa, siamo, come dice l’Apostolo Paolo, “concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti con Gesù Cristo stesso come pietra angolare” (Ef 2, 19-21).
Sono certo che la nostra Chiesa è consapevole di essere segno vivo del Vangelo nella storia e vorrà continuare a rendere possibile, soprattutto per il bene dei nostri giovani e per le future generazioni, la luminosa testimonianza della vita cristiana.
Sono certo che tutti - a cominciare dal vescovo insieme ai sacerdoti - vorremo avvertire con entusiasmo il fascino di essere ‘lavoratori del Vangelo’ nella vigna che ci è affidata.
Non ci nascondiamo le difficoltà che ci attendono, in particolare la questione educativa e una serie di tendenze disumanizzanti che rappresentano una terribile sfida per le sorti della nostra vita sociale e culturale e al tempo stesso per le sorti della fede cristiana.
Vogliamo dare a queste sfide una risposta che esprima la sapienza evangelica, che offra la luce della verità cristiana, che manifesti la bellezza della nostra ricca tradizione.

5. Cari amici, vi chiedo ora di unirvi a me per esprimere dal profondo del cuore i ringraziamenti più sinceri.
Ringraziamo insieme il Signore Dio, lodiamo il suo amore misericordioso, celebriamo la sua presenza in mezzo a noi mediante la parola del Vangelo, i sacramenti della fede e la varietà dei ministeri.
Ringraziamo il Santo Padre Benedetto XVI: a Lui, che ha voluto confidarmi il governo pastorale di questa diocesi, esprimo i miei sentimenti di filiale devozione.
Ringraziamo di cuore l’eminentissimo Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato. La sua presenza qui, in questa Cattedrale, per presiedere questa celebrazione di ordinazione episcopale è un motivo ulteriore per esprimere al Santo Padre e a Lei, Eminenza, la riconoscenza mia e di questa Chiesa.
Ringraziamo i vescovi Luciano Monari e Enrico Masseroni. E con l’arcivescovo di Vercelli saluto e ringrazio i vescovi piemontesi, in particolare l’amico vercellese mons. Giuseppe Versaldi.
Ringraziamo i cardinali Ersilio Tonini e Luigi Poggi, l’arcivescovo Pietro Marini, il vescovo Antonio Lanfranchi che provengono dalla Chiesa piacentina-bobbiese. Siamo in comunione con mons. Luigi Ferrando, vescovo in Brasile e mons. Domenico Berni, in Perù. Con loro salutiamo tutti i nostri missionari piacentini, come pure salutiamo il vescovo mons. Bruno Bertagna..
Ringraziamo mons. Benito Cocchi, nostro metropolita. E con lui ringraziamo i vescovi dell’Emilia Romagna con i quali avrò la grazia di fare esperienza di collegialità episcopale. Ringraziamo l’arcivescovo di Palermo mons. Paolo Romeo.
Ringraziamo infine, con particolare affetto, il segretario della Cei Mons. Giuseppe Betori e il preside della Facoltà Teologica di Milano mons. Franco Giulio Brambilla. Con loro ringrazio gli amici della Cei e i colleghi della Facoltà teologica. Ringraziamo l’amministratore diocesano mons. Lino Ferrari e con lui tutti coloro che hanno intensamente lavorato in questo periodo.
Saluto e ringrazio per la loro presenza e la loro vicinanza nella preghiera i fratelli delle confessioni cristiane che operano in questo territorio.

Saluto poi gli amici di Santhià, di Carisio, di Vercelli e li ringrazio di cuore per la presenza e per l’amicizia che continua.
Un particolare ringraziamento lo rivolgiamo agli amici dell’Università Cattolica, a cominciare dal Rettore Lorenzo Ornaghi. Davvero è stata per me un’avventura entusiasmante l’esperienza di questi sette anni in Cattolica. Desidero dirvi che l’amicizia continua e la porta della casa di Piacenza è aperta, come sempre aperta è stata la porta del Centro pastorale.
Concludo con l’affettuoso ringraziamento alla mia famiglia, prezioso dono del Signore.
Affidiamo la nostra Chiesa e il suo cammino al Signore Gesù, buon Pastore, alla protezione di Maria alla cui assunzione al cielo è dedicata questa cattedrale e venerata come Madonna del popolo, all’intercessione dei molti santi e beati di questa Chiesa, a cominciare dai santi patroni, Antonino e Colombano.

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