venerdì 21 novembre 2008

Don Dosi, diocesi e università siano più vicine

Piacenza- «Se posso esprimere un’auspicio, mi piacerebbe una più profonda interazione tra Chiesa piacentina e mondo universitario». Ognuno porta con sè la propria esperienza e don Celso Dosi (47 anni, nato a Piacenza) non fa eccezione. Da ieri è ufficiale: il sacerdote assistente spirituale dell’Università Cattolica, nonché direttore del Collegio Sant’Isidoro è stato nominato, mantenendo i precedenti incarichi, nuovo segretario del vescovo Gianni Ambrosio. «Il mio stato d’animo? È un misto di gratitudine e di trepidazione; gratitudine perchè rivela in un certo senso un atto di fiducia verso la mia persona e verso le mie capacità; trepidazione perché non conosco il lavoro da segretario e neppure i vari uffici della curia, devo mettermi in un contesto di apprendistato».
Perchè la scelta è caduta su di lei?
«Molto probabilmente perchè monsignor Ambrosio mi conosceva già da alcuni anni. Avendo io una certa età posso rappresentare una visione più matura della vita, più pacata e globale delle relazioni con le realtà ecclesiali, le persone, specialmente i sacerdoti, le varie istituzioni che interagiscono con il vescovo».
A quando risale il suo primo incontro con monsignor Ambrosio?
«L’ho conosciuto per la prima volta nella primavera del 2001 quando venne nominato assistente ecclesiastico generale della Cattolica».
Che effetto le ha fatto incontrarlo da vescovo della sua diocesi?
«È prassi ormai consolidata che gli assistenti generali della Cattolica vengano nominati vescovi. Però non pensavo proprio che la sua candidatura fosse orientata su Piacenza. È stata una piacevole sorpresa».
Anche lei dalla Cattolica alla Curia di Piacenza, dunque.
«La Cattolica è stata la mia palestra sacerdotale. Nell’87 sono stato ordinato sacerdote. Ho iniziato in Cattolica il primo settembre dell’88. Nel mio ministero ho avuto l’occasione di collaborare intensamente con parrocchie di città (Santissima Trinità) e provincia (Podenzano), di attuare la cosiddetta pastorale universitaria, che consiste nel far interagire il messaggio religioso con le realtà dell’ateneo (docenti, personale tecnico e amministrativo e studenti). L’insegnamento e la direzione del collegio Sant’Isidoro, inoltre, mi hanno dato la possibilità di vivere in modo del tutto speciale e quasi unico il mio essere prete. Questa esperienza mi ha segnato in modo fortissimo e non potrà mai essere cancellata».
Come si vede la Chiesa piacentina dall’università di San Lazzaro?
«Dalla Cattolica si vede una diocesi molto vivace, che ama interrogarsi sui problemi ecclesiali e sociali, una diocesi che vive l’inizio del secondo millennio con le ansie e le preoccupazioni della mentalità contemporanea, ma una diocesi anche ricca di tantissima fiducia nei suoi responsabili e nelle sue guide. Se posso esprimere un auspicio, vorrei che ci fosse un’interazione più intensa tra chiesa diocesana e mondo universitario».
La prima cosa che farà da segretario?
«Dovrò imparare a gestire l’agenda del vescovo che vedo molto densa di impegni e ascoltare attentamente don Giuseppe Basini sulla cui pazienza e bontà conto tanto».
fri

Il testo pubblicato su Libertà di oggi 21 novembre 2008

Caso Englaro, per il vescovo Monari la condanna di Eluana è la sconfitta di fronte al dolore

“Eluana perde quel filo di vita che possedeva; ma noi perdiamo qualcosa della nostra umanità”. Lo ha detto il vescovo di Brescia (ma anche cittadino onorario di Piacenza) Luciano Monari all'Agenzia Sir. “Il mondo è più freddo, adesso; la società umana è più egoista. Non siamo capaci di assicurare a Eluana i legami di umanità che rendono effettivo, attuale, il suo potenziale di umanità”. E “non è questione del coma”, puntualizza il vicepresidente della Cei, in quanto “una persona in coma può essere inserita realmente in una rete di relazioni, di rapporti, di gesti e anche di parole che sono umani e umanizzanti. Tutti quelli che si prendono cura degli altri sanno, per esperienza, che ricevono un abbondante ‘ritorno’ di umanità, di fiducia, di speranza. Eluana, come ogni persona sana o malata che sia, è in grado di donare umanità: tutto dipende dalle persone che l’accostano, dall’apertura di umanità che esse portano in sé”. In questo senso, spiega Monari, “la condanna di Eluana è in realtà un’accusa verso di noi; ci dice che il nostro tasso di umanità è debole; che non siamo capaci di affrontare vittoriosamente situazioni dolorose come queste; che chiediamo alla morte di liberarci da un peso che non riusciamo a portare. Eluana sarà nelle mani del Signore che, lo so, sono ricche di misericordia. Ma noi ci troviamo consegnati a mani d’uomo che si sono mostrate deboli e fredde. Che non venga l’inverno”.

Caso Englaro, per il vescovo Monari l'uomo ha negato la vita (1)

Nel caso di Eluana Englaro, “è stata sconfitta l’umanità dell’uomo”, perché “abbiamo rinunciato a essere quello che dobbiamo diventare”. Ad affermarlo in un'intervista dell'Agenzia Sir è mons. Luciano Monari, oggi vescovo di Brescia (oltre che cittadino onorario di Piacenza) e vicepresidente della Cei, che osserva: “Ogni persona umana nasce debole ed è affidata all’accoglienza degli altri. Se sono uomo in senso pieno (intelligente e responsabile, con fiducia nella vita e desiderio di amare), lo debbo alle relazioni ‘umane’ con tutti quelli che mi hanno accolto e amato”. E’ in primo luogo la famiglia, sottolinea il vescovo, ad essere “costruita su questo vincolo di solidarietà: ciascuno riceve la sua piena umanità dagli altri e ciascuno è chiamato a farsi responsabile dell’umanità degli altri”. Nel caso di Eluana, sostiene Monari, “ci siamo arresi; abbiamo rinunciato a darle umanità. Abbiamo visto la sua malattia così invalidante e così lunga che abbiamo detto: ‘non ci riesco più a farla essere umana; non voglio più’ Di fronte a ogni persona siamo chiamati a dire: ‘E’ bene che tu viva; io prendo posizione a favore della tua vita’. Nel caso di Eluana abbiamo detto: ‘E’ meglio che tu muoia; la tua vita non ha più senso’. Solo che il senso della vita non è una qualità attaccata ai muscoli; è piuttosto un valore legato ai vincoli umani (e, per chi crede, divini) che una persona vive”.

Diocesi di Piacenza-Bobbio, un milione e centomila euro dall'8 per mille

Diocesi di Piacenza-Bobbio

Ufficio stampa

Domenica 23 novembre giornata di sensibilizzazione

sul sostegno economico della Chiesa

Domenica prossima anche nella diocesi di Piacenza-Bobbio si tiene la giornata di sensibilizzazione sul sostegno economico della Chiesa. Com’è noto si tratta di un problema che non dovrebbe comportare particolari difficoltà interpretative, ma in realtà sull’argomento l’informazione appare ancora insufficiente. Da qui queste iniziative che hanno, tra gli scopi, anche l’informazione. Ad esempio tra le considerazioni torna periodicamente il luogo comune secondo cui la Chiesa è ricca e pertanto per vivere venda i suoi tesori artistici; più serio invece il problema della partecipazione delle comunità parrocchiali alla gestione dei beni ecclesiali nel nome della partecipazione e della trasparenza. In merito vi sono indicazioni precise della Cei e dei nostri Vescovi. Prima mons. Monari ed ora mons. Ambrosio hanno dato precise indicazioni perché nella parrocchie vengano istituiti i consigli economici e i fedeli si sentano corresponsabili della gestione dei beni ecclesiali.

E’ noto che in gran parte i finanziamenti vengono dal cosiddetto otto per mille. A questo proposito, proprio nel nome della trasparenza, forse è utile richiamare l’origine di questo sistema.

DA DOVE VIENE L’OTTO PER MILLE. Con la firma dei nuovi accordi tra Stato e Chiesa (firmati nel febbraio del 1984 da Craxi e Casaroli) fu stabilito che appunto l’otto per mille del gettito Irpef fosse devoluto alla Chiesa cattolica e ad altre confessioni per scopi religiosi o caritativi oppure allo Stato stesso per scopi sociali o assistenziali. La divisione sarebbe stata fatta sulla base delle indicazioni degli stessi contribuenti chiamati a pronunciarsi con una firma, e senza alcuna spesa, sulla dichiarazione dei redditi o semplicemente sul Cud.

Quindi non è un privilegio della sola Chiesa cattolica, ma di diverse confessioni e dello stesso Stato. Da parte sua la Chiesa cattolica rivendica anche motivazioni storiche: nel sito internet della diocesi (www.diocesipiacenzabobbio.org) viene documentato il lungo percorso, a partire dai primi dell’Ottocento, quando i beni ecclesiastici sono stati, a più riprese, incorporati dallo Stato, a partire da Napoleone che chiuse i monasteri (anche a Piacenza diversi i conventi e le chiese sede di caserme) per giungere agli espropri del nuovo Stato italiano.

I FONDI DEL 2008. Passiamo ora ad uno sguardo di sintesi ai finanziamenti. In breve qual è l’entità dei fondi che giungono alla diocesi di Piacenza-Bobbio dall’otto per mille? E qual è la loro destinazione? Per il prossimo anno la diocesi ha a disposizione, dai fondi dell’8 per mille, la somma di euro 1.162.344 che verrà così ripartita: euro 743.291 al culto e 419.053 euro alla carità.

Con la voce “culto” si intende: costruzione di nuovi complessi parrocchiali, restauri e ristrutturazioni; attività pastorali; sostegno ai media diocesani; rimborso spese a sacerdoti inviati in parrocchie senza parroco per celebrazioni domenicali; aggiornamento dei sacerdoti; pastorale dei migranti e missioni; associazioni; sotto la voce “carità” rientrano gli aiuti a persone bisognose, enti ed associazioni che svolgono attività assistenziale; alla gestione dell’ufficio Caritas.

Aiuti sempre dall’8 per mille, ma direttamente dalla Cei, sono destinati ai beni culturali: per il prossimo anno si prevede uno stanziamento di circa 350 mila euro; ogni due anni, sempre la Cei, interviene nella realizzazione di progetti specifici (chiese o oratori) con una somma massima di un milione di euro. Nel 2007 ci sono stati poi circa 100 mila euro provenienti dalle offerte deducibili fatte da privati a cui si aggiungono i contributi su singoli progetti (non possono essere quantificati in precedenza) provenienti da enti e privati tra cui le due Fondazioni (di Piacenza e di Parma) e le Banche locali.

A proposito di beni culturali è bene ricordare – per chi avanza la tesi che farebbero la ricchezza della Chiesa – che in realtà costituiscono una voce in forte passivo. Molte delle 800 chiese della diocesi che si trovano nelle 428 parrocchie, sono a rischio rovina e in genere gli organi della diocesi preposti a questo settore a malapena riescono a far fronte all’emergenza.

Tra i problemi che comportano i beni ecclesiastici, non vi è solo la manutenzione (voce ampiamente in deficit), ma anche la catalogazione e lo studio. Attualmente sono al lavoro esperti che hanno catalogato quasi il sessanta per cento dei beni culturali mobili. L’operazione è possibile grazie ai contributi della Cei e della Fondazione di Piacenza e Vigevano.

La catalogazione rientra nella salvaguardia di un patrimonio (si pensi ai numerosi furti e alla necessità di avere la documentazione per le indagini delle Forse dell’Ordine) che non appartiene solo alla Chiesa, il cui scopo non è quello di organizzare musei, ma di comunicare il Vangelo. La Chiesa sente ugualmente la necessità di tutelare le proprie memorie, ma non a scapito del suo fine principale. E le sue memorie non sono solo sue, ma di tutta la comunità. Il sentimento religioso fa parte del passato di tutti, anche dei non credenti, e lo dimostra l'attenzione che anche studiosi atei dedicano al patrimonio religioso.

Questi alcuni temi: nella giornata di domenica alle parrocchie è stato consegnato materiale perché le comunità possano approfondire i vari aspetti relativi ad un argomento che rientra a pieno titolo nella vita della Chiesa che, pur attenta alle “cose dello spirito”, vive a tutti gli effetti nella storia.