lunedì 20 ottobre 2008

CARITAS/Ambrosio: la chiesa non è un assessorato, la carità viene dall'alto

Piacenza - La Caritas non è la Croce Rossa, un assessorato ai servizi sociali, un partito, ma l’espressione di un popolo, quello di Dio, «che ha un cuore, che ama e che opera alla luce di un progetto di salvezza». È, in estrema sintesi, il messaggio che il vescovo Gianni Ambrosio ha voluto lasciare ieri mattina all’assemblea annuale delle Caritas parrocchiali. Un appuntamento importante, all’Oratorio Ragazzi del Brentei (Nostra Signora di Lourdes), con testimoni d’eccezione. Oltre al vescovo, il responsabile del Centro documentazione di Caritas Italiana-Migrantes, don Giancarlo Perego. Non solo, anche il passaggio del testimone in un incontro pubblico, tra il vecchio direttore della Caritas diocesana, monsignor Giampiero Franceschini, e il nuovo, il diacono Giuseppe Chiodaroli (ieri colpito da un grave lutto familiare e per questo presente sono nelle prime battute del convegno). Tanti e ricchi gli spunti di riflessione. Soprattutto il significato che la Chiesa dà alle opere di carità. «Ci sono opere buone (e sono tante) e opere di carità - evidenzia Ambrosio -, ma sono due cose diverse: la carità viene dall’alto». «Il ministero della carità che state svolgendo - dice rivolto ai referenti delle Caritas parrocchiali e ai molti sacerdoti presenti - è quanto mai prezioso per la Chiesa, perché è attraverso questo ministero che la Chiesa vive come realtà ecclesiale. Se la nostra Chiesa, nonostante i tanti limiti, è una Chiesa viva è perché vi è una lunga tradizione di servizio». «Le opere di carità vanno viste nella esperienza di fede - continua Ambrosio -, sono segno della missione che ci compete e ci caratterizza, segno di quel cuore che ama e che pulsa nella sua comunità».«Dobbiamo riconoscere l’origine della carità - invita il presule -. L’opera segno della Chiesa deve annunciare il Vangelo. La Caritas deve aiutare tutti i cristiani ad essere consapevoli di questo dono e di questo impegno». Le opere segno, nella pedagogia ecclesiale, sono - evidenzia - «azione che educa»: «Sono preziose, ma sono un segno e non pretendono di risolvere il problema. È importante sentire che attraverso quell’opera segno si risponde ad un invito che è quello del Signore». Come nelle opere di carità debba pulsare lo stesso cuore della comunità cattolica lo spiega bene don Perego. «Hanno valore nella misura in cui cresce la comunità cristiana. Una comunità in cui vanno continuamente rinnovate le intenzioni e le motivazioni dell’opera di carità». Ancora: «L’opera di carità deve diventare un laboratorio di educazione alle morale: l’attenzione al perdono, alla sofferenza, ai piccoli e ai deboli, all’accoglienza e via dicendo sono tutti aspetti che ci appartengono come comunità cristiana. Ecco perché l’opera di carità non deve essere fuori ma dentro la comunità cristiana, deve essere speranza in atto, luogo di incontro e di relazione».
fri

Il testo integrale su Libertà del 19 ottobre 2008