sabato 17 novembre 2012

Un volo di 30 metri, ma mio figlio non sapeva volare

«Quella persona aveva fretta di andare in pizzeria; mio figlio oggi non c'è più». La testimonianza di Elisabetta Cipollone, oltre a commuovere e ad ammutolire, arriva come un macigno nell'aula magna della Provincia all'Isii Marconi. la sala è piena di ragazzi delle Superiori, delle classi e delle scuole che hanno aderito al progetto "Gins" dell'Amministrazione provinciale. Poco importa che quella mamma non sia piacentina, ma di Peschiera Borromeo (Milano). Andrea, a 15 anni, è rimasto vittima di un incidente stradale sulle strisce pedonali, appena uscito dall'oratorio in compagnia del fratello gemello, Cristian. Un'auto di un padre di famiglia, con moglie e due figli a bordo, lanciata a 100 chilometri orari. Un balzo di trenta metri. «Ma mio figlio non sapeva volare. E' morto sul colpo - racconta -. Ho capito subito che questa morte doveva avere un senso. Dovevo fare qualche cosa, prima di tutto per proteggere la vita dell'altro mio figlio, poi per evitare che altre famiglie venissero distrutte come la nostra. Dal quel momento ho cominciato ad impegnarmi andando in giro a portare la mia testimonianza». «Io sono qui - continua - per dire: ragazzi rispettate le regole! In primis per la vostra vita, poi per quella degli altri. Una distrazione, un eccesso di velocità apparentemente banale può rendere ciascuno di noi vittima e assassino».

Chi lo sa se queste parole sono veramente giunte ai cuori dei ragazzi?!
Barbara Benedettelli, scrittrice, autrice televisiva, si batte nella vita per le vittime della strada. «Il primo messaggio che voglio dare - dice - è che la vita è bella e non la possiamo buttare via; poi che dobbiamo avere rispetto delle regole e degli altri, perchè gli altri siamo noi; quindi dobbiamo fare in modo che le vite nostre e quelle altrui non siano distrutte dalla mancanza del rispetto delle regole o dalla superficialità nell'affrontare la strada». Ancora: «La strada, come le auto, sono beni che ci danno libertà, ma nello stesso tempo devono essere sicuri. Lo sono se le istituzioni rendono sicura la viabilità e se le persone rispettano quelle regole che sono lì, fatte apposta per evitare che ci si faccia del male. Il messaggio è di sensibilizzazione, culturale e politico». Il grande problema è «arrivare ai cuori dei ragazzi portando loro questi messaggi». La strada giusta? «Bisogna colpirli, mettersi nei loro panni e dare delle testimonianze». Come il video trasmesso "Delitto perfetto", o il rap su Andrea. E' l'assessore provinciale Massimiliano Dosi ad avere fortissimamente voluto quest'incontro. Si commuove, come tanti, quando mamma Elisabetta racconta la sua storia. «I ragazzi devono tenere alla propria vita - quasi li implora - ci si può divertire lo stesso senza cadere negli abusi».

Federico Frighi

09/11/2012 Libertà