martedì 26 aprile 2011

Visite guidate a palazzo vescovile

L’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza–Bobbio, in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Storici Artistici e Etnoantropologici di Parma e Piacenza, propone, in appendice alle manifestazioni inerenti la XIII Settimana della Cultura, giovedì 28 aprile alle ore 17, una visita guidata ad alcune sale del Palazzo vescovile.

A seguire, dalle ore 17.30, nella Sala delle Colonne di Palazzo Vescovile, si terrà una conversazione sulla pittura del Seicento piacentino con approfondimenti sulla committenza vescovile, su alcuni protagonisti della pittura sacra nella Piacenza del XVII secolo, sull’iconografia dell’Immacolata Concezione di Carlo Cignani (1681), che sarà possibile ammirare nella Cappella Vescovile, e sulle figure di Cignani e Sebastiano Ricci e la loro attività nel ducato farnesiano.

Programma

ore 17

Visita guidata ad alcuni ambienti del Palazzo, a cura di Daniela Costa.

ore 17. 30

Sala delle Colonne di Palazzo Vescovile

Convegno: “Niente avvi di più grazioso…”: Carlo Cignani e la pittura del Seicento a Piacenza.

Intervengono:

Don Giuseppe Lusignani, Vescovi e committenti: Piacenza nel XVII secolo.

Susanna Pighi, Pittura sacra del Seicento a Piacenza: alcuni protagonisti.

Davide Gasparotto, L'Immacolata di Carlo Cignani a Piacenza: storia e iconografia".

Angelo Mazza, Carlo Cignani e Sebastiano Ricci nel ducato farnesiano di Parma e Piacenza.

La Pasqua, notizia più grande della storia umana

Omelia nella Messa di Pasqua

Cattedrale di Piacenza (ore 11)

Carissimi fratelli e carissime sorelle

1. Risuona il grande annuncio della Pasqua: “Cristo Signore è risorto!”. Accogliamo questo annuncio nella sua sorprendente novità: è il cuore della fede cristiana, è la proclamazione centrale del mistero cristiano. Lo accogliamo con la mente disponibile e con il cuore aperto: è la notizia più grande della storia umana. Con la risurrezione di Cristo è entrata nella storia dell'umanità una novità insuperabile. È un nuovo inizio per la nostra storia umana: colui che ha donato la sua vita per noi, è risorto e chiama tutti noi a risorgere a vita nuova nella speranza e nell’amore. Ci lasciamo condurre nel mistero della Pasqua dalla testimonianza dell’apostolo Pietro e dall’esperienza di Maria di Magdala e del discepolo amato.

2. Nella prima lettura ci viene presentato l’annuncio della Pasqua che l’apostolo Pietro rivolge al primo pagano convertito, il centurione romano Cornelio. È il primo discorso pubblico fatto a coloro che non sono giudei. Pietro ripercorre l’intera vicenda terrena di Gesù di Nazaret, affermando che “Dio era con lui”. Gesù è consacrato da Dio in Spirito Santo e svolge la sua missione di liberazione dal male e di guarigione. Però i giudei “lo uccisero appendendolo a una croce”. Ma l’uccisione di Gesù non è la fine della sua vita e della sua missione. Qui ha inizio l’inaudita novità della storia umana: “Ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno”.

Pietro continua il racconto: Dio “volle che si manifestasse (…) a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”. Insieme agli altri apostoli, Pietro è dunque testimone di quanto accaduto e riceve da Gesù stesso la missione “di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio”.

La testimonianza di Pietro è rivolta a tutti gli uomini. Siamo tutti coinvolti nel fatto che Gesù è stato risuscitato da Dio: colui che è stato uomo come noi, è morto appeso alla croce ed è stato sepolto, è risorto dai morti, primizia di noi tutti (cf 1Cor 15,20; Col 1,18), chiamati in lui alla vita eterna. “Dio era con lui”, dice Pietro, e Dio non ha abbandonato il suo Figlio che è passato “beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo”. Colui che si è consegnato ed è venuto a portare agli uomini la luce e la salvezza, non è rimasto prigioniero dell’oscurità del sepolcro e della morte: il Padre non l’ha abbandonato al potere della morte ma lo ha risuscitato. Questo evento di grazia apre a noi la strada della vita, da percorrere qui sulla terra e poi nell’aldilà della morte, verso la vita eterna dischiusa a tutti gli uomini.

3. Anche l’esperienza di Maria di Magdala e del discepolo amato è illuminante. Maria di Magdala non lo sa ancora, ma nel suo recarsi al sepolcro prende avvio “il nuovo inizio”. L’evangelista Giovanni annota che si trattava del “primo giorno della settimana”, richiamando il primo giorno della creazione: la risurrezione di Gesù è la nuova creazione, è l’inizio del giorno senza tramonto. Maria si reca al sepolcro “di mattino, quando era ancora buio”: Anche nel suo cuore c’è ancora buio e tristezza. Ma ciò non le impedisce di recarsi al sepolcro. Quando arriva, “vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro”. Allora, meravigliata e forse spaventata, Maria corre da Pietro per annunciare che la tomba vuota: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro”.

Anche Pietro e Giovanni, il discepolo amato, corrono al sepolcro ed entrano nella tomba vuota. Ma sarà il discepolo amato a vedere e a credere: “vide e credette”. Non si limita a vedere i segni ma, a partire da una tomba vuota e dalla Parola di Dio contenuta nelle Scritture, comincia ad aprirsi alla luce della fede e a fare spazio nel suo cuore alla realtà ancora misteriosa della risurrezione.

4. Carissimi fedeli, con l’annuncio pasquale accogliamo l’invito dell’apostolo Paolo: “se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”. La fede in Cristo risorto trasforma la nostra vita: siamo anche noi risorti con lui, strettamente uniti a lui nel battesimo. Il nostro sguardo non può più limitarsi alle cose di tutti i giorni, ma si apre sull’orizzonte di Dio. La luce della Pasqua illumina il nostro cammino, infonde speranza nei nostri cuori: in Cristo la vita ha vinto la morte. La forza rinnovatrice della Pasqua orienti la vita della nostra città e della società intera verso ciò che è grande e bello, degno dell’uomo chiamato alla pienezza della vita in Cristo risorto. Tutti abbiamo bisogno di accogliere l’annuncio pasquale e di viverlo nelle parole di vita, nella fiducia, nell’amicizia, nella vita donata, nell’impegno di pace. Preghiamo perché la fede pasquale cambi il cuore e la mente di tutti e faccia rifiorire la vita, la speranza e l’amore. Amen.

+Gianni Ambrosio

Vescovo di Piacenza-Bobbio

La notte che ricongiunge la terra al cielo

Omelia nella Veglia Pasquale

Cattedrale di Piacenza

Carissimi fratelli e sorelle

1. In questa solenne Veglia accogliamo l’annuncio pasquale: è annuncio di luce e di vita, è annuncio che riempie di gioia il cuore. Celebriamo nello stupore questo grande mistero, proclamiamo la verità di Gesù risorto e vivo e gustiamo la grazia della novità di vita e della salvezza per tutti coloro che si affidano a Lui nella fede.

I riti svolti e le molte letture proclamate chiamano tutto e tutti – dalla natura alla vicenda umana alla storia del popolo di Israele – a partecipare e a gioire del fatto straordinario accaduto in questa notte santa: “questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte risorge dal sepolcro”, questa è “la notte veramente gloriosa che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore”.

Fin dall’inizio, tutto converge verso un unico punto centrale: Gesù Cristo, morto e risorto. E da punto centrale tutto riparte: Cristo risorto è vivo e operante nella storia dell’umanità e in ogni cuore umano che si apre a questa novità unica e insuperabile. Questo evento dell’umanità di Cristo che è resa partecipe della stessa vita divina interessa non solo i testimoni di allora e il popolo di Israele, ma l’intera umanità. Tutti noi siamo interpellati e coinvolti in termini profondi e radicali: da questa evento accaduto a Cristo è scaturita per tutta l’umanità la salvezza. Anche a noi, uniti a Cristo risorto, è data la possibilità di partecipare della santità stessa di Dio e della sua vita eterna.

2. La grazia della vita nuova ci è presentata e donata attraverso i grandi simboli della luce, dell’acqua, del pane.

All’inizio della Veglia è stato benedetto il fuoco nuovo, da cui è stato acceso il grande cero pasquale. Poi dal cero pasquale la luce si è diffusa in tutta l’assemblea. Siamo passati dalle tenebre alla luce e abbiamo pregato dicendo: “Signore, questo cero, offerto in onore del tuo nome per illuminare l’oscurità di questa notte, risplenda di luce che mai si spegne”. È Cristo questa luce che mai si spegne, è “Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti fa risplendere sugli uomini la sua luce serena”.

La luce che splende nel Signore risorto brilla anche sui nostri volti e nelle nostre persone. Seguendo Cristo, luce del mondo, “non camminiamo nelle tenebre, ma abbiamo la luce della vita” (cf Gv 8, 12) e diventiamo “figli della luce e figli del giorno” (1Tess 4, 5): il frutto della luce consiste “in ogni bontà, giustizia e verità” (cf Ef 5, 9).

L’altro grande simbolo che ci aiuta ad entrare nel mistero di questa notte è l’acqua: dalle acque delle origini al passaggio delle acque del Mar Rosso, che consentì la libertà del popolo dell’antica alleanza. La potenza di quest’acqua è offerta a noi dal fonte battesimale da cui nasce il nuovo popolo di Dio. Si compie l’annuncio profetico di Ezechiele: “Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; (…) vi darò un cuore nuovo (…) voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Ez 36, 25-28).

In questa notte santa undici nostri fratelli e sorelle saranno generati da quest’acqua e dallo Spirito Santo ed entreranno a far parte del popolo dei credenti che loda e serve il Signore. Ci rallegriamo vivamente con loro, ricordando il nostro battesimo. Le parole dell’apostolo Paolo richiamano il legame tra il battesimo e la risurrezione di Cristo: “come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre”, così colui è battezzato in Cristo può “camminare in una vita nuova” (Rom 6, 4).

Il terzo simbolo è quello del pane e il vino. Cristo, nostra Pasqua, si è immolato per noi ed ora, risorto, è vivo e presente in mezzo a noi. In particolare Cristo è presente con il suo Corpo offerto e con il suo Sangue versato mediante i segni eucaristici del pane e del vino. È presente con la sua morte salvifica, come fonte inesauribile di vita nuova ed eterna.

L’eucaristia è la mensa a cui ogni battezzato è invitato ogni ‘domenica’, giorno del Signore risorto, “pasqua settimanale”. Partecipare a questa mensa significa vivere il cuore stesso della nostra fede in Gesù Cristo che si è immolato come “nostra Pasqua”: “è lui il vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo, è lui che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita” (Prefazio).

3. Cari fratelli e sorelle, con i sacramenti pasquali del battesimo e dell’eucaristia siamo introdotti nella nuova storia che ha al suo centro Cristo, luce del mondo, acqua che purifica e dà la vita, pane di vita eterna. La luce e la gioia di questa notte siano sempre presenti in noi, per confessare con la vita che Cristo è risorto ed è il salvatore che ci libera dalla morte e dalla schiavitù del male. Questa luce e questa gioia si diffondano nella Chiesa, nella nostra famiglia, nella società. Senza Cristo risorto, la storia umana è senza luce e senza speranza, prigioniera delle più diverse forme di paura, di egoismo, di odio, di disprezzo dei diritti dei singoli e dei popoli.

Le parole che l’evangelista pone in bocca all’angelo siano accolte da tutti noi e siano comunicate ai fratelli e alle sorelle: “Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto” (Mt 28, 5-6).

+Gianni Ambrosio

Vescovo di Piacenza-Bobbio

Preti, approdi sicuri in un mare in tempesta

I sacerdoti come un faro di riferimento in un mare in tempesta, consapevoli che sulla barca che beccheggia ci siamo tutti, che occorre ascoltare non la voce del vento bensì quella di Gesù. Lo ricorda il vescovo Gianni Ambrosio nella messa crismale in apertura del Giovedì Santo. E' una delle due occasioni ufficiali dell'anno liturgico in cui il clero si riunisce attorno al suo vescovo (l'altra è la festa del Sacro Cuore) in occasione della benedizione dell'olio degli infermi, dei catecumeni e del crisma. Tra navata centrale e presbiterio sono poco più di 150, tra curati, parroci, monsignori, vicari episcopali, vescovo compreso. Tutti coloro che sono riusciti ad intervenire. Oltre a monsignor Ambrosio c'è il vescovo piacentino Giorgio Corbellini (presta il suo servizio in Vaticano). Per la prima volta nel Giovedì Santo, alla sinistra di Ambrosio, il nuovo vicario generale, monsignor Giuseppe Illica.
«Cari confratelli - esordisce Ambrosio - anche noi, come tutti coloro che erano nella sinagoga, fissiamo il nostro sguardo su Gesù e rendiamo grazie dal profondo del nostro cuore mentre facciamo memoria del dies natalis del nostro sacerdozio. Siamo stati chiamati a entrare in una comunione radicale con Cristo, a partecipare alla sua stessa missione. Anche su di noi è sceso lo Spirito: lodiamo e ringraziamo perché, grazie allo Spirito, Dio ha compiuto in noi grandi cose». Ma anche il sacerdote non è immune dal mondo: «Ma subito, cari confratelli, dobbiamo tendere la mano a Gesù Cristo e con l'apostolo Pietro gridare: "Signore, salvami" (Mt 14, 30). Anche per noi la traversata del mare è spesso difficile. Anche per noi è comodo e spontaneo prestare più ascolto alla forza del vento che non alla voce di Gesù che ci chiama dicendo: "Vieni" (Mt 14, 29) ». «L'icona evangelica del nostro secondo anno della Missione Popolare - evidenzia il presule -interpella intimamente tutti noi sacerdoti: in quella barca sballottata dal vento, siamo tutti noi, nessuno escluso, c'è tutto il nostro presbiterio. Lì, nell'avventura della traversata, sta l'appassionante missione della Chiesa che continua la singolare missione di Gesù. È straordinaria la grazia ricevuta, ma noi sappiamo pure che le nostre mani sono deboli e la nostra fede è sempre poca». «Fissiamo gli occhi su Cristo - esorta Ambrosio - e tendiamo a lui la nostra mano. E soprattutto aggrappiamoci alla sua mano. Abbiamo tutti bisogno di sentirci dire: "Coraggio, sono io, non abbiate paura" (Mt 14, 27). Solo così viviamo la chiamata e la consacrazione». «Solo così - esordisce - siamo veramente presbiteri, uomini animati dalla sapienza di Dio, uomini di unità e di comunione in mezzo alle tante divisioni, uomini di speranza in un contesto triste e rassegnato».
Come «promessa e speranza» del clero piacentino ieri i seminaristi, Paolo Capra, Matteo di Paola, Fabio Galeazzi, Roberto Ponzini sono stati ufficialmente ammessi tra i candidati al presbiterato.
Federico Frighi


22/04/2011 libertà