giovedì 25 ottobre 2012

Il Samaritano, l'università della carità

Una scuola di carità per la comunità piacentina. E' il senso del centro "Il Samaritano" inaugurato ieri mattina in via Giordani nell'apertura delle celebrazioni per il 40° della Caritas, fatta coincidere con il convegno annuale delle trenta Caritas parrocchiali e dei cento gruppi Caritas della diocesi di Piacenza-Bobbio. Un piccolo esercito della solidarietà al quale nel ricco ed impegnativo 2012-2013 (quarantesimo della Caritas, cinquantesimo del Concilio Vaticano II, Anno della fede) è affidato un compito particolare.


Lo evidenzia il vescovo Gianni Ambrosio, dopo aver tagliato il nastro alla presenza della co-fondatrice (assieme al marito Umberto recentemente scomparso) della Caritas di Piacenza, Giulia Vaciago Chiappini. «La fede - dice citando San Paolo - diventa toccabile e vivibile proprio con il gesto della carità. La fede non è un'idea bella su Dio e sul mondo, è un atteggiamento fondamentale che coglie il cuore dell'uomo. Se accogliamo la carità di Dio in noi, allora diventiamo operatori di carità verso i nostri fratelli». Così «il centro Il Samaritano rappresenta un aiuto concreto alla carità. Questi locali sono stati rinnovati in modo bello per aiutare le persone a trovare il vestito e il pane di cui hanno bisogno». Ci sono il sindaco di Piacenza, Paolo Dosi, il presidente della provincia Massimo Trespidi, i volontari, i rappresentanti delle Caritas parrocchiali.

«E' stato Paolo VI a volere questa forma più organizzata di carità all'interno della Chiesa - osserva Ambrosio -. Penso che abbia aiutato tutta la Chiesa a svolgere la sua missione di luce e di speranza. Il gesto di carità, concreto e quotidiano, aiuta a riprendere il cammino e a ritrovare anche quella fiducia che magari rischia di essere abbandonata». «Questi quarant'anni di Caritas sono figli del Concilio - evidenzia poi monsignor Giancarlo Perego, direttore nazionale di Migrantes - che ha ripensato in maniera nuova il rapporto tra la Chiesa e il mondo. Vorrei sottolineare l'importanza di un legame stretto della Caritas con la realtà ecclesiale, siamo espressione di una Chiesa in cui tutti sono responsabili di tutto». Questa responsabilità diffusa, prosegue, ci deve riportare anche «ad un rapporto nuovo con la città, una città segnata dalla corruzione, dall'individualismo, dalla crisi economica ma anche sociale, dalla diversità. Le risorse da mettere in campo sono le relazioni, i centri d'ascolto, la non violenza in una città che oggi vede tre milioni di persone avere in tutta Italia un'arma in casa, una Caritas che rilegge il senso del globale non solo attraverso progetti di cooperazione internazionale, ma di cooperazione decentrata visto che abbiamo 5 milioni di immigrati nel nostro Paese, provenienti da 198 nazioni del mondo». Ancora: «Serve una Caritas che ripensi agli stili di vita con l'attenzione alla condivisione, alla solidarietà, alla costruzione di una serie gesti (dalla famiglia alla scuola al lavoro) che siano veramente alternativi a quella che è la proposta all'interno della nostra città».

«Oggi - evidenzia - c'è una delega alla Caritas, una delega che nasce dagli stili di vita borghesi. Ecco perchè la Caritas deve ritornare ad una funzione pedagogica ma all'interno ad un contesto mutato rispetto ai tempi del Concilio, un contesto che chiede anche, ad esempio, la denuncia, uno degli elementi importanti su cui lavorare».

Il Samaritano serve proprio a questo. «La Caritas ha una prevalente funzione educativa - evidenzia il suo direttore, Giuseppe Chiodaroli -. Quella di animare la comunità cristiana e il territorio sul tema dell'amore, della carità, della fraternità, delle relazioni con l'attenzione ai poveri».

Federico Frighi

14/10/2012 Libertà